Capitolo dieci
“Now you’re just
somebody that
I used to know”
Una volta che fu sotto al getto d’acqua bollente Kurt
appoggiò la fronte alle piastrelle e cercò di riflettere senza farsi prendere
dal panico. Cosa doveva farsene, del cucciolo di pinguino?
D’accordo, a dieci anni si era preso una cotta colossale
per Ricky Martin che non
era mai veramente finita e aveva fatto morire dal ridere Burt
quando aveva annunciato, in piedi sul tavolino per il tè, di voler
imparare lo spagnolo. E allora?
Finn, invece, era stato una curiosa quanto compromettente
parentesi della sua adolescenza, alla quale amava pensare come il buio periodo
di black out di Kurt Hummel; aveva desiderato baciare il suo fratellastro? Sì.
Se ne era pentito non appena l’aveva visto infilare la lingua in bocca a
Rachel? Oddio, sì. Certe cose ti segnano a vita.
C’era stata Brittany,
ovviamente. A Kurt quasi veniva da ridere a pensarci. Insomma, Brittany era sua amica e se non altro da quell’esperienza aveva imparato a baciare decentemente –
figuriamoci se quelli potessero essere considerati i
suoi primi baci.
E poi, ultimo ma non per ordine
di importanza, aveva persino ricevuto la sua curiosa opinione su come i ragazzi
sapessero di hamburger.
Eppure Kurt era certo che Blaine non sapesse di hamburger. Forse.
Certo, poteva sempre provare per accertarsene.
Con Dave…di nuovo, era
complicato. Per quanto solo a pensarci ora si sentiva un vero idiota, stare con
lui senza potersi nemmeno avvicinare o sperimentare lo aveva mandato fuori di
testa molto più di quanto fosse disposto ad ammettere.
L'intera situazione doveva aver portato all’attuale struggente lotta tra i suoi
ormoni impazziti e il cucciolo di pinguino. Quest’ultimo opponeva una stoica
resistenza ogni volta che Blaine era nei paraggi – quindi ininterrottamente
dalla mattina precedente – e Kurt era finito per essere ridicolmente in bilico
tra il voler strappare i vestiti di dosso a Blaine e lo scappare a gambe levate
in preda al terrore.
Non aveva molto senso, doveva ammetterlo. Era ridicolo
voler fare cose con Blaine quando non
riusciva nemmeno a pensare alla parola ‘sesso’ senza arrossire. Stava
impazzendo?
E poi Blaine aveva sicuramente più esperienza di lui – anche se a quanto pare non se lo ricordava – e
qualsiasi cosa avesse fatto Kurt, o avesse tentato di fare, molto più
plausibile, sicuramente sarebbe sembrato ridicolo.
Che poi, cosa voleva fare esattamente? Certo, Blaine
stava ormai palesemente flirtando con lui – forse – ma non appena si sarebbe
accorto che Kurt non aveva la più pallida idea di cosa fare…oh, non ci voleva
pensare.
Nel suo iphone c’era ancora quell’imbarazzante lista delle cose da fare prima di
morire, che ad un certo punto citava ‘fare l’amore con Taylor
Lautner in
un campo di lillà prima che diventi grasso’. Ecco, questo dimostrava che certi istinti li
aveva, no? Magari poteva essere troppo tardi perché il buon vecchio Taylor aveva messo su una discreta pancetta da alcolizzato,
e magari Kurt non era come Finn, che aveva bisogno di attaccarsi a Rachel come
una sanguisuga ogni mezzo secondo, ma questo non significava che non volesse avere una relazione fisica con qualcuno!
Che poi, a pensarci bene, se avesse
potuto sarebbe stato attaccato a Blaine come una sanguisuga?
In ogni caso non sapeva come fare, né da dove partire.
Ok, in realtà ‘
Era tanto sbagliato volerlo sperimentare con Blaine?
Si vergognò profondamente di quel pensiero e cercò di
pensare ad altro, perché effettivamente pensare a Blaine, sotto la doccia, non
era il modo migliore per mantenere la calma e il controllo della situazione.
Controllo che, chi vogliamo prendere in giro, aveva perso la mattina prima quando Blaine era entrato nel suo scompartimento.
L’acqua sembrò improvvisamente più calda e Kurt stava davvero soffocando –
eppure non aveva girato la manopola – ed era ridicolo che avesse le farfalle
allo stomaco solo a pensare a Blaine.
Lasciò che la sua mente facesse un tentativo, vagando tra
i ricordi di poche decine di minuti prima, fino alle labbra di Blaine,
socchiuse e così invitanti, o la linea della mascella, o la curva dei fianchi…
Qualcuno bussò delicatamente alla porta e Kurt sobbalzò,
rischiando di scivolare su una saponetta e rompersi l’osso del collo. Ed
esattamente come ci era finita la sua mano così vicina a…oh, santo cielo.
“Kurt?”
Ecco, fantastico. Tu si che sei
d’aiuto, Blaine.
La voce di Blaine giunse attutita dallo scrosciare
dell’acqua e per via del muro che li separava, e Kurt al pensiero che in fondo fosse solo un muro andò di nuovo a
fuoco.
“Lo so che sei sotto shock per aver dormito con pantaloni
e polo” disse Blaine in tono canzonatorio. “Lo so, davvero, ma farti una doccia
decontaminante come se dovessi accedere ad un bunker antiatomico ci farà
perdere il treno.”
“Ho quasi fatto” pigolò in risposta.
Blaine non disse niente, quindi probabilmente non l’aveva
nemmeno sentito. Un lato di Kurt gioì per la normalità e il senso di
quotidianità che quella conversazione gli aveva lasciato.
Andiamo, Kurt,
cercò di farsi coraggio. Ce la puoi fare. Esci da questa maledettissima
doccia.
Spense con un sospiro il getto d’acqua e afferrò un
asciugamano per stringerselo in vita. Osservò allo specchio appannato il suo
riflesso gocciolante.
E se uscissi così dal bagno? pensò in un attacco un po’ delirante.
Già si immaginava Blaine piegato in due dalle risate.
Scosse la testa di fronte alla propria inettitudine,
domandandosi che ne fosse stato del suo cervello, un
tempo sano e funzionante.
