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Autore: uchihagirl    22/05/2012    9 recensioni
“Tutto bene, Lou?” gli chiede Eleanor, dopo essere riemersa senza più tracce di dentifricio attorno alla bocca - tutto bene un cazzo, è la risposta che gli sale dal cuore. Assolutamente un cazzo di nulla. Perché in quel messaggio così scarno, schietto e anonimo, Harry ci ha incanalato tutta l’amarezza possibile – il risentimento è così palpabile, in quelle poche parole, che gli toglie il respiro -; perché riesce a leggere tra le righe la gelosia, acutissima. [...] Tutto bene un cazzo.
MicroLong fic Larry Stylinson troppo angst e superintrospettiva - con aggiunta di sentimenti incasinati e relazioni complicate. Scene Louis/Eleanor e Ziam. A vostro rischio!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Desclaimer: nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella realtà, e io non ci guadagno una beata cippalippa, in ogni caso. Le canzoni citate appartengono tutte ai rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di esse è fortemente consigliato.




Attenzione: questa è una Larry Stylinson, ma non è canonica, in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor - sebbene in questa parte non direttamente. Avvisate, eh? :D In questo capitolo è altissima la dose di Angst e l'introspezione si spreca. Io ve l'ho detto.






Shattered
Capitolo Primo







You caused my heart to bleed/you still owe me a reason/I can’t figure out why
So Cold - Ben Cocks feat. Nikisha Reyes-Pile






Il tragitto da casa di Eleanor all’appartamento suo e di Harry non gli è mai sembrato così lungo – il groppo che ha in gola da quando ha letto quel messaggio non accenna a voler scemare, nonostante la distrazione del corpo meraviglioso di El premuto sul suo. Alle undici meno cinque Louis arriva trafelato davanti alla porta di casa – lui non è mai in orario, quindi quando è in anticipo vuol dire che la situazione è davvero grave. Giocherella un attimo con le chiavi, indeciso se entrare o meno; è probabile che la fiamma di Harry non se ne sia ancora andata, e non è che lui smani proprio dalla voglia di assistere allo scambio di… liquidi corporei tra i due. Ma, in fin dei conti, il suo nome è Louis Tomlinson e, da che mondo è mondo, Louis Tomlinson non esita: quindi al diavolo i liquidi corporei e quel cazzo di messaggio, quella è anche casa sua e lui ha tutto il diritto di entrarci a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Così, con un movimento deciso, gira la chiave nella serratura e spalanca la porta; quella che gli appare davanti è una versione peggiorata dello scenario che si era immaginato: Harry seduto sul divano, petto nudo e una testa di capelli biondi tra le sue gambe. Perfetto. Non poteva limitarsi a scoparsela tutta la notte, no: doveva anche farsi fare un bel pompino mattutino – il suo pompino mattutino, per la miseria – esattamente di fronte alla porta di casa. Quando sapeva che Louis stava per tornare a casa proprio in quel momento. Stupido, infantile Styles. Ha inscenato proprio un bello spettacolino.
E adesso lui si ritrova sulla soglia, le chiavi ancora in mano e il peso sul petto che si intensifica, mentre quell’infido ragazzino lo guarda; fissa lo sguardo nel suo, per un momento lunghissimo, e ghigna soddisfatto, leggendo negli occhi di Louis il fastidio, la gelosia che cerca invano di trattenere.
La ragazza, intanto, non si è accorta di nulla; quindi sobbalza leggermente e si stacca da Harry, nel sentirlo dire: “Sei in anticipo, Boo. Ti dispiace andare di là, che sono occupato?”
E l’espressione sul suo viso non è quella tipica di malizia – ormai quasi un marchio di fabbrica: Cheeky, lo chiama Louis -, è gongolante: ci gode, lo stronzetto, a vederlo star male.
Perché loro due non hanno bisogno di gesti, per comunicare, né tantomeno di parole – quelle sono sempre state un inutile accessorio -; Harry sa cosa prova Louis con una sola occhiata, e riconosce lo sgomento sul suo volto congelato. Louis sente sulla sua pelle le emozioni di Harry, se lo guarda, e ritrova il suo stesso dolore; la gelosia lo rode fin nelle ossa. Ma la sofferenza non lo trattiene dall’essere il solito porco – vendicativo e infantile, questa volta.
Quindi Louis distende le labbra nel sorrisetto più falso del suo repertorio – quello che sfoggia durante le interviste su Caroline Flack, per l’esattezza - e chiude la porta, appoggiando la sacca dei vestiti accanto alla poltrona. “Nessun problema, vado in cucina: voi due divertitevi.” Non te la do vinta.
L’indifferenza così ostentata non riesce però a frenare  il suo cuore, che ormai gli affonda in caduta libera nel petto, mentre dalla cucina sente i grugniti soddisfatti di Harry.







