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Autore: Bethan Flynn    31/05/2012    2 recensioni
Non era possibile. Non poteva essere lui.
Non adesso che finalmente, dopo dieci anni, era riuscita se non a scrollarsi di dosso il peso di quella colpa che l’aveva sempre schiacciata, perlomeno a conviverci.
Howard Link. Il cognome c’era, i due nei pure, gli occhi grigi anche.
Non li aveva mai dimenticati, e non li avrebbe dimenticati mai.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Link, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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 E’ arrivata da poco, e ancora non è uscita dalla sua camera.
Howard fissa quella porta ostinato, per metà incuriosito e per metà impaurito da quella bambina strana che suo fratello ha portato a casa.
“Starà qui con noi” gli ha detto “sii gentile” ma lei non aveva neppure detto come si chiamava, semplicemente era entrata nella camera e si era chiusa a chiave. A niente erano valsi i richiami di James, la porta era rimasta chiusa.
Quel giorno, però, Howard vuole tentare in un altro modo.
Suo fratello ha fatto un dolce – li fa sempre, è bravissimo - e il profumo si è spanto per tutta la casa. Visto che lei non mangia da tre giorni, pensa il bambino, avrà sicuramente fame.
Esce di soppiatto dalla porta della cucina, una fetta gigante di torta ben avvolta in un panno e riposta in un tascapane, e prende la scala più lunga che hanno, quella nel capanno. Gli sembra enorme, e a malapena ce la fa a trascinarla fino alla casa, sotto la finestra della bambina, e a appoggiarla al tetto antistante.
Inizia ad arrampicarsi, sudando freddo.
Soffre di vertigini, tutti i suoi amici glielo rinfacciano sempre, però questa volta per la paura non c’è posto.
“Non guardare giù” si ripete, e quella litania ha il potere di confortarlo e di farlo arrivare indenne fino al ripiano di tegole.
Non sa cosa lo induce a tentare di rompersi il collo per quella bambina, sa solo che vuole farlo, punto e basta.
Bussa piano alla finestra, le tende sono chiuse, ma una tegola di coccio scivola da sotto il suo piede, e Howard cade di schianto con un grido, afferrandosi come può a uno spunzone di ferro mal fermato.
Vede la finestra aprirsi, due occhi grandi, azzurri, fissarlo da dietro una frangetta chiarissima.
Il perno cede e lui grida di nuovo, convinto di cadere, ma una presa calda gli afferra il polso, frenando la scivolata.
-Alzati- le dita sottili della bambina sono artigliate attorno alla sua mano. Howard le afferra e si tira su, insieme entrano dalla finestra, sudati, spaventati.
-Che cosa vuoi?- gli chiede lei con uno sguardo ostile. Non si lascia intimorire, e tira fuori la fetta di torta –avrai fame. L’ha fatta mio fratello, è buonissima- dice, appoggiandola sulla scrivania –mangiala-.
Sorprendentemente, lei gli ubbidisce, prima iniziando a piluccarla controvoglia, poi finendola in un lampo, con morsi piccoli e voraci.
-Come ti chiami?- chiede intanto Howard, ma lei non risponde, di nuovo.
Finito di mangiare, lo acchiappa per un braccio e lo trascina verso la porta, aprendola di quel tanto che basta per farlo uscire.
-Mi chiamo Rie- dice, poco prima di richiuderla con uno scatto.
Howard sorride, perché non sente il cigolio della chiave nella serratura, neppure quando ha già sceso le scale.

