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Autore: Hikari93    22/05/2012    7 recensioni
TITOLO MODIFICATO!!! (Ex "Una strana coppia")
(ATTENZIONE: (NON) solo il primo capitolo è un po' "dark/angst")
Sentii solo una risatina, che non mi piacque. «Facciamo un patto.»
Alzai il capo, esterrefatto. «Un patto?» ripetei.
«Esattamente: hai sei mesi di tempo. Se riesci a diventare la mia» ironizzò, come se mi stesse prendendo in giro, e non desse peso alle mie parole «”persona che mi fa stare bene”, avrai i tuoi genitori indietro.»
I miei genitori? Allora erano vivi! «Altrimenti?» chiesi.
«Altrimenti sarai mio per l’eternità.»
D’impulso sgranai gli occhi, poi mi rilassai, accennando a un sorrisetto. «Come vuoi, signor…?»
«Sasuke… Uchiha.»
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 15: Problemi e soluzioni
 







 

 
 

Basta, quella storia doveva giungere al suo termine. Non ne potevo più, mi stava annientando. Volevo dimenticare tutto, volevo cancellare gli ultimi mesi della mia vita.
Volevo mandare al diavolo Sasuke una volta per tutte.
Volevo trovare il coraggio per farlo, per trasmutare quel mio desiderio in realtà.
Mi odiavo con tutte le mie forze. Non si può continuare ad amare qualcosa che fa male, vero? E’ contro la natura umana, vero? Anzi, no. Nessuno, di qualunque genere, poteva mai rincorrere spasmodicamente ciò che gli procurava immenso dolore.
Tranne me.
Io continuavo a cercare Sasuke, continuavo a cercare un modo per fermarlo. Dentro di me, sentivo che c’era una soluzione a tutti quei problemi. Tuttavia, quella mi sfuggiva dalle dita a una velocità impressionante, nemmeno si posava in mano. E intanto il tempo trascorreva, intanto il ricordo di ciò che ero diventato, il ricordo del Kyuubi che mi annullava era devastante, mi ammazzava con la sua semplice e astratta presenza.
Bisognava muoversi, e io lo sapevo.
Lo sapeva anche Sasuke, la fine era vicina, doveva esserlo. Se mai fosse fuggita da noi, l’avremmo raggiunta, agguantata, portata al nostro fianco. Ma la fine doveva sopraggiungere, e uno di noi due avrebbe fatto presto la mossa decisiva.
Mi raggomitolai su me stesso, tremante ancora al pensiero di un Kyuubi sempre più vivo.
Perché… perché sentivo che Sasuke avrebbe vinto?
Probabilmente perché già più di un passo era stato avanzato: Shikamaru, uno dei miei migliori amici, si trovava in ospedale, incosciente. Avevo sentito Ino al cellulare, mi ero fatto forza per parlarle, e mi aveva raccontato tutto. Non c’era bisogno di tutte quelle fandonie che tutti spacciavano per verità: era stato Sasuke a ridurlo in quello stato. Nessun incidente, nessun agguato, niente di niente. Soltanto Sasuke Uchiha.
E poi c’era il già nominato Kyuubi. Io avevo visto cos’era accaduto, cosa avevo fatto. Per fortuna, cercavo almeno di convincermi, erano persone non reali, quelle che avevo attaccato. Ma… ma se fossero state vere che cosa sarebbe cambiato? Sarebbero potuti essere anche miei amici, ma l’unica e sola cosa che avrei ugualmente potuto fare sarebbe stata di guardare dall’esterno la vita altrui che consumavo.
No, avevo bisogno di mettere un punto a quella storia.
Era decisamente necessario.
Staccarmi da Sasuke, poi, era un ordine, un’imposizione data da me stesso che non potevo ignorare. Per natura, si fugge da ciò che è male.
 