Bruciato, completamente andato. Probabilmente lo scenario
era apocalittico: orde di neuroni rincorsi da palline rosse di ormoni fuori
controllo, e una gigantografia di Sue Sylvester a
troneggiare su tutto, come quella volta che aveva dato un mezzo party in
auditorium per essere riuscita a cacciare la coach Beiste.
Kurt si passò una mano tra i capelli zuppi d’acqua,
lasciando andare l'ennesimo sospiro sconsolato.
Forza, diamoci una parvenza di umanità.
Quarantacinque minuti e due tubetti di lacca
rigorosamente biologica dopo si poté dire soddisfatto del look che aveva
ottenuto: i capelli erano tornati ad una forma umanamente concepibile e alla
presa ferrea della lacca non sfuggiva nemmeno un capello.
Indossava un paio di Jeans chiari particolarmente
aderenti – scelta puramente casuale, ovvio – e una maglia blu a maniche lunghe
che gli lasciava scoperta la spalla.
Marc Jacobs sarebbe stato fiero di
lui: attraente ma semplice, ecco il segreto. O almeno così sperava.
Infilò la catenina con il ciondolo di Rachel sotto la
maglia, si diede un’ultima controllata allo specchio per accertarsi che fosse
tutto al suo posto e poi prese un respiro profondo alla ricerca del coraggio
per uscire di lì.
Andiamo, Kurt. Va là fuori e affronta la situazione. Non
da pinguino, magari.
Abbassò la maniglia della porta con il cuore in gola e
uscì dal bagno a testa china, dirigendosi dritto verso la sua valigia.
Blaine era affacciato alla finestra e guardava fuori.
“Per fortuna che avevi quasi finito” lo prese in giro mentre si voltava. Oh, allora aveva sentito. “Non oso
immaginare quanto ci metteresti se –“
Ma si bloccò a metà frase e la bocca si schiuse leggermente mentre i suoi occhi dorati scivolavano dalla
spalla scoperta di Kurt ai suoi fianchi e poi di nuovo sul suo viso, fino ad
indugiare per un secondo di troppo sulle sue labbra.
Kurt deglutì impercettibilmente, sentendosi un tantino
esaminato. Si stava rendendo ridicolo? Stava quasi per correre in bagno di
nuovo per non uscire mai più di lì quando Blaine si
schiarì la gola e disse: “Bella maglia”
“Marc Jacobs”
replicò allora Kurt a mo’ di spiegazione. Questo parve bastare a Blaine, che
disse semplicemente “Ah.” e,
con le guance adorabilmente rosse, tornò a sistemare la tracolla della
chitarra.
Kurt si lasciò scappare un sorrisetto stupito e
compiaciuto.
Incredibile: Santana aveva
sempre avuto ragione, chi l’avrebbe mai detto? Spalla in fuori e collo ben
visibile.
Scavò nella memoria alla ricerca delle Lezioni di
Seduzione Lopez per principianti e gay repressi,
come amava chiamarle l’amica quando aveva deciso di
impartirgliele tra un allenamento dei Cheerios e un
altro, assolutamente contro la sua volontà.
Cos’altro aveva
raccomandato, oltre ai jeans stretti fino all’inverosimile?
Avambracci scoperti, gambe elegantemente incrociate.
Kurt sbuffò e, sentendosi profondamente ridicolo, si
arrotolò le maniche fino ai gomiti con delicatezza mentre
Blaine sistemava qualcosa in valigia.
Bene. Qual era il consiglio successivo?
Leccarsi le labbra ed accertarsi che i suoi occhi cadano
sulla tua bocca.
No, col cavolo che lo faceva! Era imbarazzante!
Quando Blaine si avvicinò sorridente al comodino per
infilare in tasca il cellulare e gli sfiorò casualmente un braccio, Kurt
sorrise di rimando e – Oh, e va bene, maledizione!
Molto, molto lentamente si passò la lingua sul labbro
inferiore, sviando lo sguardo azzurro di lato per non guardare Blaine negli
occhi. Non osò alzare il viso e tornò alla sua valigia. Quando sbirciò, però,
notò che Blaine era un po’ rigido e un po' rosso.
Una scossa di eccitazione mista a imbarazzo gli corse lungo la spina dorsale, facendogli venire la pelle
d’oca.
Se una parte di lui si stava domandando che diavolo stesse facendo, l’altra stava zittendo la prima a
gran voce.
Però un problema c’era: come avrebbe fatto a chiedere il
numero a Blaine se arrossiva solo guardandolo in faccia?
Forse arrossiva perché guardarlo in faccia gli faceva
venire voglia di baciarlo.
Probabile.
Stava già iniziando a desiderare ardentemente di
lasciarsi quella situazione di stallo alle spalle.
Capiva che era il passaggio tra il Kurt del liceo, timido
e ambizioso, coraggioso e pieno di sogni romantici, e il Kurt del college,
magari più maturo e sempre romantico, sì, ma anche concreto.
La sua attrazione per Blaine, in ogni caso, non aveva
niente a che vedere con quel genere di crescita.
O forse sì, ma non importava.
Non era la semplice manifestazione della sua voglia di
sperimentare qualcosa con qualcuno. A Kurt piaceva davvero tanto Blaine. Era
certo che, se avesse incontrato il Blaine sedicenne, in blazer e cravatta,
assolutamente perfetto in tutte le sue imperfezioni, se ne sarebbe innamorato
fin dal primo istante.
Cosa che non andava molto lontana dalla realtà. Era solo
successo con qualche anno di ritardo.
Era un pensiero che aveva fatto capolino nella sua testa
diverse volte nella sua mente, fin da quando aveva
saputo che Blaine era di Westerville.
E se avesse incontrato Blaine prima? Se fosse andato a
spiare gli Warblers quando Puck
l’aveva suggerito? Se durante quelle competizioni in cui erano stati rivali,
anziché rimanere nel camerino e ascoltare le esibizioni degli altri gruppi dall’altoparlante,
di sfuggita, fosse stato in platea tra il pubblico?
Persino durante le premiazioni era stato troppo distratto
dalla paura e l’eccitazione per osservare attentamente gli
Warblers della Dalton Academy nelle loro eleganti
divise. Aveva fatto scivolare lo sguardo su di loro e non aveva visto Blaine.
