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Autore: a Game of Shadows    01/06/2012    1 recensioni
Il primo capitolo partecipa come Shot indipendente al Contest "Spargilacrime" indetto da veronic90 e giudicato da superkiki92. L'intera fic partecipa al contest "Due Cuori e Un Abito da Sposa" indetto da Hariken e Silyia_Shio e partecipa al Trentaduesimo Turno del forum Never Ending Story Awards indetto da Lady Vesi, nelle categorie "Best Long-Fiction", "Best Angst", "Best Post-Series Finale Fic", "Best Male" e "Best Scena" nel capitolo uno. La fic (deprimente fino al midollo ._.) tratta il rapporto tra Holmes e Watson in seguita alla conclusione del caso Moriarty e del matrimonio del dottore e il rapporto tra Holmes e il fratello.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Contest Fics!'
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Helloooooo. Secondo capitolo, accompagnato dal primo premiuccio vinto *^*

WAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA *^*

Adesso vi lascio al secondo capitolo xD

2.      The jokes, laughs, smiles we shared.

Nonostante la sofferenza procuratami dalle niente di meno che crudeli parole di Holmes, rispettai la sua volontà e non mi feci più vivo a Baker Street. No, questo non è del tutto vero; ci tornavo, spesso. Rimanevo in strada, davanti alla finestra del salotto senza muovermi per ore. Qualche volta, se ero fortunato, potevo sentirlo suonare. Questo mi rincuorava; mi convinceva che, anche se non stava mentalmente bene, almeno era fisicamente in salute, abbastanza da non perdere coscienza e poter suonare, almeno. Mi stava convincendo che lui poteva vivere senza di me. Io, invece, non potevo vivere senza di lui.

Ormai era quasi un anno che mi aveva escluso dalla sua vita. Non voleva vedermi, quindi non gli avevo imposto la mia presenza, ma spesso avevo comunque cercato di ristabilire un contatto con lui, ma non aveva mai risposto ai miei vari biglietti, che fossero per il suo compleanno, per qualche festività o per congratularmi di un caso brillantemente risolto di cui avevo letto sul giornale, in cui il suo nome non accompagnava Scotland Yard, ma il suo metodo di lavoro era evidente. Mi rimandò indietro anche l’orologio che gli avevo spedito per il suo quarantesimo compleanno, senza una riga aggiunta, nonostante avessi chiesto di poterlo incontrare nel biglietto. Provai anche a mandargli un telegramma, con scritto che avrei rivoluto indietro i vestiti che mi aveva rubato negli anni. Non ci tenevo a riaverli, ma se davvero intendeva sbarazzarsi di ogni mia traccia in quella casa e nella sua vita, allora avrebbe dovuto concedermi di entrare per l’ultima volta a Baker Street per riprendermi i miei effetti, e ne avrei approfittato per tentare di instaurare una conversazione. Avrei accettato anche di non sapere mai cosa davvero lo massacrasse in quel modo terribile se avesse significato riaverlo al mio fianco, nonostante il bisogno sia fisico sia psicologico di prendermi cura di lui, cercare di farlo sorridere di nuovo, mi avrebbero massacrato a mia volta. Mi bastava di averlo di nuovo nella mia vita, ironico o freddo e cinico che fosse. Male che fosse andata, almeno avrei potuto rivederlo un’ultima volta. Forse mi avrebbe preso a pugni, mi avrebbe intimato di andarmene, ma avrei avuto l’opportunità di dirgli tutte quelle cose che mi ero tenuto dentro nel corso degli anni.

Quel telegramma era la mia ultima speranza. Avevo anche deciso in quale giorno sarei andato a Baker Street in caso di mancata risposta. A quel punto, si sarebbe sicuramente aspettato il mio arrivo e non avrebbe potuto rimproverarmi in alcun modo della mancata promessa. Invece, quando ormai avevo deciso che quello stesso pomeriggio sarei andato al 221b, prima dell’ora di pranzo, arrivò Billy a Cavendish Place con un borsone.
“Dice che non deve venire a riportargli la borsa e che può tenersela.” Aveva detto, e se n’era andato così. Holmes aveva trovato un altro metodo per liberarsi di me. Ne avrebbe sempre trovato uno, qualunque cosa io facessi. Ogni tentativo di contatto era andato perduto, non sapevo più cosa fare per poter parlare con lui. Non potevo tendergli un’imboscata sotto casa, sarebbe stato irrispettoso nei suoi confronti, e lui non avrebbe di certo esitato a rompermi il naso solo perché di fronte a tutta la città.
Dovevo avere il suo consenso per potermi avvicinare.

Mary sosteneva che in quelle condizioni mi sarei ammalato presto. Era già un po’ di tempo che ogni tanto decidevo di non aprire lo studio perché troppo distratto o troppo nervoso per lavorare, pensando con ossessione a cosa Holmes stesse facendo in quel momento.

Io non avevo riscontrato quei grandi cambiamenti nel mio carattere che mia moglie andava dicendo; facevo di tutto per tenermi il mio dolore dentro ed impedire che mia moglie riconoscesse quanto infelice fossi con lei rispetto a quanto ero felice quando ancora vivevo nei nostri – suoi - alloggi.  Avevo già ferito incredibilmente la persona più importante delle mia vita, non volevo infierire anche sulla povera Mary, ma lei se n’era probabilmente già accorta. A suo dire, ero dimagrito fin troppi chili – i suoi muffin non mi sembravano più così appetitosi, ero diventato burbero e scontroso con chiunque mi rivolgesse la parola, non sorridevo da mesi. Io non mi ero reso conto di niente.

