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Autore: delilaah    29/05/2012    25 recensioni
Prima vera e autentica storia scritta da me che pubblico su EFP. E coincide anche con la mia prima ff sugli One Direction.
Ognuno di loro sarà protagonista all'interno della storia anche se in maniera molto diversa l'uno dall'altro. Non ci saranno favoritismi per un personaggio in particolare, o almeno è quello che cercherò di evitare, e spero che possiate immedesimarvi il più possibile nella storia, nei dialoghi e soprattutto nei sentimenti descritti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter twenty:
(Never) Let me go.


«Perché non me l’avevi mai detto prima?»
Niall fece spallucce, senza darle una risposta. Se ne stava seduto su quella panchina con le mani in tasca, ben sapendo che era una posizione estremamente scomoda, ma comunque nella speranza di sembrare imbronciato.
«Cosa avrei potuto dirti? “Ciao Leah, sai che standoti vicino ogni giorno in questi ultimi mesi mi sono innamorato di te? E si, so che stai con mio fratello, ma chissene”? Capisci anche tu che non era una cosa fattibile. E poi pensavo l’avessi capito. So di essere discreto ma stavo seriamente incominciando a dubitare delle mie capacità.»
«Che cosa stupida! Sono io che non ti avevo visto.. crescere, come avrei dovuto fare.»
«Non sono più il ragazzino con le ginocchia sbucciate, se è questo che intendi. So che per una vita mi hai visto così, ma pensaci, come età tu sei molto più vicina a me che a mio fratello. Hai ventun’anni, non quasi trenta. Ho sempre pensato che avresti dovuto trovarti qualcuno di più giovane e poi semmai tornare da mio fratello. Tanto lo sai che sarebbe disposto ad aspettarti, se tu glielo chiedessi.»
Il tono di voce del ragazzo si era improvvisamente fatto triste e sconsolato. Suo fratello era l’unica persona a cui non aveva mai pensato, nemmeno per un secondo. Gli voleva bene, gliene voleva davvero, ma quando si era trovato davanti a quel bivio, per una volta nella sua vita aveva scelto l’amore anziché la famiglia. Contava sul fatto che eventualmente, un giorno, sarebbe stato perdonato.
«Avresti dovuto dirmelo prima. Io e tuo fratello non siamo più quelli di una volta da parecchio tempo ormai, anche se non credo lui se ne sia accorto.»
«L’ha notato. Me ne aveva parlato.»
Leah irrigidì nel momento esatto in cui quelle parole uscirono dalla bocca del ragazzo. Allora non era solo una sua impressione, era così veramente. Tra lei e Greg qualcosa era veramente cambiato ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di ammetterlo.
Niall la guardò per un istante con la coda dell’occhio, mentre lei in silenzio continuava a giocherellare con la tracolla della sua borsetta. I vestiti che indossava quel giorno le donavano particolarmente: la rendevano raggiante, luminosa.
«Andiamo a mangiare?» Le chiese il ragazzo, cercando di sdrammatizzare quel silenzio che si era fatto pesante e intenso.
Leah ridacchiò, ricordandosi che Niall avrebbe potuto mangiare tutto il giorno a qualsiasi ora del giorno per il resto della sua vita. Era sempre stato vorace e nonostante tutto non era mai ingrassato di un chilo.
«Si, certo. Casa mia o casa tua?»
«Casa... tua? Non voglio disturbare la tua coinquilina ma da me è super incasinato perché ci stiamo trasferendo. Non so quando ma ho già cominciato a impacchettare, ci sono scatoloni ovunque.» Le rispose Niall alzandosi in piedi e infilandosi il cappuccio della felpa.
Leah seguì la scena in silenzio, un po’ contrariata. Era a conoscenza di tutte quelle cose dell’essere famoso, le precauzioni, i trucchetti per non farsi beccare, ma che senso aveva? Da quanto ne sapeva lei non lavoravano più da mesi. O per lo meno non come prima.
«… A che serve il cappuccio?»
