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Autore: Sammy_    22/05/2012    3 recensioni
Mi guardai allo specchio e una ragazza dai lunghi capelli rossi e gli occhi azzurri mi rivolse un’espressione esasperata.
Quella ero proprio io, Rebecca, o meglio Bechy, Ippolito, ragazza diciassettenne di origini italiane, costretta a vivere con quella sotto specie di scimpanzé, meglio conosciuto con il nome di Harry Styles.
Mi sciacquai il viso con l’acqua gelida sperando di levarmi dalla testa l’espressione strafottente del mio odioso fratellastro.
Si può davvero arrivare a detestare una persona così tanto? La risposta è si.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harry&Bechy'
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CAPITOLO 10:
 
 
-          Bechy sveglia! Il sole splende alto nel cielo, una nuova giornata è cominciata!
-          Ninaaaa, ho sonno!
-          Dai alzati pigrona, ti avevo promesso che la prossima volta che saresti venuta a Firenze ti avrei accompagnato agli Uffizi, ricordi?
-           Si ma … dobbiamo andare proprio ora?
-          Si, assolutamente si! Avanti vai a fare colazione mentre io comincio a vestirmi.
 
 
Detto questo mia cugina uscii dalla mia stanza saltellando allegramente.
Come faceva ad essere sempre così pimpante anche di prima mattina?
 
Raggiunsi la cucina e trovai nonno Pietro, zia Emma e Harry intenti a fare colazione.
Il mio fratellastro aveva un’aria molto assonnata, evidentemente anche lui era stato risvegliato bruscamente.
 
La sera prima era stato difficile per entrambi riuscire ad addormentarsi perché non la smettavamo più di litigare.
Ad Holmes Chapel avevamo vissuto un periodo di “tregua” ma quel viaggio aveva portato nuove complicazioni tra di noi.
 
Tanto per cominciare, l’idea di condividere la stanza non andava a genio a nessuno dei due.
Entrambi avevamo il sonno leggero, ci svegliavamo ad ogni minimo rumore, il che rendeva tutto più complicato visto che io parlavo nel sonno e  Harry russava come un tricheco ubriaco (dalle scimmie ai trichechi, wow, stavo facendo dei passi avanti!)
 
 
-          Buongiorno nonno, buongiorno zia! – esclamai ignorando del tutto il ricciolino – avete dormito bene?
-          Benissimo nipotina mia – disse mio nonno mentre gli stampavo un bel bacio sulla guancia rugosa – e tu?
-          Benissimo anche io – risposi andando ad abbracciare zia Emma.
-          Io invece ho dormito malissimo – comunicò Harry lanciandomi un’occhiataccia – non sai stare zitta neanche mentre dormi!
-          Ah si? E cosa ho detto?
 
 
A quella domanda Harry arrossì di colpo e distolse lo sguardo per evitare di rispondere alla mia domanda.
Perché faceva così? Avevo detto qualcosa di terribilmente imbarazzante?
 
 
-          Nina mi ha detto che oggi andrete agli Uffizi – disse zia Emma interrompendo quella lunga pausa di imbarazzante silenzio – farai meglio a sbrigarti Bechy, sai quant’è ansiosa mia figlia, ha sempre paura di trovare troppo fila!
-          Ci metterò due secondi allora!
 
 
Presi dalla mensola una scodella arancione, la riempii di latte fresco e cereali al cioccolato e ingurgitai la mia colazione alla velocità della luce.
Mia zia aveva perfettamente ragione, Nina certe volte diventava così ansiosa da far paura e sinceramente non avevo voglia di angosciarmi anche durante le vacanze.
 
Messa la ciotola sporca nel lavabo, corsi subito in bagno per lavarmi.
Era una bellissima giornata di sole, faceva molto più caldo che in Inghilterra, così potei indossare un paio di short di jeans e una canottiera senza paura di poter sentire freddo.
 
Il clima era sicuramente una delle cose che preferivo dell’Italia. Non faceva mai troppo freddo, soprattutto nel centro e al sud della penisola, diversamente dal mio paese in cui gli inverni erano lunghi e tristi, con il cielo perennemente grigio e nuvoloso, per non parlare dell’estate in cui il sole splendeva a malapena, come se fosse sbiadito dopo un lavaggio in lavatrice.
 
