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Autore: SeleneLightwood    28/05/2012    13 recensioni
Kurt e Blaine non si sono mai incontrati, nonostante Westerville e Lima non siano poi così lontane. Non si sono mai scorti tra la folla, nemmeno quando hanno partecipato alle Regionali con due Glee Club rivali. Nemmeno al Lima Bean, quando andavano a prendere il caffè ognuno con i rispettivi amici.
Kurt e Blaine non si sono mai visti. Almeno fino a quando, sullo stesso treno diretto a New York, Blaine non si siede proprio di fronte a Kurt.
Ci credete, voi, nel destino?
*
Si dice che il destino si mostri solo a chi sa riconoscerlo davvero.
Vivi la tua vita distrattamente, piena o vuota che sia, aspettando il momento in cui una qualsiasi entità superiore ti metta di fronte qualcosa, o qualcuno, con tanta prepotente ovvietà da poter dire solo: ah, eccoti qui! Ti cercavo da una vita.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo dieci

Capitolo dieci

 

 “Now you’re just somebody that

I used to know”

 

Una volta che fu sotto al getto d’acqua bollente Kurt appoggiò la fronte alle piastrelle e cercò di riflettere senza farsi prendere dal panico. Cosa doveva farsene, del cucciolo di pinguino?

D’accordo, a dieci anni si era preso una cotta colossale per Ricky Martin che non era mai veramente finita e aveva fatto morire dal ridere Burt quando aveva annunciato, in piedi sul tavolino per il tè, di voler imparare lo spagnolo. E allora?

Finn, invece, era stato una curiosa quanto compromettente parentesi della sua adolescenza, alla quale amava pensare come il buio periodo di black out di Kurt Hummel; aveva desiderato baciare il suo fratellastro? Sì. Se ne era pentito non appena l’aveva visto infilare la lingua in bocca a Rachel? Oddio, sì. Certe cose ti segnano a vita.

C’era stata Brittany, ovviamente. A Kurt quasi veniva da ridere a pensarci. Insomma, Brittany era sua amica e se non altro da quell’esperienza aveva imparato a baciare decentemente – figuriamoci se quelli potessero essere considerati i suoi primi baci. 

E poi, ultimo ma non per ordine di importanza, aveva persino ricevuto la sua curiosa opinione su come i ragazzi sapessero di hamburger. 

Eppure Kurt era certo che Blaine non sapesse di hamburger. Forse

Certo, poteva sempre provare per accertarsene.

 

Con Dave…di nuovo, era complicato. Per quanto solo a pensarci ora si sentiva un vero idiota, stare con lui senza potersi nemmeno avvicinare o sperimentare lo aveva mandato fuori di testa molto più di quanto fosse disposto ad ammettere. L'intera situazione doveva aver portato all’attuale struggente lotta tra i suoi ormoni impazziti e il cucciolo di pinguino. Quest’ultimo opponeva una stoica resistenza ogni volta che Blaine era nei paraggi – quindi ininterrottamente dalla mattina precedente – e Kurt era finito per essere ridicolmente in bilico tra il voler strappare i vestiti di dosso a Blaine e lo scappare a gambe levate in preda al terrore.

Non aveva molto senso, doveva ammetterlo. Era ridicolo voler fare cose con Blaine quando non riusciva nemmeno a pensare alla parola ‘sesso’ senza arrossire. Stava impazzendo?

E poi Blaine aveva sicuramente più esperienza di lui – anche se a quanto pare non se lo ricordava – e qualsiasi cosa avesse fatto Kurt, o avesse tentato di fare, molto più plausibile, sicuramente sarebbe sembrato ridicolo.

Che poi, cosa voleva fare esattamente? Certo, Blaine stava ormai palesemente flirtando con lui – forse – ma non appena si sarebbe accorto che Kurt non aveva la più pallida idea di cosa fare…oh, non ci voleva pensare.

Nel suo iphone c’era ancora quell’imbarazzante lista delle cose da fare prima di morire, che ad un certo punto citava ‘fare l’amore con Taylor Lautner  in un campo di lillà prima che diventi grasso’. Ecco, questo dimostrava che certi istinti li aveva, no? Magari poteva essere troppo tardi perché il buon vecchio Taylor aveva messo su una discreta pancetta da alcolizzato, e magari Kurt non era come Finn, che aveva bisogno di attaccarsi a Rachel come una sanguisuga ogni mezzo secondo, ma questo non significava che non volesse avere una relazione fisica con qualcuno!

Che poi, a pensarci bene, se avesse potuto sarebbe stato attaccato a Blaine come una sanguisuga?

In ogni caso non sapeva come fare, né da dove partire.

Ok, in realtà ‘La Chiacchierata con suo padre – e relativi opuscoletti – era stata piuttosto chiara al riguardo, quindi una mezza idea di dove cominciare e come ce l'aveva. Certe cose non avrebbe davvero voluto saperle, ma altre sì, e…cavolo, era tanto sbagliato voler sperimentare qualcosa?

Era tanto sbagliato volerlo sperimentare con Blaine?

Si vergognò profondamente di quel pensiero e cercò di pensare ad altro, perché effettivamente pensare a Blaine, sotto la doccia, non era il modo migliore per mantenere la calma e il controllo della situazione. Controllo che, chi vogliamo prendere in giro, aveva perso la mattina prima quando Blaine era entrato nel suo scompartimento. L’acqua sembrò improvvisamente più calda e Kurt stava davvero soffocando – eppure non aveva girato la manopola – ed era ridicolo che avesse le farfalle allo stomaco solo a pensare a Blaine.

Lasciò che la sua mente facesse un tentativo, vagando tra i ricordi di poche decine di minuti prima, fino alle labbra di Blaine, socchiuse e così invitanti, o la linea della mascella, o la curva dei fianchi…

Qualcuno bussò delicatamente alla porta e Kurt sobbalzò, rischiando di scivolare su una saponetta e rompersi l’osso del collo. Ed esattamente come ci era finita la sua mano così vicina a…oh, santo cielo.

“Kurt?”

Ecco, fantastico. Tu si che sei d’aiuto, Blaine.

La voce di Blaine giunse attutita dallo scrosciare dell’acqua e per via del muro che li separava, e Kurt al pensiero che in fondo fosse solo un muro andò di nuovo a fuoco. 