«Ci sono sempre fan in agguato. Se mi beccano, cominciano a farmi delle domande e io non posso rispondere, capisci. E’ ancora tutto un work-in-progress e non voglio che si demoralizzino. Non torneremo al lavoro in tempi brevi, purtroppo.»
«Fammi parlare con i tuoi capi!»
«Per ottenere cosa? Sono dei magnati delle industrie discografiche, non ti daranno mai retta, Leah. Ma apprezzo il pensiero.»
«Sono una studentessa di legge, posso fare delle ricerche! Se mi informo e chiedo in giro trovo di sicuro qualcosa per inchiodarli. Non possono tenervi a casa solo perché siete finiti in uno scandalo che non avete causato!»
Niall la guardò sottecchi mentre lei continuava ad esporre le sue teorie riguardo articoli di vari codici di cui lui non conosceva nemmeno l’esistenza. Ma poco male, amava vedere quanto era dedita e interessata ai suoi studi. Avrebbe potuto parlare con lei per ore senza mai farla stancare.
«Apprezzo l’offerta, davvero, ma meglio di no.» Le ripeté lui dopo aver ascoltato le sue “tattiche d’azione”.
«Almeno fammi provare, che ti costa?»
«Ok, come ti pare! Fai delle ricerche, studia quello che dici tu e che non ho capito. Ma prima di fare qualsiasi cosa, chiedi a me! Ne devo parlare con i ragazzi.»
«Lo farò!» Gli rispose lei euforica e al contempo soddisfatta che il suo corso extra curriculare di oratoria avesse dato i suoi frutti.
Niall rimase in silenzio di nuovo, mentre camminava di fianco a lei. La osservava con la coda dell’occhio mentre si godeva quei timidi raggi di sole che riuscivano ad attraversare le fitte chiome degli alberi dell’Hyde Park. E’ vero, aveva svuotato il sacco finalmente, ma ora tra loro due c’era una strana aria di timore e imbarazzo e questo non gli piaceva per niente.
Tirò su col naso e si sistemò il cappuccio prima di riprendere parola, in modo calmo e deciso.
«Cosa hai capito?» Le chiese riaprendo la conversazione.
«Scusami, non ti seguo. Di che cosa parli?»
«Quando mi hai chiamato mi hai detto che avevi capito e che volevi che ti aspettassi, no? Ecco, voglio solo sapere cos’hai capito.»
«Wow, di certo non ci giri intorno..» Commentò la ragazza lasciandosi andare ad una franchezza che non l’aveva mai contraddistinta, «Beh, ho capito che prima o poi dovrò lasciare tuo fratello e voltare pagina, a prescindere da te. Ho capito che se quando sto con lui penso ad un altro, allora non è l’amore della mia vita come pensavo. Ho capito che non mi va di finire gli studi e tornare a Mullingar per portare avanti una vita tranquilla e ordinaria. Voglio altro.»
«Altro cosa?»
«Non lo so, altro.» Gli rispose Leah, sorridendo un poco e camminando fianco a fianco con lui.
Il tragitto verso il suo appartamento fu tranquillo, fin troppo silenzioso forse. Niall aveva passato praticamente tutto il tempo a guardarsi intorno come un fuggitivo mentre lei, di tanto in tanto, sdrammatizzava la cosa con una battuta.  
Entrarono in casa di soppiatto, evitando di fare qualsiasi tipo di rumore. Leah appoggiò le chiavi in un piattino decorato sopra ad una mensola e poi, a gran voce, chiamò la coinquilina per capire se era o non era in casa.
«Skylar! Sei in casa?»
Dall’angolo del corridoio spuntò una ragazza bionda con degli occhiali da vista stile anni sessanta, i capelli raccolti in un torchon un po’ sbilenco e dei coloratissimi e vistosi orecchini di piuma. Indossava una salopette un po’ corta, una canottiera un po’ sbiadita e delle Converse estremamente vissute.
Niall si fermò per un secondo ad osservarla, immaginando come avrebbe potuto apparire il suo viso senza quei vistosi occhiali che lo coprivano.