Che paragone balordo, ma rende l’idea più o meno, giusto?
 
Una volta pronte, io e la piccola Nina salimmo a bordo della sua Vespa gialla, che mi dava l’idea di un limone con le ruote,  e sfrecciammo attraverso le affollate vie di Firenze.
Eravamo già a metà strada quando mi venne in mente una cosa:
 
 
-          Forse avremmo dovuto chiedere ad Harry se voleva venire con noi – urlai per farmi sentire da mia cugina nonostante il pesante casco che le copriva la testolina bruna.
-          Forse … ma non lo odiavi? Pensavo che avresti preferito passare la giornata senza di lui!
-          Oh, questo è sicuro ma, tanto per gentilezza, credo che gli manderò un messaggio chiedendogli di raggiungerci.
-          Va bene, fa come vuoi!
 
 
Mentre mia cugina parcheggiava, io scesi dal limone/motorino e tirai fuori il cellulare per scrivere un messaggio ad Harry:
 
 
“HEI IDIOTA, SE TI VA (MA NESSUNO TI OBBLIGA) POTRESTI RAGGIUNGERCI AGLI UFFIZI, CHIEDI A MIO NONNO, LUI SAPRA’ SICURAMENTE INDICARTI LA VIA PIU’ COMODA PER ARRIVARCI”.
 
 
La risposta non tardò ad arrivare:
 
 
“TI RINGRAZIO PER IL GENTIL PENSIERO MA CREDO CHE PIUTTOSTO ANDRO’ A FARE UN GIRO CON MAMMA E ROBIN. TUTTO PUR DI NON STARE CON TE!”
 
 
Il suo messaggio mi fece incavolare. Diamine! Per una volta che tentavo di essere gentile con lui mi trattava in quel modo?
Ma che andasse a farsi fottere!
 
 
-          Bechy? Va tutto bene? – Nina si sfilò il casco ravvivandosi i capelli con una mano.
 
Aveva il viso e le spalle piuttosto abbronzate, al contrario di me che ero bianca e pallida come un latticino. Dovevo assolutamente prendere un po’ di sole o al mio ritorno non mi sarei mai potuta vantare con Ella della mia tintarella (altra rima, yuhuu! Aspetta un attimo, lei è già abbronzata di suo, cavolo, non potrò vantarmi proprio con nessuno!)
 
 
-          Si, va tutto bene – risposi a mia cugina prendendola a braccetto – forza, entriamo!
 
 
Nonostante le preoccupazioni di Nina, non trovammo tanta fila fuori dagli Uffizi e nel giro di dieci minuti eravamo già dentro al grande museo.
 
Non ero mai stata una patita d’arte ma non mi serviva una laurea per capire che le opere contenute in quel luogo avevano un valore inestimabile.
 
Nina era una grande appassionata di Storia dell’Arte, tutto ciò che riguardava quella materia la affascinava in modo quasi ossessivo.
 
Proprio per questo fu lei a farmi da guida, era molto più informata di qualsiasi altro esperto.
 
Opere di Raffaello, Michelangelo, Caravaggio … quella mattina vedemmo di tutto e di più!
 
Fosse stato per Nina saremmo rimaste lì dentro anche tutto il pomeriggio ma io ero stanchissima e i miei piedi sembravano essersi animati urlando “ti prego! Poni fine a questa tortura!”
 
Così, uscimmo dagli Uffizi e andammo a prenderci un bel gelato in un bar lì di fronte, lei panna e fragola, io menta e cioccolato.
 
Ci sedemmo ad un tavolino con vista sul fiume Arno e cominciammo a chiacchierare del più e del meno.
 
Personalmente ho sempre odiato questa espressione “del più e del meno”, come se non ci bastasse già la matematica fatta a scuola. Vabbè, basta farsi certe inutili seghe mentali!
 
Nina mi stava giusto raccontando dell’ultima festa a cui aveva partecipato quando un ragazzo biondo molto carino si avvicinò al nostro tavolo.
 