“Lo so che sei sotto shock per aver dormito con pantaloni e polo” disse Blaine in tono canzonatorio. “Lo so, davvero, ma farti una doccia decontaminante come se dovessi accedere ad un bunker antiatomico ci farà perdere il treno.

“Ho quasi fatto” pigolò in risposta.

Blaine non disse niente, quindi probabilmente non l’aveva nemmeno sentito. Un lato di Kurt gioì per la normalità e il senso di quotidianità che quella conversazione gli aveva lasciato.

Andiamo, Kurt, cercò di farsi coraggio. Ce la puoi fare. Esci da questa maledettissima doccia.

Spense con un sospiro il getto d’acqua e afferrò un asciugamano per stringerselo in vita. Osservò allo specchio appannato il suo riflesso gocciolante.

E se uscissi così dal bagno? pensò in un attacco un po’ delirante.

Già si immaginava Blaine piegato in due dalle risate.

Scosse la testa di fronte alla propria inettitudine, domandandosi che ne fosse stato del suo cervello, un tempo sano e funzionante.

Bruciato, completamente andato. Probabilmente lo scenario era apocalittico: orde di neuroni rincorsi da palline rosse di ormoni fuori controllo, e una gigantografia di Sue Sylvester a troneggiare su tutto, come quella volta che aveva dato un mezzo party in auditorium per essere riuscita a cacciare la coach Beiste.

Kurt si passò una mano tra i capelli zuppi d’acqua, lasciando andare l'ennesimo sospiro sconsolato.

Forza, diamoci una parvenza di umanità.

 

 

Quarantacinque minuti e due tubetti di lacca rigorosamente biologica dopo si poté dire soddisfatto del look che aveva ottenuto: i capelli erano tornati ad una forma umanamente concepibile e alla presa ferrea della lacca non sfuggiva nemmeno un capello.

Indossava un paio di Jeans chiari particolarmente aderenti – scelta puramente casuale, ovvio – e una maglia blu a maniche lunghe che gli lasciava scoperta la spalla.

Marc Jacobs sarebbe stato fiero di lui: attraente ma semplice, ecco il segreto. O almeno così sperava.

Infilò la catenina con il ciondolo di Rachel sotto la maglia, si diede un’ultima controllata allo specchio per accertarsi che fosse tutto al suo posto e poi prese un respiro profondo alla ricerca del coraggio per uscire di lì.

Andiamo, Kurt. Va là fuori e affronta la situazione. Non da pinguino, magari.

Abbassò la maniglia della porta con il cuore in gola e uscì dal bagno a testa china, dirigendosi dritto verso la sua valigia.

Blaine era affacciato alla finestra e guardava fuori.

“Per fortuna che avevi quasi finito” lo prese in giro mentre si voltava. Oh, allora aveva sentito. “Non oso immaginare quanto ci metteresti se –“

Ma si bloccò a metà frase e la bocca si schiuse leggermente mentre i suoi occhi dorati scivolavano dalla spalla scoperta di Kurt ai suoi fianchi e poi di nuovo sul suo viso, fino ad indugiare per un secondo di troppo sulle sue labbra.

Kurt deglutì impercettibilmente, sentendosi un tantino esaminato. Si stava rendendo ridicolo? Stava quasi per correre in bagno di nuovo per non uscire mai più di lì quando Blaine si schiarì la gola e disse: “Bella maglia”

Marc Jacobs” replicò allora Kurt a mo’ di spiegazione. Questo parve bastare a Blaine, che disse semplicemente “Ah. e, con le guance adorabilmente rosse, tornò a sistemare la tracolla della chitarra.

Kurt si lasciò scappare un sorrisetto stupito e compiaciuto.

Incredibile: Santana aveva sempre avuto ragione, chi l’avrebbe mai detto? Spalla in fuori e collo ben visibile.

Scavò nella memoria alla ricerca delle Lezioni di Seduzione Lopez per principianti e gay repressi, come amava chiamarle l’amica quando aveva deciso di impartirgliele tra un allenamento dei Cheerios e un altro, assolutamente contro la sua volontà.

Cos’altro aveva raccomandato, oltre ai jeans stretti fino all’inverosimile?

Avambracci scoperti, gambe elegantemente incrociate.

Kurt sbuffò e, sentendosi profondamente ridicolo, si arrotolò le maniche fino ai gomiti con delicatezza mentre Blaine sistemava qualcosa in valigia.

Bene. Qual era il consiglio successivo?

Leccarsi le labbra ed accertarsi che i suoi occhi cadano sulla tua bocca.

No, col cavolo che lo faceva! Era imbarazzante!

Quando Blaine si avvicinò sorridente al comodino per infilare in tasca il cellulare e gli sfiorò casualmente un braccio, Kurt sorrise di rimando e – Oh, e va bene, maledizione!

Molto, molto lentamente si passò la lingua sul labbro inferiore, sviando lo sguardo azzurro di lato per non guardare Blaine negli occhi. Non osò alzare il viso e tornò alla sua valigia. Quando sbirciò, però, notò che Blaine era un po’ rigido e un po' rosso.

Una scossa di eccitazione mista a imbarazzo gli corse lungo la spina dorsale, facendogli venire la pelle d’oca.

Se una parte di lui si stava domandando che diavolo stesse facendo, l’altra stava zittendo la prima a gran voce.

Però un problema c’era: come avrebbe fatto a chiedere il numero a Blaine se arrossiva solo guardandolo in faccia?

Forse arrossiva perché guardarlo in faccia gli faceva venire voglia di baciarlo.

Probabile.

Stava già iniziando a desiderare ardentemente di lasciarsi quella situazione di stallo alle spalle.

Capiva che era il passaggio tra il Kurt del liceo, timido e ambizioso, coraggioso e pieno di sogni romantici, e il Kurt del college, magari più maturo e sempre romantico, sì, ma anche concreto.

La sua attrazione per Blaine, in ogni caso, non aveva niente a che vedere con quel genere di crescita.

O forse sì, ma non importava.

Non era la semplice manifestazione della sua voglia di sperimentare qualcosa con qualcuno. A Kurt piaceva davvero tanto Blaine. Era certo che, se avesse incontrato il Blaine sedicenne, in blazer e cravatta, assolutamente perfetto in tutte le sue imperfezioni, se ne sarebbe innamorato fin dal primo istante.

