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Autore: rossellina    28/05/2012    4 recensioni
Salve a tutte! Questa è la mia prima ff e ci provo ... speriamo! Bella e Edward si incontrano in un'aula di tribunale. Lui è sotto accusa, lei l'avvocato dell'accusa. Dal secondo capitolo:
-Obbiezione!- saltò dalla sua sedia Jasper -Non ho ancora capito dove vuole arrivare l'avvocato dell'accusa. E poi il signor Culler non era in sé in quel momento-
-Ed è proprio qui che voglio arrivare!- rispose Isabella rivolgendosi al giudice – Se mi permette di continuare su questa linea avrà fra poco chiaro del perchè-
Il giudice guardò prima Jasper e poi Isabella. -Respinta- sentenziò. -Prosegua avvocato ma arrivi al dunque velocemente-
-Grazie.- e poi rivolgendosi ad Edward – Signor Cullen, si ricorda di quando era al liceo?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buona lettura. Baci a tutte!


 

CAPITOLO 21


 

Mercoledì mattina. Clinica “Life & nature”.


 

Isabella si svegliò. Aprì un occhio per adocchiare la finestra, fuori era ancora buio ma non sentiva più il rumore della pioggia. Arrischiò un'occhiata alla sua sveglia: segnava neanche le sei. Cercò di fare mente locale riguardo agli eventi del giorno prima. Lei ed Edward avevano iniziato a parlare del loro passato; sicuramente della parte più dolorosa, quella che aveva scoperto appartenere ad entrambi. Si sentì stringere attorno alla vita e realizzò di non essere sola nel letto. Quella notte avevano dormito assieme, nudi. Avvertì il respiro regolare di lui; probabilmente stava ancora beatamente dormendo. Ma qualcuno era più che sveglio, almeno da quello che sentiva sulla sua schiena.

Isabella cercò di girarsi senza svegliarlo. Quando ci riuscì, Edward mugugnò qualcosa di incomprensibile. Stette così fra le sue braccia, assaporando il suo calore e il suo odore di uomo. Si chiese cosa sarebbe successo quel giorno. Ne avrebbero parlato ancora? Dopo quello che le aveva detto il giorno prima, non era più sicura di quello che aveva sempre pensato di lui in quegli anni.

Decise di alzarsi. Quella posizione non le avrebbe permesso di ragionare lucidamente. Lentamente si scostò da quelle braccia calde e da quel corpo invitante. Riuscì a scendere dal letto senza far movimenti bruschi e, dopo aver raccolto un accappatoio per terra, si diresse in bagno.

Quando accese la luce, rimase un momento accecata. E poi tutto le venne alla mente. Soprattutto il pianto a dirotto sull’ampio petto di Edward e la doccia insieme.

Si lavò la faccia ed uscì dal bagno. Sbirciò un attimo nella camera; Edward era placidamente addormentato.

Si avvicinò alla porta d’ingresso e l’aprì. Venne investita dall’aria gelida del mattino che stava nascendo ma non se ne curò molto. Quel freddo l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee.

E così Edward le era stata vicino mentre era incosciente in ospedale. E le aveva curato, materialmente curato, le ferite durante la terapia. E non aveva fatto un video di loro due, ma lo aveva scaricato da internet. Forse lo aveva fatto solo per mettere a tacere la scommessa. E i soldi che avrebbe ricavato dalla scommessa li avrebbe dati in beneficenza.

Perché uno come lui, che fare sesso con ogni ragazza disponibile era una fede accertata al liceo, si era sentito abbandonato dalla sua ragazza? Lei si era sentita la sua ragazza e lo considerava il suo ragazzo, ma non aveva mai ipotizzato il contrario.

Si era sbagliata sul conto di Edward. Questo era un dato certo.

Ma quanto si era sbagliata? Il suo essersi sentita tradita era reale o se l’era immaginato? Sapeva con certezza che mentre stavano assieme, lui aveva avuto rapporti con altre ragazze. Ma era ancora una certezza?

Dio che casino!” mormorò appena passandosi una mano sul viso. Ma ora aveva ancora senso sentirsi traditi, arrabbiati, delusi del passato? Forse no. Se ci avesse messo una pietra sopra, sarebbe stato possibile tornare ad essere due comuni persone? Forse no, ma ci potevano provare. O ci poteva provare perché di quello che frullava nella testa di Edward, per lei era un’incognita.

