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Autore: EclipseOfHeart    23/05/2012    2 recensioni
Salve ^^
In questa storia ho voluto raccontare la mia personale versione di come sia nato l'amore tra Vegeta e Bulma, coppia che adoro e che trovo tra le più affascinanti mai create.
"«Se non la smetti di gridare e tentare in qualche patetico modo di convincermi a fare ciò che vuoi, la mia educazione si limiterà ad ucciderti.» disse sibilando parola per parola, per poi andare verso la cucina. Il suo sguardo era gelido e Bulma lo riconobbe come lo sguardo che Vegeta usava durante le battaglie, mentre le sue minacce si trasformavano in realtà.
Eppure non riuscì ad avere paura.
Lei sapeva che non era in pericolo, anche se non sapeva spiegarsi perché.
"
[Questa fanfiction ha partecipato al contest La notte degli Oscar indetto su Writers Arena Rewind]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dark Paradise

 

 

 

Capitolo II

 

 

[Everytime I close my eyes
It’s like a dark paradise]

 

 

 

Qualche giorno dopo alla sera in cui Bulma aveva realizzato i suoi veri sentimenti, la scienziata aveva finalmente deciso che era arrivato il motivo di confessare tutto a Yamcha.

Indecisa su come affrontare la questione dato che non c’era modo che lui non ne uscisse ferito non sapeva quando e come agire.

Seduta sul letto a rimuginare, alla fine decise che lo avrebbe invitato a cena e gli avrebbe spiegato tutto con calma a fine serata.

Si armò di coraggio e prese il telefono, componendo il numero del fidanzato che rispose dopo qualche squillo.

«Ehi Yamcha!»

«Bulma! Ma che coincidenza, stavo per chiamarti io!»

«Ah sì? Come mai?»

«Volevo proporti un invito a cena.» disse lui con entusiasmo lasciandola per qualche secondo senza parole.

«Assurdo! Volevo dirti la stessa cosa!»

«Wow, fantastico! Allora non ho dubbi sul fatto che accetterai.»

«Infatti accetto molto volentieri.»

«Anche perché dobbiamo parlare di un argomento molto importante.» replicò Yamcha serio.

«E di cosa? Mi hai incuriosita.» rispose lei iniziando a sentire una sensazione di preoccupazione.

«Vedrai stasera! Ho prenotato già un tavolo in quel ristorante che ti piace tanto.»

«Quindi me l’hai chiesto ma sapevi già che avrei detto di sì!»

«Ovvio! Ora vado ad allenarmi, alle 8 vengo a prenderti a casa.» rise lui per poi chiudere la conversazione lasciando Bulma basita per qualche secondo con il telefono aperto nelle mani.

Che doveva dirle Yamcha di così importante da invitarla in un ristorante per comunicargliela?

Che anche lui avesse gli stessi dubbi di lei? Che volesse lasciarla anche lui?

Sperò che fosse quello il problema così Yamcha non sarebbe rimasto troppo ferito dalla sua decisione, per quanto non lo amasse più gli voleva un gran bene ed era stato una parte molto importante della sua vita e vederlo soffrire l’avrebbe fatta stare molto male.

Rinfrancata dall’idea che anche lui avesse capito la loro situazione andò diretta verso la cucina, era quasi ora di pranzo e sua mamma era fuori casa, se non avesse preparato qualcosa lei per quell’idiota le avrebbe distrutto tutta l’abitazione.

Immersa nei suoi pensieri passò mezz’ora a cucinare, se c’era una cosa in cui almeno Vegeta l’aveva aiutata era che, grazie a lui, aveva di molto affinato e migliorato le sue abilità di cuoca.

La quiete però fu interrotta, come sempre, dalla porta di casa che si apriva e si chiudeva nella maniera più violenta possibile.

Qualche giorno l’avrebbe rotta pensò affranta Bulma mentre si preparava alla loro consueta litigata.

«Non è ancora pronto, torna ad allenarti per almeno un’altra mezz’ora.» iniziò asciutta appena lo vide varcare l’ingresso della cucina.

«E vatti a dare una lavata prima di mangiare.» aggiunse vedendolo sanguinante e sudato.

«Non sono qui per mangiare! Non ancora, almeno. Devi riparare il tetto della GR, c’è un buco e non riesco più ad attivare la gravità.» replicò invece lui seccato.

