Questa one-shot è dedicata alla
carissima Karmy, che con i suoi consigli e i suoi disegni meravigliosi è stata
per me in questo periodo un’amica fantastica nonostante i kilometri che ci
dividono…
.:WHEREVER
YOU WILL GO:.
Faceva freddo, e Ginny era appoggiata al lavandino della Tana, con
un mal di testa incredibile. Fuori la luna brillava, placida come una perla nel
cielo livido della notte, sulla gelata campagna inglese. Ginny odiava il
freddo. Da quando era bambina aveva sempre sognato di scappare dall’Inghilterra,
dai suoi infiniti inverni e dalle sue tiepide estati, dai suoi grigi velati,
dai suoi verdi brillanti, per una rumorosa città del Mediterraneo o
dell’America.
Sospirò, sedendosi sul bancone, rivolgendo all’orologio un’occhiata
stanca. Erano quasi le 3 del primo giorno dell’anno. Forse aveva bevuto un
goccino di troppo, forse aveva troppi pensieri per la testa, ma non riusciva ad
addormentarsi; si sentiva strana.
Dentro di lei, la tristezza e l’euforia dondolavano in maniera
pericolosa, si susseguivano e si sostituivano. Era triste… sì, molto triste.
Triste perché Dean non le piaceva più da tanto tempo. Triste perché Hermione
non era lì con loro. Triste perché aveva passato l’ennesimo capodanno senza un
primo bacio dell’anno. Triste perché tra lei e Harry le cose andavano bene per
la prima volta in vita sua, ma tra loro non sarebbe mai successo nulla. Triste
perché il mondo era sconvolto e lei non poteva fare niente. Eppure era
euforica. Perché… non se lo poteva spiegare. Aveva dentro tanta di quell’energia
che avrebbe potuto scalare una montagna in quel momento. Avrebbe potuto lavare
quei pavimenti sporchi e preparare per tutti un pranzo sostanzioso per il
giorno dopo.
Era stanca ma non poteva dormire.
Questo era il suo principale problema in quei giorni.
Continuava a sognare… a sognarlo. Harry. Lo odiava e lo amava
perché si riusciva sempre ad infiltrare nei suoi sogni, ad essere lì, amarla e
proteggerla come nella vita vera non era in grado di fare. O forse non voleva.
E ogni volta che lei si addormentava, lui era li, rendendo i suoi sogni
dolceamari come gli sguardi con cui l’accarezzava ogni giorno. Rabbrividì. Un
brivido di intimo piacere. Pensare d Harry era una delle poche cose che la
faceva sentire così… tremendamente viva, cruentamente donna. Si mise una mano
sul seno stringendosene appena uno, con le dita gelate sulla pelle bollente e
respirò piano. Il cuore le batteva forte. Chiuse gli occhi pensando che da
qualche parte Dean forse passava la notte di Capodanno pensando a lei. E lei, invece,
la passava pensando a Harry, come quando era solo una bambina. Irritata
sorseggiò il latte che teneva in mano. Le girava la testa. Si sentiva
completamente ubriaca di sensazioni che non aveva mai provato in tutta la sua
vita.
Per la prima volta si rendeva conto che quello che provava per
Harry non era l’amore platonico che provava da piccola… era una cosa vera,
indefinibile e terrificante, ma vera.
Provò un’irrefrenabile e fortissimo bisogno di vederlo. Di
parlargli. Di toccarlo. Di sentire che era anche lui vero come quel battito
opprimente che faceva il suo cuore nel suo petto, quel battito che, sordo, le
tappava le orecchie e le offuscava la vista. Salì rapidamente le scale ed aprì
la porta della stanza di Harry e Ron.
Suo fratello dormiva fuori dalle coperte, il viso abbandonato a
sogni proibiti, le braccia aperte come ad accogliere qualcosa. Lei gli sorrise.
Nonostante l’acidità che spesso gli regalava, lei amava suo fratello. Era forse
la persona più importante della sua vita.
Poi si rivolse a Harry. Mezzo fuori e mezzo dentro le coperte, il
suo corpo adulto e pallido era totalmente in balia dei suoi occhi. Aveva i
capelli arruffati e un ghigno involontario sulle labbra. Per la prima volta,
non provò solo un’attrazione per la sua persona, per quella sua forza piena di
debolezze, per quella sfrontataggine che mascherava una grande timidezza, per
quell’eroe mitologico che lei infondo possedeva. Era qualcosa di più.
Nessun uomo l’aveva mai fatta sentire così… Era il più bello che
avesse mai visto.
Gli si avvicinò per coprirlo, come per evitare che altri occhi
potessero vedere quel corpo perfetto ed elegante, misterioso e segreto, quel
corpo che conteneva la forza che avrebbe potuto salvare o condannare l’intero
mondo.