«Ciao, dolcezza. Si, come vedi sono in casa, ma non voglio romperti le uova nel paniere. Dì una parola e io sparisco! E ciao anche a te, Niall Horan dei One Direction.» Le rispose la ragazza estremamente tranquilla.
«Scusa la domanda, ma perché hai un barattolo di pittura in mano?»
La ragazza guardò la sua mano, quasi per realizzare che aveva davvero un barattolo di pittura in mano, e poi soffiò leggermente sulla sua frangia per spostarne un piccolo ciuffo.
«Non te l’avevo ancora detto ma sto dipingendo il muro dietro al mio letto. Ho intenzione di farci un murales appena ho un po’ di tempo. Marilyn non aspetta!»
«Che ci vuoi dipingere?»
«La Monroe! Hai presente quel dipinto di Andy Wharol, no? Quello dove c’è lei che sorride in quattro riquadri diversi con colori diversi? Ecco, ricalco l’espressione e la faccio in bianco e nero. Un capolavoro!»
Niall socchiuse un occhio per immaginare il risultato del lavoro e convenne che sarebbe sicuramente uscito qualcosa di bello, ammesso e non concesso che quella ragazza fosse davvero brava nel dipingere.
«Niall, lei è Skylar, la mia coinquilina. Come avrai capito non studia legge, ma studia all’Accademia Delle Belle Arti di Londra. Skylar, lui è Niall ma mi par di capire che già lo conosci..»
«Allora voglio proprio vedere come esce il murales.» S’intromise Niall, annuendo con forza.
«Quando ti pare, biondino. E si, lo conosco. Ho capito che sono un po’ per conto mio, ma gli occhi e le orecchie ce li ho! Anche i muri li conoscono.»
«Quelli belli però! Come il tuo.» Le rispose Niall, rendendosi conto che una battuta di quel genere era fin troppo in stile Harry. A lungo andare si era fatto contagiare, ma non che fosse una cosa negativa, anzi.
«Hai appena guadagnato dieci punti, signor canterino. Bravo, mossa astuta!» Gli rispose lei, ammettendo che la sua uscita era piuttosto azzeccata.
Detto ciò, la ragazza si tolse gli occhiali e spavaldamente lanciò un sorriso complice al ragazzo prima di sparire di nuovo dietro all’angolo del corridoio.
Era come se gli avesse letto nella mente e avesse esaudito il suo desiderio di vederla senza occhiali, al naturale. Quella ingombrante montatura nera nascondeva in realtà un paio di occhi nocciola da togliere il fiato, tanto belli quanto particolari. 
«Scusala, è un tipo particolare. Già il nome è un programma! Sua madre è fissata con tutte le cose indie, come gli incensi e la musica rilassante, e cose del tipo. Inutile dirti che per questo ci è fissata anche lei! Ma è una ragazza per bene, molto educata e ordinata. E poi è un artista, valli a capire te gli artisti.»
«Da quanto abiti con lei?»
«Non molto. Saranno.. tre settimane, forse quattro. Sembra più grande, lo so. Alcuni miei compagni di corso dicono che quasi quasi la prima volta le davano un terzo anno se non un quarto addirittura, ma in realtà è una matricola. Primo anno appena iniziato!»
«Cioè tu mi stai dicendo che ha..»
«Diciotto anni, Niall. Diciannove da compiere! Sorpreso?»
«Beh, si..»
Niall si avvicinò alla tavola e iniziò a disporre i piatti e le posate per pranzare. Leah, invece, si avvicinò ai fornelli e cominciò a spadellare come niente fosse.
«Oggi cucino io. Sono migliorata, vedrai!» Gli disse di nuovo, indossando un vistoso grembiule colorato.
«Ok, mi fido!»
«Solo aspetta un secondo.. Sky, resti per pranzo?» Chiese Leah a gran voce per riuscire a farsi sentire anche dall’altra stanza.
La ragazza uscì di nuovo dalla sua stanza un po’ spaesata. Aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia, per pensarci su.
«Perché, mangiate qui?»
«Si. Preparo per tre?»
«No tranquilla, scendo da Burger King anche se mi farà lievitare in larghezza. E non chiamarmi Sky! Lo sai che non mi piace.»