Cosa che non andava molto lontana dalla realtà. Era solo successo con qualche anno di ritardo.

Era un pensiero che aveva fatto capolino nella sua testa diverse volte nella sua mente, fin da quando aveva saputo che Blaine era di Westerville.

E se avesse incontrato Blaine prima? Se fosse andato a spiare gli Warblers quando Puck l’aveva suggerito? Se durante quelle competizioni in cui erano stati rivali, anziché rimanere nel camerino e ascoltare le esibizioni degli altri gruppi dall’altoparlante, di sfuggita, fosse stato in platea tra il pubblico?

Persino durante le premiazioni era stato troppo distratto dalla paura e l’eccitazione per osservare attentamente gli Warblers della Dalton Academy nelle loro eleganti divise. Aveva fatto scivolare lo sguardo su di loro e non aveva visto Blaine. Non lo ricordava proprio.

Non si erano mai visti nonostante fossero stati a così poca distanza l’uno dall’altro. Questione di pochi metri. Chissà, forse persino meno.

Magari non era destino. Oppure, semplicemente, nessuno dei due era pronto a conoscere l’altro.

Magari non era il momento giusto. Ora sì, quindi?

Adesso che si erano incontrati, conosciuti, Kurt aveva una seconda possibilità per far entrare nella sua vita qualcuno di così meraviglioso?

 

Finì di sistemare le sue cose in valigia, scambiando di tanto in tanto qualche parola con Blaine. Il clima era piacevole e tranquillo. Quando entrambi si furono assicurati di aver preso tutto, si voltò verso Blaine e sorrise nervosamente.

“Beh” disse Blaine con un sospiro. “Che stiamo aspettando? Si va in stazione!”

 

 

*

 

Una volta in treno, Kurt e Blaine spesero la prima ora di viaggio a raccontarsi divertenti aneddoti, soprattutto sulle disavventure del liceo e dei rispettivi Glee Club.

Blaine spiegò a Kurt il funzionamento del Consiglio Direttivo degli Warblers, gli raccontò delle loro incursioni musicali in giro per la scuola o in terribili case di riposo, o di quella volta del GAP attack, che era servito solo per rendersi ridicolo e far licenziare un povero commesso per aver ricevuto un’imbarazzante serenata nel reparto calzini.

Per tirarlo su di morale Kurt gli raccontò di quando Finn aveva prodotto un costume da Lady Gaga con una tenda da doccia, o di quando si era tirato da solo una granita in faccia per ‘salvare Finn’, e spese ben venti minuti in racconti terrorizzati su Sue Sylvester, l’unica e terribile.

Blaine lo guardava come se fosse appena sbarcato su Marte.

“…e quando stavamo per partire per le prime Nazionali alle quali abbiamo partecipato, quelle che abbiamo miseramente perso, ecco che scopriamo che aveva dirottato un volo aereo, dio solo sa come, verso la Libia, tipo, cosicché fossimo immediatamente circondati da terroristi e mai più rimessi in libertà.”

Gli occhi nocciola di Blaine erano grandi come lampadine e le sue sopracciglia ormai avevano raggiunto l’attaccatura dei capelli coperti di gel.

“Sei serio?” domandò, palesemente incredulo. Quando realizzò che Kurt non lo stava affatto prendendo in giro – grazie anche alla sua faccia ancora mortalmente terrorizzata – rise fino ad avere le lacrime agli occhi, trascinando Kurt con sé.

“Non so se preferisco questa” disse tra i singhiozzi. “O quella in cui si è travestita da Grinch per rubarvi il Natale.

Le guance di Kurt si imporporarono. Qualsiasi cosa stava facendo per far ridere Blaine così, doveva assolutamente continuare perché beh, Blaine era stupendo quando rideva.

“Hai una risata meravigliosa.” si lasciò sfuggire dalle labbra prima che potesse fermarsi o prendersi a schiaffi, ma tutto ciò che ottenne fu un incremento del sorriso di Blaine che non avrebbe mai creduto possibile. Il ragazzo riccio sembrò davvero compiaciuto mentre chiedeva: “Davvero?”

Kurt cercò di salvare il salvabile mentre adocchiava Blaine sporgere il labbro inferiore.

“Beh, i miei racconti sono uno spasso, quindi è direttamente proporzionale, no?”

Ok, così stava peggiorando la situazione. Ma che diavolo stava dicendo? Si era bevuto il cervello, forse?

Alzò un sopracciglio in un tentativo estremo di non sembrare un cretino e cercò di non far scivolare lo sguardo sulle braccia muscolose di Blaine o su qualsiasi altra parte del suo corpo.

Fissare gli occhi in quelli di Blaine non si rivelò affatto la scelta più saggia, comunque: di nuovo quegli occhi – improvvisamente più brillanti del solito – lo inchiodarono al sedile e Blaine piegò leggermente la testa di lato, alzando un angolo della bocca in un mezzo sorriso sghembo.

Non era la prima volta che lo faceva e stavolta Kurt non poté fare a meno di domandarsi come sarebbe stato, baciarlo mentre sorrideva così. Una piacevole scossa gli corse lungo lo stomaco, decisamente verso il basso.

“Mi piacerebbe davvero tanto continuare a sentirli” disse Blaine con calma. “I tuoi racconti, intendo.

Ok, ci siamo. Forza, Kurt, puoi farcela.

“Piacerebbe tanto anche a me” disse arrossendo furiosamente. “Voglio dire, non sentirmi raccontare le cose. Non c’è bisogno che me le racconti da solo, le so. Nel senso…raccontarti qualcosa. Parlare. Uhm.”

Chiedigli il numero, cretino! Che cosa stai blaterando? lo rimproverò la voce nella sua testa. Chiediglielo, accidenti! Fallo!

“Magari potremmo vederci qualche volta a New York” propose, cercando di mantenere un tono di voce calmo e casuale. Mulinò un po’ un braccio, sentendosi davvero molto stupido. “Potremmo andare a cercare un posto carino per prendere un caffè.

Bravo, Kurt, così va meglio, si disse. Meno stalker e più ‘sì, voglio uscire con te’.

Blaine lo abbagliò con il suo solito sorriso luminoso. Forse era quella la sua tecnica. Ti stordiva con uno dei suoi enormi sorrisi e poi ti trascinava nel luogo del delitto, coinvolgendoti in uno dei suoi crimini.