Non lo ricordava proprio.
Non si erano mai visti nonostante fossero stati a così
poca distanza l’uno dall’altro. Questione di pochi metri. Chissà, forse persino
meno.
Magari non era destino. Oppure, semplicemente, nessuno
dei due era pronto a conoscere l’altro.
Magari non era il momento giusto. Ora sì, quindi?
Adesso che si erano incontrati, conosciuti, Kurt aveva
una seconda possibilità per far entrare nella sua vita qualcuno di così
meraviglioso?
Finì di sistemare le sue cose in valigia, scambiando di
tanto in tanto qualche parola con Blaine. Il clima era piacevole e tranquillo.
Quando entrambi si furono assicurati di aver preso tutto, si voltò verso Blaine
e sorrise nervosamente.
“Beh” disse Blaine con un sospiro. “Che stiamo
aspettando? Si va in stazione!”
*
Una volta in treno, Kurt e Blaine spesero la prima ora di
viaggio a raccontarsi divertenti aneddoti, soprattutto sulle disavventure del
liceo e dei rispettivi Glee Club.
Blaine spiegò a Kurt il funzionamento del Consiglio
Direttivo degli Warblers, gli raccontò delle loro incursioni musicali in giro
per la scuola o in terribili case di riposo, o di quella volta del GAP attack, che era servito solo per rendersi ridicolo e
far licenziare un povero commesso per aver ricevuto un’imbarazzante serenata
nel reparto calzini.
Per tirarlo su di morale Kurt gli raccontò di quando Finn aveva prodotto un costume da Lady Gaga con una tenda da doccia, o di quando si era tirato da
solo una granita in faccia per ‘salvare Finn’, e
spese ben venti minuti in racconti terrorizzati su Sue Sylvester,
l’unica e terribile.
Blaine lo guardava come se fosse appena sbarcato su
Marte.
“…e quando stavamo per partire per le prime Nazionali
alle quali abbiamo partecipato, quelle che abbiamo miseramente perso, ecco che
scopriamo che aveva dirottato un volo aereo, dio solo sa come, verso
Gli occhi nocciola di Blaine erano grandi come lampadine
e le sue sopracciglia ormai avevano raggiunto l’attaccatura dei capelli coperti
di gel.
“Sei serio?” domandò, palesemente incredulo. Quando realizzò che Kurt non lo stava affatto prendendo in giro –
grazie anche alla sua faccia ancora mortalmente terrorizzata – rise fino ad
avere le lacrime agli occhi, trascinando Kurt con sé.
“Non so se preferisco questa” disse tra i singhiozzi. “O
quella in cui si è travestita da Grinch per rubarvi
il Natale.”
Le guance di Kurt si imporporarono. Qualsiasi cosa stava
facendo per far ridere Blaine così, doveva assolutamente continuare perché beh,
Blaine era stupendo quando rideva.
“Hai una risata meravigliosa.” si
lasciò sfuggire dalle labbra prima che potesse fermarsi o prendersi a schiaffi,
ma tutto ciò che ottenne fu un incremento del sorriso di Blaine che non avrebbe
mai creduto possibile. Il ragazzo riccio sembrò davvero compiaciuto
mentre chiedeva: “Davvero?”
Kurt cercò di salvare il salvabile
mentre adocchiava Blaine sporgere il labbro inferiore.
“Beh, i miei racconti sono uno spasso, quindi è
direttamente proporzionale, no?”
Ok, così stava peggiorando la situazione. Ma che diavolo
stava dicendo? Si era bevuto il cervello, forse?
Alzò un sopracciglio in un tentativo estremo di non
sembrare un cretino e cercò di non far scivolare lo sguardo sulle braccia
muscolose di Blaine o su qualsiasi altra parte del suo corpo.
Fissare gli occhi in quelli di Blaine non si rivelò
affatto la scelta più saggia, comunque: di nuovo quegli occhi
– improvvisamente più brillanti del solito – lo inchiodarono al sedile e Blaine
piegò leggermente la testa di lato, alzando un angolo della bocca in un mezzo
sorriso sghembo.
Non era la prima volta che lo faceva e stavolta Kurt non
poté fare a meno di domandarsi come sarebbe stato, baciarlo
mentre sorrideva così. Una piacevole scossa gli corse
lungo lo stomaco, decisamente verso il basso.
“Mi piacerebbe davvero tanto continuare a sentirli” disse
Blaine con calma. “I tuoi racconti, intendo.”
Ok, ci siamo. Forza, Kurt, puoi farcela.
“Piacerebbe tanto anche a me” disse arrossendo
furiosamente. “Voglio dire, non sentirmi raccontare le cose. Non c’è bisogno
che me le racconti da solo, le so. Nel senso…raccontarti qualcosa. Parlare.
Uhm.”
Chiedigli il numero, cretino! Che cosa stai blaterando? lo rimproverò la voce nella
sua testa. Chiediglielo, accidenti! Fallo!
“Magari potremmo vederci qualche volta a New York”
propose, cercando di mantenere un tono di voce calmo e
casuale. Mulinò un po’ un braccio, sentendosi davvero molto stupido. “Potremmo
andare a cercare un posto carino per prendere un caffè.”
Bravo, Kurt, così va meglio, si disse. Meno stalker
e più ‘sì, voglio uscire con te’.
Blaine lo abbagliò con il suo solito sorriso luminoso.
Forse era quella la sua tecnica. Ti stordiva con uno dei suoi enormi sorrisi e
poi ti trascinava nel luogo del delitto, coinvolgendoti in uno dei suoi
crimini.
Dopo quel pensiero, Kurt si rese conto di aver
completamente perso il controllo di quello che stava succedendo nella sua
testa.
“Nonfat mocha” rise Blaine iniziando a rovistarsi nelle tasche
senza apparente motivo. “Già.”
Kurt ci provò a guardare da un’altra parte, davvero, ma poi Blaine fece quella cosa strana
con i fianchi per infilarsi una mano nella tasca posteriore dei pantaloni,
scivolando appena in avanti e borbottando “ma dove accidenti…” e Kurt deglutì
rumorosamente.
Si sentiva un tantino su di giri: se da una parte non
riusciva a guardare Blaine in faccia senza diventare viola, dall’altra non
riusciva a togliere gli occhi dai suoi fianchi, che scattarono leggermente in
avanti ancora una volta.