Sì, Ginny sapeva della Profezia. L’aveva sentita mentre
Harry la raccontava a Ron ed Hermione. Non l’aveva fatto apposta, l’aveva
sentita e basta. E da allora, i suoi sogni si erano fatti pieni della paura di
perderlo. Pieni dell’immensa tristezza che l’aveva colta in fallo nel momento in
cui aveva compreso che non avrebbe avuto tutta la vita per assaggiare quelle
labbra sottili che disegnavano
quei sorrisi che la facevano sciogliere.
Harry si mosse appena quando lei lo coprì, si voltò di fianco e
sospirò. Lei indietreggiò, terrorizzata dall’idea di farsi vedere da lui, ed
uscì dalla stanza, il cuore in tumulto. Non si era nemmeno accorta che stava
piangendo. Non piangeva mai.
-Ginny?
Arrossì come non era mai arrossita in vita sua.
Aspettò nel buio di essere certa che la sua voce non tremasse.
-Sì.- Sospirò.
Scese in fretta le scale, supplicandolo di non seguirla.
-Ginny, tutto bene?- Le chiese Harry. Lei si voltò verso di lui,
rossa e un po’ umida. Lui sorrise. Lei annuì.
-Che facevi su da noi?- Fece lui, grattandosi la testa. Il suo avambraccio
teso nella notte la fece rabbrividire ancora. Erano mesi e mesi che non si
sentiva così al suo cospetto. Aveva imparato a controllarsi, ma ora sembrava
che tutti quegli sforzi fossero stati inutili.
-Niente, guardavo se dormivate. Non riuscivo a prendere sonno.
-Mi hai coperto.- Fece ancora Harry, con un sorriso ironico,
sedendosi sul tavolo. Lei si nascose nell’anta del frigorifero per asciugarsi
gli occhi.
-Pensavo avessi freddo.
Ne sbucò sorridendo, reggendo in mano una bottiglia d’acqua.
–Vuoi bere?
Lui annuì.
Ginny gli passò la bottiglia e lui bevve, senza servirsi di un
bicchiere. Poi gliela restituì e lei lo imitò, con un brivido gelato che le
correva lungo la schiena.
Harry la guardava, i capelli rossi legati in una coda, il viso
pallido struccato, le labbra ben disegnate, il corpo magro e bello in quel
pigiamino striminzito. Dovette frenare l’impulso di toccarlo, di sentire se era
davvero morbido e caldo come sembrava.
Ginny appoggiò la bottiglia sul ripiano. Si sedette di nuovo sul
bancone. Sorrise lentamente.
-Mi spiace comunque di averti svegliato.
-Non dormivo, tranquilla.
Lei arrossì. Allora l’aveva vista, mentre lo osservava, mentre
piangeva, mentre…
-Oh.
Lui rise, dolcemente. –Posso chiederti una cosa?
Ginny annuì, pentendosene subito.
-Perché piangevi?
Si morse un labbro. –Non posso dirtelo.
-Con Dean non va?
Lei sospirò. –Mah… non so. Non penso che me ne sia mai
fregato realmente qualcosa.
Harry annuì. –Capito.- Dovette soffocare un sorriso
soddisfatto. Si sentiva sopraffatto da una meschina felicità. Se ne vergognò.
–E allora che c’è?- Voleva distogliere l’attenzione da se stesso, certo
che lei si sarebbe accorta che era troppo contento.
-Ti arrabbieresti.
Harry rise. –Come potrei?
-Potresti.
Alle sue spalle, la neve luccicava dei raggi della luna, disegnando
la sua pelle di tinte innaturali che la rendevano eterea.
-Dai, dimmelo.
-Giura che non ti arrabbierai, Harry. Ti prego.
Harry sorrise, con aria di sfida. Non aveva mai parlato così, solo,
con Ginny. Lei non gli era mai sembrata così raggiungibile e insieme lontana.
Si sentì un povero servo alla corte di una ricca cortigiana. Avrebbe voluto
solo toccare quel viso e quei capelli, cancellare quelle lacrime… avrebbe
voluto che fosse sua.
-Non mi arrabbierò.- Disse, piano, roco. Serio.
-Pensavo alla Profezia. A te, che devi battere Voldemort.
Harry annaspò. Come poteva sapere?
Lei arrossì.
-Harry, mi spiace. So che non dovrei saperne nulla, ma ti ho
sentito mentre lo raccontavi a Ron ed Hermione… ti giuro che non ne ho parlato
con nessuno.- I suoi occhi fiammeggianti gli dissero che era sincera. La
supplica disegnata sul suo viso lo rasserenò, tanto che si chiese perché mai
non gliel’aveva raccontato di sua spontanea volontà.
-E a che pensavi?