«Un buco? Come hai fatto a fare un buco? Sei impossibile Vegeta! Tutto quello che tocchi lo distruggi! Comunque ora non posso lasciare la cucina che sto cucinando, dopo pranzo, se mi va, aggiusterò i tuoi danni.» disse Bulma stanca di dover ogni giorno riparare quella maledetta stanza.

«No, vieni subito. Non posso perdere tempo!»

«Non posso venirci ora perché devo cucinare per te! Quindi decidi, o il pranzo o i tuoi allenamenti.»

Vegeta si bloccò e sbuffando pensò effettivamente che non gli conveniva perdere tutto il pranzo per poco più di mezz’ora d’allenamento.

«Dopo pranzo devi andare subito ad aggiustarlo.» concluse quindi perentorio per poi andare verso la sua stanza mentre Bulma scuoteva la testa, vicina all’esasperazione.

 

 

Come promesso dal Saiyan, appena finito il pranzo, Bulma dovette seguirlo nella GR per aggiustare il tetto della stanza.

«Ho bisogno di una scala, vai a prenderla dentro il garage.» ordinò a Vegeta iniziando a prendere gli strumenti di lavoro.

«Non puoi prendertela da sola?»

«Dimentichi che io sono solo una debole terrestre? E’ troppo pesante.» rispose lei scimmiottando il Saiyan che continuamente le ripeteva quella frase e che dovette andare a prenderle la scala.

Di ritorno la pose sotto il buco del tetto e Bulma vi salì iniziando a riparare il danno, quando notò che Vegeta stava per uscire dalla stanza.

«Dove credi di andare? Devi tenermi la scala! Pensa se cadessi da quest’altezza!» urlò per richiamarlo.

«Cosa vuoi che me ne importi se ti fai male?» replicò lui sgarbatamente.

«Ti importerà quando cadrò rompendomi un braccio e la tua GR resterà rotta per mesi!» gridò furiosa, possibile che nessun atto di gentilezza o cortesia potesse uscire da quel troglodita?

Vegeta si ritrovò per la seconda volta in quella giornata a dover ammettere che quella terrestre non aveva tutti i torti e che doveva rimanere in buona salute, quindi si mise sotto la scala controllando che non cadesse.

La mezz’ora seguente passò nel silenzio più totale, interrotto solo dai rumori degli strumenti di Bulma e dai borbottii di lei verso le attrezzature.

«Okay, ho quasi finito, mi manca l’ultimo ritocco e poi…» non riuscì a finire la frase perché improvvisamente si sentì mancare l’equilibrio, si era sporta troppo e gridò mentre cadeva dalla scala.

Chiuse gli occhi aspettando l’impatto che però non arrivò a causa delle braccia di Vegeta che la presero al volo.

Bulma aprì gli occhi e si ritrovò due pozze nere che la fissavano, l’espressione di lui era arcigna e severa come al solito.

Non credeva che veramente lui l’avrebbe salvata, era convinta che l’avrebbe lasciata cadere a terra.

Stava per ringraziarlo quando lui la posò immediatamente a terra, interrompendo il contatto tra di loro, Bulma si accorse, al distacco, di quanto la pelle di lui fosse più calda rispetto alla sua.

«Mi aspettavo che un’imbranata come te sarebbe caduta da un momento all’altro. Ora pure i terrestri devo salvare!» disse lui disgustato dal suo stesso gesto.

«Grazie.» borbottò Bulma senza particolare enfasi visto che Vegeta l’aveva presa quasi per riflesso e non perché realmente gli importasse.

Risalì sulla scala, scuotendo la testa e domandosi perché era stata così sciocca da pensare che il suo fosse stato un gesto gentile.

Arrivata vicino al tetto respirò e notò per la prima volta che il suo cuore batteva più forte del normale e, finendo il lavoro, si domandò se fosse stato effettivamente solo per la paura.

 

 

Finita la riparazione, Vegeta l’aveva subito fatta uscire dalla GR per poter continuare i suoi allenamenti.

Bulma ormai era persino stanca di doversi arrabbiare per quegli atteggiamenti e quindi decise di passarci sopra, lasciando perdere la questione e tornando in casa.

Passò il resto pomeriggio nel suo laboratorio, intenta a finire un progetto per la Capsule Corporation e fu solo per fortuna che alzò lo sguardo verso l’orologio notando che era decisamente ora di iniziare a prepararsi per la cena.