Dopo quel pensiero, Kurt si rese conto di aver completamente perso il controllo di quello che stava succedendo nella sua testa.

Nonfat mocha” rise Blaine iniziando a rovistarsi nelle tasche senza apparente motivo. “Già.”

Kurt ci provò a guardare da un’altra parte, davvero, ma poi Blaine fece quella cosa strana con i fianchi per infilarsi una mano nella tasca posteriore dei pantaloni, scivolando appena in avanti e borbottando “ma dove accidenti…” e Kurt deglutì rumorosamente.

Si sentiva un tantino su di giri: se da una parte non riusciva a guardare Blaine in faccia senza diventare viola, dall’altra non riusciva a togliere gli occhi dai suoi fianchi, che scattarono leggermente in avanti ancora una volta.

Bisognava ammetterlo, e Kurt non aveva nessun problema a farlo, almeno nella sua testa: Blaine era maledettamente sexy.

Poteva anche non essere un modello di Armani, di quelli alti due metri e pieni di muscoli, ma Kurt non riusciva a non considerarlo stupendo. Aveva quell’aria così sicura di sé che ogni tanto si perdeva in eccessi di curiosa timidezza, e quell’espressione così dolce ogni volta che parlava dei suoi amici, e quel modo di guardarlo come se non vedesse altro, e quel maledetto sorrisetto divertito che gli incurvava le labbra ogni due minuti e- dannazione, tutto quello che voleva era prenderlo per il colletto della maglia e baciarlo fino a perdere i sensi.

Il che forse era un po’ esagerato. O forse no.

Dio, sono senza speranza. Oh, se non altro stavolta è gay. E ne sembra sicuro. E sembra anche disponibile, visto che questo è flirtare – credo –, e ovviamente è disponibile ammesso e concesso che non sia ancora innamorato di quel Sebastian, e –

Oddio.

Kurt si sentì morire dentro, perché maledizione, come aveva fatto a non capirlo prima? Era così ovvio.

Blaine era ancora innamorato di quel tipo.

Certo, sembrava che fosse interessato a lui, ma andiamo, cosa aveva Kurt Hummel di interessante in fondo?

Si era immaginato tutto nella sua testa? Blaine stava solo cercando di essere gentile e amichevole?

Alzò gli occhi azzurri con la gola improvvisamente secca e tanta voglia di piangere solo per trovarsi il viso di Blaine di fronte.

Dio, che stupido che era stato. Lui, Blaine –

Blaine gli stava porgendo qualcosa con un sorriso imbarazzato ma lo sguardo deciso, e Kurt sbatté le palpebre e impiegò un paio di secondi per realizzare che era un cellulare.

Fece scorrere lo sguardo da Blaine al telefono e poi di nuovo a Blaine, sentendosi come se fosse appena cascato dalle nuvole. Che cosa si presumeva che dovesse farci, con il telefono di Blaine?

Mangiarselo e poi sprofondare nei meandri della crosta terrestre per la vergogna? Chiamarsi l’Ufficio Igiene Mentale da solo?

Quando non si mosse, ma continuò a fissare Blaine con quella faccia da pesce lesso, il nome Sebastian che ancora aleggiava nella sua testa, il ragazzo riccio tirò fuori un’altra delle sue buffe espressioni, arrossendo e ghignando allo stesso tempo.

“Non ci possiamo sentire se non mi lasci il tuo numero.” disse alzando le spalle.

La bocca di Kurt si aprì in una piccola, perfetta ‘o’.

Porcellana, grugnì la coach Sylvester. Kurt si domandò distrattamente se e quando si sarebbe liberato delle proiezioni della sua mente. Pensi di aver bisogno di una rianimazione da far invidia ad un episodio di ER o ce la fai da solo a prendere quel maledetto telefono e lasciare a quel maledetto ragazzo il tuo maledetto numero?

Kurt ormai si sentiva le guance in fiamme. Prese il telefono di Blaine con cautela e digitò i suoi dati e il suo numero di telefono, indeciso se lasciargli anche l’indirizzo della sua stanza di dormitorio alla NYADA. E magari anche le chiavi.

Poi si rese conto che in effetti sarebbe stato un passo un po’ troppo avventato, e che in ogni caso, il suo indirizzo, non se lo ricordava.

Restituì il telefono a Blaine con un sorriso, e il ragazzo nel prenderlo gli sfiorò il polso con la punta delle dita.

Con un minuscolo sorriso, Kurt gli passò il suo iphone.

Blaine sembrò particolarmente contento della concessione – come se Kurt non avesse desiderato lasciargli il suo numero fin dal primo istante in cui l’aveva visto – e l’intera operazione risultò imbarazzante fino a che Blaine non alzò un sopracciglio e domandò: “Devo segnarmi come quello del treno o Blaine Warbler?”

Si fissarono per un paio di secondi e scoppiarono entrambi a ridere mentre l’atmosfera si rilassava visibilmente.

“Non sapevo che fosse un titolo nobiliare” scherzò Kurt passandosi una mano sulla nuca.

Blaine per tutta risposta gli fece una linguaccia – ma allora ci faceva apposta! – e gli restituì il cellulare.

Kurt sbirciò lo schermo prima di salvare il numero.

Blaine. Solo Blaine.

Inspiegabilmente, la cosa lo fece sciogliere come un ghiacciolo al sole.

 

Ok, Blaine gli aveva lasciato il suo numero – No, meglio, gli aveva chiesto il suo – ma questo non significava niente. No?

Poteva benissimo volere nient’altro che un amico con cui parlare di Quel Sebastian, che poi non era nemmeno stato il suo ragazzo. Se l’era solo portato a letto.

Kurt si sentì improvvisamente un completo idiota.

Quello che era successo a lui non era niente, paragonato a quello che aveva passato Blaine. Come poteva essere così egoista?

Decise che, di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno Blaine, che fosse un semplice amico, una spalla su cui piangere o qualcuno con cui parlare, lui ci sarebbe stato.

Era inutile negare il legame che si era creato tra di loro. Solo che Kurt poteva benissimo averlo frainteso.

“Allora” disse Blaine dopo aver riposto il telefono in tasca e aver incrociato le braccia dietro la testa. A Kurt quasi venne un infarto alla vista. “Cosa stavi dicendo sull’aereo dirottato in Libia?”