«E come dovrei chiamarti allora? E smettila, non ti mando al fast food da sola a ingozzarti. Avanti siediti.»
«Boh, non so. Gioia mia, bellezza, dolcezza, bellissima ragazza, luce dei miei occhi. Se proprio devi ti concedo anche Skylar per intero.. Dio, quanto odio il mio nome. E grazie della compassione, sei deliziosa quando fai così!»
«A me piace il tuo nome. E’ carino.» Si intromise Niall di nuovo, voltandosi velocemente per evitare un contatto visivo.
«Sei scaltro per essere famoso. Altri dieci punti per te, testolina bionda! Ma comunque, a me piace pensare che mia madre fosse in preda ad una turba psichica quando mi ha dato questo nome. Ha un significato mistico, cose piene di significato che io non comprendo, ed è troppo particolare. E io non sono una persona particolare.» Rispose poi, arricciando il naso.
«Ah no?» Ripeté Leah con un velato tono di sarcasmo, «Tu sei la persona più particolare che conosco!»
«Deliziosa, Leah. Oggi sei deliziosa!» Le rispose Skylar facendole l’occhiolino, «Avanti Niall Horan, dimmi qual buon vento ti ha portato fin quaggiù. Sai com’è, non si abbandonano dei fantastici attici con vista sul Tamigi tutti i giorni.»
«Veramente non ho la vista sul Tamigi. Davanti a casa mia c’è un parco, un grande parco. E poi sto traslocando, ecco perché sono qua.»
«E dove te ne vai?»
«Non lo posso dire, mi dispiace. Sono in silenzio stampa.»
«Già, come non detto. Comunque a me piace quella canzone che parla della vostra fidanzata che sta per strada insieme ad un altro. Hai capito, no?»
«Ehm.. no.» Rispose Niall in maniera fin troppo onesta.
«Come no! Quella che dice che la vedi in strada, a fare non so cosa, e improvvisamente ti senti morire e ti ritrovi in ginocchio a piangere. Hai capito? Dai che non so il testo!»
«Ah si, ora ci sono. Grazie del complimento comunque.»
«Di niente, ciambellina.»
Niall si voltò verso Leah, che alzò le spalle e sorrise divertita. Poi fissò Skylar e il suo sorriso spavaldo rivolto a lui.
«Sei buffa.» Le disse, sbattendo velocemente le palpebre degli occhi.
«Si.. anche tu.» Concluse lei, continuando a sorridere e addentando un pezzo di pane.
 
«Juls, che hai?»
«Niente tranquilla. Sto bene.»
Ebony le diede una leggera spinta per incitarla a spiattellare la verità ma l’amica sorrise e ripeté di nuovo che stava bene, senza aggiungere altro.
«Sentimi.. questo locale è un po’ pericoloso per due ragazze senza accompagnatori, lo sai vero? Com’è che siamo venute qui?»
«Così. Per cambiare.»
«Oh, ok. Quindi è per puro e semplice caso che il tuo amichetto dell’altra volta sia qui con un tipo che non ho mai visto ma che attizza, giusto?»
«Si!» Ammise Julie cercando di apparire sicura di ciò che stava dicendo. Non era un per niente un caso, avevano progettato tutto nei minimi particolari: Julie avrebbe attirato Ebony con una scusa al locale e poi le avrebbe presentato Stan, e Louis avrebbe dovuto fare lo stesso con l’amico. Tutto questo solo per passare qualche ora insieme senza dare troppo nell’occhio.
In realtà Julie sapeva che Ebony era fin troppo sveglia per non sospettare nulla fin dall’inizio, ma ormai era troppo tardi per disdire tutto quanto.
«Scusa la franchezza, ma se te la fai con lui puoi dirmelo. Non è un reato!»
«Si ma se non è vero cosa ti dico, una balla?»
«Seh, va beh.» Commentò Ebony per niente convinta.
«E poi comunque ha una ragazza. Non te la ricordi?»
«Ah si, quella. Beh, tu sei nettamente migliore. Capelli, naso, occhi, figa, baffi, tutto.»
