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Autore: LTL    31/05/2012    1 recensioni
Candy ha 16 anni, lunghi capelli scuri e una madre assente. La storia inizia con l'incontro con la sua amica di infanzia Jessica, alla quale era stata molto legata in passato. Le due stringono di nuovo una fortissima amicizia sin da subito, ritrovando la complicità di quando erano bambine. Trascinata dalla forte personalità di Jessica, Candy sperimenta il mondo adolescenziale in maniera estrema: il sesso, l'amore e le droghe, finendo in un vortice di dipendenza nel quale la accompagnerà la sua amica del cuore.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sul muro esterno del velvet era appesa questa locandina fantastica, con una donna in bianco e nero con i capelli acconciati ad anni ‘60 che urla ad occhi spalancati, come terrorizzata, e sopra era scritto il nome del gruppo che avrebbe iniziato tra dieci minuti.
Berlin b.
Parecchio strano come nome.
Quando il buttafuori ci chiese la tessera gli dicemmo sbattendo le ciglia che se chiedeva a CasperIlChitarrista, lui ci conosceva.
Dopo un breve controllo ci fece passare, ed eravamo dentro.
Il locale era davvero fantastico.
Una metà era totalmente occupata dal bancone lunghissimo, di metallo brillante sotto le luci colorate, il pavimento era coperto da disegni di rockstar anni settanta stilizzate, in bianco e nero.
Al centro c’era un po’ di spazio libero per ballare, e nell’altra metà del locale c’era un rialzo di qualche centimetro con sopra già posizionati tutti gli strumenti.
In un angolo c’erano divani arancioni con cuscini verdi e rosa e qualche poltrona di pelle.
Casper era sul palco, stava accordando la chitarra e regolava il volume dell’amplificatore.
Mentre la piccola folla aspettava che i Berlin b iniziassero a suonare, tra bevute e chiacchiere, nel locale si diffondeva Rebel rebel, di David Bowie, e io mi sentivo proprio carica, come se fossi ad un concerto degli Strokes, invece che a uno di un gruppo di diciannovenni rockstar in erba.
Io e Jessica ci facemmo strada a suon di spintoni tra la massa di gente e ci mettemmo in prima fila, più o meno.
Jessica rimase lì a mordere chiunque si avvicinasse al nostro spazio, mentre io andai al bancone a prendere martini e gin tonic.
Vedere la barista che li preparava mi ricordò mia madre.
Erano ormai quasi tre giorni che non ci vedevamo, perché con l’arrivo di Jess non ero più andata a trovarla al Bruton, lei usciva di casa presto, e quando tornavo io era già a letto da un pezzo.
Tornai alla nostra postazione e passai il martini a Jess.
I miei occhi incrociarono quelli di Casper per qualche secondo, che fece un sorrisino illuminato dalle luci psichedeliche sopra la sua testa.
Aveva una maglia blu con la S di superman scolorita, con un notevole strappo sulla spalla destra, e un paio di jeans che fasciavano perfettamente le gambe lunghe e perfette, con delle scarpe a punta nere e lucide.
I Berlin b iniziarono a suonare, e non erano male per niente.
Casper si muoveva a suo agio sul palco, girottolando un po’ a destra un po’ a sinistra, ma non si agitava scuotendo la testa o saltando o chissà che altro.
Solo quando rubò la scena con un assolo, ed era meraviglioso, con le luci ad illuminarlo e il sudore che gli brillava sulla pelle, si permise un po’ di spettacolo, come piegarsi leggermente, e lasciare che i riccioli scuri gli coprissero gli occhi.
Fecero quattro pezzi loro, genere Garage/ Post punk, e finirono alle undici e mezza.
Io ero talmente carica di adrenalina – probabilmente anche perché dopo il gin tonic avevo fatto un giro di rum e pera- che sentivo il cuore battermi forte nel petto, come se volesse uscire.
Mentre Casper aiutava il batterista a smontare io e Jessica andammo fuori, dove si era riversata parte ella folla che prima era dentro, a fumarci una sigaretta e a chiacchierare con dei suoi amici incontrati lì.