Bisognava ammetterlo, e Kurt non aveva nessun problema a
farlo, almeno nella sua testa: Blaine era maledettamente sexy.
Poteva anche non essere un modello di Armani,
di quelli alti due metri e pieni di muscoli, ma Kurt
non riusciva a non considerarlo stupendo. Aveva quell’aria
così sicura di sé che ogni tanto si perdeva in eccessi di curiosa timidezza, e quell’espressione così dolce ogni volta che parlava dei
suoi amici, e quel modo di guardarlo come se non vedesse altro, e quel
maledetto sorrisetto divertito che gli incurvava le labbra ogni due minuti e-
dannazione, tutto quello che voleva era prenderlo per il colletto della maglia
e baciarlo fino a perdere i sensi.
Il che forse era un po’ esagerato. O forse no.
Dio, sono senza speranza. Oh, se non altro stavolta è
gay. E ne sembra sicuro. E sembra anche disponibile, visto che questo è
flirtare – credo –, e ovviamente è disponibile ammesso e concesso che non sia
ancora innamorato di quel Sebastian, e –
Oddio.
Kurt si sentì morire dentro, perché maledizione, come
aveva fatto a non capirlo prima? Era così ovvio.
Blaine era ancora innamorato di quel tipo.
Certo, sembrava che fosse interessato a lui, ma andiamo,
cosa aveva Kurt Hummel di interessante in fondo?
Si era immaginato tutto nella sua testa? Blaine stava
solo cercando di essere gentile e amichevole?
Alzò gli occhi azzurri con la gola improvvisamente secca
e tanta voglia di piangere solo per trovarsi il viso di Blaine di fronte.
Dio, che stupido che era stato. Lui, Blaine –
Blaine gli stava porgendo qualcosa con un sorriso
imbarazzato ma lo sguardo deciso, e Kurt sbatté le palpebre e impiegò un paio
di secondi per realizzare che era un cellulare.
Fece scorrere lo sguardo da Blaine al telefono e poi di nuovo
a Blaine, sentendosi come se fosse appena cascato dalle nuvole. Che cosa si
presumeva che dovesse farci, con il telefono di Blaine?
Mangiarselo e poi sprofondare nei meandri della crosta
terrestre per la vergogna? Chiamarsi l’Ufficio Igiene Mentale da solo?
Quando non si mosse, ma continuò a fissare Blaine con
quella faccia da pesce lesso, il nome Sebastian che
ancora aleggiava nella sua testa, il ragazzo riccio tirò fuori un’altra delle
sue buffe espressioni, arrossendo e ghignando allo stesso tempo.
“Non ci possiamo sentire se non mi lasci
il tuo numero.” disse alzando le spalle.
La bocca di Kurt si aprì in una piccola, perfetta ‘o’.
Porcellana, grugnì
la coach Sylvester. Kurt si
domandò distrattamente se e quando si sarebbe liberato delle proiezioni della
sua mente. Pensi di aver bisogno di una rianimazione da far invidia ad
un episodio di ER o ce la fai da solo a prendere quel maledetto telefono e
lasciare a quel maledetto ragazzo il tuo maledetto numero?
Kurt ormai si sentiva le guance in fiamme. Prese il
telefono di Blaine con cautela e digitò i suoi dati e il suo numero di
telefono, indeciso se lasciargli anche l’indirizzo della sua stanza di
dormitorio alla NYADA. E magari anche le chiavi.
Poi si rese conto che in effetti
sarebbe stato un passo un po’ troppo avventato, e che in ogni caso, il suo
indirizzo, non se lo ricordava.
Restituì il telefono a Blaine con un sorriso, e il
ragazzo nel prenderlo gli sfiorò il polso con la punta delle dita.
Con un minuscolo sorriso, Kurt gli passò il suo iphone.
Blaine sembrò particolarmente contento della concessione
– come se Kurt non avesse desiderato lasciargli il suo numero fin dal primo
istante in cui l’aveva visto – e l’intera operazione risultò imbarazzante fino
a che Blaine non alzò un sopracciglio e domandò: “Devo segnarmi come quello
del treno o Blaine Warbler?”
Si fissarono per un paio di secondi e scoppiarono
entrambi a ridere mentre l’atmosfera si rilassava
visibilmente.
“Non sapevo che fosse un titolo nobiliare” scherzò Kurt
passandosi una mano sulla nuca.
Blaine per tutta risposta gli fece una linguaccia
– ma allora ci faceva apposta! – e gli restituì il cellulare.
Kurt sbirciò lo schermo prima di
salvare il numero.
Blaine. Solo Blaine.
Inspiegabilmente, la cosa lo fece sciogliere come un
ghiacciolo al sole.
Ok, Blaine gli aveva lasciato il suo numero – No, meglio,
gli aveva chiesto il suo – ma questo non significava niente.
No?
Poteva benissimo volere nient’altro che un amico con cui
parlare di Quel Sebastian,
che poi non era nemmeno stato il suo ragazzo. Se l’era solo portato a letto.
Kurt si sentì improvvisamente un completo idiota.
Quello che era successo a lui non era niente, paragonato a quello che aveva passato Blaine.
Come poteva essere così egoista?
Decise che, di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno
Blaine, che fosse un semplice amico, una spalla su cui piangere o qualcuno con
cui parlare, lui ci sarebbe stato.
Era inutile negare il legame che si era creato tra di loro. Solo che Kurt poteva benissimo averlo
frainteso.
“Allora” disse Blaine dopo aver riposto il telefono in
tasca e aver incrociato le braccia dietro la testa. A Kurt quasi venne un
infarto alla vista. “Cosa stavi dicendo sull’aereo dirottato in Libia?”
*
"Comunicazione di Servizio: avvisiamo i signori
passeggeri che l'arrivo alla Stazione Centrale di New York City è previsto per
le ore 13 e 17."
La voce metallica che diffuse il messaggio interruppe
Kurt e Blaine nel bel mezzo di un'amichevole disputa su quale fosse la migliore
esibizione dei Vocal Adrenaline,
che entrambi conoscevano fin troppo bene. Kurt non aveva assistito alla
versione di Jesse-ti-rompo-le-uova-in-testa-St.