«Senju» dissi soltanto, trovando in me una forza vitale che non sentivo più dentro per parlare. Ma dovevo farmi forza: il pensiero di annullarmi non doveva spaventarmi, checché potessi pensare.
«Ne hai sentito parlare.» E non era una richiesta, Sasuke non aveva bisogno di domandarmi alcunché, perché lo Sharingan – o che cavolo era – aveva fatto il lavoro sporco per lui, facendomi sputar fuori ogni singola parola.
«Non… non so nulla di preciso su di loro. So soltanto che… che erano nemici del tuo clan. Sbaglio?» chiesi.
«Affatto.»
Silenzio.
Ma c’erano veramente troppe questioni che andavano risolte. Basta timori, basta tutto: era ora di giocarsi tutto, di non trattenersi e di non nascondere più niente al proprio interno.
«Che senso ha avuto?» Sasuke si voltò verso di me, lo intravidi. Non capiva. «Perché mi hai mostrato tutte quelle cose? Ormai la resa dei conti è prossima, lo sai anche tu. Quindi, perché? Tanto vale dirmelo, non pensi?»
Lo Spettro scrollò le spalle. «Morirai presto o tardi, quindi tanto vale essere schietti fino in fondo, anche se non c’è un vero e proprio segreto da tener nascosto per quanto riguarda questa faccenda. Diciamo soltanto che ho voluto fornirti un quadro quasi completo della situazione.»
«Non trovi sia ora di completarlo?»
«Di sicuro. Anche se non credo ti piacerà.»
Scossi il capo. «In ogni caso sono problemi miei, sta’ tranquillo.»
Lui rise derisorio, e io mi sentii patetico. Mi vergognavo della sofferenza che provavo nel sapere che la fine di quella temibile avventura stesse arrivando così repentinamente senza che io avessi potuto fare nulla. Inghiottii il boccone amaro.
«Sono stati quelli della tua famiglia a distruggere il mio Clan» confessò a testa bassa, quasi ne soffrisse ancora, quasi fosse ancora umano per soffrirne.
Inutile: potevo e dovevo fare qualcosa per lui.
«Non conoscevano alcun Clan Namikaze a quanto mi hanno detto. Ti stai sbagliando, Sasuke.»
«Sei forse tonto, usuratonkachi? Pensavo non avessi bisogno di ulteriori spiegazioni per capire che la tua famiglia discende da quei bastardi schifosi. E anche per la maggior parte degli abitanti di Konoha vale lo stesso.»
Non era un ragionamento troppo complesso, in realtà, anzi: filava liscissimo, eppure non l’avevo considerato. Da vero idiota.
«Non è colpa mia, io non c’entro. Neanche li conoscevo» mi difesi.
Sasuke mi puntò le iridi dritte negli occhi. «Nemmeno io ero a conoscenza della guerra in atto tra il Clan Uchiha e quello Senju, se è per questo. Nemmeno la mia famiglia ne sapeva qualcosa, e nemmeno io avrei voluto ospitare quegli Spettri dentro di me, quand’ero in vita. Mi hai visto, no?»
E come dimenticarlo… era stato da quel momento che avevo costantemente pensato a un modo per salvare Sasuke.
«Mi spiace, ma io ci sto rimettendo già troppo» constatai.
«Non mi interessa.»
«Sei uno stupido egoista!»
«L’uomo lo è. Lo sono stati con me, io lo sono con gli altri.»
Impassibile, Sasuke era impassibile e sicuro di sé, non c’era modo per sviarlo. Tanto valeva continuare a indagare, facendo stupidamente finta di nulla.
«… E quindi? Che legame c’è tra te e il fatto che io discenda dai Senju? E il Kyuubi? Perché io? Mi è chiaro, ormai, che non è stata una scelta casuale. Troppi elementi che coincidono» affermai.
Sasuke parve rilassarsi. «Credo di avertene già parlato: riguarda la mia vendetta, Naruto-chan. Qualcuno deve pagare per quello che mi è stato fatto, per l’offesa che mi è stata fatta.» Strinse i denti, il suo tono era via via più solenne. «Ma ammazzare tutti normalmente non avrebbe senso. La mia deve essere una grande vittoria, una vittoria senza uguali: deve essere uno di loro a farli fuori, quasi si eliminassero a vicenda. E qui entri in gioco tu. Tra tutti quelli che ho istigato, catturandone i familiari, tu sei stato l’unico ad andare fino in fondo. Complimenti per la costanza, Naruto-chan. Ti ha permesso un bel premio: sarai il mio schiavetto personale per l’eternità.»
Frattanto che l’ascoltavo, mi si era avvicinato e mi aveva toccato il mento con le dita. Me lo stava baciando, leccando.
Sentii un brivido lungo la schiena che mascherò il ribrezzo che mi imponevo di dover provare.
«Sai» continuò Sasuke, «non mi fai nemmeno troppo schifo. Sei, gradevole, per quanto un Senju vomitevole possa esserlo.»
Lo scostai, lo spinsi; le braccia non volevano rispondere. Al corpo quelle attenzioni piacevano ancora.
Idiota.
Mi sentii ancora più ridicolo quando pensai a quello che stavo per dirgli. Per un paio di secondi, ipotizzai persino di starmene in silenzio e tenermi quell’assurda osservazione per me, ma alla fine sapevo che il mio cervello non era fatto per tenersi in mente i pensieri.
«Sasuke» mormorai sulla sua spalla, «perché? Perché non abbandoni tutto? Lascia perdere, non risolverai nulla. Non pensi che… che potresti stare qui con… me? Ti basterebbe ridarmi i miei genitori, ridare alla vita tutte le persone a cui hai fatto del male e, se possibile, rimanere con me, al mio fianco, vivere quella vita che non ti è stata concessa. Pensaci Sasuke, non ti piacerebbe?» Mi sorpresi persino che mi avesse ascoltato.
Lo sentii scuotere la testa. «Non ci siamo, non ci siamo proprio. Sei uno stupido, Naruto-chan, un vero stupido. Non è lo scopo della mia vita, non è quello che voglio. Ma, tranquillo, finché mi servirai potrai stare al mio fianco. Poi si vedrà.»
«Non posso fare nulla per convincerti?»
«Puoi solo smetterla di blaterare.» E mi baciò con forza sulle labbra senza che nemmeno me ne accorgessi. Premeva con forza, c’era disperazione in quel gesto, non era come le altre volte.
Eppure… perché era così cocciuto? Non c’era un compromesso a cui poter scendere?
Gli morsi le labbra, disperato, il pensiero che correva a tutte le vittime di quell’assurda e folle vicenda.
Ripensaci, Sasuke, ripensaci!
 