Harry ha una buona resistenza e quella ragazza aveva iniziato a darsi da fare da poco, quando Louis li aveva interrotti; quindi la faccenda della bocca della bionda tra le sue gambe si trascina un po’ per le lunghe - anche perché è accettabile, ma non particolarmente brava, questa… Mandy? Maddy? Mary? Ieri sera era così ubriaco di gelosia che si è dimenticato persino di chiederle il nome: è stata lei a presentarsi mentre ormai erano quasi nudi – un particolare del tutto inutile, a quel punto, e gli è sfuggito di mente. Fatto sta che Mandy/Mary/inqualsiasimodotichiami ci mette un sacco di tempo a soddisfarlo e lui è costretto per un bel po’ a enfatizzare il piacere – soltanto discreto – che sta provando: oltre al gran corpo della bionda, l’altro fattore che lo aiuta a gemere così forte è sapere che Louis è nella stanza accanto; ogni verso che emette è per lui – mi senti, Lou?
È con quel pensiero che riesce a concludere la faccenda Mary/Maddy/chiunquetusia e a cacciarla fuori di casa, accompagnandola con un sorriso falso quasi quanto quello di Louis prima e una delle più grandi bugie che abbia mai detto – “Certo, ci sentiamo!”
Harry le chiude la porta alle spalle, senza neppure aspettare che l’ascensore arrivi al loro pianerottolo, e con lentezza studiata si avvia verso la cucina, i boxer sistemati un po’ storti e i segni dei succhiotti che si è fatto fare da quella tizia figa ma insignificante bene evidenti sulla pelle chiara del petto e del collo. Striscia i piedi e si stiracchia, aprendo il frigorifero; Louis non alza neppure lo sguardo, quando lo sente arrivare. È evidente che finga soltanto di trovare così interessante la schermata del computer sul tavolo di fronte a lui: di norma non riesce a togliergli mani di dosso, soprattutto se Harry è mezzo nudo, figurarsi gli occhi!
Ma far finta di nulla è una delle cose che a Hazza riesce meglio – dopo cantare e scopare, ovviamente -, e ignorarlo non gli viene poi tanto difficile. Così, senza colpo ferire, allunga un braccio a prendere il bricco del latte, si sporge per afferrare una tazza su uno scaffale un po’ più alto e poi si siede di fronte a Louis – e la guerra di logoramento comincia.
Crunchcrunch - la bocca di Harry macina i cereali, lentamente, mentre il suo proprietario fissa il ragazzo di fronte a sé.
Bip – di tanto in tanto, il Mac di Louis dà segni di vita.
Click – chiudi la pagina di Twitter, apri Tumblr – e cerca di non alzare lo sguardo, Louis, non alzare lo sguardo.
Clang - il cucchiaio sbatte sulla ceramica – cerca di attirare la sua attenzione – non gliela dare per vinta, Louis, non guardarlo.
Tick tock – il tempo passa; non abbastanza velocemente, secondo Louis, che comincia a spazientirsi.
Tap tap tap – un piede si muove, innervosito. Harry sorride: il logoramento sta dando i suoi primi frutti, cederà a momenti.
Un sospiro, lievissimo; il Mac viene chiuso di scatto; una mano a sistemarsi la frangia e Tommo alza finalmente gli occhi. Non ricambia però l’espressione – di nuovo – gongolante di Harry: è duro, deciso e serio – come in poche occasioni l’ha visto.
La verità è che Louis odia dagli l’impressione di aver vinto – ma non si tratta di orgoglio. È più che altro una questione di principio, come accade quando Harry si comporta da moccioso viziato; non succede spesso, ma quelle rare volte gli ricorda, con i suoi atteggiamenti infantili, che, nonostante Tommo abbia la più grossa sindrome di Peter Pan dell’intero universo, rimane pur sempre maggiore di due anni.
Questa mattina Harry ha fatto l’impossibile per apparire più bambino di quello che in realtà è; e non si tratta della scenata di gelosia - palese. Se si fosse fermato al fatidico messaggio e alla scopata di ripicca, Louis lo avrebbe compreso – e giustificato. Infatti, non appena si è accorto che qualcosa non andava, si è precipitato a casa, per cercare di capire quale fosse il problema. Per parlarne, risolvere insieme la questione.