Mentre si cambiava e decideva come vestirsi Bulma pensava a come avrebbe dovuto approcciarsi per la discussione con Yamcha, ancora non si sapeva se lui avesse gli stessi pensieri di lei e quindi il dubbio le rendeva la situazione molto difficile.

Alle 8 precise il campanello di casa Brief iniziò a suonare e Bulma, ormai pronta, si guardò allo specchio ripetendo mentalmente il suo discorso e il fatto che ci sarebbe potuta riuscire e poi andò ad aprire a Yamcha.

Che sicuramente era vestito nella maniera più elegante possibile, fu la prima cosa che pensò lei appena lo vide.

Vestiva giacca e cravatta, non aveva memoria di avergliela mai vista, e tra le mani teneva una rosa rossa che le porse immediatamente salutandola e offrendole il braccio.

Bulma sorrise, sentendosi in imbarazzo per il suo abbigliamento non molto elegante e sempre più inquieta riguardo a quello che Yamcha le dovesse dire.

Non sembrava che avesse l’umore di una persona che dovesse dirle una cosa negativa, tutt’altro.

Arrivati al ristorante scoprì che Yamcha si era assicurato nella prenotazione di aver il miglior tavolo possibile e che, sopra di esso, era già posizionato lo champagne, pronto per essere bevuto.

Che le doveva dire Yamcha di così bello da doverlo festeggiare in quel modo?

Oltretutto lui non faceva che sorriderle da quando si erano visti.

Bulma, agitata e nervosa, non riuscì neanche a godersi la cena di quello splendido ristorante che lei adorava alla follia ma che quella sera pareva soffocarla.

Yamcha però non parve notare nulla di tutto ciò, infatti proseguì la serata sempre con il sorriso sulle labbra e senza il minimo segno di disagio.

Arrivati al dessert Bulma pensava veramente di stare per scoppiare dall’ansia finché le sue preghiere non furono esaudite mentre Yamcha tirò fuori una scatolina.

E allora l’ansia di Bulma diventò puro terrore.

“Yamcha non stava per proporsi, vero?” Pensò la sua mente che iniziava a lanciare messaggi d’allarme uno dopo l’altro.

Diventò pallida mentre Yamcha iniziò il suo discorso.

«Bulma, so qual è il nostro problema. Abbiamo bisogno che la nostra relazione faccia un salto in avanti altrimenti rischiamo di restare fermi e di perderci.

Io ti amo. E sento che anche tu provi la stessa cosa no…? Tu ami?» iniziò lui per poi grattarsi la testa imbarazzato, rosso e certo della risposta della sua fidanzata.

«Tu ami. Sì, lo so. E quindi ti chiedo, Bulma Briefs vuoi diventare mia moglie e rendermi il marito più felice che ogni universo abbia conosciuto?» infine concluse aprendo la scatolina che rivelò al suo interno un solitario con un diamante al centro.

Bulma si sentì mancare il fiato e vide che tutti gli altri clienti del locale osservavano la scena, aspettando la sua risposta.

Osservò Yamcha ed ebbe la certezza assoluta che non poteva dirgli di sì. Non voleva sposarlo, né continuare a stare con lui e con delicatezza chiuse lo scatolino che lui teneva in mano.

Vide la delusione nei suoi occhi e si sentì male al pensiero di averlo ferito, ma prenderlo in giro sarebbe stata cosa ben più grave.

«Yamcha, stasera sei stato perfetto. L’anello è bellissimo, la serata è organizzata così bene e io mi sento così male a doverti dire di no. Non posso sposarti.

Hai ragione tu, abbiamo bisogno che la nostra relazione cambi ma in senso negativo, purtroppo io non ti amo più e quindi non posso sposarti, spero tu possa perdonarmi e capire le mie ragioni.» rispose Bulma con voce più ferma possibile.

Yamcha la fissava ancora incredulo e ritirò il suo anello nella tasca mentre i suoi occhi dimostravano quanto non comprendesse quello appena accaduto.

«Ma perché? Cosa ho sbagliato?» sussurrò ancora sconvolto.

«Nulla Yamcha, assolutamente nulla! L’amore a volte si spegne senza nessun motivo particolare, siamo troppo diversi e vogliamo condurre stili di vita differenti.» tentò di spiegargli Bulma per non cercare di ferirlo in nessun modo.

