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Autore: Dernier Orage    01/06/2012    3 recensioni
Dicembre 1981, Saumur.
Un ultimo dell'anno particolare per quattro diciassettenni.
Affondò nell’acqua della vasca e le dita corsero tra i capelli, così innaturali in un’atmosfera atipica, morbidi, setosi, leggerissimi ed estranei. Si guardò le mani, larghe e scure rispetto alla schiena di Ismael. La lussuria sconcertante di poterlo accarezzare tutta la notte, qualche volta di sottometterlo, ancorarlo alle lenzuola, stringerlo, stringerlo, stringerlo.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
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Everything is broken up and dances.










1 Gennaio 1982.
Era passato appena qualche minuto dallo scoccare della mezzanotte, i bagliori multicolore in cielo si sarebbero protratti per un’altra mezzoretta. L’inizio di un anno nuovo, sempre più breve rispetto al precedente, sempre più frenetico. Charlotte rimpiangeva i pomeriggi delle vacanze invernali dell’infanzia, passati a fare cartelloni con dipinto adieu 1970, adieu 1971 o a batterlo alla macchina da scrivere. I regali dalle carte colorate e i fiocchi in stoffa, vestitini, orsacchiotti di pezza, libri di colorare. I doni scambiati tra gli adulti l’ultimo dell’anno, cavatappi, carte da gioco, libri, gemelli e fermacravatte.
Charlotte bussò insistentemente alla porta della cantina, l’assenza prolungata di Ismael e Stephane aveva insospettito Maurice, facendolo arrivare a formulare ipotesi su improvvisi coma etilici o attacchi epilettici.
- Catastrofista.- Sbuffò Charlotte tirando un calcio alla porta.- Tutto okay?-
- Buon anno!- Esclamò senza allegria Ismael aprendo la porta ed appoggiandosi al muro del corridoio. Nelle scale della cantina il buio sbiadiva nelle luci tremolanti proiettate dal corridoio. Stephane comparve scompigliato e arrossato, si sistemò la camicia dentro la cintura, abbottonò il colletto e lo ripiegò dentro il maglione; Ismael gli posò una mano sulla schiena.
- Direi di rimandare la tombola a domani mattina. I piatti?- Domandò Charlotte traballando sul tacco degli stivali.
- Faccio io.- Confermò Ismael per poi allontanarsi lungo il corridoio.
Ritornò un paio di minuti dopo, spostando il mobiletto con il giradischi vicino al muretto della cucina, posando la puntina sopra un vinile e lasciando girare la farfalla dell’Elektra Records della sua copia di An American Prayer. Era profondamente affascinato da quella poesia, da quei suoni leggermente dub, psichedelici e dalla tecnica di Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore, la capacità di creare un album postumo a Jim assolutamente immenso. Si accese una sigaretta e affrontò con l’acqua calda la pila di piatti e pentole sporche.
Stephane vagava per il salone a raggruppare cuscini, recuperare bottiglie mezze vuote e sistemarle sul tavolino, voleva aprire la finestra per cambiare l’aria ma i – 7° Celsius segnalati dal termometro gli fecero cambiare idea. Se si concentrava sul fischiettare di Ismael riusciva ad escludere Charlotte e Maurice ed immaginare un appartamento tutto loro, in qualche città con i locali sempre aperti. Avrebbero invitato a cena gli amici e poi si sarebbero attardati in salotto, poca voglia di riordinare e molta di fare l’amore. Lui sarebbe diventato uno scrittore e nel frattempo avrebbe pubblicato gli articoli più disparati di nera o politica, Ismael avrebbe potuto fare qualsiasi cosa gli piacesse (non avrebbe fatto nessuna cosa non di suo gradimento).
Avrebbero dormito abbracciati tutte le notti della loro vita.
Stephane si sentì infantile a crogiolarsi nel dolce tepore dell’utopia, cercò di scrollarsi di dosso quelle sensazioni per immergersi nel presente; Charlotte e Maurice coricati sul tappeto, hashish tra due strati di tabacco in una pipa d’argilla, due francobolli viola di dietilamide dell'acido lisergico da smezzare. Diciassette anni compiuti da poco più di un mese, guanti di lana bordeaux e sogni sogni sogni.
Stephane si sdraiò e poggiò la testa sul ventre caldo di Charlotte, attraverso le ciglia vide Ismael bruciare del papier d’Arménie, il profumo di vaniglia del benzoino riempire la stanza. A Stephane non importava che Ismael fosse il simulacro di qualcosa di indefinito, qualcosa di cui aveva bisogno e quando si coricò vicino su un fianco e gli posò una mano sullo stomaco, avrebbe voluto ringraziarlo.
- Come non potrei amare degli occhi che ardono?- Mormorò Ismael e Stephane avrebbe voluto ringraziarlo per esistere, ringraziarlo per essere così solo con lui, ringraziarlo per fargli amare l’Ismael sotto la patina polverosa e sfuggente da amante europeo. Poco gli importò se Maurice li avrebbe visti quando lo baciò e baciò, lasciando scivolare la lingua sulle labbra, danzando, mordendo, accarezzando.
Stephane chiuse gli occhi per qualche minuto, per riprendere il fiato e calmare i battiti del cuore. Il giradischi suonava Take It As It Comes, sentiva il dondolio del respiro di Charlotte, i sospiri pesanti di Maurice, le mani di Ismael da quel tocco pulito e perfetto contro la schiena e lo stomaco. Forse l’atmosfera indotta dall’hashish, più le volte che avevano caricato il fornello della pipa e se l’erano passati ed ogni respiro era un bacio, forse quell’abbraccio ideale che Stephane immaginava, le braccia di Ismael attorno al torace, la testa contro il ventre di Charlotte e lei aggrappata a Maurice. Tout le monde a le droit au bien-être.
Albeggiava quando divisero i francobolli di LSD, Stephane ci scherzava sempre, appoggiandone uno sopra l’unghia del mignolo per mostrare le dimensioni identiche. La superficie leggermente tagliente sopra la lingua, i minuti di attesa nell’amplesso caldo sopra il tappeto, tra le note, i respiri, gli albori. Il riverbero della neve, dei soffici fiocchi che cadevano come piume candide in mille giochi geometrici, frattali di ghiaccio in cristalli luminosi. Il blu delle vene sugli avambracci scoperti di Ismael, le maniche della camicia arrotolate assieme al maglione, voleva portarle al viso e leccarle piano, leggermente per sentire il battito, per sentire scorrere il calore. Il profumo inusuale e stonato, recuperato in un’ampolla della memoria olfattiva: pesche mature, quasi fermentate. Calde in un cesto dimenticato al sole, succose e morbide.

