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Autore: Sammy_    26/05/2012    6 recensioni
Mi guardai allo specchio e una ragazza dai lunghi capelli rossi e gli occhi azzurri mi rivolse un’espressione esasperata.
Quella ero proprio io, Rebecca, o meglio Bechy, Ippolito, ragazza diciassettenne di origini italiane, costretta a vivere con quella sotto specie di scimpanzé, meglio conosciuto con il nome di Harry Styles.
Mi sciacquai il viso con l’acqua gelida sperando di levarmi dalla testa l’espressione strafottente del mio odioso fratellastro.
Si può davvero arrivare a detestare una persona così tanto? La risposta è si.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harry&Bechy'
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CAPITOLO 13:
 
-          Mi mancherai tanto cuginetta! – abbracciai forte Nina affondando il viso nei suoi capelli corvini. – prima che ricominci la scuola devi assolutamente venirmi a trovare in Inghilterra!
-          Verrò sicuramente , te lo prometto! – si asciugò le lacrime col dorso della mano e mi rivolse un sorriso incoraggiante come per farmi capire che comunque stava bene.
 
Il nonno, la nonna, zia Emma e Nina, ci avevano accompagnato all’aeroporto per salutarci.
Anne sembrava la più triste di tutti, durante il nostro soggiorno in Italia aveva stretto amicizia con zia Emma e approfondito il rapporto con nonna Paddy.
All’inizio la cosa mi aveva fatto piacere ma poi mi ero resa conto che più Anne si legava alla mia famiglia più sarebbe stato complicato il rapporto tra me e Harry.
Era brutto da dire ma in cuor mio speravo che lei e mio padre si lasciassero.
 
-          Ciao zia Emma, mi raccomando tienili d’occhio – le sussurrai stringendola in un forte abbraccio.
-          Lo farò, tu però vienici a trovare più spesso piccola mia! – mia zia odiava gli addii, forse perché dopo la scomparsa di zio Leonardo viveva nel terrore di essere abbandonata di nuovo.
 
Ma io non l’avrei mai fatto, non avrei mai abbandonato la mia famiglia, anche se vivevamo lontano e non ci vedevamo molto spesso, eravamo molto uniti, come se a collegarci ci fosse un filo invisibile.
Abbracciai un’ultima volta i miei nonni e poi insieme agli altri mi diressi verso l’imbarco dell’aereo.
Mi ero ripromessa di trattenere le lacrime ma non ci riuscii, nemmeno io ero una grande amante degli adii, tra l’altro quel giorno mi ero messa anche la matita nera intorno agli occhi (cosa che non facevo mai!) e piangendo dovevo aver assunto le sembianze di un panda, per questo preferii non guardarmi allo specchio.
Harry mi cinse le spalle con un braccio ma io lo respinsi, non volevo che mio padre o Anne capissero che tra di noi era nato qualcosa.
Lui come al solito non era d’’accordo con me, diceva che prima o poi avremmo dovuto dirglielo.
Un’hostess controllò il mio passaporto e il biglietto per poi farmi cenno di dirigermi verso l’aereo, prima di farlo però, mi girai un’ultima volta verso i miei familiari salutandoli con un cenno della mano.
Loro mi sorrisero in modo malinconico ricambiando il mio saluto.
Dire addio all’Italia era sempre un po’ doloroso ma mi consolava il fatto che sarei potuta tornare ogni volta che ne avevo voglia perché ad attenermi ci sarebbero stati sempre loro, la famiglia migliore che si potesse desiderare.
 
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Mio padre parcheggiò l’auto nel vialetto di casa nostra e non appena spense il motore il nostro viaggio fu definitivamente concluso.
Avevo pianto silenziosamente per la maggior parte del tempo durante il viaggio in aereo (anche perché alla malinconia per la partenza si era unita la strizza per le vertigini).
Portammo le valigie in casa e aprimmo tutte le finestre per far passare un po’ d’aria, avevamo chiesto di farlo alla donna delle pulizie in nostra assenza ma sospettavo che quella, appena si ritrovava casa libera, cominciasse a ballare la conga, saltare sui nostri letti e correre per tutta casa cantando a squarciagola “I Want to Break Free”, insomma, a fare tutto tranne che il suo dovere. Comunque sia, preferivo non approfondire …
In Italia mi ero dedicata allo shopping sfrenato con mia cugina perciò la mia valigia era diventata così pesante che portandola su per la scale mi strappai un muscolo sentendo un dolore lancinante alla spalla.
Wow, che bel rientro …
Dopo aver sistemato le valigie, mio padre si buttò a peso morto sul divano pronto per accendere la tv e guardare il suo programma preferito (lui fingeva che fosse un documentario ma io sapevo bene che appena Anne non era nei paraggi lui cambiava canale e si metteva a guardare il “Jersey Shore”, con quella tappetta di  Snooky che si ubriacava ogni sera andando in giro a rimorchiare, Pauly D con quel suo taglio di capelli assurdo e Ronnie e Sam che non facevano altro che litigare, un programma molto intelligente insomma …)
 