Lo sapevo, sapevo che sarebbe successo prima o poi, ma la consapevolezza di ritrovarsi proprio in quella che era stata solo un’immaginaria situazione mi atterrava.
I primi sintomi non mi fecero sospettare di nulla: dei semplici giramenti di testa, le vertigini, la vista che pareva oscurarsi a tratti, poi per interi secondi e infine per un periodo ancora più lungo.
Poi avevo capito; da quando, una volta, avevo avvertito dei piccoli vuoti di memoria, come se mi avessero catapultato volontariamente da un tempo all’altro, avevo immediatamente compreso che il Kyuubi voleva uscire. Naruto Namikaze rimaneva nel suo corpo per un periodo sempre più breve, per essere poi sostituito da un gigantesco demone dalle sembianze di una volpe.
Ne avevo paura, sentivo che non sarei riuscito a controllarmi a lungo.
Ne ero sempre più sicuro: bisognava mettere un freno a quella faccenda, ma il problema consisteva nel come: che fare? Come abbattere Sasuke, essere soprannaturale, basandomi su quello che avevo, ovvero poche caratteristiche di un qualunque essere vivente terrestre?
Insomma, l’unica cosa che ero riuscito a scovare, a suo tempo, quando svolgevo le primissime ricerche, era una specie di rituale – non sapevo nemmeno se definirlo tale – che relegava gli spiriti in altre dimensioni o chissà che cosa. Niente di specifico, comunque, e inoltre non ricordavo nemmeno in quale libro lo avessi letto. In ogni caso, probabilmente la biblioteca era il luogo migliore in cui fare indagini. Ma come fare a non farsi beccare da Sasuke? Era la fase finale di tutti i nostri piani, quella conclusiva… non avrebbe abbassato la guardia tanto facilmente, no?
Ma davvero non c’era una via di fuga?
Il conto alla rovescia stava quasi per terminare… avrei perso?
«La sento, percepisco questa tua inquietudine, Naruto-chan» mi sussurrò Sasuke, aumentando ancor di più la mia preoccupazione e il mio disagio, «ti rendi conto che non puoi fare più nulla? Il campo si restringe, dei tuoi amici nemmeno più l’ombra in questi giorni, te ne sei accorto?»
Sapevo che dipendeva da lui, me lo stava facendo intuire.
«Ma non agitarti» continuò, «presto non ti rimarrà neanche il ricordo di quello che è successo, né di ciò che sta accadendo in questo momento, delle mie parole… non esisterà nessuna dimensione temporale, non esisterà nessun Naruto Namikaze. E questo» ghignò, «significherà la distruzione assoluta di Konoha e di tutti coloro che vi abitano, tutti coloro che hanno provocato la mia sofferenza. Finirà tutto per loro, come al tempo finì per me. Non c’è niente che tu possa fare.»
Dannazione… quanto aveva ragione Sasuke.
Era veramente finita, e mentre l’ennesima inconsapevolezza di cosa mi stesse accedendo mi colpiva, intravidi la sagoma dello Spettro, più astiosa che mai, mostrare uno dei suoi ghigni più temibili.
Prometteva solo guai.
 
