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Autore: YuuCch    29/05/2012    3 recensioni
Alexandra Belikov, è una ragazza Russa che è costantemente trascurata dai genitori che sembrano odiarla. Sotto sua richiesta, i genitori, la affidano a sua zia Dana. Andrà a vivere a Hellville, in America, una città dove tutto è possibile, dove alcune stranezze sono all'ordine del giorno, e Alex in questa città scoprirà la sua vera natura. Tra amori e avventure, la vita di Alex cambierà radicalmente , starà a lei decidere se in peggio o in meglio.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Quel castello era uno schifosissimo labirinto. In lontananza come un eco sentivo dei rumori, ma essendo quel posto enorme, non riuscivo mai a capire la giusta direzione. Alla fine l'unica soluzione per liberarmi da quel posto infernale era distruggere i muri, uno ad uno e passare attraverso le camere. Così feci. Avendo per fortuna imparato ad usare i miei poteri, tutto veniva estremamente semplice e poi evocando sempre più spesso quelle fiamme, diventava semplice evocarle, mantenerle senza sprecare troppa energia. Mi feci avvolgere dalle fiamme e corsi contro il muro che crollò senza troppa fatica. Continuai così, fino a quando non arrivai a quel portone enorme che vidi nel mio sogno. Mi avvicinai di nuovo al portone, e ancora una volta, si aprì per me. Questa volta, l'atmosfera era diversa, tesa, e l'unica cosa di cui mi importava erano i miei amici, appesi e incatenati al muro. Guardai la stanza, cercando di studiarla. Sembrava non ci fossero trappole, ma procedetti cauta, sondando bene il terreno. Quando arrivai dai miei amici, con la spada spezzai le catene. Stavano bene, chi più e che meno. Riuscivano a camminare da soli, ma se ci fosse stato bisogno di loro, beh, potevo dimenticarmi il loro aiuto. Effettivamente il tutto mi era sembrato troppo semplice, mi aspettavo un attacco da un momento all'altro, ma non conoscendo bene il mio nemico, non avevo la più pallida idea di come mi avrebbe attaccato. Ora si ripresentava lo stesso problema, la via del ritorno. Facemmo la stessa strada che feci per arrivare lì. Mi sentivo costantemente osservata, come se ci fosse qualche piccolo che mi spiasse. Continua a camminare piano, sia per aspettare gli altri, che per controllare che non ci fosse nessuno nei dintorni. I nostri passi riecheggiavano in quell'immenso castello, e poi arrivammo nel punto esatto dove decisi di sfondare i muri. Ora la cosa si faceva più complicata, non ricordava la strada che aveva fatto per arrivare lì. Prendendo strade a caso, ritornavano sempre lì. « No ne posso più! Possibile che ogni volta che vado in qualche posto ci debba essere di mezzo uno schifosissimo labirinto?! » Esasperata mi appoggiai al muro. « Suvvia, Alex. Dovrei mantenere la calma, infondo, sei una specie di Dea dei Morti.. La calma e  la pazienza dovrebbe essere il tuo punto forte. » Mio padre comparve al centro della stanza, dal nulla. « Dovevo urlare per attirarti qui? Se l'avessi saputo l'avrei fatto prima. » Sghignazzò, « Allora, felice di vedere i tuoi amici? Potrei divertimi ancora un po' con loro, tu che dici? » Si avvicinò a Dimitri e lo guardò da capo a piedi. « Lui è stato una grande soddisfazione, è stato molto bravo a tenermi testa, lo ammetto è uno dei ragazzi più ostinati di tutto il mondo. » Dimitri, troppo stanco per combatterlo, non si allontanò neanche da lui. Vedendo che stava per avvicinarsi troppo, scattai verso di lui e mi misi davanti a lui e a tutti gli altri. « Prima di fargli qualcosa, sempre se ne avrai l'occasione, dovrai vedertela con me, Ade. » Sorrise in modo malefico, e fece qualche passo indietro per iniziare a studiarmi. Fece comparire una spada « Questa volta, non ho intenzione di lasciarti andare. Se passerai dalla mia parte, potrai avere tutto quello che vorrai, saremo i padroni dell'Olimpo, perché ti ostini a stare contro di me? » « Sul serio? Mi stai chiedendo perché non voglio stare dalla tua parte. Sei veramente stupido allora. Non devo sconfiggere solo te, ma tutti gli Dei, che vanno contro Zeus. Io invece volevo una vita normale. Non piena di mostri e Dei che cercano di uccidermi. » Mi guardò come se fossi una bambina che ancora non aveva capito assolutamente nulla, e in effetti era così. « E io che credevo che avessi capito.. Alex, io sto comandando gli altri Dei. La stessa pozione che ho dato ai tuoi