-          Che cosa stai facendo?  - lo interpellò Anne facendo capolino dalla cucina – fra dieci minuti dobbiamo uscire!
-          Ma come, siamo appena rientrati a casa!
-          Lo so ma stasera mia madre ci ha invitato a cena, ricordi?
-          Che palle! – si lasciò sfuggire mio padre.
 
Si pentì subito delle sue parole quando Anne lo fulminò con lo sguardo.  Quando faceva così mi ricordava tanto la strega della “Bella Addormentata nel Bosco” che si trasformava in un drago, ci mancava solo che cominciasse a emanare fumo dalle narici.
 
-          Me lo avevi promesso Robin, lo sai che per lei è importante!
 
In realtà sapevamo tutti che la madre di Anne avrebbe cominciato a ballare il  limbo sotto ai tavoli urlando di gioia se mio padre non fosse andato (per qualche strano motivo noi Ippolito non gli stavamo molto simpatici) ma per gentilezza e soprattutto per quieto vivere alla fine decise di andare.
Così, dopo circa mezz’ora, loro uscirono e io e Harry ci ritrovammo soli dentro casa, situazione che avrei evitato volentieri.
Per distrarmi, decisi di farmi un bagno nella piccola piscina che mio padre aveva fatto costruire nel giardino sul retro della casa.
Non era nulla di esagerato, solo una piccola vasca d’acqua calda con il fondo ricoperto di mosaici sulle tinte del blu e del grigio scuro, circondata da un roseto.
Mi guardai intorno, non c’era nessuno e probabilmente Harry si stava riposando in camera sua, così mi tolsi i vestiti e mi immersi nell’acqua calda rimanendo solo in slip e reggiseno, entrambi di colore lilla.
Tirai un sospiro di sollievo, l’acqua calda ebbe subito effetto sulla mia spalla dolorante.
 
-          A quanto pare abbiamo avuto la stessa idea!
 
La voce di Harry risuonò alle mie spalle così all’improvviso da farmi sobbalzare.
Mi girai di scatto e lo vidi immergersi nella piscina con indosso un costume rosso corallo e all’istante mi sentii una perfetta idiota per non aver indossato il bikini.
Lui però non sembrava averlo neanche notato, come al solito era perfettamente a suo agio.
Provai a rilassarmi piegandomi all’indietro e appoggiando la testa sul bordo, con lo sguardo fisso sul cielo arancione del tramonto.
Avevo paura a stendere le gambe per non colpire Harry, qualsiasi contatto fisico in quel momento poteva essere frainteso.
 
-          Umh! – senza volerlo emisi un piccolo gemito, i muscoli della spalla mi procurarono un forte crampo al collo.
-          Va tutto bene? – chiese Harry preoccupato. Com’era dolce quando si preoccupava per me!
-          Si, mi fa solo un po’ male la spalla – risposi io timidamente.
-          Lo sai che io potrei essere un bravissimo fisioterapista ?– continuò lui. Un lampo balenò nei suoi occhi verdi come se avesse appena avuto un’idea geniale – scommetto che riesco a farti passare il dolore con un massaggio!
-          Non è necessario – mi affrettai a rispondere. Se non fossi già stata tutta bagnata avrei cominciato a sudare per l’agitazione peggio di un grasso lottatore di sumo – grazie comunque.
 
Harry ignorò del tutto le mie parole e si avvicinò a me.
Mi premette le mani calde sulla schiena e con i pollici cominciò a massaggiare su ogni più piccolo muscolo disegnando piccoli cerchi.
Wow, era davvero fantastico!
Infilò le mani sotto al reggiseno per massaggiare meglio anche le scapole e a quel punto feci fatica a non avere pensieri … “a luci rosse”.
 
