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Autore: black_jack    26/05/2012    2 recensioni
Dopo la guerra d'indipendenza contro gli amanto, il gruppo Joui si è sgretolato, come la profonda amicizia tra i giovani ribelli, segnati dal dolore per la perdita dei compagni e la disperazione della sconfitta.
E se il destino desse ai quattro del Joui la chance di combattere ancora insieme?
Genere: Azione, Commedia, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gintoki Sakata, Sakamoto Tatsuma, Takasugi Shinsuke | Coppie: Katsura/Zura Kotaro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kotaro Katsura

Gintoki seguiva Katsura per le stradine del quartiere Shibuya, senza avere la più pallida idea di dove il vecchio compagno lo stesse portando. Camminarono in silenzio per quasi mezz’ora, Katsura guardingo e Gintoki piuttosto contrariato.
“Senti Zura, dove diavolo stiamo andan-“
“Zitto idiota! Aspetta di arrivare in un luogo sicuro prima di parlare!”
Il samurai si guardò intorno. Erano arrivati in una viuzza dimessa e sporca, piena di bidoni rovesciati e circondata da edifici malridotti e cadenti.
“Ammesso che qualcuno si sia messo in testa di origliare, non credo potrebbe mai avere così tanto coraggio da volerci seguire fin qui. E’ peggio di una discarica!”
“Invece di parlare a vanvera ti conviene risparmiare il fiato, da ora la strada è in salita…”
Gintoki calciò una lattina accartocciata cercando di colpire un palo arrugginito poco distante. Chissà cosa aveva in mente quel pazzo di Zura… niente di buono sicuramente.
Ancora non sapeva come, ma il samurai era certo che in un qualche modo sarebbe stato coinvolto in una qualche macchinazione di quel disgraziato, era solo questione di tempo.
A proposito… dove era finito?
Gintoki si guardò intorno allarmato, di Zura non c’era più traccia.
“Avanti, muoviti rammollito!” sentì ghignare dall’alto.
Alzò gli occhi: Katsura lo aspettava seduto sul tetto di una delle casette fatiscenti poco distanti, a quanto pare si era issato da una delle grondaie arrugginite dello stabile. Iniziò ad arrampicarsi svogliatamente, invocando mentalmente l’amato divano e chiedendosi perché quei delinquenti del movimento rivoluzionario non avessero ancora pensato a comprare una dannatissima scala. Li immaginava già, in fila ogni mattina, pregare al freddo perché gli anticorpi contro il tetano non facessero cilecca e convincere a sassate l’impedito di turno a darsi una mossa per arrivare al tetto.
In ogni caso, una volta issatosi sulle tegole malferme, raggiunse in due balzi l’amico che lo aspettava poco lontano e insieme si accinsero a raggiungere il quartier generale del gruppo Joui capitanato da Katsura.
Dopo quel giorno, Gintoki diventò molto più cauto nel camminare sui tetti.
Innanzi tutto scoprì che i gatti sono molto territoriali, se non letali. Come le vecchiette.
Come gli spiegò poi un esperto veterano del gruppo di Zura, mentre cercava di aiutarlo ad asciugare il sangue che gli colava per la schiena, la potenza bellica di un gruppo di felini inferociti aveva devastato moltissime delle loro riunioni e dei loro picnic.
 
La prima impressione sul gruppo Joui non fu troppo male. Certo, si mangiavano troppi snack, e a dirla tutta il gossip non era il massimo della vita, tuttavia sembravano persone relativamente a posto.
Katsura afferrò un grosso rotolo di carta e lo stese sul pavimento. La mappa delle campagne fuori Edo. Tre grosse croci rosse svettavano proprio attorno al luogo in cui un tempo si ergeva la loro vecchia scuola.
“I siti di trivellazione suppongo…” azzardò, sperando di sbagliarsi.
“Bingo” la risposta secca di Zura, con un sorrisetto amareggiato in faccia.
Troppi… anche con un supporto come quello che potevano offrire gli uomini di Katsura, contro tre trivellatori alieni con tanto di accampamento di guardie incorporato, la battaglia era persa in partenza.
Battaglia?? Stava davvero pensando di andare a combattere di nuovo e fare la stessa fine di dieci anni prima? Povero scemo! Non si sarebbe ributtato a capofitto negli orrori della guerra, poco ma sicuro…
“Che pensi Gintoki?”
“Che ho voglia di un budino, Zura. Tu ne hai?”
“Smettila di fare lo scemo!”
“E tu cosa pensi? Che buttarsi là in mezzo sia un’idea decente?? Sono troppi, Zura! Sei matto come un cavallo!”
“Non sono un cavallo, sono Katsura!”
“Niente da fare, io mollo.” Fece per andarsene, convinto che passare ancora qualche secondo in quella stanza avrebbe demolito i suoi propositi di lasciar perdere come un castello di carta.
“Gintoki aspetta! Pensa a cosa quel tempio è significato per noi… A cosa il nostro maestro ha fatto per noi!”
“Shoyo non avrebbe voluto che ci facessimo ammazzare per niente. Ora ho cose più importanti da proteggere.” Pensò a Kagura e Shinpaci. Non poteva davvero permettersi di lasciarci le penne.