Era uscita fuori di casa, a piedi nudi e con indosso solo l’accappatoio. Non si accorse di essere arrivata in fondo alla breve scalinata e di essersi messa a sedere sui gradini ancora umidi dalla pioggia. Rabbrividendo, decise di tornare dentro.

Ritornò in camera dove Edward stava ancora dormendo. Si tolse l’accappatoio e delicatamente gli si stese accanto. Prima di avvicinarsi troppo, pensò fosse meglio scaldarsi un po’. Ma non fece in tempo a scaldarsi che il suo compagno di letto le si avvicinò e la strinse a sé.

-Hei!- le disse dandole un bacio sulla guancia.

-Hei!- rispose lei stringendosi nel suo abbraccio.

-Sei stata via parecchio.-

-Eri sveglio?-

-Da quando ti sei girata verso di me.-

-Scusa, non volevo svegliarti.-

-E’ stato bello svegliarsi sentendoti muore fra le mie braccia.-

Isabella non sapeva cosa rispondergli così stette zitta.

-Ti ho messo in imbarazzo?-

-No. E’ solo che mi sembra tutto così strano.-

-Penso di capire questa stranezza.- disse lui portandosela sul petto. -Ne parleremo, ma con calma. Ok?-

-Va bene.-

Ed Edward la baciò. Non era un bacio come quelli che ricordava, ma molto più passionale e anche un po’ disperato. Quando si staccarono erano entrambi senza fiato.

-Forse ho esagerato.-

-Non ricordo che nessuno mi abbia mai baciato così prima d’ora.-

Stavolta fu il turno di Edward stare zitto.

-Che c’è?- chiese lei.

-Vorrei chiederti con quanti uomini sei stata in questi anni, ma non so se voglio realmente saperlo.-

-Ci andremo con calma, Ok?-

-Va bene.-

Ed Edward se la accoccolò meglio sopra di sé.

Isabella si irrigidì appena sentendo il corpo di Edward svegliarsi.

-Scusa.- disse lui mortificato.

Isabella ridacchiò.

-Non ridere! Potresti ferirci nell’orgoglio!-

Lei non riuscì più a trattenere le risate. Lui capovolse le posizioni ed Isabella smise subito di ridere. Ma fu Edward a ridacchiare.

Le diede un bacio, profondo e pieno di sensualità. Le fece venire i brividi accarezzandole i fianchi e giù, fino alle cosce. Il membro di lui premeva vicino all’intimità di lei che si stava bagnando. Erano entrambi eccitati.

Fu Edward a fermarsi. E le diede un bacio a stampo. Anche se non poteva vederlo, sapeva che la stava guardando. Le diede un altro bacio e se la riportò accanto cingendola per le spalle. Restarono così fin quando la luce del giorno iniziò a rischiarare la camera.


 

Venne anche l'ora di doversi alzare. Senza parlare, si prepararono ad uscire. Quando furono all'ingresso, prima di aprire la porta, Edward la sorprese prendendola tra le braccia. Restarono così per un po'.

-Vorrei rimanere così, oggi.- si lamentò lui con la faccia da bambino imbronciato.

Isabella aveva sempre adorato quel suo modo di fare e sorrise a quel pensiero.

-Ho voglia di tenerti tra le mie braccia e di parlare di questi anni.- disse lui posandole un bacio sulla punta del naso.

-Troveremo il tempo.-

-Cosa devi fare oggi?-

-Ho del lavoro da sbrigare. Poi devo chiamare Jane allo studio e sentire come sono sistemata con gli appuntamenti. In base a quello che mi dice, organizzo un paio di cose con Jasper, tra cui anche quella di passare il week-end a Forks.-

-Sarai impegnata tutto il giorno in ufficio quindi?-

-Sì, e tu tutto il giorno fuori visto che ha smesso di piovere.-

-Uffa!-

-Ci vedremo stasera. Ok?-

-Andiamo.- disse Edward sciogliendo l'abbraccio. -Se arriviamo tardi, Embry spazzola tutto e non ci lascia più niente.-

Isabella rise ed insieme si avviarono in sala mensa.


 

Mentre erano al tavolo, Embry fece presente che quel giorno sarebbero stati tutto il tempo nel bosco e che aveva fatto preparare dei panini. Edward rimase deluso dal fatto che non avrebbe rivisto Isabella per pranzo, e le lanciò un'occhiata malinconica, ricambiata da lei. Questo non sfuggì ad alcune persone attorno a loro.

