WAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA *^*
Adesso vi lascio al secondo capitolo xD
2.
The jokes, laughs, smiles we shared.
Nonostante
la sofferenza procuratami dalle niente di meno che crudeli parole di
Holmes,
rispettai la sua volontà e non mi feci più vivo a
Baker Street. No, questo non
è del tutto vero; ci tornavo, spesso. Rimanevo in strada,
davanti alla finestra
del salotto senza muovermi per ore. Qualche volta, se ero fortunato,
potevo
sentirlo suonare. Questo mi rincuorava; mi convinceva che, anche se non
stava
mentalmente bene, almeno era fisicamente in salute, abbastanza da non
perdere
coscienza e poter suonare, almeno. Mi stava convincendo che lui poteva
vivere
senza di me. Io, invece, non potevo vivere senza di lui.
Ormai
era quasi un anno che mi aveva escluso dalla sua vita. Non voleva
vedermi,
quindi non gli avevo imposto la mia presenza, ma spesso avevo comunque
cercato
di ristabilire un contatto con lui, ma non aveva mai risposto ai miei
vari
biglietti, che fossero per il suo compleanno, per qualche
festività o per
congratularmi di un caso brillantemente risolto di cui avevo letto sul
giornale, in cui il suo nome non accompagnava Scotland Yard, ma il suo
metodo
di lavoro era evidente. Mi rimandò indietro anche
l’orologio che gli avevo
spedito per il suo quarantesimo compleanno, senza una riga aggiunta,
nonostante
avessi chiesto di poterlo incontrare nel biglietto. Provai anche a
mandargli un
telegramma, con scritto che avrei rivoluto indietro i vestiti che mi
aveva
rubato negli anni. Non ci tenevo a riaverli, ma se davvero intendeva
sbarazzarsi di ogni mia traccia in quella casa e nella sua vita, allora
avrebbe
dovuto concedermi di entrare per l’ultima volta a Baker
Street per riprendermi
i miei effetti, e ne avrei approfittato per tentare di instaurare una
conversazione. Avrei accettato anche di non sapere mai cosa davvero lo
massacrasse in quel modo terribile se avesse significato riaverlo al
mio
fianco, nonostante il bisogno sia fisico sia psicologico di prendermi
cura di
lui, cercare di farlo sorridere di nuovo, mi avrebbero massacrato a mia
volta.
Mi bastava di averlo di nuovo nella mia vita, ironico o freddo e cinico
che
fosse. Male che fosse andata, almeno avrei potuto rivederlo
un’ultima volta.
Forse mi avrebbe preso a pugni, mi avrebbe intimato di andarmene, ma
avrei
avuto l’opportunità di dirgli tutte quelle cose
che mi ero tenuto dentro nel
corso degli anni.
Quel
telegramma era la mia ultima speranza. Avevo anche deciso in quale
giorno sarei
andato a Baker Street in caso di mancata risposta. A quel punto, si
sarebbe
sicuramente aspettato il mio arrivo e non avrebbe potuto rimproverarmi
in alcun
modo della mancata promessa. Invece, quando ormai avevo deciso che
quello
stesso pomeriggio sarei andato al 221b, prima dell’ora di
pranzo, arrivò Billy
a Cavendish Place con un borsone.
“Dice che non deve venire a riportargli la borsa e che
può tenersela.” Aveva
detto, e se n’era andato così. Holmes aveva
trovato un altro metodo per
liberarsi di me. Ne avrebbe sempre trovato uno, qualunque cosa io
facessi. Ogni
tentativo di contatto era andato perduto, non sapevo più
cosa fare per poter
parlare con lui. Non potevo tendergli un’imboscata sotto
casa, sarebbe stato
irrispettoso nei suoi confronti, e lui non avrebbe di certo esitato a
rompermi
il naso solo perché di fronte a tutta la città.
Dovevo avere il suo consenso per potermi avvicinare.
Mary
sosteneva che in quelle condizioni mi sarei ammalato presto. Era
già un po’ di
tempo che ogni tanto decidevo di non aprire lo studio perché
troppo distratto o
troppo nervoso per lavorare, pensando con ossessione a cosa Holmes
stesse
facendo in quel momento.