Dopo un po’ Casper ci raggiunse fuori, lo strappo sulla maglia coperto dal chiodo di pelle simile al mio.
Era un mondo così strano e distorto quello che avevo preso a frequentare con Jessica, così luminoso e colmo di promesse di estasi, che mi sembrava di vivere una favola inquinata dal malessere che in sere come quella si trasformava in benessere.
Tutto ciò che facevamo lo facevamo per la ricerca del piacere, del divertimento, della perdizione.
Ma non me ne ero ancora resa conto.
Mi avvolgeva in maniera così invitante, quel mondo appiccicoso come zucchero filato, che ero diventata cieca.
Vedevo solo quello che dovevo vedere per perdermi ancora più affondo, lì.
Insieme a Casper c’era il bassista.
-ciao
fece Casper, in direzione mia.
-ciao
Rispose Jessica, masticando una big bubble.
Io gli sorrisi, un po’ impacciata.
-lui è Dough
Disse indicando il tipo abbastanza carino accanto a lui.
Biondo scuro, con un lato della testa rasato e una frangia scomposta, un po’ alla Elvis.
-ciao, Dough
Fece Jessica, con quel suo tono da pantera.
Mentre quei due iniziavano a chiacchierare, io avvertii che mi sarei sentita davvero in imbarazzo per il silenzio che calò tra di noi, non fosse stato che ero un po’ brilla.
Al limite dello sfinimento, Casper ruppe il silenzio.
-ti va qualche tiro?
mi chiese, cauto.
-certo.

Nel retro del Velvet c’era uno spiazzo asfaltato deserto, dove si sentiva solo l’eco del casino che c’era dentro.
-il tuo amico Dough è affidabile? Gli ho lasciato Jess così…
dissi con voce roca, traballando un po’ sui tacchi.
Subito dopo pensai che io non ero mica sicura che Casper fosse affidabile.
Lui mi guardò, e sorrise.
-che c’è?
Feci io, guardandolo male.
-niente. Sei molto bella stasera
feci un gesto scomposto con la mano, vagamente imbarazzata.
Lui rise.
-dough è un tipo affidabile, buono come il pane. La tua amica è in buone mani
-già. Forse sarebbe più giusto preoccuparsi di lui
Rise di nuovo, mentre ci mettevamo a sedere per terra, con la schiena contro il muro del locale.
Poco più in là c’era la stazione, perciò sentivamo la voce elettronica annunciare i treni in arrivo e quelli in partenza.
Casper fece la canna davvero in pochissimo tempo.
Era la persona più veloce a rollare che avessi mai conosciuto.
Fece un paio di tiri, poi la passò a me.
La voce elettronica annunciò l’imminente partenza di un treno per Greenpoint, che era a circa un’ora da lì.
-ti va di venire a Greenpoint con me?
mi chiese Casper di punto in bianco.
-ora?
-certo. Ma decidi veloce, il treno sta per partire.
nelle condizioni in cui ero, non ci pensai su troppo.
-occhei
Casper sorrise.
Si alzò in piedi e mi diede una mano, aiutandomi.
Continuando a tenerci per mano, iniziammo a correre verso la stazione, a pochi metri da lì.
Ridevamo come degli scemi, e io tenevo ancora la canna in mano.
Rischiai di cadere un paio di volte per via dei tacchi, ma Casper mi aiutò a non finire per terra.
La stazione era circondata da una rete di metallo, che voleva impedire di entrare da altre parti, se non la porta principale.
Trovammo un buco e ci infilammo sul treno che pochi secondi dopo chiuse le porte e partì.
Non mi ero neanche curata di spengere la canna, tanto i sensori non c’erano, e in più il treno era deserto.
Ci appoggiammo alla parete, lasciandoci scivolare a terra, con il fiatone.
-e adesso?
Chiesi io, guardandolo e scoppiando a ridere subito dopo.
Lui si unì alla mia risata, e ci accasciammo l’uno sull’altra, senza riuscire a smettere.
Quando ci riprendemmo dall’attacco di ridarella, io ero rannicchiata con le gambe al petto e tenevo la testa sulle sue gambe, mentre lui riaccendeva la canna, che intanto si era spenta.