-Pensavo al fatto di perderti.- Disse, sincera e semplice come lo
sguardo che gli rivolgeva.
Sentirlo gli fece male e insieme sembrò placare in lui un immenso
ed inspiegabile tormento. Si sentì affranto ed euforico. Nessuno aveva avuto il
coraggio di parlarne davvero con lui. Tutti coloro che sapevano, incluso
Silente, non avevano mai affrontato con lui l’ipotesi che avrebbe potuto
fallire, e quello che sentivano al riguardo.
-Sono un’idiota.- Disse Ginny ridendo, e lui la guardò. Non gli
sembrava un’idiota. Gli sembrava forte e bella come non mai. –Io mi
preoccupo. Io! Chissà come starai male tu, ed Hermione, e Ron… Io non centro.
So che è questo che pensi.
-Non lo penso.- Si difese lui.
-Sei tanto arrabbiato con me?- chiese lei. Non sembrava addolorata
all’idea. Solo rassegnata.
-No, davvero.
Lei sorrise, tranquilla. –Ci hai mai pensato? A quello che
potrebbe succedere.
Harry annuì, e Ginny sorrise. –Hai paura?
Harry si sentì annuire, e di colpo si accorse che era così.
Aveva paura.
-Per quanto possa valere, io credo che tu ce la farai.
Lui sorrise, guardandola negli occhi, in quegli occhi dorati e
pieni di coraggio.
-Lo spero. Non vorrei perdermi… tutte quelle cose della vita che ci
aspettano fuori da Hogwarts.
-Ah, tutte quelle schifezze… il lavoro, le delusioni di cuore, le
sbronze, i bambini urlanti?- Lei sorrise ironicamente –Forse perderseli è
meglio.
Anche Harry rise. Si sentì più leggero.
Poi lei si fece più seria. –Io ho sempre pensato, saputo, che
sarei morta giovane.
-Perché?- Chiese lui, guardandola concentrato.
-Non lo so… forse perché non posso sopportare l’idea di perdere la
gente a cui tengo, mentre l’idea di perdere me stessa non mi fa male.
Harry sorrise, senza allegria. “La gente a cui tengo”. Non sapeva
cosa rispondere.
Ma lei non pretendeva una risposta. I suoi piccoli piedi nudi e
pallidi brillavano nella penombra della stanza. Avrebbe voluto iniziare a
sfiorarla da li, dalle punte fragili di quei minuscoli piedi.
-Vorrei poter fare qualcosa per te Harry. Lo sai? Vorrei davvero
esserti di aiuto, in qualche modo.- La sua voce era leggermente incrinata, ma
determinata come sempre.
Harry si sentì sicuro. –So che non posso fare nulla.-
Proseguì lei. –Ma mi piacerebbe pensare di poter fare qualcosa per farti
stare bene.
Lui le sorrise. –Far stare bene me?
-Sì… insomma, pensa a tutti gli altri. A tutto il mondo. Il bene di
tutti dipende dal tuo bene.
Harry ridacchiò. –E il mio bene da cosa dipende?- Quel
discorso lo metteva a disagio. Si sentiva fragile come non si era mai sentito.
-Non lo so. Ma vorrei saperlo.- Fece lei piano.
Silenzio. Fuori, la luna assisteva timida a quel primo scambio di
sguardi.
Elettricità. L’aria era flebile, piena di attesa ed aspettativa.
Paura. Improvvisamente il futuro sembrava lì, presente e vivo,
crudele e definitivo.
Amore. Lui lo sentiva nello sguardo di Ginny, bruciante e fatale.
Gli occhi di Harry brillavano di lacrime che non aveva mai versato,
le labbra di lei fremevano sotto un sorriso che non riusciva a regalargli.
-Io non lo so.- Rispose lui.
Ginny scese da dove si trovava, agile e lenta in tutte le sue
mosse. Si accucciò davanti a lui, un sorriso delicato posato sulle labbra.
-Harry.- Disse. Lui abbassò gli occhi, per nascondere quella
tristezza che improvvisamente gli disegnava il viso: la consapevolezza di
quanto sarebbe stato sbagliato baciarla ora, ora che era li, nel buio e
vulnerabile. La consapevolezza di quanto male le avrebbe fatto baciandola ora,
illudendola che tra loro ci sarebbe stato un futuro. Di quanto sarebbe stato
sbagliato legarla a lui. Di quanto sarebbe stato meschino attaccarsi alla sua
forza e al suo coraggio per non sprofondare nell’improvvisa debolezza che gli
attanagliava il cuore. –Harry.- Ripetè Ginny. Harry si volse verso di lei
e i loro occhi si legarono. –A cosa stai pensando?- Lui si strinse nelle
spalle. Ginny gli prese la mano che aveva appoggiato sul ginocchio. Un brivido
percorse entrambi a quel contatto intimo e pieno di dolcezza. –Hai
paura?- chiese.