Io
non avevo riscontrato quei grandi cambiamenti nel mio carattere che mia
moglie
andava dicendo; facevo di tutto per tenermi il mio dolore dentro ed
impedire
che mia moglie riconoscesse quanto infelice fossi con lei rispetto a
quanto ero
felice quando ancora vivevo nei nostri – suoi
- alloggi. Avevo
già ferito
incredibilmente la persona più importante delle mia vita,
non volevo infierire
anche sulla povera Mary, ma lei se n’era probabilmente
già accorta. A suo dire,
ero dimagrito fin troppi chili – i suoi muffin non mi
sembravano più così
appetitosi, ero diventato burbero e scontroso con chiunque mi
rivolgesse la
parola, non sorridevo da mesi. Io non mi ero reso conto di niente.
Mia
moglie era diventata incredibilmente irritante, per me. Mi rendevo
conto che
Mary non era cambiata affatto dal giorno del nostro matrimonio, ma non
riuscivo
a non trovarla insopportabile comunque. Ci avevo provato, ad amarla,
sin dal
giorno in cui l’avevo incontrata, nella vana speranza che lei
avrebbe potuto
cancellare Holmes dal mio cuore, ma mai avevo avuto successo. Avevo
comunque
iniziato a nutrire un profondo affetto, per lei, con il tempo, ma
niente che
andasse oltre un rapporto tra fratelli. Per questo, avevo avuto non
poche
difficoltà a “consumare” il matrimonio.
Non con poca vergogna ammetto che vi
riuscivo solo quando chiudevo gli occhi e pensavo che ci fosse Holmes
sotto di
me, però dovevo serrare le labbra e sforzarmi di non
pronunciare nessun nome.
Ormai
vedevo Mary come un intralcio; per quanto lei fosse la mia compagna
legittima,
non riuscivo a concepire il pensiero che fosse mio dovere stare con lei
anziché
con Holmes. Parlando chiaramente, la gelosia mostrata da Holmes durante
il mio
corteggiamento a Mary era il punto focale della mia attenzione; lui
avrebbe
dovuto essere considerato ciò che si frapponeva tra me e mia
moglie
praticamente da sempre, quando non riuscivo a non vedere lei
come un ostacolo alla mia relazione con Holmes, ancora con il
vestito candido e il velo di pizzo ad aleggiare su di me ogni volta che
muovevo
anche solo un passo verso Baker Street, come se il matrimonio avesse
dovuto
impedirmi di stargli vicino in qualunque
senso. In realtà, non avevo mai considerato i tentativi di
Holmes di sabotare
il mio matrimonio con vera irritazione; ciò che mi aveva
sempre dato fastidio
era il fatto che lui sembrava ritenersi autorizzato a decidere sulla
mia vita;
mi vergogno quindi a dire che probabilmente la mia mente mi abbia
spinto a
sposare Mary per puro capriccio. E con un simile, infantile gesto,
avevo ferito
l’unica persona di cui mi importasse davvero, avrei presto
ferito Mary, che mai
avevo amato, e continuavo a ferire anche me. Ero stato un vero e
proprio
idiota, allo stesso livello degli Yarders… e il che
è tutto dire.
Il matrimonio aveva rovinato tutto e tutti. Tre persone coinvolte, tre
persone
distrutte. Quale sarebbe stato il mio rapporto con Holmes se non mi
fossi mai sposato?
La risposta era ovvia. In quel momento sarei stato seduto sulla mia
vecchia
poltrona, accanto a lui, cercando di leggere il giornale mentre lui si
perdeva
in soliloqui lunghissimi e con un senso preciso solo per lui. Niente,
dunque,
sarebbe cambiato, se io non avessi preso quella stupida decisione.
Pensandoci
così, a mente fredda, non potevo non pensare che fosse mia
la colpa delle
attuali condizioni del mio collega.