Quando Embry, Paul ed Edward si alzarono, quest'ultimo riuscì in una carezza sfuggevole verso Isabella. Un gesto appena accennato ma carico di sentimento. Il loro sguardo indugiò l'uno verso l'altra. Per quanto fosse stata una cosa fugace, anche questo non sfuggì a certi occhi presenti.


 

Isabella era da poco nel suo ufficio. Stava esaminando alcuni vecchi documenti risalenti alla fondazione della clinica, quando sentì bussare.

-Avanti.- ed alzando gli occhi, in fila entrarono Rachel, Emily e Jake.

-Mi sono dimenticata di qualche riunione?- chiese lei non capendo il perchè della loro presenza nel suo ufficio.

-Abbiamo indetto una riunione d'emergenza.- le rispose Rachel.

-A che proposito?- Isabella fece mente locale ripercorrendo eventuali problemi che avrebbe potuto sottovalutare. Ma non gli venne in mente nulla al riguardo.

-Tu ed Edward.- disse Emily.

-Cioè? Ha combinato qualcosa e non mi avete detto niente?-

-No. Voi due avete combinato qualcosa e non ci avete detto niente.- Rachel.

-Non capisco.- ma stava cominciando a sudare freddo.

-Cos'erano quegli sguardi languidi che vi mandavate a colazione?- le chiese Rachel.

-E perchè vi siete accarezzati cercando di non far veder nulla?- fu il turno di Emily.

Isabella non parlava perchè non sapeva che dire.

-Ci potete lasciare soli?- chiese Jake venendole in soccorso.

-Ma vogliamo sapere!- disse Rachel.

-Dopo vi richiamo. Promesso.- fu la risposta di Jake continuando a guardare Isabella.

Emily e Rachel uscirono chiudendosi la porta alle spalle.


 

-Cosa mi racconti?- chiese Jake sedendosi sulla sedia davanti alla scrivania di Isabella.

-Cosa vuoi sapere?- chiese lei per prendere tempo, anche se ora, da sola con lui, si sentiva più a suo agio rispetto a un paio di minuti prima.

-Quello che vuoi.-

-Ieri sera abbiamo parlato e mi ha dato la sua versione dei fatti di quello che successe allora.-

-Vuoi entrare nel dettaglio?-

-Il video non era di noi perché lo aveva scaricato da internet e della scommessa non ha riscosso nulla.-

-Gli hai creduto?-

-Mi sembrava sincero, quindi direi di si. Gli ho creduto.-

-Sei molto ottimista nei suoi confronti.-

-Mi ha detto che era con me ogni sera in terapia intensiva. Era suo padre a farlo entrare. E stava con me anche in camera iperbarica. Senza contare che sa che avevo cacciato Carlisle dalla mia stanza quando mi sono risvegliata. Si ricordava di date e di fatti. Ha detto che si è sentito abbandonato quando me ne sono andata.-

-Hai pensato al fatto che forse vuole farti sentire in colpa?-

-A che pro?-

-Non lo, ma è Cullen. Lo stronzo pretenzioso “tutte le ragazze ai miei piedi”.-

-In dieci anni forse è cambiato. Non credi?-

-Non ne sono così sicuro. Soprattutto se penso al motivo per cui è costretto a stare qui da noi.-

-Ok. Ti do atto che ha qualche problema. Ma perché dirmi che improvvisamente si ricorda di tutti e che aveva dimenticato apposta per passare da stronzo?-

-Si ricorda di noi?-

-Si, anche se non siamo entrati nel merito di nessuno.-

-Che altro ti ha detto?-

-E’ rimasto sconvolto quando gli ho rivelato che mi sono buttata dalla scogliera.-

-Non è una cosa facile da digerire. Non lo è stata per me, figuriamoci per lui se ha capito che lo hai fatto per colpa sua. E poi cosa è successo?-

-Volevo andarmene ma me lo ha impedito. Mi ha detto di non scappare nuovamente da lui. E alla fine abbiamo dormito assieme … nudi.-

-Che intenzioni avete ora?-

-Di parlare. Con calma, parleremo.-

-Tornerete insieme.-

-No, Jake. Quello proprio no.-

-Perché? Se lo hai perdonato e gli hai creduto, potresti anche tornarci assieme.-