Harry assentì. Lei gli strinse la mano più forte. –Harry…-
Sussurrò. –Anche agli eroi è concesso di tremare…
Lui la guardò intensamente. Tremare. L’unica cosa vera di
quell’affermazione. Lui stava tremando. Ma non era un eroe. E non aveva paura.
Non di morire per lo meno. Aveva solo paura che succedesse prima di aver
posseduto anche solo per un istante le labbra, la pelle, le guance, le dita, i
capelli, gli occhi, della giovane donna che gli sedeva di fronte.
-Lo so.- Sussurrò di rimando. Aveva la voce roca e la gola secca.
–Ma per cosa tremano gli eroi?
Ginny ridacchiò, arrossendo. –Penso che tremino…
-Tremano solo per amore.- disse lui. Le prese il mento tra le dita.
Una disperazione struggente si fece largo sul suo volto. Lei lo
guardava. Guardava quei capelli arruffati, la cicatrice, gli occhi verde
smeraldo nascosti dalle lenti, le labbra vibranti. E vedeva quell’incomprensibile
disperazione che si tramutava in esitazione.
-Impediscimelo Ginny.
-Di fare cosa?
-Di baciarti. Impediscimelo.
-E perché dovrei?- il suo ghigno si tinse di malizia.
-Perché me ne andrò. Perché ti farò male. Perché ti metterò in
pericolo. Perché per essere felici un secondo, potresti pagare con la vita.
Impediscimi di prenderti e lasciarti…
-Harry. Preferirei soffrire per tutta la vita che rinunciare a
questo bacio. E preferirei morire che essere abbandonata da te.
-Impediscimi di baciarti, Ginny.
Lei allungò le dita e gli accarezzò le guance. –Come potrei
fare una cosa simile?- Sorrideva. Con le labbra rosse e soffici gli accarezzò
le sue. Lui sentì il profumo latteo della sua pelle. Il sapore dolce del suo
respiro. La luna, con il suo tocco argentato, risplendeva su un mare di neve, e
la sua luce docile illuminava meticolosamente le sue dita bianche che giocavano
trai suoi capelli color dell’ebano.
Negli occhi di Ginny brillava una lacrima. Ma non era una lacrima
di tristezza. Era una lacrima di paura. La paura che lui non la baciasse ora.
Che la incatenasse al ricordo di quella notte, lasciando le sue labbra avide di
quell’affetto che non aveva potuto testare.
-Amami Harry, adesso, come io ho amato te per tutti questi anni.
La sua voce era cruda, forte, amara e insieme dolce e delicata.
Harry aveva gli occhi chiusi, mentre le dita di Ginny lo accarezzavano. E si
lasciò portare fino alle sue labbra. Vi si appoggiò e vi si abbandonò come nel
più candido e intimo dei suoi sogni. Lei gli si sedette in grembo. Sentiva Le
sue cosce sulle gambe e il suo seno sul petto. Le mise una mano nei capelli e
glieli sciolse. Gli caddero tra le dita, soffici e fluenti, quasi liquidi nel
loro profumo accecante, nel loro colore brillante.
Ginny si staccò un attimo dalle sue labbra. Sorrise nel suo respiro
e si nascose nel suo collo. E Harry la abbracciò, con forza, traendo coraggio
da quella stretta e cercando di darne a lei.
-Verrò con te, ovunque tu andrai.- Gli sussurrò nell’orecchio.
E al di la della paura, al di la della tristezza, al di la della
colpa che aveva provato, improvvisamente si sentì così pieno di coraggio e
sicurezza, così potente e determinato, che sorrise.
-E comunque, tornerai, Harry. Tornerai sempre.
Lui annuì, respirando trai suoi capelli, vivo come non si era mai
sentito. Amato come non era mai stato. Amandola come non aveva mai amato
qualcuno. Le sue dita scivolarono sotto il suo pigiama. Accarezzò la pelle
candida e profumata di Ginny, rincorse il brivido che le increspava la schiena.
-Amami.- Ripetè Ginny. Sembrava un ordine, ma celava un’intima
supplica, una richiesta, una preghiera.
Harry le prese il capo. La baciò. Le sorrise.
La amò.
FINE.
Approfitto per ringraziare tutte coloro
che hanno recensito così appassionatamente la mia ultima fiction, “come una
bolla di sapone”, mi ha fatto piacere che abbiate apprezzato. Ringrazio come
sempre chi mi legge sempre e
approfitto per augurare a tutti un felicissimo Natale e un meraviglioso Anno
Nuovo… Vi auguro un capodanno romantico come quello di Harry e Ginny xD
Un bacione! E alla prossima!