Julie scoppiò in una sonora risata mentre Ebony sorrise, felice di essere riuscita a farla ridere per un secondo.
«Ma guarda chi si vede! Julie con la sua amica Ebony! Ma che sorpresa!» Esclamò Louis a gran voce, dirigendosi verso di loro. Julie scosse la testa per fargli capire di non marcare troppo la cosa e lui si zittì in un secondo, increspando leggermente le labbra.
«Piacere, io sono Stanley ma tutti mi chiamano Stan.»
«Molto piacere, Ebony. Lei è la mia amica Julie.»
«Piacere di conoscervi. Questo coglione di Louis mi ha trascinato in questo posto che non sapevo neanche esistesse, ma non è male.»
«Niente male, vero? Ci prendiamo qualcosa da bere?» Insistette Ebony, intuendo che Julie aveva bisogno di qualche minuto per parlare con Louis. Non sapeva bene di cosa, ma glielo leggeva nello sguardo che qualcosa non andava.
Così la ragazza portò via con se Stan, dirigendosi verso il bancone degli alcolici e lasciando libero il suo posto nel divanetto.
«Io vado in bagno.» Esordì Julie, raccogliendo la pochette e uscendo dalla sala della commerciale.
«Aspetta! Che hai?»
«Niente, non sono molto in vena.» Continuò lei, camminando a passo sicuro e senza rallentare.
«Perché?» Insistette Louis, prendendola per il braccio per fermarla. La ragazza si fermò e appoggiò le spalle al muro poco distante, tenendo lo sguardo basso.
«Non importa.»
«Avanti, dimmelo! E’ per quell’esame che avevi oggi? Non l’ho dimenticato, stavo solo aspettando che me ne parlassi tu.»
«Non c’è niente da dire.»
In quel momento, dalla sala comune, spuntò Ebony con il suo drink in mano e la cannuccia in bocca. Aveva uno sguardo serio e indagatore, pronto all’azione.
«Tutto bene, Juls?»
«Si, stavo tornando dal bagno. Cosa mi hai preso?»
«Un GinLemon, prendi qua. Tu piuttosto, salvatore della patria, rimani un secondo qui con me.»
Louis puntò l’indice contro se stesso in tono interrogativo, sorpreso dal fatto che Ebony si stesse riferendo proprio a lui dato che a mala pena la conosceva.
«Dai Ebony, lascia perdere.» Incalzò Julie, prendendola per una mano.
«No, ti prego Juls, ho bisogno di fare una chiacchierata con lui. Ci vorrà un secondo, giuro!»
Julie, prima di allontanarsi, guardò Louis che le annuì con la testa, in senso affermativo. Era tranquillo e sorridente e non sembrava per niente intimorito dalla imminente conversazione con Ebony.
«Allora.. che mi combini?» Gli chiese Ebony sorseggiando il suo Sex On The Beach.
«Niente, davvero. Puoi stare tranquilla.»
Ebony lasciò andare la cannuccia che teneva tra i denti e allontanò il bicchiere dalla bocca, schiarendosi la voce.
«Senti, farò finta di non sapere chi sei per un secondo e poi rimuoverò questa conversazione dalla mia memoria, giusto per essere chiara. So che hai una ragazza, l’ho vista. Ti dirò, è un po’ pretenziosa per i miei gusti ma non è questo il punto. Il punto è che quella ragazza che hai appena lasciato andare via sta seriamente perdendo la testa per te, e questo lo so anche se non me l’ha detto direttamente. Vedo come ti guarda, come ti ascolta, come ti vive
Louis rimase in silenzio e non replicò, in attesa di farle finire il discorso. Non aveva mai pensato che Ebony fosse la migliore amica di Julie ma chiaramente, prima d’ora, non sapeva di esserlo nemmeno lei.