«E’ per quel Saiyan vero? Ti sei innamorata di lui?» sibilò lui a denti stretti nel tentativo di comprendere.

Bulma pensò immediatamente alla caduta dalla scala del pomeriggio ma scacciò subito quel ricordo per chiarire la sua posizione.

«Non dire assurdità, non ti sto lasciando per un altro. Questa cosa riguarda solo me e te, senza esterni, meno che mai per Vegeta.»

Yamcha non volle aggiungere altro e in silenzio andò a pagare il conto.

Nella macchina al ritorno l’atmosfera era soffocante e silenziosa e arrivati a casa di Bulma, lei si sporse verso Yamcha regalandogli un bacio sulla guancia.

«Grazie. Di tutto.» disse sorridendo.

«Sei sicura Bulma?» replicò lui trattenendola leggermente, per l’ultima volta.

Bulma annuì e scese dalla macchina mentre sentì che un capitolo della sua vita era giunto alla sua fine, con Yamcha se ne andava anche la sua adolescenza e il suo primo amore.

Si preparò velocemente per dormire e con animo abbastanza sereno si coricò nel buio della sua stanza.

Prima di dormire continuò a pensare alle parole di Yamcha, a quella domanda a cui aveva risposto tanto fermamente.

“Tu mi ami?”

E poco prima di addormentarsi pensò a Vegeta, a quegli occhi neri come la notte più profonda e al fatto che si mescolassero perfettamente con quella domanda che le risuonava nella mente.

 

 

Settimane dopo la rottura definitiva con Yamcha, Bulma ancora faticava a concepire l’idea di essere ormai single. Era fidanzata con lui da quando era appena un’adolescente e non era facile riabituarsi al fatto che ora fosse libera.

Impegnata come sempre tra il lavoro in laboratorio e quello extra che Vegeta non mancava mai di procurarle le sue giornate passavano una dietro l’altra finché i mesi che la distanziavano da quella sera al ristorante diventarono cinque.

Bulma aveva sentito, giorno dopo giorno, nascere nuove emozioni dentro di lei. Si era scoperta più volte a fissare quell’idiota che le girava per casa e aveva notato che la sua compagnia, per quanto sgarbata e sgradevole, iniziava leggermente ad ammorbidirsi e, cosa più preoccupante, spesso era lei che la desiderava.

Vegeta odiava quando qualcuno si fermava a fissarlo e più di una volta si era fatta rimproverare per questo motivo, tentava di osservarlo, di capirlo meglio che poteva e ogni sguardo che gli posava era uno sguardo rubato.

Non sapeva neanche lei perché avesse quella voglia sempre più forte di comprendere cosa si celasse oltre i muri che Vegeta contrapponeva tra sé e il mondo e non capiva perché quegli occhi neri la affascinassero così tanto. Avrebbe passato ore a guardarli tanto erano profondi e tanto l’attraevano.

All’inizio non erano così. Erano freddi, limitati e non esercitavano alcun potere su di lei, ma da qualche tempo, in rare occasioni, sembravano riflettere un’immagine diversa di quella che Vegeta sempre manifestava.

Poteva giurare di averlo visto una sera uscire dalla GR con gli occhi velati di tristezza che però una volta rilevata la sua presenza scomparve per lasciare il posto al solito sguardo superiore e denigratorio.

Non riusciva a diventare un Super Saiyan ma Bulma credeva che, più profondamente, ci fossero altri motivi che lo spingessero sempre a dover essere il migliore.

Una vita passata tra il dolore, il sangue e la guerra non può che insegnare che solo il più forte ottiene rispetto e può sopravvivere, oltretutto era convinta che gli fosse stato detto fin da piccolo che in quanto principe della stirpe Saiyan era suo dovere essere al di sopra di tutti, altrimenti sarebbe stato vergognoso, per lui e per la sua famiglia.

Non conosceva gli orrori di Vegeta ma voleva aiutarlo in qualche modo a trovare un po’ di serenità, solo che non riusciva a vedere nessuno spiraglio in cui far breccia.

Ogni tentativo di iniziare un discorso cadeva inesorabilmente nel silenzio, ogni sguardo di troppo redarguito all’istante, non riusciva a raggiungerlo né con gli sguardi né con le parole.

Chiusa nel suo laboratorio la sua testa passava sempre più tempo a pensare a lui che le stava inquinando la mente come mai niente aveva fatto.