Ora non gli interessa più; o meglio, certo che gli interessa – tutto ciò che concerne Styles gli sta a cuore -, ma non vuole essere il primo a tirar fuori l’argomento: Harry ha passato davvero il limite, cercando di proposito di ferirlo – e ottenendo pure il risultato sperato. A questo punto, Louis si farebbe una maratona di Toy Story con Liam per tre giorni di fila, piuttosto che dargliela vinta e mostrargli quanto sia riuscito nel suo intento – e lui non sopporta Toy Story, né tantomeno Liam mentre guarda Toy Story, tutto trepidante – neanche fosse la mattina di Natale. Ma Tommo sa che aspettare non è il suo forte e che, per di più, farebbe prima a trovare Niall a dieta che beccare Harry che inizia un discorso serio – soprattutto se è lui, quello in torto. Il momento di impasse va superato e tanto vale che…
“Quindi?”
Sono due sillabe pronunciate con distacco e impazienza – Tommo è seccato e vuole far subito fuori la questione: lo chiama in causa, chiedendogli giustificazioni per lo spettacolo che ha appena messo in scena – che cos’hai da dire a tua discolpa?
Harry fatica a reggere la freddezza di quell’unica parola e ancor più quello sguardo colmo di rimprovero: non si aspettava una reazione del genere. Cioè, sapeva che Louis si sarebbe incazzato – quello era lo scopo, in prima battuta – ma non si sarebbe mai aspettato quell’impassibilità.
Secondo le sue previsioni, Louis sarebbe dovuto arrivare nel momento clou (e questo era successo), e poi, non appena la ragazza se ne fosse andata, piantare una scenata di gelosia. E a lui sarebbe bastato rinfacciargli la serata appena trascorsa, per farlo passare dalla parte del torto. Un’unica frase – “Rispetto a quello che mi hai sbattuto in faccia ieri, non c’è assolutamente paragone.” – e tutto si sarebbe risolto: un bacio a fior di labbra, di scusa, poi Louis che gli chiedeva di perdonarlo, e, perché no?, un po’ di sesso pacificatore. Questo era ciò che si sarebbe aspettato, non quella rigidità e quella… delusione, quasi, che in quel momento vede traboccare dai suoi occhi chiari.
La percezione di déjà-vu gli stringe la bocca dello stomaco: gli sembra di essere tornato a scuola, quella volta che le insegnanti avevano convocato sua mamma perché aveva fatto uno scherzo di cattivo gusto a un compagno di classe. Lei che lo guardava, il suo piccolino, per la prima volta non solo arrabbiata, ma proprio delusa, aspettando che si decidesse a confessare quello che aveva fatto – perché doveva raccontarglielo lui, in modo da “renderlo consapevole delle sue azioni”, secondo la professoressa di matematica. Il ricordo di Anne che lo fissa senza aprir bocca, è uno dei più spiacevoli della sua vita. E adesso gli sembra di riviverlo. Non è una bella sensazione – innesca subito nelle sue viscere un senso di colpa che in realtà non prova. Non è colpa sua.
Harry è colto di sorpresa da quell’unica parola che gli getta addosso la responsabilità di una situazione di stallo che non è stato lui a creare. Ok, magari ha fatto traboccare il vaso con quella gocciolina dal nome non ben identificato - Maddy/ecc -, ma non è di sicuro a causa sua se il vaso era già pieno da un pezzo.