 

*

 

"Comunicazione di Servizio: avvisiamo i signori passeggeri che l'arrivo alla Stazione Centrale di New York City è previsto per le ore 13 e 17."

La voce metallica che diffuse il messaggio interruppe Kurt e Blaine nel bel mezzo di un'amichevole disputa su quale fosse la migliore esibizione dei Vocal Adrenaline, che entrambi conoscevano fin troppo bene. Kurt non aveva assistito alla versione di Jesse-ti-rompo-le-uova-in-testa-St. James di Bohemian Rhapsody, ma se perfino Rachel, con l'orgoglio colante come tuorlo, aveva detto che era stata schifosamente eccezionale, doveva essere per forza così. 

Blaine - che era convinto che la miglior esibizione fosse Highway to Hell, tra l'altro - buttò un'occhiata al suo orologio e poi fuori dal finestrino.

 

"Ehi, mancano dieci minuti!" esclamò. 

Fu in quel momento che Kurt cadde preda del panico più totale. In fondo c'era da aspettarselo: era perfettamente da Kurt Hummel, farsi prendere dal panico per niente a dieci minuti dall'arrivo.

Aveva le mani strette l'una all'altra e stava sudando freddo. Inoltre non aveva la più pallida idea di cosa fare, come farlo, dove andare e maledizione, cosa avrebbe dovuto dire a Blaine? 

Ti chiamo io? Ci sentiamo?

E se fosse sembrato troppo invadente? Forse doveva aspettare che fosse Blaine a cercarlo. 

E se Blaine non l'avesse cercato?

 

Kurt resistette all'impulso improvviso di passarsi le mani tra i capelli e magari strapparsi un paio di ciuffi, già che c'era. Tanto prima o poi sarebbe diventato calvo comunque. 

Si stava comportando in maniera ridicola. In realtà non era poi così complicato. Doveva scendere dal treno, chiamare un taxi per andare alla NYADA e salutare Blaine.

Era proprio quello il problema, non c'era neanche bisogno di dirlo. 

"Ci siamo quasi." sospirò Kurt cercando di far passare il suo tono di voce per sollievo per la fine del viaggio. Non che ci credesse nessuno, eh.

Blaine aveva ancora la guancia appoggiata al finestrino, quindi quando rispose la sua voce arrivò attutita dal vetro. 

"Già" disse. "E' stata un'impresa titanica, ma ce l'abbiamo fatta."

Tanto per fare qualcosa che gli tenesse le mani occupate - in fondo ci teneva, ai suoi capelli - Kurt tirò fuori dalla tasca il cellulare e controllò l'ora. 

Si rivelò una pessima idea. 

Meno cinque minuti. 

New York era davvero ad un soffio e, se doveva essere sincero, se la stava facendo sotto dalla paura. 

Rachel non c'era, Finn non c'era, e Blaine l'avrebbe lasciato solo nel giro di dieci minuti, giusto il tempo di scendere dal treno. E Kurt non sapeva se l'avrebbe richiamato. Aveva diciotto anni, un ex fidanzato che non era un ex fidanzato, tra le mani una vita ancora da iniziare e di fronte a lui un ragazzo stupendo. Cosa diavolo stava aspettando?

Eppure... 

La città era così grande, il mondo era così grande, e perché non si era accorto prima che la prospettiva di frequentare la NYADA senza Rachel lo spaventava? 

Meno quattro minuti.

Dio, non poteva farsi prendere dal panico. Eppure era esattamente quello che stava facendo, visto che lo stomaco gli doleva e aveva il cuore in gola. 

Blaine gli sorrise in silenzio e Kurt decise di smettere di ignorare la voce nella sua testa che lo supplicava di ragionare. 

Meno tre minuti. 

Blaine era il problema, dannazione. Perché era lì ancora per poco: presto Kurt si sarebbe ritrovato da solo a New York. Solo, ad affrontare questa città che conosceva a malapena e una scuola durissima, una concorrenza spietata e un sogno che, se ne stava accorgendo ora, forse era troppo grande per reggerne il peso da solo.

Dov'era Rachel?

Eppure, tutto quello che voleva in quel momento era aggrapparsi a Blaine e non lasciarlo andare. 

Un minuto.

Cosa credeva di fare? Alla NYADA erano tutti eccezionali, l'avrebbero sventrato vivo, e Carmen Tibideaux, una volta capito che Kurt Hummel non era una stella brillante come tutte le altre - come Rachel Berry - l'avrebbe spellato vivo e rispedito in Ohio a suon di gorgheggi.

Non avrebbe mai cantato a Broadway. Come poteva pensare di farcela? 

Era un sogno troppo grande, troppo irraggiungibile...

Perché era stato così stupido da pensare di poter essere abbastanza?

"Kurt?"

La voce di Blaine lo riportò alla realtà e Kurt sobbalzò con il cuore in gola e le mani che tremavano. Si sentiva come se stesse per svenire da un momento all'altro.

"Stai bene?" domandò Blaine leggermente preoccupato, scrutandolo in viso. "Sembri sul punto di vomitare."

Kurt tirò fuori una risatina nervosa. "Sto bene." mentì con voce tremante. "Scusa, mi stavi dicendo qualcosa?"

Blaine inarcò un sopracciglio. "Siamo arrivati a New York."

Oh, no.

No, nononono. Riportatemi indietro. Riportatemi a casa.

Il treno era ormai fermo e la luce era diversa. La gente intorno a loro iniziava ad alzarsi, prendere i bagagli e scendere. Dal finestrino Kurt riusciva a vedere solo il fianco di un altro treno. 

 

Erano arrivati. 

 

Quando lo guardò,Blaine gli sorrise incoraggiante, così Kurt si costrinse ad alzarsi e a prendere la sua valigia. Strinse i denti e cercò di prendere un respiro profondo per calmarsi. 

"Andiamo" disse con un sospiro tremante. 

No, vi prego. Voglio tornare a casa. 