Continuava a chiedersi perché le importasse tanto di farlo stare meglio.

Vegeta era un assassino che non si faceva problemi a dirle ogni giorno che poteva tranquillamente ucciderla. Lei e tutti i terrestri erano sempre in pericolo, in qualsiasi momento avrebbe potuto decidere che quel pianeta non gli servisse più, iniziando la sua opera di distruzione.

Eppure voleva aiutarlo, in qualsiasi maniera.

Mettendo un freno a tutte quelle elucubrazioni Bulma alzò lo sguardo verso l’orologio del suo studio per scoprire che erano le tre di notte.

Sconvolta da quanto il tempo sembrasse essere scivolato via decise che, per quella sera, era decisamente ora di andare a dormire.

Prima però avrebbe fatto una doccia veloce per lavare via tutta la stanchezza accumulata.

La casa era immersa nel silenzio più totale finché, uscita dalla doccia, non sentì un rumore di vetri che proveniva dalla cucina.

Agitata e con solo l’asciugamano addosso prese un tubo vicino al suo studio e andò in direzione del rumore.

Poteva essere qualche ladro o peggio qualche maniaco. Certo, l’avere in casa uno degli uomini più forti dell’universo avrebbe dovuto rassicurarla ma dubitava che avrebbe interrotto il suo sonno per la sua misera vita.

Ma pure in quel momento critico doveva pensare a quello scimmione?!

La luce nella cucina era aperta e sentiva i passi di qualcuno dentro, si avvicinò con il cuore in gola e il tubo in mano.

Tubo che fece scivolare immediatamente a terra non appena vide che tutto quel chiasso era proprio Vegeta a procurarlo!

«Ma che cosa stai facendo? Mi hai fatto morire di paura! Pensavo fosse qualche ladro!» esclamò agitata mentre l’adrenalina ancora le circolava in corpo. Vide a terra i cocci di un bicchiere in frantumi e la bottiglia d’acqua che il Saiyan stava bevendo per capire cosa stesse facendo.

Ma non poteva essere silenzioso?

«Stavo bevendo. Se questi bicchieri si rompono con una tale fragilità non è colpa mia. E poi…» replicò Vegeta guardandola attentamente e poi osservando il tubo «Volevi veramente colpire un ladro con un tubo? E vestita con un asciugamano? Volevi stordirlo o sedurlo?» continuò con tono beffardo e leggermente malizioso.

Bulma a quella provocazione arrossì violentemente. Non si era proprio resa conto di essere in quelle vesti e per di più davanti alla persona che da qualche tempo non faceva altro che infestarle la mente.

Tentò di coprirsi e sarebbe volata via, balbettando qualche ultimo insulto, se la mano di Vegeta non le avesse afferrato il braccio, spingendola contro la parete e bloccandola ad essa.

Le mani di Vegeta le tenevano fermi i polsi al muro e lei sentì il suo respiro caldo che le vibrava sul collo, deglutì sentendo che la sua gola si sarebbe seccata molto velocemente e guardò Vegeta leggendo per la prima volta un’emozione diversa nei suoi occhi che però non le piacque per nulla.

Desiderio, lussuria.

«Vegeta spostati immediatamente. Che cosa vuoi fare?» chiese con la voce che un po’ le tremava dalla paura che sentiva salire.

Lui sogghignò: «Andiamo donna non essere ridicola, sai cosa sto per fare. Voglio divertirmi un po’ e vestita così tu stuzzichi decisamente la mia mente. E’ inutile che tenti di urlare o di fare la santarellina, tanto ormai ho deciso che stasera mi divertirò con te. E poi non fingere che una cosa del genere non ti piaccia, cedete tutte alla fine dei conti.» concluse con voce greve e iniziando ad infilare una mano sotto l’asciugamano di Bulma che lo fissava con occhi pieni di disgusto.

Avrebbe potuto urlare e a nulla sarebbe servito. Sapeva riconoscere ormai quando Vegeta usava un tono che non ammetteva repliche.

Le salirono le lacrime non vedendo nessuna via d’uscita, che lei provasse attrazione per lui non poteva negarlo ma non voleva assolutamente che accadesse qualcosa del genere tra di loro in quel modo. Lui stava per abusare di lei contro la sua volontà.