Non sa cosa dire. Non è colpa sua. Così abbassa il viso e si arruffa i capelli, risistemandosi il ciuffo – prende tempo. Non è giusto che sia lui a dover parlare per primo, a doversi giustificare. È colpa di Louis, sua e delle immagini che affollano la testa di Harry da una notte intera: lui e Eleanor che si strusciano sulla pista da ballo, le sue labbra che lasciano baci affettuosi dietro le orecchie della ragazza, la sua risata contro il lobo di lei, le dita tra quei lunghi capelli scuri e, soprattutto, quell’occhiata. Quell’occhiata è stata il particolare più doloroso dell’intera scena; è stata la sua gocciolina, quella che ha fatto traboccare il vaso della sua sopportazione. È stato il motivo per cui ha scelto la bionda più figa del locale e se l’è portata a letto. Quello sguardo verso Eleanor – colmo d’amore, uno di quelli che Harry ha sempre visto rivolti verso di sé, e verso di sé soltanto –  gli ha attanagliato le budella e pietrificato il cuore. Quindi è Louis che dovrebbe parlare, non lui; Louis dovrebbe profondersi in discorsi interminabili, a lui così congeniali, per discolparsi. Non è colpa sua.
Non. È. Colpa. Sua.
“Allora? Sto aspettando. E sai che non mi piace aspettare.”
“Uhm, cosa?” Nonostante il tumulto che ha dentro, Harry fa come se nulla fosse, abbandonando la soddisfazione e rifugiandosi dietro la sua espressione più concentrata/perplessa. Questo non è sufficiente a ingannare Louis, che riconosce la finta dietro la maschera – lo vede sempre, non importa quanto sia bravo a simulare.
“Davvero? Davvero stai cercando di fregare me?” Ha inarcato le sopracciglia, aggiungendo una nota di scetticismo a quella delusione che brucia sulla pelle di Harry come ferro incandescente.
La risposta si limita a un altro “Uhm…”, il tipico grugnito che Louis con il tempo ha imparato a interpretare come: “Cosa dovrei dichiarare o confessare? Non c’è bisogno che io faccia lo sforzo di parlare, dato che comunque non c’è nulla da dire e sai perfettamente che non mi sbilancerò su questo argomento.” Louis ci potrebbe scrivere dei saggi, sui quei mugugni, e anche un bel dizionario: “dallo Styles all’inglese”, con tanto di fonetica – svelando così al mondo i segreti di quei silenzi che lui solo sa decifrare.
È evidente che dalla quella bocca non uscirà mezza parola, facendo il muso duro – Harry, al contrario suo, è abbastanza orgoglioso, e a durezza risponde con una chiusura a riccio –, quindi tanto vale provare con le buone.  Lo sbuffo gli sfugge dalle labbra non scappa all’altro – e Louis può riconoscere il fastidio sul suo volto: come ogni adolescente del mondo (e Tommo si include nel gruppo, nonostante l’anagrafe si ostini a negarlo), pur comportandosi da bambino, non gli piace sentirsi trattato come tale. Ma adesso non importa quanto sia infastidito: questa non comunicazione tra di loro – una situazione del tutto nuova – è frustrante e qualcosa si deve sbloccare. Ovviamente, tocca a Louis fare il primo passo. Stupido Styles.
“Senti, ho capito che ce l’hai con me e che vuoi farmela pagare: i tuoi messaggi subliminali sono arrivati forte e chiaro. Sì,  è vero, mi ha dato fastidio vederti con quella ragazza; e sì, è ovvio che io sia geloso. Quindi? So che sai che sono incazzato: anche qui, non ci vuole certo una scienza per capirlo. Però, prima che incazzato, sono preoccupato; per cui, per la miseria, mi faresti il piacere di aprire quella bellissima boccuccia che ti ritrovi e utilizzarla per articolare parole, invece che limitarti a occhiate allusive e gruppi di consonanti sconnesse? Ti dispiacerebbe spiegarmi cosa è successo, che cosa ho fatto per meritarmi il porno in salotto?”
A Harry viene da sorridere, nonostante faccia ancora male quella traccia di disillusione negli occhi di Louis e ancora più male il fatto che lui non abbia ancora chiesto scusa: una volta che Tomlinson comincia un discorso, non smetterebbe più di parlare. Logorroico che non è altro. Ma non basta questo accenno di tenerezza a smuoverlo dal suo mutismo: il problema è – e l’epifania lo coglie all’improvviso, in un attimo di consapevolezza che gli pugnala il petto un’ennesima volta, quella fatale – che Louis non ha capito. Louis, che si vanta di conoscerlo bene quanto le sue tasche – ed è, senza ombra di dubbio, la persona che lo capisce meglio nell’universo intero, inclusa sua madre. Louis non sa che lui sa.