Rivolse a mia cugina un sorriso raggiante e non mi ci volle molto per capire che quei due non solo si conoscevano ma probabilmente erano anche molto amici. Forse più che amici …
 
Il ragazzo cominciò a parlare in italiano così velocemente che non riuscii a capire neanche una parola.
Fortunatamente Nina notò la mia espressione confusa e mi spiegò cosa stesse succedendo.
 
 
-          Bechy, lui è Giacomo, il mio ragazzo, avevo giusto intenzione di parlarti di lui proprio adesso – esclamò con gli occhi che le brillavano per l’emozione – lei è mia cugina Rebecca – aggiunse rivolta a Giacomo parlando nella sua lingua – è inglese perciò non sempre capisce molto bene l’italiano.
-          Ah capisco ehm … nice to meet you Rebecca! – mi disse lui stringendomi la mano con fare cordiale.
-          Il piacere è tutto mio – provai a dire io in italiano.
 
 
Nina e Giacomo ripresero a conversare fitto fitto e io distolsi lo sguardo per lasciargli un po’ di intimità.
 
 
-          Ehm … Bechy?
-          Si?
-          Giacomo mi ha chiesto di accompagnarlo ai suoi allenamenti di calcio, ti dispiace se vado con lui?
-          Cosa? Ah no, vai pure, ma come torno a casa?
-          Prendi pure la mia Vespa – mi disse lanciandomi un paio di chiavi - ci penserà Giacomo a riaccompagnarmi!
-          Okay – risposi poco convinta – a dopo allora!
 
 
Nina mi ringraziò abbracciandomi forte e Giacomo mi salutò provando a mettere insieme qualche frasetta in inglese.
Li vidi allontanarsi mano nella mano e provai una stretta al cuore, la stessa che sentivo quando vedevo Ella e Niall insieme.
Anche io volevo un ragazzo, anche io volevo essere amata e coccolata, perché invece l’unico maschio che mi ritrovavo accanto era quel rompipalle del mio fratellastro?
 
Sconsolata come non mai, mi alzai dal tavolo e mi allontanai dalla gelateria convinta che un bel giro in Vespa mi avrebbe aiutato a schiarirmi le idee.
 
C’era solo un problema … come cavolo si faceva a guidare quel limone a due ruote?
 
Montai in sella e provai ad accendere il motore. Okay, fino a lì ci arrivavo ma dopo di che non riuscivo più a fare nulla, era immobilizzata dalla paura!
 
E se avessi fatto un incidente?
E se mi fossi persa andando a finire chissà dove?
 
Stavo quasi per rinunciare e tornarmene a casa in autobus quando una voce familiare alle mie spalle mi fece trasalire:
 
 
-          Hai bisogno di aiuto?
-          Harry! Che cosa ci fai qui?
-          Ho seguito il tuo consiglio e ho chiesto informazioni a tuo nonno. Che uomo simpatico che è!
-          Pensavo che non volessi venire – sibillai tra i denti incrociando le braccia sul petto.
 
 
Ero già di cattivo umore, ci mancava solo lui a guastarmi ancora di più la giornata.
 
 
-          Bè, ho cambiato idea – rispose Harry con una scrollata di spalle – allora, dove andiamo di bello?
-          Da nessuna parte! Stavo solo cercando di far partire questo coso per tornarmene a casa.
-          Aspetta, lascia fare a me …
 
 
Scesi dalla Vespa per lasciargli posto e Harry montò su al posto mio riazionando il motore.
Partì, fece un giretto di prova, e poi tornò indietro.
 
 
-          Non è difficile! Coraggio, salta su!
-          Io con te su quel limone a due ruote? Non ci penso neanche!
-          Ah si? Pensavo che tu non avessi paura di niente – mi provocò Harry con un sorriso beffardo.
 
 
Ecco, aveva trovato il mio punto debole, odiavo sentirmi dare della fifona.
 
 
-          Eh va bene Styles, ma devi riportarmi subito a casa!
 
 
Mi posizionai dietro di lui sulla Vespa e strinsi le braccia intorno ai suoi fianchi.
 