Quando ore dopo si risvegliarono il cielo aveva cominciato a scurirsi e farsi di un profondo blu elettrico, perfetto per dei corvi invece che merli o l’estinto mamo nero di Molokai, visione impossibile e assurda quella del volatile polinesiano vestito a lutto nei cieli francesi dal clima nivale. Lo spesso strato di neve nel giardino era ancora morbido e bianco.
Charlotte prese la neve dal davanzale per fare delle granite con lo sciroppo di amarena nella dispensa, lasciò colare il liquido vischioso rosa scuro a contaminare l’immacolato. Tornò con quattro bicchieri su un vassoio e delle pillole per il mal di testa. Maurice si era tirato su e appoggiato con la schiena al divano, le gambe distese davanti, guardava Ismael e Stephane ancora abbracciati nel dormiveglia.
- Tutto okay?- Gli domandò posando il vassoio sul tavolino e andando a rimescolare le braci del camino, aggiunse un tronchetto di frassino stagionato e della resina nera di storace americano.
- Sì.- Maurice si scostò i capelli biondi dalla fronte, il naso camuso arrossato. Era un bel ragazzo, possente, forte, uno sportivo, aveva tutte le qualità del fair play e dell’uomo socievole; magari non capiva la poesia o il suono di certe frasi, però nelle materie scientifiche aveva voti discreti. Non brillava certamente nel maglione beige, le calze a righe.- Ma non era il tuo ragazzo?-
- Più o meno, capita.- Sospirò leggera Charlotte sedendoglisi accanto e lasciando sciogliere la neve sulla lingua.
- Se non da fastidio a te per me è indifferente.- Le comunicò lui con occhi espressivi.
- Bravo.- La neve era morbida e in fiocchi polverosi, dolce e profumatissima per lo sciroppo.
- Devo fingere di non sapere?- Le domandò Maurice incrociando le caviglie e raddrizzando le spalle.
- Credo sia inutile.- Accennò lei indicando Ismael. Il ragazzo, coricato sul pavimento, li guardava con la testa chinata all’indietro. Gli occhi grigi spalancati che seguivano i loro discorsi alternandosi dall’uno all’altra. La fronte ampia, il naso dritto, gli occhi grandi ed incavati. I ricci sparsi sul tappeto.
- Infondo Robert Badinter è riuscito ad abolire la pena di morte, riuscirà anche a depenalizzare l’omosessualità.- Gli disse calorosamente Maurice, intessendo conforto e speranza.
- Vado a preparare i croquemonsieur.- Fece per alzarsi Ismael, inginocchiandosi sul pavimento.
- No! Sparisci sempre, per una volta aspetta che Stephane si svegli. E’ ancora piccolo.- Lo fermò Charlotte. Gli allungò il bicchiere di granita.- Mangeremo più tardi.-
- A meno che non l’abbia svegliato te, urlando.- Le rispose Ismael e Maurice ridacchiò abbracciando la ragazza.- Stephane non è piccolo, è novembrino.-
Ismael si coricò nuovamente di fronte a Stephane. Le palpebre che imploravano baci nel loro fremere nelle fasi del sonno. Il calore emanato dal suo corpo, il profumo della nuca, dei capelli, la bellezza dei suoi colori, le ciglia scure sulla pelle ambrata dalle luci calde.
Sovraesposizione sensoriale. Shake dreams from your hair.

Choose they croon the Ancient Ones
The time has come again
Choose now, they croon
Beneath the moon
Beside an ancient lake
Enter again the sweet forest
Enter the hot dream
Come with us
Everything is broken up and dances.



Vagarono tra i frassini, ornielli e castagni, la luce lunare proiettava ombre lunghe e sfocate. La ricerca di un antico lago, di una radura e di fiori addormentati dalle corolle chiuse, blu, viola, rosso scuro. I sentori di corteccia e resina. La mano di Ismael contro il palmo di Stephane, un contatto caldo, forte, ruvido.
Svanire nella nebbia che calava dalle fronde più alte. Spegnere la luce.
Ritrovare il punto d’incontro tra sogno e realtà. Le note, i diesis.
Un equilibrio per tornare alla vita.
C’era solo silenzio.











λιθος σαρκοφάγος








   
 
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