Alla
fine, però, non riuscivo ad incolpare neanche me stesso:
nella mia mente, la colpa
era di Mary. Per due uomini, in un’epoca come la nostra,
ammettere il proprio
amore era rischioso e si mancava di coraggio per farlo. Ma, se
considerate le
voci già in giro su me e Holmes, seppure false, la natura
dei miei (se non dei nostri)
sentimenti avrebbe dovuto essere
ovvia. Perché, dunque, mi aveva permesso di sposarla se
sapeva che così avrei
ferito me stesso, Holmes e sicuramente, in futuro, anche lei medesima?
Ovviamente adesso posso riconoscere con tranquillità che
Mary non aveva nessuna
colpa, la responsabilità era tutta mia, ma in quel periodo
avrei dato l’anima
pur di non addossarmi la colpa delle condizioni fisiche e morali di
Holmes.
Se i miei rapporti con Holmes erano andati velocemente deteriorandosi,
quelli
di Mary con Mycroft si erano fortificati con una regolare
corrispondenza.
Infatti tra loro si era istaurata una buona amicizia nel periodo che
Mary passo
a Chichester e io ero nel Continente con Holmes.
All’inizio
avevo avuto dei dubbi sulla natura dei loro rapporti, ma non solo mi
scoprii
indifferente ad un ipotetico tradimento, ma pure speranzoso,
perché questo mi
avrebbe dato un’ottima motivazione per andarmene.
Ancora
stavo cercando di trovare un modo per riuscire ad ottenere un incontro
con
Holmes quando una mattina arrivò per posta una lettera
inaspettata.
Fui
io a ritirarla dal postino, quindi fui il primo a vedere sulla busta
quella
calligrafia familiare scrivere un nome che non era il mio.
Holmes
aveva scritto a Mary. Perché?
Erano
mesi che non mi concedeva una parola o un biglietto e adesso scriveva a
mia
moglie, una donna che aveva sempre odiato tanto?!
Non violai la sua privacy leggendo una lettera non indirizzata a me e
gliela
portai ancora sigillata in cucina, dove stava preparando dei muffin. Le
lanciai
letteralmente la busta, visibilmente di pessimo umore ora, sotto al suo
sguardo
ovviamente curioso e confuso.
“E’
di Holmes.” Dissi freddamente, guardandola prendere la busta
seppur il suo
sguardo fosse ancora su di me.
“Mycroft.” Disse risoluta.
“Sherlock.”
Adesso
il suo sguardo confuso si accentuò mentre spiegava il foglio
ed iniziava a
leggere.
Vedendo
la sua espressione cambiare da curiosità a tristezza
profonda, il mio stato
d’animo mutò velocemente da rabbia crescente a
preoccupazione.
Mary
cadde sulle ginocchia piangendo. Mi avvicinai e mi inginocchia vicino a
lei sul
pavimento, togliendole cautamente la lettera di Sherlock dalle mani per
leggerla.
Mary
mi lanciò le braccia al collo, ancora più
disperata. Cosa poteva averle scritto
Holmes per farla reagire così?
Riporterò
qui la lettera così come arrivò:
Mrs.
Watson,
suppongo
sia
stupita nel trovare una mia lettera indirizzata a Lei, così
come suppongo che
suo marito si preoccuperà bene di leggerla poiché
non ha avuto mie notizie
finora. Tuttavia, in nome dell’onestà, mi trovo
costretto a specificare che ancora
non nutro grande apprezzamento nei suoi confronti e che se mi fosse
stato
possibile, avrei accuratamente evitato di scriverle.
Il
motivo per
cui ho dovuto scrivere questa lettera è il rispetto che
nutro verso mio
fratello, con cui so aveva una regolare corrispondenza. Dunque,
considerandola
sua buona amica, credo sia mio compito comunicarle che questa notte
Mycroft ha
avuto un attacco cardiaco nella sua casa di Pall Mall e che attualmente
è
ricoverato al Charing Cross Hospital, in caso voglia fargli visita. Le
consiglio
di andare in fretta; i medici hanno detto che quello era solo il primo
colpo
prima dell’atto finale.
Sherlock
Holmes.