Too much love will kill you/as sure as none at all […]/ the pain will make you crazy/you’re the victim of your crime/ too much love will kill you – every time.
Queen – Too Much Love Will Kill You







Louis non sa che lui sa. Ancora sconvolto dalla rivelazione, Harry non riesce a reagire: vede il ragazzo di fronte a sé che parla, di nuovo, ma non recepisce ciò che sta dicendo; lo sente sbuffare, ancora, e fissarlo con quella delusione: nulla. Non è capace di vincere la gravità che lo tiene ancorato a quel tavolo fino a che non vede Louis sbuffare – l’ennesima volta -, alzarsi e fare per andarsene; solo allora l’orgoglio è vinto dall’istinto, che lo spinge a scostare la sedia, levarsi in piedi e afferrargli la mano – non te ne andare. Louis si gira e – infine – lo vede: gli occhi verdi sgranati, a svelare la sua insicurezza; la linea della bocca arcuata verso il basso, indice della sofferenza che prova; la stretta possessiva sul suo polso – gelosia, che si è mischiata talmente tanto con la paura di non bastargli, da risultarne inscindibile. Eccolo, il suo Harry – niente a che vedere con lo stronzetto di prima -; Louis lo riconosce e, semplicemente, lo abbraccia.
È un abbraccio di quello dei loro, infinito, soffocante, vitale: aggrappandosi a lui, con il viso nascosto nell’incavo della sua spalla, Harry lo stringe così forte… E Louis, che, oltre al dizionario dei mugugni, potrebbe pubblicare anche quello dei gesti di Styles, decritta quella stretta come una dichiarazione: Harry gli sta comunicando, in un modo che non potrebbe essere più lapalissiano, che ha bisogno di lui, che non vuole che se ne vada, che non gli piace litigare, che lo ama. Non è un abbraccio tra amici – è troppo intenso, e sottintende quell’impossibile sentimento che riempie il cuore di entrambi -, ma neppure tra fidanzati: è violento, disperato e sofferente. È il modo migliore – l’unico, forse – per dirsi tutto ciò che non riescono a dirsi – non perché non vogliano, piuttosto perché è qualcosa impossibile da rendere a parole. Quell’abbraccio è la sintesi del loro rapporto: se potesse, Louis non lo lascerebbe mai andare, intossicato dal suo odore, per tenerselo tutta la vita stretto a sé. E Harry, beh, il suo cuore batte al ritmo che gli pulsa nelle orecchie: il sangue che pompa nelle vene di Louis – e lui, lontano da quelle braccia, non esiste davvero.
Una sera, Zayn - ancora più ispirato del solito e anche più loquace grazie a un po’ troppo alcol in corpo e a un dormiente Payne spalmato sulle sue ginocchia – gli aveva rivelato una grande verità. Louis se lo ricorda benissimo, il luccichio di comprensione che gli era balenato dietro le lenti degli occhiali, mentre, con voce vellutata e le dita tra i capelli castani di Liam, aveva detto: “Tu e Styles siete stati creati per stare insieme – e questo è abbastanza lampante; persino questo qui” accennando al ragazzo sulle sue gambe “se ne è accorto. Quello che però nessuno ha notato – neanche te, Tommo – è che Harry è dipendente da te di più di quanto tu dipenda da lui. Tu sei tutto il suo mondo, lui è la maggior parte del tuo.” Louis, piuttosto brillo, era scoppiato a ridere - “Sissignore, sono una droga più potente dell’eroina!” –, non capendo, e subito dopo si era buttato sul tappeto nella zuffa tra Harry e Niall – ancora più sbronzi - per la conquista delle ultime caramelle. Soltanto qualche ora dopo, con Horan e Zayn con la testa nel water e Liam che recitava la parte della “crocerossina” come suo solito, Louis, sdraiato sul divano, aveva capito che cosa intendeva Malik. Harry, dapprima accoccolato contro la sua spalla, si era girato e gli aveva baciato la pelle sotto il mento, la consueta malizia cancellata dalle troppe birre e dalla sonnolenza che ne conseguiva. Poi aveva canticchiato: “Heaven is a place on earth with you.” e lo aveva guardato, con un sorriso ubriaco che rasentava l’adorazione. Louis lo aveva stretto di più, esattamente come lo stringe adesso, e gli aveva baciato i ricci, prima di affondarci il naso – nello stesso modo in cui lo fa ora – sono qui, Harry. Ti amo anche io.
Il più piccolo non accenna ad allentare la morsa spasmodica delle sue braccia – è sempre stato così bravo ad abbracciare – e, proprio mentre Louis comincia ad accarezzargli la schiena – per  rassicurarlo, quasi -, sussurra, la voce ancora più roca del normale e il tono insicuro: “Dimmelo, Boo. Dimmelo, che sei solo mio.”
Il respiro gli si congela in gola – finalmente, Tommo ricongiunge tutti i pezzi del puzzle e capisce. Merda. Si irrigidisce, provando nel petto il lancinante dolore che sa che Harry ha sentito ieri sera. Lo riconosce – ed è così intenso… quasi lui e Hazza fossero una cosa sola.
Gli viene da piangere, tanto fa male – come una voragine all’altezza dello stomaco: Harry ha capito che Eleanor significa qualcosa per Louis, e gli sta chiedendo – è una supplica, più che una richiesta – di smentirlo. Lo sta pregando di dirgli che non è vero, che lei è solo un’amica che si scopa con regolarità, che non vale né più né meno di quanto valgano quelle che Harry si porta a letto, che non sarà mai nulla paragonata a lui. Che non ci sarà mai nessun altro nel suo cuore, se non Harry. Che lui è tutto il suo mondo.
E quello che ferisce di più Louis, e che allarga il senso di vuoto che ha nel petto, è percepire la sofferenza di Harry, atroce, nel sentirlo freddo tra le sue braccia: se il rantolo di angoscia che sfugge dalle labbra di Tommo è esplicativo, lo è ancora di più il suo silenzio. A Harry non rimane che sciogliere l’abbraccio, inorridito e boccheggiante, guardandolo con gli occhi spalancati. Terrorizzato, si volta – con un gemito soffocato si aggrappa allo stipite della porta, cercando di non cadere. Louis non può far altro che rimanere immobile, lo sguardo basso verso il pavimento, sopraffatto, mentre lo sente vestirsi di fretta e uscire di casa. Si accascia sulla sedia, affondando le dita tra i capelli: non credeva di essere capace di provare un dolore tale.