-Nessuno dei due, nel bene e nel male, è più quella persona di allora.-

-Mi sembrava di aver capito che lo ami ancora.-

-Amo l’Edward che aveva diciassette anni. L’Edward che ne ha ventisette, per me è un estraneo.-

-Però non precludi il futuro.-

-Non voglio pensarci ora. Prenderò le cose come vengono senza rifletterci troppo.-

-E per il resto che farai?-

-Ti riferisci al lavoro?-

-Si.-

-Accetterò la proposta e resterò a Seattle.-

-Così gli starai accanto.-

-Così vi starò accanto. Non ho scelto in funzione di lui. Continuo sulla linea che mi ero data quando decisi di lasciare Vancouver.-

-Bene, ne sono felice. Io andrei se non hai altro da dirmi.-

-Ti prometto che se ho bisogno di un consiglio, verrò da te.- disse Isabella dopo un momento.

-Va bene. Io vado.-

E come Jake uscì dall’ufficio di Isabella, Rachel ed Emily si precipitarono dentro.

-Allora?- dissero all’unisono.

-Abbiamo parlato del passato e continueremo a farlo.-

-E del futuro cosa avete detto?-

-Nulla. L’unica cosa, è che ora resterò qui e quindi vedrò come vanno le cose.-

-Vi teniamo d’occhio.- fu la minaccia di Emily e di Rachel mentre uscivano.


 

-Ciao Jane. Sono Isabella.-

-Ciao, come va?-

-Tutto bene. Adesso ti dico tutto. Ieri è venuto il signor Ford e mi ha proposto di diventare sì socia, ma devo decidere se andare a New York o restare a Seattle.-

-Cosa hai deciso?-

-Ufficialmente nulla. Ufficiosamente rimango a Seattle. Ho bisogno che mi prenoti un volo per la prossima settimana per New York per parlarne con Ford. Senti dalla sua assistente quando è meglio e organizza tutto.-

-Prenoto per uno?-

-Sì, per uno. Ho impegni questa settimana in ufficio o posso sbrigare tutto dalla clinica?-

-Ci sarebbe la riunione di venerdì in agenda. Che fai?-

-Potresti informarti se è per la distribuzione di nuovi casi? Così mi organizzo.-

-Certo. Ti chiamo quando so l’ordine del giorno. C’è altro?-

-Si. Hai mandato la bozza di contratto all’avvocato Whitlock?-

-Ieri pomeriggio.-

-Me ne invii una copia anche a me, per favore?-

-Certo. Per il caso Stanley hai bisogno di qualcosa?-

-No. Sono ancora indietro. Sai quando ci sarà la prima udienza?-

-Chiederò con Chelsea e poi ti faccio avere il calendario.-

-Se c’è un incontro la prossima settimana, tienine conto per prenotare il biglietto per New York.-

-Ok. Ti organizzo e poi ti invio una copia dell’agenda.-

-Ci sentiamo più tardi allora.-

-A dopo. Ciao.-

-Ciao.-


 

Isabella lavorò fino all’ora di pranzo e poi si diresse in sala mensa. Non chiese nulla quando vide che mancavano Embry, Paul ed Edward; pensò che probabilmente erano impegnati e avrebbero pranzato fuori.

Il pomeriggio ritornò in ufficio e lavorò fino all’ora di cena. E quando ritornò in mensa, stavolta i tre erano seduti al tavolo.

Durante la cena non ebbero modo di parlare molto. Ogni tanto si lanciavano qualche sguardo che non passò inosservato, ma con reazioni diverse. Per esempio Rachel sorrideva e aveva gli occhi a cuoricino. Mentre Jake li mandava in gloria.

Poco prima di alzarsi, venne al loro tavolo uno degli ospiti. Era l'ambasciatore di un gruppo che aveva delle proposte per l'orto. Jake chiese ad Embry se poteva assistere, quest'ultimo lo chiese anche ad Edward.

Isabella invece decise di ritirarsi in cosa per continuare a lavorare, almeno fino al rientro di Edward pensò fra sé.


 

Erano le undici passate quando Edward fece ritorno a casa. Isabella si era addormentata sul divano con il portatile sulle gambe. Edward glielo tolse, lo chiuse e la prese in braccio per depositarla sotto le coperte. Solo quando le tolse le scarpe, lei abbozzò a svegliarsi.

-Dormi.- le sussurrò.