 

Blaine lo seguì placidamente verso l'uscita del treno e Kurt fu costretto a socchiudere le palpebre per la luce che gli arrivò dritta negli occhi. Un passo avanti, ed atterrò sul binario quattordici con un saltello. La prima occhiata alla Stazione Centrale di New York lo destabilizzò e sentì che le ginocchia stavano per cedergli, e non sapeva se era per essere stato seduto per circa due giorni o per la paura. Blaine fu al suo fianco meno di un istante dopo. Entrambi spesero un attimo ad osservare la gente intorno a loro muoversi freneticamente, i treni pronti a partire.  C'erano colori ovunque, voci, fischi, e tantissime persone, di tutte le etnie, età o sesso.  

"Wow." disse sottovoce Blaine con un sospiro. La sua voce era così bassa che Kurt lo sentì a malapena. Intorno a loro, centinaia e centinaia di volti sconosciuti. 

Kurt inclinò la testa verso Blaine e si stupì di trovarlo intento ad osservare lui, invece che la stazione, come se fosse in attesa. Triste, quasi. 

Kurt fece scivolare lo sguardo sul suo viso, sulle sue guance rosse e sui capelli, dove un riccio era sfuggito alla morsa del gel e gli ricadeva in fronte. Era stupendo.

 

Poi Blaine inclinò leggermente la testa di lato, sorrise dolcemente e piantò gli occhi nei suoi. In qualche modo a Kurt sembrarono più grandi, più lucidi, più dorati. E il sorriso era quasi accennato, sì, con quell'angolo della bocca lievemente inclinato verso l'alto, ma sempre visibile, e oh, nessuno sorrideva come Blaine, questo era certo. 

Kurt stava per parlare, e anche Blaine sembrava sul punto di dire qualcosa, o forse entrambi stavano per mollare le valigie a terra per lanciarsi in avanti e baciarsi. 

Kurt mandò al diavolo tutto e allungò una mano per afferrare Blaine per la maglia e-

"Blaine?"

Blaine gelò sul posto quando qualcuno alle spalle di Kurt pronunciò il suo nome con tono sorpreso. Gli occhi spalancati, fissò oltre Kurt, che si voltò con ancora il braccio a mezz'aria per vedere chi diavolo fosse.

"Capelli unti di gel fino all'inverosimile, chitarra, altezza degna di un Hobbit e sedere da paura. Sì, sei Blaine."

Di fronte a loro c'era il ragazzo con il ghigno più sexy e bastardo che Kurt avesse mai visto. 

"Sebastian?" gracchiò Blaine alzando una mano per portarsela alla bocca e fermandosi ad un palmo dalle labbra, paralizzato.

Sebastian, registrò Kurt come un automa, incapace di pensare qualsiasi altra cosa mentre il respiro veniva meno. Merda

 

 

*

 

 

"Sebastian?" gracchiò Blaine aggrottando le sopracciglia e portandosi una mano davanti alla bocca. 

Sebastian Smythe - in carne, ossa e sorrisetto subdolo proprio lì, davanti a lui - fece scorrere lo sguardo calcolatore da lui a Kurt, il quale non aveva più mosso un muscolo dopo essersi voltato per capire chi avesse parlato.

Lo stupore iniziale lasciò il posto ad un guizzo di panico. D'altronde il luccichio negli occhi di Sebastian non gli piacque per niente. In genere quello sguardo voleva dire guai. Tanti, tantissimi guai.

"Già, Sebastian" commentò acidamente l'ex Warbler. "Felice di sapere che ti ricordi come mi chiamo, Anderson. Allora, dove stai portando quel bel sedere?"

Ah, ora sono io che non mi ricordo come ti chiami?, pensò Blaine con rabbia. Ora sono io che ti ignoro?

Sebastian non degnò Kurt di una seconda occhiata, ma Blaine notò subito che Kurt si era irrigidito ancora di più a quelle parole. Ed un incontro Kurt-Sebastian era davvero l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento. 

Kurt era palesemente a disagio, se ne sarebbe accorto anche un sasso, e Blaine cercò freneticamente un modo per uscire da quella situazione e risparmiargli il trauma di aver conosciuto Sebastian Smythe. E non solo. 

Doveva allontanarsi da Sebastian il più velocemente possibile, doveva -

"Non rispondi?" chiese Kurt, rosso in viso, quando la sua suoneria inondò l'aria.

 

Maledizione. Proprio adesso doveva squillargli il telefono?

Tirò fuori il dannato arnese dalla tasca, deciso a tirarlo sulle rotaie, ma probabilmente l'avrebbero preso tutti per pazzo, così avvicinò la cornetta all'orecchio e guardò Kurt negli occhi, cercando di trasmettergli tutto il suo dispiacere e la più sincera delle scuse. 

"Nick, dimmi!" gridò al telefono. 

Ma porca miseria, Nick, proprio adesso?, pensò nel panico.

"Dove sei, Blaine? Il treno è arrivato?" chiese Nick dall'altro capo del telefono. 

"Binario quattordici" rispose Blaine velocemente.

Di fianco a lui, Sebastian era tornato a guardare Kurt con il solito sorrisetto di scherno. 

Gli porse una mano, dicendo "Sebastian Smythe" come se si stesse dichiarando supremo reggente dell'universo. 

Blaine smise di ascoltare qualsiasi cosa stesse dicendo Nick per piantare gli occhi su Kurt. Il ragazzo osservò Sebastian per un istante, un'espressione indecifrabile in viso, per poi stringergli la mano e dire: "Kurt Hummel."

L'espressione sicura di Sebastian vacillò per un istante soltanto, poi tornò quella di sempre, più in fretta di quanto Blaine avrebbe pensato. 

Zitto, Sebastian. Zitto e basta

"Scusa, Nick, devo andare" esclamò Blaine al telefono prima che fosse troppo tardi, chiudendo la conversazione con Nick senza nemmeno aspettare una risposta. 

Kurt sostenne lo sguardo di Sebastian quasi con fierezza, ma quando le loro mani si separarono e incontrò il suo sguardo, Blaine poté leggervi il panico. 

Oddio, no.

Era ormai sul punto di mandare al diavolo Sebastian e qualsiasi cosa ci facesse lì e andarsene con Kurt, quando quest'ultimo parve ritrovare finalmente la voce.

"Sarà meglio che vada." 

Se Blaine aveva pensato che vedere Kurt star male davanti a lui gli avesse spezzato il cuore, dovette ricredersi. Vedere Kurt andarsene lo aveva appena ridotto in mille, inutili pezzettini, come se qualcuno gli avesse appena piantato un pugnale nel petto.