-          No! – strillai senza sapere neanche perché.
 
Mi allontanai di scatto e balzai fuori dalla piscina avvolgendomi il corpo con un asciugamano abbandonato sul bordo.
 
-          Ehm … io torno in camera mia, devo ancora disfare le mie valigie.
-          Bechy aspetta!
 
Non lo ascoltai nemmeno  e cominciai a correre dentro casa fino a raggiungere la mia camera.
Feci per chiudere la porta ma Harry, che silenziosamente mi aveva seguito, la bloccò mettendosi in mezzo.
 
-          Ahi! Mi hai schiacciato le palle! – urlo coprendosi la parte interessata – che dolore!
-          Oh, scusa! – nonostante fossi ancora molto imbarazzata per quello che era appena successo in piscina, non potei fare a meno di scoppiare a ridere e poco dopo Harry si unì a me.
 
Poi però, si fece subito serio.
Lo sguardo penetrante che mi rivolse mi fece rabbrividire tutta.
 
-          Scusa per prima – mi disse come se mi avesse letto nel pensiero – ma ti giuro che non avevo secondi fini, volevo solo alleviarti un po’ il dolore.
-          Lo so, sto diventando paranoica – risposi a testa bassa.
 
Harry si avvicinò a me e mi sollevò il mento tra le dita.
E fu allora che lo capii. Mi bastò perdermi nell’immensità dei suoi occhi verdi per capire di essere pronta finalmente, pronta per il “grande passo”.
Inaspettatamente fui proprio io a fare la prima mossa avvicinandomi a lui e baciandolo sulle labbra.
Harry  non esitò neanche per un attimo a ricambiare il bacio, anzi, mi strinse a sé sollevandomi leggermente da terra.
Non riuscivo a credere a ciò che stavo facendo quando piano piano cominciai a sfilargli il costume.
Da quando ero così … intraprendente?
Continuando a baciarci ci ritrovammo stesi sul mio letto e lui mi sfilò la biancheria intima.
Credevo che rimanere completamente nuda davanti a lui sarebbe stato terribilmente imbarazzante e invece ero completamente a mio agio.
Harry mi baciò sul naso, poi sul mento e infine lungo il profilo del collo e delle spalle mentre io gli accarezzavo il petto.
Stavo quasi soffocando per l’emozione ma era una sensazione incredibilmente piacevole che mi caricò di adrenalina allo stato puro.
Volevo che mi facesse sua e che lui diventasse solo mio.
La danza dell’amore iniziò, all’inizio faceva male ma a poco a poco il dolore fu rimpiazzato dal piacere, quello vero che non avevo mai provato prima d’ora.
Sudavo freddo e mi sentivo come in preda ad una scossa elettrica, affondai le unghie nella sua schiena graffiandolo ma lui se ne accorse appena.
Sentivo il suo respiro fresco sulla pelle, le sue labbra che mi schioccavano piccoli baci dappertutto.
Il mio cuore batteva all’impazzata, per quello non era solo sesso, era amore, era passione, era qualcosa di veramente magico.
Non mi resi conto di quanto durò, ma quelli furono i minuti più belli della mia vita.
 
-          Ti amo Harry – sussurrai mentre delle lacrime di gioia mi percorrevano il viso.
-          Ti amo anche io Bechy, tu non immagini nemmeno quanto …
 
In quel momento sentii di essere diventata adulta, avevo detto addio alla mia innocenza ma non sentii nessun rimorso. Harry mi aveva fatto scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che desideravo con bramosità, qualcosa che mi faceva sentire viva e felice.
Anche se per lui non era la prima volta, mi disse di essere emozionato come se lo fosse.
La mia quella sera, fu gioia infinita.
 
E QUESTO ERA IL CAPITOLO “HARD” DELLA STORIA, SPERO VI SIA PIUACIUTO LEGGERLO, SE LA RISPOSTA è SI, ALLORA LASCIATE UNA BELLA RECENSIONE.
LA STORIA NATURALMENTE NON E’ FINITA, IL RAPPORTO TRA HARRY E BECHY SI DEVE ANCORA SVILLUPPARE. COME FINIRA’? PER SCOPRIRLO CONTINUATE A LEGGERE!
BACI SAM
  
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