Lei biascicò qualcosa di incomprensibile per poi girarsi dall'altra parte. Le diede un bacio sulla guancia ed uscì dalla sua stanza.


 

Isabella si svegliò al frastuono di un tuono. Era notte inoltrata notò guardando la sua sveglia che segnava le tre.

Un altro tuono e sentì l'iniziò della pioggia.

Si alzò per controllare che tutto fosse chiuso, ma si accorse di non essere sola in casa perchè sentì dei rumori. Subito pensò ad un ladro e quando accese la luce, la figura di Edward le comparve davanti.

-Perchè hai una pantofola in mano?- le chiese.

-Ho sentito un rumore.- rispose Isabella sentendosi stupida per la sua arma da difesa.

-Saranno stati i tuoni.-

-O forse tu ...-

-E mi volevi affrontare con una pantofola?!- stava cercando di non ridere.

-Uffa! Antipatico!- e mise il broncio.

Edward rise avvicinandosi e la prese tra le sue braccia. Lei si lasciò abbracciare e ricambiò cingendogli la vita allacciando le braccia dietro la schiena di Edward. Poi le diede un bacio sulle labbra.

-Perchè ti sei alzata?-

-Volevo controllare che fosse tutto chiuso.-

-Abbiamo avuto la stessa idea.-

Rimasero ancora un po' abbracciati fino a quando Isabella non sbadigliò.

-Stai dormendo in piedi. Andiamo a letto.- fu la proposta di Edward.

-Ma sto bene così!- protestò.

Edward la prese su di peso e la portò nella sua camera e dopo averla deposta nel letto le si sdraiò accanto. L'abbracciò.

-Così stiamo bene entrambi.- e si riaddormentarono cullati dalla melodia della pioggia e dei tuoni.


 

Giovedì. Clinica “Life & Nature”.


 

-‘Giorno.- biascicò Edward stiracchiandosi.

-Sonno.- fu la risposta di Isabella rannicchiandosi su sé stessa e nascondendo il capo sotto le coperte.

Edward si girò di fianco, verso Isabella e le accarezzò la schiena da sopra le coperte. Lei, dal canto suo, si rilassò e si riaddormentò. Lui non ebbe cuore di svegliarla e delicatamente scese dal letto per andare in bagno. Sbirciò fuori dalla finestra e notò che stava piovendo copiosamente. Con calma si fece la doccia e la barba.

Quando uscì dal bagno per andare in camera sua a vestirsi, un’Isabella più che assonnata, con i capelli arruffati e che si sfregava gli occhi, lo oltrepassò. Era buffa, ma anche tenera pensò Edward.

Senza dire nulla, lei si diresse in bagno.

Edward sentì che si stava facendo la doccia. Avrebbe voluto essere lì dentro con lei ad insaponarle la schiena, come l’altra sera. Qualcuno reagì a qui pensieri ma cercò di non pensarci più e si vestì pensando a cosa avrebbe fatto oggi.

Era pronto per uscire di casa, ma aspettò che anche Isabella lo fosse. In fin dei conti era ancora presto per la colazione, mancava poco più di mezz’ora.

Isabella uscì dal bagno in accappatoio, sicuramente più sveglia di quando ci era entrata.

-Buongiorno!- disse Isabella.

-Giorno!- le rispose Edward e le si avvicinò per darle un bacio sul naso.

Isabella pensò che era un bel modo per iniziare la giornata. Anche se avrebbe preferito quella labbra sulle sue e quelle mani che cingevano i suoi fianchi, sotto l’accappatoio e non sopra. Sentì un improvviso calore salirle alla faccia. Di sicuro divenne rossa.

-Perché stai arrossendo?- le chiese Edward.

-Sarà il cambio di temperatura dalla doccia calda a questa più fresca.- improvvisò lei.

-Vatti a vestire. Ti aspetto per andare in mensa.-

Ed Isabella si diresse in camera sua.

Dopo pochi minuti ne uscì vestita e pronta per la colazione.


 

Si diressero velocemente verso la struttura principale perché stava ricominciando a piovere. Appena furono sotto il portico, si fermarono.

-Mi sei mancata ieri sera.- disse Edward poggiandosi allo stipite della porta d’ingresso.