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Si svegliò di soprassalto quando sentì bussare alla porta. Si alzò, anchilosata dalla posizione poco ortodossa in cui aveva dormito.
-Chi è?- mugugnò, buttandosi a sedere sul letto. Fissò fuori dalla finestra: era buio.
-Sono io. Posso entrare?- la voce di Link fece capolino da dietro la porta. Rie rimase qualche secondo interdetta, poi andò ad aprirgli. Che ci faceva lì a quell’ora?
-Che ci fai qui a quest’ora?- chiese, ma poi scorse il vassoio che teneva in mano, coperto da un tovagliolo.
-Non è poi così tardi. Pensavo solo che dovresti mangiare, sei convalescente- fece lui, entrando e appoggiando il vassoio sul tavolo.
-Grazie- balbettò Rie stralunata. Quella situazione le sembrava irreale.
Si ritrovavano dopo dieci anni, anni in cui lei non aveva fatto altro che cercare di far sapere il meno possibile di sé, convinta che lui la odiasse, e adesso Howard Link le portava la cena.
E si preoccupava per lei.
Sarebbe piovuto fuoco, molto presto, si disse mentre si sedeva con un sospiro.
Mentre mangiava, chiacchierarono del più e del meno, di come stava Allen, di come Rie era diventata Generale.
-Mi trovò Cross- disse, quasi strozzandosi con gli spaghetti e bypassando in corner le circostanze in cui l’aveva trovata, ovvero dentro la casa carbonizzata di James Link –e mi prese come allieva, prima di Allen. Fu allora che Hebraska cominciò ad avvertire la risonanza di diversi cubi d’innocence con la mia presenza- sorrise, ricordando come tutto le sembrasse assurdo a quel tempo –non capivo niente, né cosa fosse l’innocence, né perché dovessi fare gli impianti. Komui ci mandava in missione dovunque Hebraska avesse il sospetto potesse esserci un cubo compatibile con me, e sono arrivata a quattro- mentre parlava, Link la fissava in silenzio.
Se per ogni impianto aveva provato un dolore simile all’ultimo, c’era da meravigliarsi che non fosse impazzita.
-Con gli anni e con l’allenamento ho imparato a controllarli tutti. Non è stato facile, te lo assicuro- fece uno sbuffo, simile ad una risata sarcastica –ma ho avuto un maestro d’eccezione, diciamo. Marian è l’unico che sia compatibile di più blocchi, come me- disse –anche se non deve sopportare gli impianti. Purtroppo, dal momento in cui sono entrata in contatto con la mia innocence, quella si è trasformata in un potenziale parassita, ogni singolo cubo- continuò –questo significa che è un ibrido: non posso estrarla dal mio corpo senza sentire dolore, non posso diventarne compatibile senza provarne altrettanto-.
Il biondo era sempre più stupito: Rie rappresentava un’anomalia vivente a tutto ciò che l’Ordine sapeva sull’innocence. Compatibile di più cubi, tipo parassita, o quello che era, per ognuno di essi, e ora pure Rei.
-Ma come diamine hai fatto a non diventare matta?- la domanda gli uscì così spontanea che non riuscì a fermarla in tempo. Rie lo fissò con stupore, poi ridacchiò –è una domanda che mi sono sempre fatta anch’io- disse, poi la sua espressione si intristì –non credo di avere il diritto di impazzire, in ogni caso- mormorò. Scoprì l’ultimo piatto che le rimaneva da mangiare e rimase di sasso.
Il biondo studiò la sua reazione, cauto.
Aveva fatto un bell’azzardo, lo sapeva, ma voleva tentare di riallacciare i ponti con lei.
Rie avrebbe riconosciuto quel dolce fra mille: era quello che Howard le aveva portato quando era appena arrivata, per farla mangiare. Quando lei aveva rotto il muro di silenzio che senza quell’intervento spontaneo e sincero sarebbe durato per molto più tempo.
Aprì la bocca un paio di volte, ma non riuscì a dire niente.
Sentì le molle del letto cigolare lievemente quando Link le alleviò del suo peso, poi avvertì le mani del biondo posarsi sulle sue spalle, il petto aderente alla sua schiena.
Le vennero i brividi.
-Perché, Rie?- mormorò lui –perché sei sparita?-.
La ragazza spalancò gli occhi.
Come sarebbe a dire, “perché sei sparita?”?
Aveva ucciso suo fratello.
Aveva rischiato di uccidere anche lui.
Aveva distrutto la sua famiglia, la famiglia che l’aveva accolta.
E nonostante tutto, lui l’aveva sempre cercata.
Qualcosa in lei si spezzò.
-Io non volevo- sussurrò con un filo di voce, un nodo alla gola le impediva quasi di parlare, ma poi le lacrime iniziarono a scorrere sul suo viso, sempre più copiose, e Rie iniziò a singhiozzare.
-Non volevo! Non volevo!- gridò, si prese il viso fra le mani, graffiandosi le guance.
-Rie! Rie, calmati!- le braccia di Link si spostarono, le sue dita si strinsero attorno ai polsi di Rie, togliendole le mani dalla faccia, poi la abbracciò, stringendola così tanto da lasciarla senza fiato.
Poco a poco i singhiozzi si calmarono, ma il ragazzo vide che continuava a tenere gli occhi serrati, le mani strette attorno alle ginocchia, tesa.
Sospirò: se l’era immaginato.
Sospettava che fosse quello il motivo per cui Rie aveva continuato a scappare, e non poteva biasimarla, in effetti.
Lui avrebbe fatto lo stesso, e a onor del vero, per un certo periodo l’aveva odiata, perché credeva l’avesse fatto apposta.
Ma erano tempi vecchi, in cui era appena un bambino che ha visto morire bruciato il proprio fratello.
Non l’aveva mai odiata realmente, specialmente dopo aver capito.
-Non volevo ucciderlo- il sussurro della ragazza arrivò attutito dalla sua camicia –non volevo- sentì che stava per rimettersi a piangere, e rafforzò la stretta.
-Lo so- appoggiò il mento sui suoi capelli –stai tranquilla, Rie. Lo so- disse solo. Aveva aspettato così tanto che non si ricordava più cosa dire. Poco dopo sentì le mani di Rie aggrapparsi alla sua schiena.





Note dell'Autrice:

VISTO che prima o poi sarebbe successo QUALCOSA? (ancora non si sa cosa, ma perlomeno è qualcosa!) mi piace questo capitolo *-*
E...si, ve lo lascio in sospeso proprio così perchè amo la suspance e perchè dopo gli ultimi noiosissimi due capitoli (che poi sono ancora i primi, ma sono dettagli T^T) mi devo far perdonare!! Se qualcuno ha già letto altre mie storie, non temete: i miei colpi di scena impossibili arriveranno numerosi!! :D

Rispondiamo ai commenti:

rose princess: ma ciao ^^ sono contenta che a qualcuno siano piaciuti anche questi capitoli così...statici! Spero che ti piaccia anche questo *__* Rei diventerà determinante per un punto preciso della storia... ma avverrà un po' più in là comunque ^^ non faccio spoiler! Grazie per la recensione, continua a seguire <3 <3

Nuirene: wah *-* sono contenta che continui a seguire, grazie davvero per i complimenti! *lacrime* in effetti a Grave of Maria NON CI AVEVO PENSATO ._________. mi hai dato uno spunto geniale su come continuare la storia, sei un genio!! Ti sono debitrice :D :D :D continua a seguire, mi raccomando ^^ e non preoccuparti per le recensioni, per me è già tanto sapere che qualcuno la segue e che a qualcuno piace!! ^///^

A presto!! ^^

Bethan <3
   
 
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