James di Bohemian Rhapsody,
ma se perfino Rachel, con l'orgoglio colante come tuorlo, aveva detto che era
stata schifosamente eccezionale, doveva essere per forza
così.
Blaine - che era convinto che la miglior esibizione fosse
Highway to Hell, tra
l'altro - buttò un'occhiata al suo orologio e poi fuori dal
finestrino.
"Ehi, mancano dieci minuti!" esclamò.
Fu in quel momento che Kurt cadde preda del panico più
totale. In fondo c'era da aspettarselo: era perfettamente da Kurt Hummel, farsi
prendere dal panico per niente a dieci minuti dall'arrivo.
Aveva le mani strette l'una all'altra e stava sudando
freddo. Inoltre non aveva la più pallida idea di cosa fare, come farlo, dove
andare e maledizione, cosa avrebbe dovuto dire a Blaine?
Ti chiamo io? Ci sentiamo?
E se fosse sembrato troppo invadente? Forse doveva
aspettare che fosse Blaine a cercarlo.
E se Blaine non l'avesse cercato?
Kurt resistette all'impulso improvviso di passarsi le
mani tra i capelli e magari strapparsi un paio di ciuffi, già che c'era. Tanto prima o poi sarebbe diventato calvo comunque.
Si stava comportando in maniera ridicola. In realtà non
era poi così complicato. Doveva scendere dal treno, chiamare un taxi per andare
alla NYADA e salutare Blaine.
Era proprio quello il problema, non c'era neanche bisogno
di dirlo.
"Ci siamo quasi." sospirò
Kurt cercando di far passare il suo tono di voce per sollievo per la fine del
viaggio. Non che ci credesse nessuno, eh.
Blaine aveva ancora la guancia appoggiata al finestrino, quindi quando rispose la sua voce arrivò attutita dal
vetro.
"Già" disse. "E' stata un'impresa
titanica, ma ce l'abbiamo fatta."
Tanto per fare qualcosa che gli tenesse
le mani occupate - in fondo ci teneva, ai suoi capelli - Kurt tirò fuori dalla
tasca il cellulare e controllò l'ora.
Si rivelò una pessima idea.
Meno cinque minuti.
New York era davvero ad un soffio e, se doveva essere
sincero, se la stava facendo sotto dalla paura.
Rachel non c'era, Finn non c'era, e Blaine l'avrebbe
lasciato solo nel giro di dieci minuti, giusto il tempo di scendere dal treno.
E Kurt non sapeva se l'avrebbe richiamato. Aveva diciotto anni, un ex fidanzato
che non era un ex fidanzato, tra le mani una vita ancora da iniziare e di
fronte a lui un ragazzo stupendo. Cosa diavolo stava aspettando?
Eppure...
La città era così grande, il mondo era
così grande, e perché non si era accorto prima che la prospettiva di
frequentare
Meno quattro minuti.
Dio, non poteva farsi prendere dal panico. Eppure era
esattamente quello che stava facendo, visto che lo stomaco gli doleva e aveva
il cuore in gola.
Blaine gli sorrise in silenzio e
Kurt decise di smettere di ignorare la voce nella sua testa che lo supplicava
di ragionare.
Meno tre minuti.
Blaine era il problema, dannazione. Perché era lì ancora per poco: presto Kurt si sarebbe ritrovato da solo a New
York. Solo, ad affrontare questa città che conosceva a malapena e una scuola
durissima, una concorrenza spietata e un sogno che, se ne
stava accorgendo ora, forse era troppo grande per reggerne il peso da
solo.
Dov'era Rachel?
Eppure, tutto quello che voleva in quel momento era
aggrapparsi a Blaine e non lasciarlo andare.
Un minuto.
Cosa credeva di fare? Alla NYADA erano tutti eccezionali,
l'avrebbero sventrato vivo, e Carmen Tibideaux, una volta capito che Kurt Hummel non era una
stella brillante come tutte le altre - come Rachel Berry
- l'avrebbe spellato vivo e rispedito in Ohio a suon di gorgheggi.
Non avrebbe mai cantato a Broadway.
Come poteva pensare di farcela?
Era un sogno troppo grande, troppo irraggiungibile...
Perché era stato così stupido da pensare di poter essere
abbastanza?
"Kurt?"
La voce di Blaine lo riportò alla realtà e Kurt sobbalzò
con il cuore in gola e le mani che tremavano. Si sentiva come se stesse per
svenire da un momento all'altro.
"Stai bene?" domandò Blaine leggermente
preoccupato, scrutandolo in viso. "Sembri sul punto di vomitare."
Kurt tirò fuori una risatina nervosa. "Sto bene." mentì con voce tremante.
"Scusa, mi stavi dicendo qualcosa?"
Blaine inarcò un sopracciglio. "Siamo arrivati a New
York."
Oh, no.
No, nononono. Riportatemi
indietro. Riportatemi a casa.
Il treno era ormai fermo e la luce era diversa. La gente
intorno a loro iniziava ad alzarsi, prendere i bagagli e scendere. Dal
finestrino Kurt riusciva a vedere solo il fianco di un altro treno.
Erano arrivati.
Quando lo guardò,Blaine gli
sorrise incoraggiante, così Kurt si costrinse ad alzarsi e a prendere la sua
valigia. Strinse i denti e cercò di prendere un respiro profondo per
calmarsi.
"Andiamo" disse con un sospiro tremante.
No, vi prego. Voglio tornare a casa.
Blaine lo seguì placidamente verso l'uscita del treno e
Kurt fu costretto a socchiudere le palpebre per la luce che gli arrivò dritta
negli occhi. Un passo avanti, ed atterrò sul binario
quattordici con un saltello. La prima occhiata alla Stazione Centrale di
New York lo destabilizzò e sentì che le ginocchia
stavano per cedergli, e non sapeva se era per essere stato seduto per circa due
giorni o per la paura. Blaine fu al suo fianco meno di un istante dopo.
Entrambi spesero un attimo ad osservare la gente intorno a loro muoversi
freneticamente, i treni pronti a partire. C'erano colori ovunque,
voci, fischi, e tantissime persone, di tutte le etnie, età o sesso.
"Wow." disse sottovoce
Blaine con un sospiro. La sua voce era così bassa che Kurt lo sentì a malapena.