«Devo essere onesta: Julie è un casino, per davvero. E’ un enigma, un cruciverba, uno di quei giochi cervellotici senza istruzioni. E’ paranoica, pessimista, un po’ troppo spesso con la testa fra le nuvole, e insicura. Ma allo stesso tempo è dolce, sempre disponibile e sensibile. E sai qual è la cosa strana? La cosa strana è che da quando le stai intorno l’ho vista sbocciare e non credevo fosse possibile, quindi grazie. Non sono qui per dirti che se le fai del male ti spezzo le gambe, questo è sottinteso. In realtà il punto di questa sottospecie di discorso è un consiglio che ti voglio dare da amica: scegli lei. Per una volta nella tua vita esci dalla tua zona sicura e cambia le carte in tavola, perché se solo tu riuscissi a vederlo.. Dio, tu non sai il bene che le fai, non lo puoi neanche immaginare. E sono sicura che anche lei fa bene a te perché fa parte del suo essere. So che molto probabilmente non sono io la persona più indicata per dirtelo ma tanto valeva farlo. Io non ho niente da perdere, lei si.»
Louis rimase interdetto. Non era il genere di discorso che si aspettava, soprattutto considerando che l’aveva lasciata finire senza interromperla a metà, come era solito fare.
Ebony gli sorrise e poi riportò la cannuccia alla bocca, camminando di nuovo verso la sala della commerciale per raggiungere gli altri. Qualche istante più tardi li raggiunse anche Louis e prese per mano Julie, sussurrandole qualcosa all’orecchio.
«Smettila di dirmi che non hai niente perché non è vero. A me importa di te, quindi parla o ti porto a casa di peso.»
«Ne parliamo domani, ora non ne ho voglia.»
«Ok, l’hai voluto tu.» Le rispose di nuovo prima di prenderla in braccio e caricarsela su di una spalla.
La gente intorno a loro cominciò a fissarli in maniera poco discreta: parlavano alle loro spalle, bisbigliavano, ridevano, giudicavano. Ma a lui non importava.
Salutò velocemente Stan e gli chiese di riaccompagnare Ebony a casa, poi uscì dal locale e chiamò in taxi, cercando di non far cadere Julie che si stava agitando come una biscia sulla sua spalla.
«Louis mettimi giù! Cos’hai, cinque anni?»
«Io no. Tu si!» Le rispose di nuovo tenendola bella ferma.
«Mettimi giù subito!»
«Guarda, il taxi è già qua! Sali e non dire una parola, sei sotto sequestro.»
Julie salì nel taxi e gli lanciò un’occhiataccia malefica, mostrando tutto il suo disappunto. Poi incrociò le braccia e incominciò a fissare il paesaggio fuori dal finestrino pur non di non dire una parola.
Louis dal canto suo si rese conto che Ebony, quando aveva elencato i suoi pregi e i suoi difetti, si era dimenticata di menzionare quello più importante e fastidioso: la testardaggine.
«Si ok, fai pure. Guarda i marciapiedi insozzati di Londra pur di non parlarmi, non me ne frega.»
«Bene.»
«Bene.» Ripeté Louis, fissando a sua volta un punto morto aldilà del finestrino. Julie non aveva un carattere forte, no di certo, ma quando s’impuntava su di una cosa non c’era niente o nessuno al mondo che potesse farle cambiare idea. Era come parlare ad un muro. E lui odiava parlare ai muri.
Quando la macchina si fermò qualche minuto più tardi, Louis pagò il tassista e prese la mano della ragazza per portarla in casa, strattonandola un poco. Lei, nel frattempo, aveva continuato a rimanere in un religioso silenzio e aveva sfoderato una delle migliori espressioni imbronciate di sempre. Aveva anche cercato di opporre resistenza ai suoi strattoni ma lui era pur sempre un ragazzo e, volente o nolente, si era ritrovata sul pianerottolo dell’appartamento di Louis mentre lui apriva frettolosamente la porta di casa.
«Siamo a casa. Parla!» Le disse il ragazzo con tono insistente.
«Primo: io non ci volevo tornare a casa. Secondo: non ho voglia di parlarne! Sei un tedio, Louis. Un tedio!»
«E’ per l’esame?»
«Cosa ti ha detto Ebony prima?»
«Julie, piantala e non cambiare discorso! Ti ho fatto una domanda, rispondimi!»