Kurt aveva tenuto la voce bassa, eppure Blaine l'aveva sentito benissimo, nonostante la confusione della stazione.

No, aspetta. Ti prego ti prego, aspetta. 

Completamente nel panico, Blaine riuscì solo a dire "Kurt, io...", ma esitò, un istante di troppo forse, e Kurt ne approfittò per interromperlo. 

"No, vado, davvero, non ti preoccupare!" esclamò alzando la voce di almeno un'ottava, evidentemente nel panico quanto Blaine. "Perderò il taxi, anche se in effetti non posso perderlo perché lo chiamo io e - voglio dire, vorrai parlare con il tuo amico e io devo assolutamente arrivare alla NYADA o non farò in tempo e - cioè, i corsi cominciano tra due settimane, sì, ma - non voglio disturbarti più del dovuto, davvero. Non c'è problema. Certo che non c'è problema, non devi mica... Io...Devo scappare. Scusa." disse tutto d'un fiato senza guardarlo negli occhi, ma lanciando invece un'occhiata terribilmente imbarazzata e umiliata a Sebastian

"Ci sentiamo, ok?" mormorò. 

Non lo guardò negli occhi e Blaine avrebbe tanto voluto che lo facesse, perché le sue parole lo avevano paralizzato sul posto e non riusciva a muovere un muscolo, ma se solo Kurt avesse alzato il viso, se solo Blaine fosse riuscito a catturare il suo sguardo avrebbe potuto spiegare. Avrebbe potuto trasmettergli con gli occhi tutto quello che non riusciva a dire.  

Aspettami, non te ne andare. Ti ho mentito. Scusa. Provo qualcosa per te.  

Solo guardandolo negli occhi avrebbe potuto fermarlo e lo sapeva. 

Guardami, lo supplicò mentalmente. Per favore, Kurt. Alza gli occhi. 

Ma Kurt non alzò il viso e fece un vago cenno con la testa, per poi voltarsi e mischiarsi velocemente tra la folla. 

Girati. Dio, ti scongiuro, girati. 

Ed era ridicolo perché, fra tutte le cose che Kurt poteva fraintendere, aveva frainteso quella. Come se Blaine volesse essere da qualsiasi altra parte che non fosse il suo fianco...

Non aveva senso, perché Blaine non riusciva a parlare, muoversi, gridare o corrergli dietro.

Con il cervello completamente svuotato e il cuore fermo, perso chissà dove, rimase a fissare la schiena di Kurt che si allontanava fino a scompare velocemente alla sua vista.

Fu solo quando Kurt non fu improvvisamente più visibile che Blaine parve rendersi davvero conto che sì, se n'era andato, e riacquistò tutte le sue capacità motorie. 

Scattò in avanti, deciso a rincorrerlo, scusarsi e baciarlo, dannazione, fregandosene di Sebastian, quando proprio questo gli posò una mano sul gomito e lo fermò.

"No, ma continua ad ignorarmi, prego!" esclamò stizzito.

Una parte del cervello di Blaine ricordò quanto l'ex Warbler detestasse essere ignorato. A tutto il resto di se stesso non importava un accidenti. 

Si scrollò di dosso Sebastian con uno strattone e lui mollò subito la presa, stupito.

"Che diavolo...?"

"Cosa vuoi, Sebastian? Che cosa ci fai qui?" domandò, voltandosi completamente verso di lui per fronteggiarlo. Era ora di chiudere quella storia una volta per tutte. 

Un lampo di rabbia luccicò nello sguardo di Sebastian, ma Blaine non se ne curò.

"Adesso non posso nemmeno venire a New York?" sibilò, facendo un gesto stizzito con la mano. "Me ne sto tornando in Ohio, non c'è bisogno che ti fai prendere dal panico. Non voglio di certo infilarmi nelle tue mutande di nuovo."

La frase lo colpì dritto al cuore e qualcosa nel suo stomaco si mosse. Oh, ok, era furioso.

"Mi sbagliavo, non sei migliorato di una virgola." disse amaramente.

Sebastian rise. "Quale diavolo è il tuo problema, Blaine?"

"Il mio problema?" sussurrò Blaine, stupito e arrabbiato. E sì, anche un po' ferito, perché Sebastian non capiva e non aveva mai capito. "Sei solo un idiota menefreghista. Il mio problema è che vorrei che scomparissi dalla faccia della terra per non ricordarmi di aver fatto con te la cazzata più grossa della mia vita! Ah, aspetta, è vero! Il problema non c'è, perché non me la ricordo! Ero ubriaco!"

Ecco, l'aveva detto. Dopo mesi a rimuginarci sopra, l'aveva detto. L'assenza di Kurt non fece altro che spingere più a fondo il pugnale. 

Sebastian aveva l'aria di uno che aveva appena preso uno schiaffo in pieno viso.

"Il problema è il tuo amico, che ti ha mollato qui non appena ne ha avuto l'occasione!" sputò fuori con rabbia, cogliendo al volo l'intera situazione. Fece un cenno con la testa in direzione di dove Kurt era scomparso. Blaine si irrigidì a quelle parole. A Sebastian erano bastati due minuti per intuire che ci fosse qualcosa tra lui e Kurt. "E non incolpare me per averlo fatto scappare via, è scappato da te, perché tu non hai idea di come tenere qualcuno nella tua vita tanto quanto non ce l'ho io!"

Blaine stava per rispondergli, urlargli contro, picchiarlo, magari, perché dannazione, aveva ragione, aveva schifosamente ragione. Kurt era scappato perché lui, Blaine, era stato un vero imbecille. Se fosse stato sincero fin dall'inizio, anche se magari non su tutto, probabilmente ora Kurt sarebbe ancora lì. 

Ma era stato stupido, così stupido!

Prima che potesse anche solo muovere un muscolo, però, qualcuno alle sue spalle esclamò "Blaine!"

Blaine si voltò di scatto, quasi spezzandosi l'osso del collo, ma era tutto inutile, perché aveva riconosciuto la voce e non era Kurt.

 

Era Nick, con un sguardo particolarmente preoccupato puntato su di lui, e pochi passi dietro c'era Jeff, con un caffè in mano. 

Blaine abbandonò le braccia lungo i fianchi e Nick finalmente notò anche Sebastian.

"Sebastian?" esclamò sorpreso.