All’inizio ero piuttosto tesa e avevo un po’ di paura, poi però, a poco a poco, cominciai a lasciarmi andare.
 
Sfrecciavamo velocissimi e il vento mi soffiava tra i capelli.
 
Il sole di mezzogiorno splendeva alto nel cielo e lo sentivo battere sulle mie spalle scoperte.
 
Quella città era meravigliosa, ogni angolo, ogni stradina, ogni vicolo …
 
E i monumenti poi, erano un più bello dell’altro!
 
Dapprima percorremmo la costa dell’Arno, poi tornammo verso l’interno.
Era incredibile come Harry fosse riuscito subito a memorizzare la strada di casa, io al posto suo mi sarei persa già da un pezzo.
 
Finalmente arrivammo a destinazione e io tirai un sospiro di sollievo.
Harry parcheggiò la Vespa e ripose i caschi nel sottosella.
 
Sembrava sempre così sicuro di se in tutto quello che faceva, riusciva a fare bene qualsiasi cosa, perfino guidare un motorino per le strade di una città a lui sconosciuta.
 
E poi era bello, terribilmente bello …
 
“Bechy! Ma cosa stai dicendo? Sei impazzita?”
 
 
-          Harry, posso chiederti una cosa? – domandai prima di aprire il portone del palazzo.
-          Uhm … certo …
-          Che cosa ho detto l’altra notte mentre dormivo?
 
 
Di nuovo Harry arrossì per l’imbarazzo e tentò di entrare in casa per evitare la mia domanda ma io gli sbarrai la strada. Stavolta non aveva scampo.
 
 
-          Davvero lo vuoi sapere Bechy?
-          Certo, e lo voglio sapere subito!
-          Va bene … - Harry fece qualche passo indietro e poggiò la schiena contro il muro esterno della palazzina – hai detto qualcosa del tipo “no, non è possibile che mi piaccia Harry, non quell’idiota!”.
-          Che cosa? – stavolta fui io ad arrossire violentemente – stai scherzando per caso?
-          Assolutamente no! – l’espressione seria del ricciolino mi confermò che ciò che aveva appena detto era del tutto vero.
 
 
Ecco lo sapevo! Era stata una pessima idea metterci nella stessa stanza, adesso lui sapeva che provavo qualcosa per lui!
 
 
-          Allora? – Harry sembrava in trepidante attesa di una risposta.
-          Allora cosa?
-          È vero che ti piaccio?
-          Ma no! Figurati … lo sai che ti odio!
-          Si lo so, ti odio anche io ma …
 
 
Lasciò la frase in sospeso e scosse la testa come se lui stesso fosse stupito da ciò che aveva appena pensato di dire.
 
 
-          Ma cosa?
-          Niente, lascia perdere …
-          No, adesso me lo dici! – esclamai avvicinandomi  lui.
 
 
Adesso si che eravamo vicini, forse anche troppo. Riuscivo a sentire il suo respiro sulla pelle e i miei occhi erano incatenati ai suoi.
Il cuore cominciò a battermi forte, temevo di andare in iper ventilazione da un momento all’altro.
 
 
Harry non disse nulla ma fece qualcosa del tutto inaspettato.
Mi prese il viso tra le mani e mi baciò delicatamente sulle labbra lasciandomi letteralmente senza parole.
All’inizio fu un bacio molto innocente, poi si fece sempre più intenso e passionale.
Il mio cervello andò in tilt e mettendo da parte la mia ostilità saltai addosso ad Harry stringendo le gambe intorno ai suoi fianchi a intrecciando le dita tra i suoi soffici riccioli.
 
E d’un tratto mi resi conto di aver sognato quel bacio per tanto, tanto tempo.
 
CAPITOLO 10!!! UN ALTRO BACIO, CHISSA’ SE STAVOLTA LE COSE ANDRANNO DIVERSAMENTE … PER SCOPRIRLO, CONTINUATE A LEGGERE E SE NE AVETE VOGLIA LASCIATE UNA BELLA RECENSIONE!
BACI AFFETTUOSI, VOSTRA SAM.
  
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