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Autore: avalon9    10/12/2006    1 recensioni
Gli youkai sono essere terribili: affascinano e uccidono. Sono esseri diversi. I ningen sono insignificanti, per uno youkai; creature semplici, irrazionali, che trascinano la vita senza comprenderla. Dei ningen gli youkai non si curano; li ignorano con superiore indifferenza.
Sesshomaru è youkai ed è orgoglioso della sua essenza. Ma un inverno, incontrerà una ningen e, da quel momento, la linea netta che separa uomini e demoni inizierà ad assotigliarsi.
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

CAPITOLO 2

PREOCCUPAZIONI

 

 

La palla di neve volò veloce nell’aria e finì in faccia ad Inuyasha, colto di sorpresa. Il giovane mezzo-demone ignorò la cosa, facendo appello a tutta la sua poca pazienza e tornò a guardare il pozzo, con aria spazientita.

 

Shippo sospirò, tornando a concentrarsi sul suo gioco con Kirara. Decisamente, quel giorno Inuyasha non era di buon umore, e il fatto che non rispondesse alle provocazioni, cosa peraltro rara se non praticamente inimmaginabile, era segno evidente della sua preoccupazione.

 

“Inutile che tu stia lì ad aspettare, Inuyasha. La divina Kagome ha detto che non sarebbe ritornata prima di un paio di giorni”.

 

Un giovane monaco gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla, scuotendolo dai suoi pensieri.

 

Miroku…hai detto qualcosa?”. Il giovane sospirò; decisamente c’era qualcosa che non andava e alla fine si decise a chiedere spiegazioni all’amico. Il mezzo-demone, gli fece semplicemente cenno di seguirlo e si allontanò dal pozzo in direzione del villaggio.

 

“L’hai avvertita anche tu, non è vero? Un’aura demoniaca immensa, più grande anche di quella di Naraku. E in mezzo il fetore di quel maledetto…”

 

Erano orami passati due giorni da quando un’aura di incredibile potenza era esplosa in direzione del monte Fuji, e il fatto che l’odore del suo acerrimo nemico vi fosse mescolato, rendeva Inuyasha quanto mai preoccupato.

 

“Temi che stia preparando qualcosa?”

 

“Non ne ho idea. Il bonzo sei tu. Prova a vedere se percepisci qualcosa con i tuoi poteri. Il mio fiuto fa cilecca in questo momento. Troppa neve”.

 

“Sono un monaco. Non un bonzo; e tanto meno un veggente. E comunque neanch’io percepisco qualcosa. L’aura dell’altro giorno era fortissima, ma si è esaurita in fretta. Non credo che ce ne dovremo preoccupare”.

 

Inuyasha annuì, ma con poca convinzione. Non era tranquillo. Era come se avvertisse una minaccia, ma il senso di paura e di allarme che piano piano gli si stava formando nel cuore non lo aveva mai provato prima. Ed era soprattutto questo a spaventarlo.

 

*****

 

Due giorni. Era da due maledettissimi giorni che camminava con la neve alle ginocchia, arrancando. Non riusciva a orientarsi. Albero, albero, roccia, muschio, Nord…Lei s doveva dirigere a Est…Albero, albero, precipizio…Punto a capo. Gettò scoraggiata lo zaino a terra e si sedette ai piedi di un albero che sembrava aver voluto ritagliare per lei uno spazio verde in tutto quel bianco. Non ci capiva più niente. Quella montagna era un vero e proprio labirinto.

 

Maledisse Ginta per l’ennesima volta. Come diavolo gli era passato per la testa l’idea di andare a pattinare a un laghetto del monte?

 

“Conosco perfettamente la strada” aveva detto, “ci divertiremo e faremo anche una bella escursione.

 

Sospirò. La colpa non era di Ginta. Certo, lui era stato un incosciente; ma la colpa vera ce l’aveva lei. Per essersi lasciata convincere. Per aver voluto fidarsi di nuovo. Perché aveva voluto provare a crederci, in quei ragazzi. E adesso si trovava nei guai. E non sperava più neanche in un aiuto. Diamine, dopo due giorni i soccorsi sarebbero dovuti arrivare e anche se lei si era mossa aveva lasciato dei segnali ben visibili.