La maschera di impassibile stronzaggine tornò sul viso di Sebastian come un elastico.

"Duvall" sputò fuori. "Qualcun'altro che si ricorda il mio nome, fantastico. Cos'è, una riunione di Warblers in pensione?"

Blaine lanciò a Sebastian uno sguardo vuoto. Spento. 

Non riusciva nemmeno a pensare con chiarezza. Voleva solo...solo andare a casa. 

Fortunatamente intervenne Jeff, comparso in quel momento di fianco a Nick

"Che ne dici di toglierti di mezzo, Smythe?" propose con fermezza, notando l'espressione vuota di Blaine e lo sguardo preoccupato di Nick.

Blaine non se ne preoccupò. Si limitò ad abbandonare le braccia lungo i fianchi e guardare da un'altra parte. Avevano attirato, con il loro litigio, l'attenzione di qualche passante, ma nulla più. 

E Kurt se n'era andato.

Sebastian li squadrò per un lungo istante. Quando parve capire di essere in netta minoranza alzò il mento con fare altezzoso e il suo sguardo si indurì. Senza degnarli di un'ulteriore parola, girò i tacchi e salì sul treno. 

Nick e Jeff si voltarono quasi contemporaneamente verso Blaine. 

"Blaine, stai bene?" domandò Nick con un sospiro.

"Io...non lo so." 

Sì che lo sapeva. Dio, era un grandissimo bugiardo. Ma la risposta era no, e non era ancora pronto a spiegare tutto. Jeff scosse la testa e scrutò il treno come se quest'ultimo potesse dargli le risposte che cercava. 

"Cosa ti ha detto?" domandò infine il ragazzo biondo con tono preoccupato.

Blaine sentì la rabbia scivolare via dal suo corpo come se fosse acqua di fronte ai visi preoccupati dei suoi amici. Solo che, una volta eliminata la rabbia, rimase il dolore, e quel groppo alla gola che non voleva andarsene, e il pugnale che premeva sempre più a fondo.

"E' sempre il solito Sebastian" rispose, tirando fuori il suo migliore tono monocorde.

"Peggio di quando l'abbiamo incontrato quest'estate, il giorno del tuo compleanno?" insistette Jeff.

Blaine chiuse gli occhi per un istante, cercando di tenere il pensiero fuori dalla sua testa, quando Nick intervenne, pensieroso. "Eppure pensavo che fosse migliorato, dopo quello che abbiamo visto quella sera."

Blaine stava cercando di non annegare nella preoccupazione e nell'angoscia, così non rispose.

"Ehi" disse Jeff con cautela, sfiorandogli un gomito. Anche se non sapeva cos'avesse, aveva comunque intuito che c'era qualcosa che non andava, e che era qualcosa di grosso. 

"Vieni, andiamo a casa" disse Nick con tono dolce ma fermo, e Blaine avrebbe tanto voluto abbracciarlo e scoppiare in lacrime sulla sua spalla, perché Nick sapeva. 

Nick era l'unico che aveva sempre saputo tutto.

Uscirono dalla stazione in silenzio e Nick non abbandonò il suo fianco nemmeno per un istante, mentre Jeff li seguiva a ruota. 

 

Blaine scrutò il marciapiede fuori dalla stazione con un doloroso moto di speranza, che però si dissolse in fretta, lasciandogli una nota dolorosa in fondo al petto. 

Di Kurt non c'era l'ombra, e si sentì uno stupido anche solo per averci sperato. Era impossibile non trovare un taxi a New York City, di fronte alla Stazione Centrale.

 

Non si era nemmeno accorto di star piangendo, fino a che Nick non lo avvolse in un abbraccio per nascondergli il viso e Jeff gli posò una mano sulla spalla. 

"Va tutto bene, Blaine" gli mormorò Nick mentre Blaine gli affondava il viso nella spalla, cercando di asciugarsi le lacrime senza farsi vedere. Doveva loro delle spiegazioni - Dio, doveva a tutti delle spiegazioni - e non aveva idea di come fare.

Non andava tutto bene. 

New York era sempre New York, troppo grande e troppo viva per affrontarla da solo. Sebastian era sempre Sebastian, e urlargli contro non aveva cambiato quello che era successo. Blaine non ricordava niente. 

L'unica cosa che era cambiata, era che Kurt non c'era.

Il pugnale affondò fino al cuore e rimase lì, a ricordargli quanto dannatamente stupido era stato.

 

 

 

Note dell’Autrice

Salve ragazze! Oggi sarò breve, che devo scappare di corsa! Non uccidetemi, vi prego, vi prometto che si sistemerà tutto e li amerete! :D Sì, anche Sebastian. E’ uno stronzo, lo so, ma ha le sue motivazioni, che scoprirete. Insomma, prima o poi scoprirete tutto in questa ff, ve lo prometto xD

Che devo dirvi? Ah sì! Spero che questo capitolo vi piaccia come gli altri tanto quanto io ho amato scriverlo. Si sono scambiati i numeri, state tranquille xD

Per quanto riguarda la reazione di Kurt…è praticamente da quando ho iniziato a scrivere la storia che ci penso, e dopo una bella chiacchierata al McDonald con Medea00 e Ilaryf90 (che non smetterò MAI di ringraziare xD) siamo giunte a questa conclusione: ci è parso piuttosto normale che Kurt reagisca così, perché in fondo il numero di Blaine ce l’ha, e si è fatto prendere dal panico (cosa che evita da due giorni, ma prima o poi doveva scoppiare!), quindi blatera come fa sempre e scappa via. Voi cosa ne pensate? :) Fatemi sapere la vostra opinione!

Ok, ho finito di blaterare. Credo. xD

Grazie infinite a tutte le ragazze che seguono la storia, e a tutte quelle che continuano a farmi compagnia su facebook! Vi ricordo che potete trovarmi qui:

http://www.facebook.com/selene.lightwoodefp

 

Ah, a proposito (?): ho visto la puntata ed ero molto WTF. Non credo di essermi ancora ripresa dal trauma xD

Va bene, vi lascio che ho sproloquiato anche troppo!

Piccolo spoiler dal prossimo capitolo: avremo punti di vista alternati tra Kurt, Blaine e….rullo di tamburi…Sebastian!

A martedì prossimo (o lunedì, vediamo!)

 

Baci,

Selene

   
 
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