Gridò e tentò di scostarlo ma ovviamente i suoi furono solo vani tentativi. Non voleva che lui facesse sesso con lei considerandola una delle tante donne insignificanti e inutili che aveva nella sua vita, atte solo a soddisfare i suoi istinti.

Rigettò indietro le lacrime e capendo di non poter far nulla decise che lui non l’avrebbe fatta piangere e avrebbe affrontato la situazione con fermezza.

«Va bene, fai quello che vuoi, soddisfa pure i tuoi istinti più bassi. Sei più forte e vile di me, prenditi quello che desideri ma sappi che no, non sentirò alcun tipo di piacere a stare con un tipo schifoso come sei tu.» esclamò con voce dura irrigidendosi e smettendo di lottare.

Vegeta le aveva slacciato l’asciugamano che era scivolato a terra ma al sentire quelle parole aveva alzato gli occhi per fissarla intensamente, vedendo qualcosa che lo colpì profondamente.

Quella terrestre non aveva paura, aveva uno sguardo fiero e dignitoso come poche volte lo aveva visto nella sua intera vita. Vi riconobbe un frammento dell’espressione di un guerriero Saiyan che affronta l’inevitabile a testa alta.

Lei gli aveva sempre tenuto testa da quando era lì ma era stato sempre in occasioni in cui non le aveva mai fatto concretamente del male.

Invece in quel momento voleva fare qualcosa che capì lei non voleva assolutamente che avvenisse, non era come tutte le altre donne con cui era stato che, per paura o per compiacerlo, alla fine avevano ceduto perfino dimostrandosi felici che avesse scelto loro.

Lei no, lei si opponeva.

Vegeta non avrebbe mai pensato che avrebbe rivisto quello sguardo in una terrestre, loro sempre così deboli e sciocchi.

Per questo motivo si chinò e prese l’asciugamano per poi porgerglielo e staccare la sua presa dal muro, lasciandola libera.

Bulma lo fissò non capendo come mai di colpo avesse cambiato idea mentre si coprì immediatamente.

Vegeta la guardò e lei poté vedere per un solo secondo una sincera scintilla di dispiacere, si scostò da lei e, uscendo, le sussurrò: «Scusa Bulma.» lasciandola sconvolta.

Vegeta non l’aveva mai chiamata per nome. Di epiteti ne aveva usati tanti ma mai aveva pronunciato il suo nome, quasi come se lei non meritasse di avere e di essere chiamata per nome.

Si lasciò cadere sul pavimento mentre mille emozioni si mescolavano dentro di lei: rabbia, agitazione, ansia, stupore.

In quel momento avrebbe volentieri preso a pugni Vegeta per averle fatto prendere quella paura ma al contempo ebbe la certezza che quel Saiyan le era entrato dentro la pelle, in una maniera così profonda e inaspettata che in quel momento si sentiva completamente incatenata a lui.

 

 

 

Fine del II capitolo.

Eccoci xD Ancora sono indecisa se ci sarà un altro o altri due capitoli perché non ho ben deciso come dividere la storia comunque sarà online il seguito in poco tempo : )

La citazione iniziale viene dalla canzone “Dark Paradise” di Lana Del Rey, trovo che il testo per alcuni versi si modelli perfettamente all’amore di Vegeta e Bulma, soprattutto di lei.

Alla fine Bulma (nella mia storia u.u) vive un amore travagliato come pochi, che nasce su delle basi fragilissime e trovo che l’espressione Dark Paradise si adatti perfettamente a descriverlo. Nero come il suo principe e come la sofferenza che le provoca mal contempo paradisiaco come solo l’amore può essere.

Spero vi sia piaciuto e ci vediamo alla prossima!

 

Ringraziamenti:

 

-      Federika21: grazie mille della recensione, spero che questa continuazione continui a soddisfarti. Sì, sto tentando di mantenerli il più IC possibile e spero vivamente di esserci ancora riuscita xD Spero di leggere un’altra tua recensione :D

-      Vegeta_Sutcliffe: eh sì, hai proprio ragione xD essendo una tipa abbastanza distratta quegli errori mi sfuggono come niente D: spero stavolta di essere riuscita a stare più attenta e spero la storia ti continui a piacere, aspetto la tua recensione ^^

 

 

Grazie a chi commenta, legge, inserisci nei preferiti e via dicendo.

 

 

 

EclipseOfHeart

 

   
 
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