Intorno a loro, centinaia e centinaia di volti sconosciuti.
Kurt inclinò la testa verso Blaine e si stupì di trovarlo
intento ad osservare lui, invece che la stazione, come se fosse in attesa. Triste, quasi.
Kurt fece scivolare lo sguardo sul suo viso, sulle sue
guance rosse e sui capelli, dove un riccio era sfuggito alla morsa del gel e
gli ricadeva in fronte. Era stupendo.
Poi Blaine inclinò leggermente la testa di lato, sorrise
dolcemente e piantò gli occhi nei suoi. In qualche modo a Kurt sembrarono più
grandi, più lucidi, più dorati. E il sorriso era quasi accennato, sì, con quell'angolo della bocca lievemente inclinato verso l'alto,
ma sempre visibile, e oh, nessuno sorrideva come Blaine, questo era
certo.
Kurt stava per parlare, e anche Blaine sembrava sul punto
di dire qualcosa, o forse entrambi stavano per mollare le valigie a terra per
lanciarsi in avanti e baciarsi.
Kurt mandò al diavolo tutto e allungò una mano per
afferrare Blaine per la maglia e-
"Blaine?"
Blaine gelò sul posto quando
qualcuno alle spalle di Kurt pronunciò il suo nome con tono sorpreso. Gli occhi
spalancati, fissò oltre Kurt, che si voltò con ancora il braccio a mezz'aria
per vedere chi diavolo fosse.
"Capelli unti di gel fino all'inverosimile,
chitarra, altezza degna di un Hobbit e sedere da
paura. Sì, sei Blaine."
Di fronte a loro c'era il ragazzo con il ghigno più sexy
e bastardo che Kurt avesse mai visto.
"Sebastian?" gracchiò
Blaine alzando una mano per portarsela alla bocca e fermandosi ad un palmo
dalle labbra, paralizzato.
Sebastian, registrò Kurt come un automa, incapace di pensare
qualsiasi altra cosa mentre il respiro veniva
meno. Merda.
*
"Sebastian?" gracchiò
Blaine aggrottando le sopracciglia e portandosi una mano davanti alla
bocca.
Sebastian Smythe - in carne, ossa e
sorrisetto subdolo proprio lì, davanti a lui - fece scorrere lo sguardo
calcolatore da lui a Kurt, il quale non aveva più mosso un muscolo dopo essersi
voltato per capire chi avesse parlato.
Lo stupore iniziale lasciò il posto ad un guizzo di
panico. D'altronde il luccichio negli occhi di Sebastian
non gli piacque per niente. In genere quello sguardo voleva dire guai. Tanti,
tantissimi guai.
"Già, Sebastian"
commentò acidamente l'ex Warbler. "Felice di
sapere che ti ricordi come mi chiamo, Anderson. Allora, dove stai portando quel
bel sedere?"
Ah, ora sono io che non mi ricordo come ti chiami?, pensò Blaine con rabbia. Ora sono io che ti ignoro?
Sebastian non degnò Kurt di una seconda occhiata,
ma Blaine notò subito che Kurt si era irrigidito ancora di più a quelle
parole. Ed un incontro Kurt-Sebastian era davvero
l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
Kurt era palesemente a disagio, se ne sarebbe accorto
anche un sasso, e Blaine cercò freneticamente un modo per uscire da quella
situazione e risparmiargli il trauma di aver conosciuto Sebastian
Smythe. E non solo.
Doveva allontanarsi da Sebastian
il più velocemente possibile, doveva -
"Non rispondi?" chiese Kurt, rosso in viso,
quando la sua suoneria inondò l'aria.
Maledizione.
Proprio adesso doveva squillargli il telefono?
Tirò fuori il dannato arnese dalla tasca, deciso a
tirarlo sulle rotaie, ma probabilmente l'avrebbero preso tutti per pazzo, così
avvicinò la cornetta all'orecchio e guardò Kurt negli occhi, cercando di
trasmettergli tutto il suo dispiacere e la più sincera delle scuse.
"Nick, dimmi!" gridò
al telefono.
Ma porca miseria, Nick, proprio
adesso?, pensò
nel panico.
"Dove sei, Blaine? Il treno è arrivato?" chiese
Nick dall'altro capo del telefono.
"Binario quattordici"
rispose Blaine velocemente.
Di fianco a lui, Sebastian era
tornato a guardare Kurt con il solito sorrisetto di scherno.
Gli porse una mano, dicendo "Sebastian
Smythe" come se si stesse dichiarando supremo
reggente dell'universo.
Blaine smise di ascoltare qualsiasi
cosa stesse dicendo Nick per piantare gli
occhi su Kurt. Il ragazzo osservò Sebastian per un
istante, un'espressione indecifrabile in viso, per poi stringergli la mano e
dire: "Kurt Hummel."
L'espressione sicura di Sebastian
vacillò per un istante soltanto, poi tornò quella di sempre, più in fretta di
quanto Blaine avrebbe pensato.
Zitto, Sebastian. Zitto e basta.
"Scusa, Nick, devo
andare" esclamò Blaine al telefono prima che
fosse troppo tardi, chiudendo la conversazione con Nick
senza nemmeno aspettare una risposta.
Kurt sostenne lo sguardo di Sebastian
quasi con fierezza, ma quando le loro mani si separarono e incontrò il suo
sguardo, Blaine poté leggervi il panico.
Oddio, no.
Era ormai sul punto di mandare al diavolo Sebastian e qualsiasi cosa ci facesse lì e andarsene con
Kurt, quando quest'ultimo parve ritrovare finalmente la voce.
"Sarà meglio che vada."
Se Blaine aveva pensato che vedere Kurt star male davanti
a lui gli avesse spezzato il cuore, dovette
ricredersi. Vedere Kurt andarsene lo aveva appena ridotto in
mille, inutili pezzettini, come se qualcuno gli avesse appena piantato un
pugnale nel petto.
Kurt aveva tenuto la voce bassa, eppure Blaine l'aveva
sentito benissimo, nonostante la confusione della stazione.
No, aspetta. Ti prego ti prego, aspetta.
Completamente nel panico, Blaine riuscì solo a dire
"Kurt, io...", ma esitò, un istante di
troppo forse, e Kurt ne approfittò per interromperlo.