It's you, it's you, it's all for you / Everything I do/I tell you all the time/Heaven is a place on earth with you
Lana del Rey - Videogames
















Nel prossimo capitolo: [...] Sulla soglia di casa sua, però, non c’è né Niall, né la vicina del piano di sotto. La persona che Liam si ritrova davanti, con suo enorme sconcerto – doveva passare la giornata con Louis, oggi, e in una situazione normale non si sarebbe mai presentato da lui nella “settimana senza Danielle” -, è Harry. [...]










Saaaaalve^^ Ecco a voi il primo capitolo, in cui le carte sono messe in tavola; vi avevo avvisate della presenza di troooooppa introspezione e sentimenti incasinati, vero? XD Spero che vi sia piaciuto, e di aver tenuto entrambi i personaggi IC - oltre che di essere stata chiara. Fatemi sapere cosa ne pensate: tengo molto a questa FF, perché è quasi tutto ciò che penso avvenga in realtà. (sì, sono probabilmente l'unica Shipper Larry a cui stia simpatica Eleanor - no, ovvio che non sono normale :D)
Detto questo (leggasi: dopo essermi guadagnata innumerevoli pomodori in faccia xD), mi rimetto al vostro parere.
Alla prossima,
Elena

Ps: sempre grazie alla Ludovica, che sbircia in anticipo ogni volta; love you, Lou!
   
 
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