«Beh anche io se è per questo! Lo vedi? Stiamo litigando e neanche stiamo insieme, dimmi se è una cosa normale!»
L’atmosfera si stava facendo pesante e le voci si stavano alzando poco a poco. Julie lasciò cadere la pochette sul divano e si allontanò un poco da lui, avvicinandosi al tavolo della sala. 
«Rispondimi. E’ per l’esame?»
Questa volta la domanda di Louis somigliò ad un sussurro, ad una frase in tono sommesso e pacato. Qualcosa nelle parole di Julie l’aveva ferito.
«Si, va bene? E’ per quello. Ho passato le ultime due settimane a studiare come una stronza per niente! Sapere che non è servito a niente mi fa andare in bestia! Per un punto, poi. Bocciata per un punto.» Gli rispose ancora, calmando anche lei il suo tono di voce.
«E’ solo un esame, Julie. Puoi sempre rifarlo.»
«Non è solo un esame, Louis. Per me era importante passarlo e come al solito io mando a puttane tutte le cose più importanti! Scommetto che lei non sbaglia mai niente perché lei fa sempre tutto bene, perché lei è sempre gentile, carina, adorabile e perfetta! Non è vero?»
Louis fece scivolare le braccia lungo i fianchi e strinse i pugni. Aveva sentito un impeto di rabbia divampargli dentro e per un secondo aveva pensato di non riuscire a trattenerlo, non questa volta. 
«La devi smettere! Mi hai sentito? Smettila Julie! Smettila! Non devi pensare a lei, non devi confrontarti con lei, non deve importarti di lei! Lei non esiste per te, lo vuoi capire? E’ una cosa stupida! Non sai com’è, non la conosci, come puoi essere così ossessionata da lei?»
«Non sono ossessionata, ma non posso far finta che lei non esista, Louis! Lo capisci questo, vero? Lei ti pensa, ti bacia, ti sente come faccio io ma lei sa che sei suo! Lei ci vive di questa sicurezza, lo capisci?»
«Tu non lo puoi sapere! Tu non sai niente di lei!»
«Non mi serve conoscerla per sapere queste cose!» Ribatté la ragazza con aggressività, «Ma basta, tu non capisci
«E adesso sarebbe colpa mia? Certo, mi sembra ovvio!»
«Basta, finiamola qui. Sapevo di sbagliare fin dall’inizio. Me ne vado.» Continuò Julie raccogliendo le sue cose e dirigendosi verso la porta.
Il ragazzo la prese per un braccio e lanciò lontano le sue cose, facendole finire a terra. Julie seguì la scena senza dire una parola e poi si liberò dalla sua presa.
«Lasciami andare via.» Gli disse di nuovo, con voce roca e scura.
«No, mai.»
«Louis, lasciami andare via.»
«No.» Ribadì il ragazzo ancora più deciso e sicuro.
Non c’era un perché, un motivo o una ragione valida. Era così e basta. Non voleva lasciarla andare via, aveva bisogno della sua presenza, lì, in quel momento.
Le si piazzò davanti e le prese i polsi, stringendoli forte. Così forte che quasi le lasciava i segni.
«Ti prego. Ho bisogno che tu mi lasci andare. Ora.»
«Picchiami, prendimi a sberle, pestami, non mi interessa. Io non ti lascio andare via così.»
Julie strinse i pugni e cerco di liberarsi dalla sua presa, senza riuscirci. Allora portò le mani alla testa e poi al petto prima di prendere un ultimo respiro.
«Tu devi lasciarmi andare!» Cominciò a dire mentre batteva violentemente i pugni contro il petto del ragazzo, «Lasciami andare!»
Louis incassava i colpi uno ad uno senza troppa fatica, ben sapendo che Julie non aveva nessuna intenzione di fargli del male. Più passavano i secondi e più la forza dei pugni affievoliva, lasciando spazio a delle lacrime che indiscrete e indesiderate cominciavano a rigarle il volto.