"No, vado, davvero, non ti preoccupare!"
esclamò alzando la voce di almeno un'ottava, evidentemente nel panico quanto Blaine.
"Perderò il taxi, anche se in effetti non posso
perderlo perché lo chiamo io e - voglio dire, vorrai parlare con il tuo amico e
io devo assolutamente arrivare alla NYADA o non farò in tempo e - cioè, i corsi
cominciano tra due settimane, sì, ma - non voglio disturbarti più del dovuto,
davvero. Non c'è problema. Certo che non c'è problema, non devi mica... Io...Devo scappare. Scusa." disse
tutto d'un fiato senza guardarlo negli occhi, ma lanciando invece un'occhiata
terribilmente imbarazzata e umiliata a Sebastian.
"Ci sentiamo, ok?" mormorò.
Non lo guardò negli occhi e Blaine avrebbe tanto voluto
che lo facesse, perché le sue parole lo avevano paralizzato sul posto e non
riusciva a muovere un muscolo, ma se solo Kurt avesse alzato il viso, se solo
Blaine fosse riuscito a catturare il suo sguardo avrebbe potuto spiegare.
Avrebbe potuto trasmettergli con gli occhi tutto quello che non riusciva a
dire.
Aspettami, non te ne andare. Ti ho mentito. Scusa. Provo
qualcosa per te.
Solo guardandolo negli occhi avrebbe potuto fermarlo e lo sapeva.
Guardami, lo
supplicò mentalmente. Per favore, Kurt. Alza gli occhi.
Ma Kurt non alzò il viso e fece un vago cenno con la
testa, per poi voltarsi e mischiarsi velocemente tra la folla.
Girati. Dio, ti scongiuro, girati.
Ed era ridicolo perché, fra tutte le cose che Kurt poteva
fraintendere, aveva frainteso quella. Come se Blaine volesse essere
da qualsiasi altra parte che non fosse il suo fianco...
Non aveva senso, perché Blaine non riusciva a parlare,
muoversi, gridare o corrergli dietro.
Con il cervello completamente svuotato e il cuore fermo,
perso chissà dove, rimase a fissare la schiena di Kurt che si allontanava fino
a scompare velocemente alla sua vista.
Fu solo quando Kurt non fu
improvvisamente più visibile che Blaine parve rendersi davvero conto che sì,
se n'era andato, e riacquistò tutte le sue capacità motorie.
Scattò in avanti, deciso a rincorrerlo, scusarsi e
baciarlo, dannazione, fregandosene di Sebastian,
quando proprio questo gli posò una mano sul gomito e lo fermò.
"No, ma continua ad ignorarmi, prego!" esclamò
stizzito.
Una parte del cervello di Blaine ricordò quanto l'ex Warbler detestasse essere
ignorato. A tutto il resto di se stesso non importava un accidenti.
Si scrollò di dosso Sebastian con
uno strattone e lui mollò subito la presa, stupito.
"Che diavolo...?"
"Cosa vuoi, Sebastian? Che
cosa ci fai qui?" domandò, voltandosi
completamente verso di lui per fronteggiarlo. Era ora di chiudere quella storia
una volta per tutte.
Un lampo di rabbia luccicò nello sguardo di Sebastian, ma
Blaine non se ne curò.
"Adesso non posso nemmeno venire a New York?"
sibilò, facendo un gesto stizzito con la mano. "Me ne sto tornando in
Ohio, non c'è bisogno che ti fai prendere dal panico. Non voglio di certo infilarmi
nelle tue mutande di nuovo."
La frase lo colpì dritto al cuore e qualcosa nel suo
stomaco si mosse. Oh, ok, era furioso.
"Mi sbagliavo, non sei migliorato di una virgola." disse amaramente.
Sebastian rise. "Quale diavolo è il tuo problema, Blaine?"
"Il mio problema?" sussurrò Blaine, stupito e
arrabbiato. E sì, anche un po' ferito, perché Sebastian non
capiva e non aveva mai capito. "Sei solo un idiota menefreghista.
Il mio problema è che vorrei che scomparissi dalla faccia della terra per non
ricordarmi di aver fatto con te la cazzata più grossa
della mia vita! Ah, aspetta, è vero! Il problema non c'è, perché non me la
ricordo! Ero ubriaco!"
Ecco, l'aveva detto. Dopo mesi a rimuginarci sopra,
l'aveva detto. L'assenza di Kurt non fece altro che spingere più a fondo il
pugnale.
Sebastian aveva l'aria di uno che aveva appena preso uno schiaffo
in pieno viso.
"Il problema è il tuo amico, che ti ha mollato qui
non appena ne ha avuto l'occasione!" sputò fuori con rabbia, cogliendo al
volo l'intera situazione. Fece un cenno con la testa in direzione di dove Kurt
era scomparso. Blaine si irrigidì a quelle parole. A Sebastian
erano bastati due minuti per intuire che ci fosse
qualcosa tra lui e Kurt. "E non incolpare me per averlo fatto scappare
via, è scappato da te, perché tu non
hai idea di come tenere qualcuno nella tua vita tanto quanto non ce l'ho
io!"
Blaine stava per rispondergli, urlargli contro,
picchiarlo, magari, perché dannazione, aveva ragione, aveva schifosamente
ragione. Kurt era scappato perché lui, Blaine, era stato un vero imbecille. Se
fosse stato sincero fin dall'inizio, anche se magari non su tutto,
probabilmente ora Kurt sarebbe ancora lì.
Ma era stato stupido, così stupido!
Prima che potesse anche solo muovere un muscolo, però,
qualcuno alle sue spalle esclamò "Blaine!"
Blaine si voltò di scatto, quasi spezzandosi l'osso del
collo, ma era tutto inutile, perché aveva riconosciuto la voce e non era Kurt.
Era Nick, con un sguardo particolarmente preoccupato puntato su di lui, e
pochi passi dietro c'era Jeff, con un caffè in
mano.
Blaine abbandonò le braccia lungo i fianchi e Nick finalmente notò anche Sebastian.
"Sebastian?" esclamò
sorpreso.
La maschera di impassibile stronzaggine
tornò sul viso di Sebastian come un elastico.
"Duvall" sputò fuori.