 

E invece nulla. Silenzio assoluto.

Si rimise in spalla lo zaino e si rincamminò. Sicuramente non sarebbe arrivata ad un qualche villaggio, ma un riparo per la notte lo doveva trovare. Anche perché il cielo non minacciava nulla di buono.

 

*****

 

“Mi dispiace, padrone. Non so come sia potuto accadere. Mi devo essere distratto un attimo, e lei ne ha approfittato per allontanarsi. Quello ragazzina…Lo sa che non deve farlo…Non è stata colpa mia, lo sapete come è fatta…se vede qualcosa che le interessa…”.

 

Il piccolo demone verde era inginocchiato a terra, nella neve fresca. Prostrato. E continuava a blaterare parole di scusa che il suo signore non ascoltava nemmeno. Gli davano, anzi, un profondo fastidio. Più del solito.

 

“Smettila”.

 

“Ma…mio signore…”. L’occhiata gelida che ricevette fu più eloquente di qualunque parola, e il piccolo demone si allontanò strisciando.

 

Sesshomaru socchiuse gli occhi, respirando mentalmente. Odiava il vociare concitato, il rumore insistente e continuo, le parole vuote. E odiava le scuse. Soprattutto quelle di Jacken. Questa volta gliela avrebbe fatta pagare. Gli aveva affidato un compito, e lui aveva fallito. Lo avrebbe punito. Sicuramente. Ma dopo.

 

Ora un’altra cosa gli premeva. Ritrovarla. Perchè gli mancavano le sue risate. L’unica voce che non gli risultasse sgradevole.

 

Non gli sarebbe stato difficile, ritrovarla. Il suo odore lo conosceva bene e lo avvertiva ovunque intorno a sé, e poi nella neve si vedevano chiare le sue impronte. No, non sarebbe stato difficile per lui.

 

Una folata di vento gli scompigliò i lunghi capelli argentati. Un vento freddo. Bagnato. Un vento che sapeva di neve. Alzò gli occhi al cielo, assottigliandoli impercettibilmente. Il cielo si stava rannuvolando e dense nubi si avvicendavano veloci all’orizzonte. Doveva sbrigarsi. O l’avrebbe persa. La neve avrebbe cancellato ogni traccia, e confuso ogni odore. L’avrebbe persa. Iniziò a correre, tendendo al massimo i sensi acuti.

 

*****

 

“Vi fidate di lui, mio signore?”.

 

Il demone riaprì gli occhi, e spostò la sua attenzione sulla bambina che gli sedeva accanto, bianca e perfetta come una statua di porcellana. Occhi neri e vuoti in occhi rossi. Nonostante il sua aspetto infantile, Kanna possedeva un’intelligenza sveglia e pronta. Una capacità di prevedere le possibili complicazioni e di valutare le situazioni tale che, se l’avesse potuta esercitare liberamente, l’avrebbe avvantaggiata non poco su qualunque altro demone vivente.

 

“Per il momento, lo lascerò agire come preferisce. I tempi non sono ancora maturi ed è bene non affrettare le cose”.

 

Naraku richiuse gli occhi poggiandosi stancamente alla parete che lo sorreggeva. Era debole. Molto debole. Lo sforzo che aveva dovuto compiere due giorni addietro lo aveva sfinito. Ma forse gli aveva anche valso l’occasione per sistemare definitivamente tutti i conti in sospeso e recuperare tutti i frammenti della Sfera dei quattro spiriti. Poco importava, dunque, che adesso si dovesse aspettare. Forse, per lui era addirittura meglio.

 

L’esplosione dell’aura demoniaca che aveva provocato doveva esser stata avvertita molto lontano, e non sarebbe stato prudente muoversi in quel momento, quando tutti erano in allarme. No. Avrebbe aspettato. In fondo, anche il suo alleato avrebbe impiegato del tempo per organizzare e traghettare l’esercito.

 

“E poi, l’ultimo atto…prima della battaglia finale che mi vedrà vincitore”

 

 

  
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