Non aveva mai voluto farle del male, lui voleva solo stare con lei. Sapeva che Ebony aveva ragione e, anche se non si era mai fermato a ragionarci su, lei gli faceva bene. Il suo essere così diversa e scostante da lui era la cosa che più lo affascinava e che allo stesso tempo gli faceva più paura.
Quando Julie smise di tirare pugni, alzò impercettibilmente lo sguardo e incontrò i suoi occhi limpidi e sinceri. Louis avvicinò le labbra alla sua guancia e le asciugò una lacrima, prima di posarsi di nuovo sulla sua bocca.
«Mi dispiace.» Le sussurrò ancora, liberando finalmente i suoi polsi e lasciandola libera di andare.
Julie lo guardò per un istante, gli prese un piccolo ciuffo di capelli e lo spostò, per vedere meglio quel suo profilo che tanto le piaceva.
Poi lo baciò. E lo baciò di nuovo. E ancora. E un’altra volta.
Piccoli baci a fior di labbra che sembravano regalarle ogni volta un po’ di paradiso in più.
Sentiva le sue mani addosso, sulla vita, sulle gambe, sulla schiena. La esploravano in maniera decisa ma delicata, curiosa ma paziente. E si sentiva nuda, esposta, vulnerabile.
Louis fece intrecciare le sue braccia attorno al suo collo e la prese in braccio per portarla nell’altra stanza. Una volta arrivati in camera da letto la adagiò sul letto, si sfilò la maglietta e le sciolse i capelli, lasciandoli liberi di aderire alle fini lenzuola di seta.
Julie con una mano percorse la sua schiena scolpita e lasciò che le aprisse la cerniera del vestito, mentre lei continuava a baciargli il collo e le labbra umide.
Era inebriante, era tutto quello che aveva sempre desiderato, era Louis. Ogni cosa di lui la faceva impazzire e non sapeva neanche il perché. Quel sentimento la consumava, la corrodeva nel profondo, ma allo stesso tempo la teneva in vita come niente e nessuno aveva mai fatto prima.
Louis la sollevò di nuovo e con le mani si sfilò i pantaloni, prima di posizionarsi di nuovo sopra di lei. Stava accadendo, non poteva più evitarlo ormai.
In quel momento la desiderava e la bramava più di ogni altra cosa al mondo. Voleva i suoi baci, le sue carezze, il suo respiro sulla pelle. Voleva il suo corpo e la sua anima.
Si fermò un istante per memorizzare quei suoi occhi vivi ed eccitati e poi la fece sua, senza più aspettare.
 
Si erano incontrati per caso, si erano respinti per obbligo e si erano amati per desiderio. Un desiderio istintivo e innaturale nel voler credere di essere fatti l’uno per l’altra.
 


“Because I don’t know who I am when you’re running circles in my head.
And I don’t know just who you are when you’re sleeping in someone else’s bed”

(cit.) Fireworks – You Me At Six

 



Quindi, capitolo venti (come gli anni di Louis, dato che si parla anche di lui).
Com'è che fa quel proverbio? "A buon intenditor poche parole"?  Ecco, mi sembra il caso di usarlo. 

 C'è una nuova entrata. Purtroppo ad alcune di voi ho già fatto spoiler e mi dispiace ma non me ne sono resa conto! Per tanto prego le medesime di non spifferare nulla anche se in linea di massima sanno già troppe cose :)
 La citazione alla fine. E' una canzone, ma non l'ho messa con il solito layout perchè non mi ha dato l'ispirazione ma è stata aggiunta solo dopo per il semplice fatto che calzava a pennello. Ad ogni modo credo sia una frase (e una canzone) molto bella!
 Sono molto spesso assente, lo so bene. Da una parte credo che queste mie assenze creino aspettativa (o lo spero) ma dall'altra parte so che possono far cadere la storia nel dimenticatoio. So anche molto bene che vi sto mettendo a dura prova con questi manoscritti dalla indegna lunghezza e mi dispiace, spero solo non vi siano troppo pesanti! Ma comunque sia grazie a tutti per il tempo che mi dedicate, a buon rendere. ♥
 
A presto. 
  
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