Andai a letto col terribile e angosciante sospetto che quella, come ogni volta, poteva essere l’ultima notte che trascorrevo da Naruto Namikaze: inutile negarlo, la perdita della mia coscienza mi spaventava troppo, perché era qualcosa di inevitabile.
Mi tuffai sotto le coperte, ficcandomici sotto fino a quasi soffocare all’interno.
Bah, sarebbe stato quasi meglio…!
Come da alcuni giorni a quella parte, non riuscivo a prendere assolutamente sonno: e, mi dicevo, se avessi chiuso i miei occhi da umano e ne avessi aperti degli altri da mostro? Sentivo il Kyuubi che si stringeva intorno a me e mi serrava nella sua morsa dalla quale era impossibile sfuggire.
Ripensavo agli avvenimenti degli ultimi mesi, e mi domandavo come fosse stato possibile arrivare fino a quel punto disperato, alle pendici di quel burrone che ammetteva un’unica soluzione, ovvero il precipizio. Ripensavo a quando non c’erano altro che pianure nella mia vita, quando tutto era in discesa, quando la percorrevo, quella discesa, mano nella mano con mia madre e mio padre. Poi Sasuke li aveva spinti via, facendoli ruzzolare fin giù, facendoli cadere e schiantare. Ero rimasto da solo. E tutto per colpa di antenati che nemmeno sapevo di avere, di gente che, se non fosse stato per Sasuke, avrei avuto il piacere di non conoscere mai.
Avrei continuato la mia vita felice.
Eppure Sasuke, che si era sentito, in vita, solo – e secondo me si sentiva tale pure adesso – avrebbe dovuto capirmi più di tutti, e invece… e invece voleva spingermi nel vuoto nello stesso e identico modo cui aveva fatto coi miei affetti.
E io che, tutto sommato, ancora speravo di poterlo salvare!
Passati, ora, chissà quanti giorni dal nostro incontro, capivo che mi ero soltanto illuso, e che nella speranza di poter fare tutto, nella considerazione errata di essere capace di sostenere una missione di tale livello e importanza, avevo commesso il grave errore di prendere sottogamba Sasuke e, perché no, di innamorarmi anche di lui.
Da vero idiota quale avevo capito di essere.
«Dai, dai, che ce la fai» dissi senza speranza al vuoto intorno a me.
Non c’era nessuno: Sasuke, chissà perché – avevo rinunciato a capirlo, o semplicemente non ci riuscivo per nulla – aveva preferito restarsene altrove.
E con la voce che si perdeva in un sussurro, che continuava instancabile a ripetere quelle parole come un mantra lagnoso e inutile, mi addormentai col cuore gonfio di tensione.
 