amici, e alla tua famiglia, l'ho data a loro e ubbidiscono a me, come se fossi il loro capo. L'unico antidoto per gli Dei, ce l'ho solo io e tu non saprai mai dov'è. » Lo attaccai, stanca di sentirlo blaterare. Lo scontro delle due lame produceva scintille, ogni colpo era sempre più forte. Entrambi scansavamo e  attaccavamo l'altro, senza sosta. Eravamo alla pari, io riuscivo a prevedere le sue mosse, e lui le mie. Andammo avanti per così tanto tempo che iniziai a sentirmi stanca. Approfittando del mio momento di distrazione causato dalla stanchezza, Ade, evocò qualche anima, che andarono ad attaccare i miei amici. Erano affaticati e stanchi per le torture subite. A stento riuscirono a tener testa e quelle anime, e io non potevo concentrarmi sia sullo scontro con mio padre che su di loro. Aiutare loro, significava, rischiare di essere colpita e perciò, la morte. Non aiutandoli, avrei rischiato di perdere qualcuno di loro. Rabbia profonda crebbe dentro di me, l'uomo che era mio padre, mi aveva tradita senza pensarci due volte e io mi ero fidata ciecamente di lui, senza pensare che potesse essere lui dietro a tutta questa storia. Continuai ad attaccarlo, con nuova forza. Fu colpito da questo attacco, pensava di avere la vittoria quasi in pugno. Provai così tante volte a colpirlo che persi il conto. Ogni volta riusciva a parare i miei colpi. Mi venne in mente un'idea, non sapevo che cosa sarebbe successo ma ci provai. Evocai mia madre. Mi portò via molte delle mie energie, quando finalmente si presentò mi accasciai a terra per la fatica. Era bellissima, un lungo abito bianco le circondava il corpo, i capelli lunghi, sciolti, le ricadevano dolcemente sulle spalle. E quello sguardo, carico di preoccupazione mi fece star male. Non avrei mai voluto conoscere mia madre così, ma non potei fare altro. Lentamente, si avvicinò a me e mi posò una mano sulla guancia, vidi una lacrime solcare il suo viso. Non potei fare a meno che guardala incantata. Era davvero bellissima, sembrava un angelo. Subito dopo si allontanò da me e andò verso Ade, che subito cercò di scacciarla. Quando lo fece io corsi verso di lui e gli trapassai lo stomaco con la lama. Questa volta successe qualcosa. Affondai la lama ancora di più nella carne, fino a quando non sentì Ade, gemere dal dolore. Rimasi stupita, non capivo come fosse possibile. Poi mi ricordai che la spada aveva toccato le acque del fiume Stige. Forse, se poteva rendere un mortale un immortale, poteva benissimo rendere un immortale un mortale. Lasciai la spada nello stomaco di mio padre, e corsi ad aiutare i miei amici con le anime che li stavano ancora circondando. In un momento, le anime di dissolsero e rimanemmo da soli. Mio padre, lentamente, perse la vita, lasciando come sua presenza della cenere e una pozza di sangue color oro. Ripensai a quello che disse sugli altri Dei. L'antidoto era il suo sangue. Presi una boccetta e la riempii del suo sangue. Mia madre ci aiutò a trovare l'uscita. Si avvicinò a me ancora una volta, questa volta mi fissò con gli occhi cupi, non voleva andarsene ma non poteva restare lì. In un secondo di dissolse lasciandomi da sola con i miei amici. Mi guardai attorno, e notai che c'era un varco già aperto per tornare a casa, così senza indugiare, andammo verso il portale. Prima di entrare nel portale, evocai una delle anime e consegnandogli la boccetta con l'ordine di portarla a Zeus, l'unico degli Dei a non essere stato “infettato” me ne andai dissolvendomi anch'io in una luce bianca dorata con i miei amici.
 
Quando capii gli occhi l'unica cosa che potei pensare era “Abbiamo vinto, non dovrò più affrontare nessun mostro!” Mi guardai attorno, non capivo dove fossi. Era una stanza grigia, ero in un letto, con delle poltrone ai lati del letto. Ai miei piedi invece c'era una donna, la signora Belikov. Sentendo dei rumori mia madre aprì gli occhi, che con un espressione di sorpresa, li spalancò iniziando a urlare chiamando gli infermieri. Si alzò e mi abbracciò « Finalmente ti sei svegliata! Sei stata in coma un mese a causa dell'incidente d'auto.. » disse tutto questo con le lacrime agli occhi. La guardai sconcertata, tutto... Tutto quello era stato solo un sogno.. Rimasi shockata mentre tutti accorrevano a vedere la figlia della famiglia più importante della Russia, che si riprendeva dall'incidente d'auto quasi fatale. 
  
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