"Qualcun'altro che si ricorda il mio nome, fantastico. Cos'è, una riunione
di Warblers in pensione?"
Blaine lanciò a Sebastian uno
sguardo vuoto. Spento.
Non riusciva nemmeno a pensare con chiarezza. Voleva
solo...solo andare a casa.
Fortunatamente intervenne Jeff,
comparso in quel momento di fianco a Nick.
"Che ne dici di toglierti di mezzo, Smythe?" propose con fermezza, notando l'espressione
vuota di Blaine e lo sguardo preoccupato di Nick.
Blaine non se ne preoccupò. Si limitò ad abbandonare
le braccia lungo i fianchi e guardare da un'altra parte. Avevano attirato, con
il loro litigio, l'attenzione di qualche passante, ma nulla più.
E Kurt se n'era andato.
Sebastian li squadrò per un lungo istante. Quando parve capire di
essere in netta minoranza alzò il mento con fare altezzoso e il suo sguardo si
indurì. Senza degnarli di un'ulteriore parola, girò i tacchi e salì sul
treno.
Nick e Jeff si voltarono quasi
contemporaneamente verso Blaine.
"Blaine, stai bene?" domandò Nick con un sospiro.
"Io...non lo so."
Sì che lo sapeva. Dio, era un grandissimo bugiardo. Ma la
risposta era no, e non era ancora pronto a spiegare tutto. Jeff scosse la testa e scrutò il treno come se quest'ultimo
potesse dargli le risposte che cercava.
"Cosa ti ha detto?" domandò infine il ragazzo
biondo con tono preoccupato.
Blaine sentì la rabbia scivolare via dal suo corpo come
se fosse acqua di fronte ai visi preoccupati dei suoi amici. Solo che, una
volta eliminata la rabbia, rimase il dolore, e quel groppo alla gola che non
voleva andarsene, e il pugnale che premeva sempre più a fondo.
"E' sempre il solito Sebastian"
rispose, tirando fuori il suo migliore tono monocorde.
"Peggio di quando l'abbiamo incontrato quest'estate,
il giorno del tuo compleanno?" insistette Jeff.
Blaine chiuse gli occhi per un istante, cercando di
tenere il pensiero fuori dalla sua testa, quando Nick intervenne, pensieroso. "Eppure pensavo che fosse
migliorato, dopo quello che abbiamo visto quella
sera."
Blaine stava cercando di non annegare nella
preoccupazione e nell'angoscia, così non rispose.
"Ehi" disse Jeff con
cautela, sfiorandogli un gomito. Anche se non sapeva cos'avesse,
aveva comunque intuito che c'era qualcosa che non andava, e che era qualcosa di
grosso.
"Vieni, andiamo a casa" disse Nick con tono dolce ma fermo, e Blaine avrebbe tanto voluto
abbracciarlo e scoppiare in lacrime sulla sua spalla, perché Nick sapeva.
Nick era l'unico che aveva sempre saputo tutto.
Uscirono dalla stazione in silenzio e Nick
non abbandonò il suo fianco nemmeno per un istante, mentre Jeff
li seguiva a ruota.
Blaine scrutò il marciapiede fuori
dalla stazione con un doloroso moto di speranza, che però si dissolse in
fretta, lasciandogli una nota dolorosa in fondo al petto.
Di Kurt non c'era l'ombra, e si sentì uno stupido anche
solo per averci sperato. Era impossibile non trovare un taxi a New York City,
di fronte alla Stazione Centrale.
Non si era nemmeno accorto di star piangendo, fino a che Nick non lo avvolse in un
abbraccio per nascondergli il viso e Jeff gli posò
una mano sulla spalla.
"Va tutto bene, Blaine" gli mormorò Nick mentre
Blaine gli affondava il viso nella spalla, cercando di asciugarsi le lacrime
senza farsi vedere. Doveva loro delle spiegazioni - Dio, doveva a tutti delle
spiegazioni - e non aveva idea di come fare.
Non andava tutto bene.
New York era sempre New York, troppo grande e troppo viva
per affrontarla da solo. Sebastian era sempre Sebastian, e urlargli contro non aveva cambiato quello che
era successo. Blaine non ricordava niente.
L'unica cosa che era cambiata, era che Kurt non c'era.
Il pugnale affondò fino al cuore e rimase lì, a ricordargli quanto dannatamente stupido era stato.
Note dell’Autrice
Salve ragazze! Oggi sarò breve, che devo scappare di
corsa! Non uccidetemi, vi prego, vi prometto che si sistemerà tutto e li
amerete! :D Sì, anche Sebastian.
E’ uno stronzo, lo so, ma ha le sue motivazioni, che scoprirete. Insomma, prima
o poi scoprirete tutto in questa ff, ve lo prometto xD
Che devo dirvi? Ah sì! Spero che questo capitolo vi
piaccia come gli altri tanto quanto io ho amato scriverlo. Si sono scambiati i
numeri, state tranquille xD
Per quanto riguarda la reazione di Kurt…è praticamente da quando ho iniziato a scrivere la storia che ci penso, e
dopo una bella chiacchierata al McDonald con Medea00
e Ilaryf90 (che non smetterò MAI di ringraziare xD)
siamo giunte a questa conclusione: ci è parso piuttosto normale che Kurt
reagisca così, perché in fondo il numero di Blaine ce l’ha, e si è fatto
prendere dal panico (cosa che evita da due giorni, ma prima o poi doveva
scoppiare!), quindi blatera come fa sempre e scappa via. Voi cosa ne pensate? :) Fatemi sapere la vostra opinione!
Ok, ho finito di blaterare. Credo. xD
Grazie infinite a tutte le ragazze che seguono la storia,
e a tutte quelle che continuano a farmi compagnia su facebook!
Vi ricordo che potete trovarmi qui:
http://www.facebook.com/selene.lightwoodefp
Ah, a proposito (?): ho visto la puntata ed ero molto WTF. Non credo di essermi ancora ripresa dal trauma xD
Va bene, vi lascio che ho sproloquiato anche troppo!
Piccolo spoiler dal prossimo capitolo: avremo punti di vista alternati tra Kurt, Blaine e….rullo di tamburi…Sebastian!
A martedì prossimo (o lunedì, vediamo!)
Baci,
Selene