-Ho provato ad aspettarti ma mi sono addormentata sul divano.-

-Magari stasera …-

-Stasera no. Nel pomeriggio torno a Seattle.-

-Perché?-

-Domattina alle 9.00 ho una riunione in studio. Parto oggi così non rischio di arrivare tardi. E dopo la riunione torno qui.-

-Quindi domani sera ci rivediamo.-

-Si. Prima che mi dimentichi, ti devo dire di questo week-end.-

-Sembra una cosa seria.-

-Per fortuna che ho un’assistente efficiente così sono riuscita ad incastrare tutto.- disse Isabella aprendo la porta della clinica perché sentiva freddo. -Oggi pomeriggio parto e mi fermo a fare la spesa se hai bisogno di qualcosa. Stasera preparo tutto per domani. Dopo la riunione torno qua. Poi andiamo a Forks.-

-Andiamo dai miei?-

-Si, ci aspettano già domani sera, anche se li ho avvisati che dipende dall’orario che farò in studio. Comunque sabato e domenica siamo dai tuoi. Domenica pomeriggio torniamo in clinica. E dopo ritorno a Seattle. E ci vediamo il prossimo week-end.-

-E se vengo con te a Seattle?-

-Quando?-

-Oggi. E poi domani andiamo direttamente a Forks.-

-Ti annoieresti domani in studio.-

-No, se ci sei tu.-

-Edward, già non ci sarai per due giorni. Ed Embry so che ha da fare. Almeno da quello che mi ha detto l'altro giorno. Magari verrai a Seattle quando anch’io avrò meno da fare. Ok?-

-Va bene.- disse cercando di nascondere la delusione.

-Ho fame. Andiamo a fare colazione.- disse Isabella entrando in mensa.


 

Isabella arrivò nel suo appartamento di Seattle nel tardo pomeriggio. Quella sera avrebbe dovuto lavorare al caso Stanley perchè il martedì mattina successivo si sarebbe dovuta recare in aula per la prima udienza. Per cena decise di andare al take-away cinese vicino a casa. Rientrò a casa, cenò e lavorò fino a tardi.

Il venerdì mattina, in studio, il tempo passò velocemente. La riunione dello staff fu impegnativa e poi ne seguì una privata tra lei e l'avvocato Dwyne, il responsabile dello studio a Seattle. Lui fu ben felice di sapere della sua volontà di rimanere con loro e di continuare il lavoro che stava già facendo.


 

Il pomeriggio ebbe modo di organizzarsi e scappare quanto prima dall'ufficio e in poco tempo fu alla clinica. Recuperò Edward e si diressero a Forks. Destinazione casa Cullen.


 

-Ben arrivati!- fu il giubilo di Esme quando Isabella parcheggiò davanti alla villa. Isabella fu la prima ad essere abbracciata e poi toccò ad Edward.

-Per ora siamo solo noi.- disse la padrona di casa. -Tra poco rientra Carlisle e verrà anche Charlie per cena.-

-Esme non ti dovevi disturbare.- cercò di protestare Isabella.

-Nessun disturbo tesoro. Mi fa piacere che venga anche tuo padre.- ed Esme le si avvicinò con fare cospiratorio. -In realtà la mia segreta speranza è che poi tuo padre si porti mio marito a pesca uno di questi giorni.-

-Perchè?- chiese Edward.

-Credo sia la crisi di mezz'età.- riflettè Esme. -Può fare il nonno solo nel week-end e ti garantisco che gli altri giorni sta diventando un pantofolaio.-

-Chi sta diventando un pantofolaio?- chiese Carlisle entrando in quel momento nel salone.

-Tu, tesoro.- fu la risposta della moglie dandogli un bacio a fior di labbra.

-Lo so che mi ami ancora.- la redarguì lui bonariamente.

Nella stanza risero tutti.

-Bene Edward.- disse la madre. -Datti da fare e porta su i vostri bagagli. Vi ho sistemati nelle stanze che erano tue e di Emmett. Spero non vi dispiaccia dividere il bagno per questi giorni, ma la camera degli ospiti è in ristrutturazione.-

-Non c'è problema Esme.- disse Isabella.

-Bene cara. Mentre Edward si occupa delle valigie, ti va di darmi una mano in cucina?-

-Certo.- ed insieme sparirono nell'altra stanza.

-Vuoi una mano?- si offrì Carlisle.

-No. Si tratta solo di due borsoni. Ce la faccio da solo.-

-Allora vado a mettermi comodo. Ci rivediamo tra poco.

-Ok.- ed ognuno dei due prese una direzione diversa. 

  
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