Probabilmente stavo sognando.
Però… dovevo ammettere che si trattava di un sogno molto vivo, quasi in realtà non lo fosse. Non sembrava una dimensione a sé stante, anzi, pareva reale.
Tuttavia, non era un vero luogo quello che vedevo, non era formato da qualcosa di materiale. Non c’erano mobili, né posti su cui sedersi, né qualsiasi cosa che potesse definirsi propriamente definibile. Erano delle luci dai mille colori che, quasi fosse un effetto ottico, sembravano attorcigliarsi l’una all’altra a formare dei tifoni colorati trasversali.
Eppure… era veramente tutto reale! Una dimensione senza senso, ma della quale percepivo tutto, persino quel filo d’aria che pareva svolazzare tranquillo per tutto lo spiazzo. Lo sentivo sulle pelle, e mi pareva tutto tranne che una fantasia.
D’un tratto, quasi mi comandassero, mi voltai all’indietro. Avevo sentito qualcuno che mi chiamava, ma non era stato un suono udibile, quanto qualcosa di interiore.
Era difficile spiegare quello che mi stava succedendo, eppure mi appariva tutto così chiaro.
Era… strana quella faccenda…
«Finalmente. E’ un piacere incontrati, Naruto Namikaze.»
Al posto del vuoto che, voltatomi, mi ero incantato a fissare comparve una figura alta e slanciata, dai capelli neri e occhi, se possibile, ancora più scuri. Ma sulle prime, quasi fossi accecato, non lo riconobbi.
«Devi scusarmi» continuò la voce, «non sono riuscito a farmi sentire prima, nonostante gli sforzi fatti. Ti chiedo scusa da parte di Sasuke per tutti i guai che lo stesso sta causando. Credimi, lui non è così, c’è del buono in lui.»
«Io… io ne sono sicuro, lo so che c’è qualcosa di buono in Sasuke!» affermai, le mani strette. Solo dopo un po’, come un lampo, mi sovvenne chi fosse il mio interlocutore, e ripresi: «Tu sei… Itachi Uchiha?» domandai, ma non ce n’era nemmeno bisogno.
Annuì, ma dal suo viso capivo che non voleva perdere tempo. Che non poteva.
«Naruto, mi serve il tuo aiuto. Devi fermare Sasuke. Assolutamente. Dobbiamo.»
Rimasi spiazzato da quella richiesta. «Come se potessi» risposi con malcelata ironia. «E’ impossibile, lui è troppo forte per me, ma… ma forse tu potresti! Perché non gli parli direttamente tu? Scommetto che ti ascolterebbe! Non so molto del passato di Sasuke, né di… né di te, però… però è tuo fratello, sei parte della sua famiglia! Ti darà ascolto, ne sono certo!»
In realtà, la mia era più una richiesta di soccorso immediato dettata dalla paura. Ci avevo ragionato troppo, ed ero giunto a conclusione che le mie possibilità di vittoria erano nulle. Speravo che Itachi potesse liberarmi da quel fardello che lui stesso mi aveva appena consegnato.
«Vorrei parlagli, ma non posso» rispose. «Per un motivo che mi è sconosciuto, non riesco a comunicare direttamente con lui.» Mi sembrava triste.
«E io?» rimbeccai con un certa arroganza che non era mio volere dimostrare, «e io come dovrei fare? Sono… sono un semplice umano! Come posso vincere? Come faccio a fermarlo? Mi ha in pugno, a causa del Kyuubi posso fare ancora meno di quello che avrei potuto fare in un’altra occasione, capisci?»
«So che è chiederti molto, ma sei disposto a fidarti di me?» domandò dopo un po’ di silenzio.
Ci riflettei, tuttavia non trovavo alcun contro che avesse potuto fermarmi dall’accettare quella pseudo alleanza con Itachi, anche se non sapevo ancora in cosa consistesse. Non c’era niente da perdere, almeno avrei lottato fino alla fine.
«Accetto. Mi fido di te» dichiarai.
Itachi cominciò a camminare verso di me e, quando fu sufficientemente vicino, mi mise al collo una specie di collana che aveva come pendaglio il simbolo del Clan di Sasuke – lo stesso ventaglio che, tra una risposta di scherno e l’altra, avevo visto ritratto anche sugli abiti di Madara.
«Non perderla per nessuna ragione. Okay?» mi disse.
Accennai a un col capo. «Ma perché?»
«Non voglio che ti spaventi, ma il Kyuubi è a un passo dalla sua formazione completa, la nona coda non ci impiegherà molto a uscir fuori. La tua giusta inquietudine, poi, non fa altro che accelerare il processo. Non saresti più te stesso, in quel caso, e il mio otouto avrebbe vinto.»
«Confortante» commentai, e Itachi accennò un sorriso mesto.
«Un oggetto a cui sia io che un altro spirito, ovvero Sasuke in questo caso, siamo legati rappresenta l’unico modo per aprirmi un varco nel mondo reale, dei vivi. Come vedi, ho potuto incontrati solo nel sogno, e così sarà la prossima volta che ci vedremo: quando il Kyuubi prenderà il controllo su di te, allora sarà come un sogno terribile dal quale non ne uscirai né sconfitto né dolorante, perché ci sarò io ad aiutarti. E allora parlerò con Sasuke.»
Lo guardai un tantino perplesso, ma Itachi non parve farci troppo caso, né darci troppo peso. Soltanto: «Capirai meglio quando sarà il momento. Per ora… non mi resta che salutarti e dirti addio. Ma ci rivedremo presto, ne sono sicuro.»
Non ebbi nemmeno il tempo di porre altre domande che Itachi sparì dalla mia vista, e al suo posto comparvero le pareti e i mobili della mia stanza. Al petto tintinnava la collana datami da Itachi.
La strinsi forte: era l’unica via d’uscita.

 
 
 
 










 










 
Mmm… oddio non so che dire! X)
Spero solo che l’entrata in scena di Itachi sia apprezzata! Sapete, anche nelle fic io sono fedele all’idea che solo Itachi possa far cambiare nel bene o nel male idea a Sasuke. Il loro legame è qualcosa di… di indicibile, boh! XD
Vabbé.
Ringrazio:
-chi legge&commenta;
-chi preferisce(36);
-chi ricorda(8);
-chi segue(97);
 
Grazie! 

   
 
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