Il samurai camminava svelto per i vicoli stretti in cerca del suo motorino, con solo la voglia di tornare a casa il più velocemente possibile e saccheggiare il frigo. Si fermò un momento per guardarsi intorno, dopo essersi reso conto di avere inutilmente girato attorno alla grossa fabbrica abbandonata, poco lontano dalla famigerata grondaia.
Sbuffò sonoramente davanti al risultato della sua distrazione, pronto per tornare indietro, quando improvvisamente avvertì un fruscio distinto alle sue spalle. Portò istintivamente la mano alla spada di legno al suo fianco, sorridendo impercettibilmente per quell’insolita attenzione ai rumori che lo circondavano. Un’abitudine dei vecchi tempi, da quando i compagni del Joui originario, si erano riproposti di attuare incisivi (e violenti) agguati ai suoi danni ogni volta che indulgeva nei piaceri dell’estraniamento.
In ogni caso, quello era decisamente il momento sbagliato per abbandonarsi a piacevoli rimembranze: a quanto pare qualcuno lo stava seguendo, e sembrava pure piuttosto malintenzionato a giudicare dai rumori concitati che provenivano da dietro l’angolo… In effetti il presunto pedinatore stava facendo davvero tanto chiasso, una sorta di muto e convulso agitarsi. Gintoki si grattò la testa, con la mano ancora a mezz’aria, indeciso se prendere la katana o no. Magari era solo qualcuno che si era perso, oppure un pervertito.
 Si avvicinò deciso verso il lato della strada, pronto a dare indicazioni o ad affrontare un qualsivoglia maniaco…
“Stupido Shinpaci, hai visto? Ci ha scoperti!”
“Ma se li hai rovesciati tu tutti quegli azuki dolci sui miei hakama! Assassina, erano puliti!”
“Sei proprio inutile…”
“Che cos-“
“Voi due ”sibilò Gintoki ”…cosa diavolo state facendo?”
Shinpaci e Kagura si guardarono un momento, distogliendo lo sguardo da quello assassino del samurai.
“Ehm...  stavamo andando a fare la spesa ma ci siamo persi…”

Gintoki osservò in silenzio le espressioni colpevoli sui volti dei due aiutanti.
“Perché mi stavate seguendo?”
“Beh, magari l’incarico anomalo era tutta una messa in scena…” azzardò Shimpaci.
“Il quattrocchi ha ragione, magari un maniaco voleva approfittare di te!” continuò convinta Kagura.
“Siete voi due i maniaci! Cosa pensavate di fare?”
“Gin-chan non ti arrabbiare… è che, considerando le ultime notizie, sospettavamo che avesse a che fare col nuovo terminal in costruzione…” borbottò piano il ragazzo.
“Come cavolo sapete…” disse piano il samurai, piuttosto stupito.
“Otose ce l’ha detto un po’di tempo fa…”
“Ah, quella vecchia…”

Gintoki si grattò la testa, pensoso.
“Dai muoviamoci a tornare a casa, tra poco diventa buio” disse, avviandosi verso la strada principale, dove aveva parcheggiato molte ore prima.
“Gin-chan e cosa vuoi fare con il terminal?” lo interruppe ancora Shinpaci.
“Niente! Ma vi sentite?! Non sono onnipotente! Cioè, lo sono, ma non del tutto!” ribattè stizzito il samurai.
“Anche se è importante?” continuò il ragazzo.
“Stupida testa bianca, è da due giorni che ti comporti come un pazzo! Non cercare di evitare di fare ciò che devi, idiota!”
“Kagura ha ragione! Non fare lo scemo!”
Gintoki accennò un ghigno, guardando i due ragazzi.
“Ti aspettiamo al motorino.”
“Certo, torno tra poco.”

Gintoki respirò a fondo, mentre con un balzo irruppe nuovamente nel quartier generale del gruppo Joui. Ebbe appena il tempo di alzare la testa quando sentì una lama fredda a contatto col suo collo.
“Identificati!”
“Zura, brutto scemo, sono io!”
“Ah!” sentì un sospiro sollevato mentre il compagno di un tempo accendeva la luce “scusa Gintoki, ma la Shinsengumi sta diventando piuttosto fastidiosa di questi tempi, e a dire il vero non volevo proprio sporcare di sangue la tappezzeria nuova.”
Gintoki sbuffò divertito.
“Allora Shiroyasha, che hai deciso? Sei con noi?” sorrise Katsura. Negli occhi del riccio, vedeva quasi la determinazione del Demone Bianco.
“Senti, non abbiamo abbastanza uomini... Avessimo una nave spaziale potrei capi-“ Gintoki si interruppe di colpo.
L’ovvia soluzione era così a portata di mano che sarebbe stato quasi un crimine non afferrarla.
“Zura, hai un computer? Devo controllare una cosa nella pagina degli arrivi della stazione spaziale…”
“Oh…” Katsura afferrò saldamente la spalla sinistra di Gintoki, realizzando che in effetti, una possibilità c’era… “Dici che ci aiuterà?” chiese quasi sussurrando.
“Deve.”
I due samurai si accucciarono vicino al computer acceso, spintonandosi e picchiandosi, mentre la pagina della stazione di Edo si caricava lentamente. Katsura aprì la tabella scura degli ultimi sbarchi, invocando mentalmente una qualche entità superiore, e cercando quasi disperatamente il nome di Sakamoto Tatsuma tra quelli degli ultimi arrivi.
  
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