Incredibile quanto le droghe migliorino i rapporti umani.
La voce più comune, che girava maggiormente nel mondo della droga, era che i rapporti tra drogati duravano solo finché entrambi assumevano droghe.
Il che ha senso, perché hai qualcosa di così piacevole e al contempo distruttivo in comune con l’altro, che senti di non poterne fare a meno.
Sei disposto a dividere tutto con lui, perché lo vedi come un altro te stesso, un fratello, un compagno della tua stessa disavventura.
Quindi se hai una pasticca la dividi, se hai mezzo grammo di eroina lo fai bastare per entrambi.
Si sostengono a vicenda, ma una volta finita la dolorosa magia, ti rendi conto che non sai come hai fatto ad interessarti tanto a quella persona, dal momento che non avete neanche niente in comune.
Ovviamente questo non valeva per me. Non ancora, almeno.
Allora non ero neanche lontanamente vicina allo stato in cui sarei finita in seguito.
La marijuana era come le verdure, paragonata a tutto il resto; solo che era più buona.
Mezz’ora dopo mi squillò il cellulare, proprio nel mezzo di una conversazione su quanto fossero fighi i New York dolls.
-pronto?
-candy! Dove cavolo siete finiti? È un secolo che io e Dough vi stiamo cercando!
Era Jessica, e non sembrava molto sobria.
-scusa Jess, ma non ti puoi rendere conto..cioè…
-candy, dove sei?
-sono su un treno per Greenpoint con Casper…siamo partiti mezz’ora fa, quindi tra un’altra mezz’ora arriviamo
-stai scherzando?
Dall’altro capo del telefono Jess scoppiò a ridere, e la sentii comunicare a Dough quello che le avevo detto.
-e che cavolo ci andate a fare a Greenpoint?
-boh
-non- ci- posso- credere!
scandì ogni parola.
-che fate, ci raggiungete o che?
-credo che staremo un altro po’ qua, poi si vede
-se vi rompete potete andare a casa mia, o di nuovo al Vicious. Comunque le chiavi sono sotto lo zerbino. Puoi portare anche Dough, ma vedete di non scopare nel mio letto, e alle tre dev’essere fuori, perché torna mia madre
-ok, ok. Ti voglio bene caramella
-anche io bambola
mi mandò un bacio e chiuse la conversazione.
-siete due tipe strane, eh
Disse Casper, sdraiandosi di nuovo, con la testa sulle mie gambe.
Io tracciai il suo profilo con un dito smaltato di rosso.
-mh-mh
Feci distrattamente.
Ero incantata dai suoi occhi.
mi sembrò per un secondo che brillassero di luce propria, come se fossi sotto effetto di un trip.
-non è che hai un cartone?
lui aggrottò le sopracciglia, e si tirò a sedere.
-perché me lo chiedi? Ti fa male
tutt’a un tratto era diventato serio, e mi osservava guardingo, come faceva Jean Paul quando mi svegliavo durante la notte e bevevo il latte direttamente dalla scatola.
-e dai. Lo so che ce l’hai. Mica lo prendo sempre, solo una volta ogni tanto, così
si frugò nella tasca dei jeans e tirò fuori una bustina trasparente.
Diede una metà del quadratino a me e tenne l'altra per se.
In quel momento dimenticai gli effetti del giorno dopo.
Magari la seconda volta non succedeva.
La misi subito in bocca, e lo stesso fece lui.
Una volta arrivati a Greenpoint l’LSD aveva iniziato a fare effetto.
La città appariva luccicante e sfarzosa, e noi ci sentivamo così potenti e incantati, mentre camminavamo per le strade con le schiene dritte e le pupille dilatate.
Ci sdraiammo supini uno accanto all’altro nel parco enorme, osservando incantati i lampioni.
-che cosa facciamo adesso?
gli chiesi un’oretta dopo, quando l’effetto dell’acido iniziava a scemare.
Lui si mise su un fianco, guardandomi.
Iniziò ad accarezzarmi i capelli, sparsi sull’erba attorno alla mia testa come un’aureola scura.
-sei un tipo strano, sai?
gli dissi. Lui sorrise.
-anche tu,sai.
  
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