Mia moglie era diventata incredibilmente irritante, per me. Mi rendevo conto che Mary non era cambiata affatto dal giorno del nostro matrimonio, ma non riuscivo a non trovarla insopportabile comunque. Ci avevo provato, ad amarla, sin dal giorno in cui l’avevo incontrata, nella vana speranza che lei avrebbe potuto cancellare Holmes dal mio cuore, ma mai avevo avuto successo. Avevo comunque iniziato a nutrire un profondo affetto, per lei, con il tempo, ma niente che andasse oltre un rapporto tra fratelli. Per questo, avevo avuto non poche difficoltà a “consumare” il matrimonio. Non con poca vergogna ammetto che vi riuscivo solo quando chiudevo gli occhi e pensavo che ci fosse Holmes sotto di me, però dovevo serrare le labbra e sforzarmi di non pronunciare nessun nome.

Ormai vedevo Mary come un intralcio; per quanto lei fosse la mia compagna legittima, non riuscivo a concepire il pensiero che fosse mio dovere stare con lei anziché con Holmes. Parlando chiaramente, la gelosia mostrata da Holmes durante il mio corteggiamento a Mary era il punto focale della mia attenzione; lui avrebbe dovuto essere considerato ciò che si frapponeva tra me e mia moglie praticamente da sempre, quando non riuscivo a non vedere lei come un ostacolo alla mia relazione con Holmes, ancora con il vestito candido e il velo di pizzo ad aleggiare su di me ogni volta che muovevo anche solo un passo verso Baker Street, come se il matrimonio avesse dovuto impedirmi di stargli vicino in qualunque senso. In realtà, non avevo mai considerato i tentativi di Holmes di sabotare il mio matrimonio con vera irritazione; ciò che mi aveva sempre dato fastidio era il fatto che lui sembrava ritenersi autorizzato a decidere sulla mia vita; mi vergogno quindi a dire che probabilmente la mia mente mi abbia spinto a sposare Mary per puro capriccio. E con un simile, infantile gesto, avevo ferito l’unica persona di cui mi importasse davvero, avrei presto ferito Mary, che mai avevo amato, e continuavo a ferire anche me. Ero stato un vero e proprio idiota, allo stesso livello degli Yarders… e il che è tutto dire.
Il matrimonio aveva rovinato tutto e tutti. Tre persone coinvolte, tre persone distrutte. Quale sarebbe stato il mio rapporto con Holmes se non mi fossi mai sposato? La risposta era ovvia. In quel momento sarei stato seduto sulla mia vecchia poltrona, accanto a lui, cercando di leggere il giornale mentre lui si perdeva in soliloqui lunghissimi e con un senso preciso solo per lui. Niente, dunque, sarebbe cambiato, se io non avessi preso quella stupida decisione. Pensandoci così, a mente fredda, non potevo non pensare che fosse mia la colpa delle attuali condizioni del mio collega.

Alla fine, però, non riuscivo ad incolpare neanche me stesso: nella mia mente, la colpa era di Mary. Per due uomini, in un’epoca come la nostra, ammettere il proprio amore era rischioso e si mancava di coraggio per farlo. Ma, se considerate le voci già in giro su me e Holmes, seppure false, la natura dei miei (se non dei nostri) sentimenti avrebbe dovuto essere ovvia. Perché, dunque, mi aveva permesso di sposarla se sapeva che così avrei ferito me stesso, Holmes e sicuramente, in futuro, anche lei medesima?
Ovviamente adesso posso riconoscere con tranquillità che Mary non aveva nessuna colpa, la responsabilità era tutta mia, ma in quel periodo avrei dato l’anima pur di non addossarmi la colpa delle condizioni fisiche e morali di Holmes.
Se i miei rapporti con Holmes erano andati velocemente deteriorandosi, quelli di Mary con Mycroft si erano fortificati con una regolare corrispondenza. Infatti tra loro si era istaurata una buona amicizia nel periodo che Mary passo a Chichester e io ero nel Continente con Holmes.

All’inizio avevo avuto dei dubbi sulla natura dei loro rapporti, ma non solo mi scoprii indifferente ad un ipotetico tradimento, ma pure speranzoso, perché questo mi avrebbe dato un’ottima motivazione per andarmene.

Ancora stavo cercando di trovare un modo per riuscire ad ottenere un incontro con Holmes quando una mattina arrivò per posta una lettera inaspettata.

Fui io a ritirarla dal postino, quindi fui il primo a vedere sulla busta quella calligrafia familiare scrivere un nome che non era il mio.

Holmes aveva scritto a Mary. Perché?

Erano mesi che non mi concedeva una parola o un biglietto e adesso scriveva a mia moglie, una donna che aveva sempre odiato tanto?!
Non violai la sua privacy leggendo una lettera non indirizzata a me e gliela portai ancora sigillata in cucina, dove stava preparando dei muffin. Le lanciai letteralmente la busta, visibilmente di pessimo umore ora, sotto al suo sguardo ovviamente curioso e confuso.

“E’ di Holmes.” Dissi freddamente, guardandola prendere la busta seppur il suo sguardo fosse ancora su di me.
“Mycroft.” Disse risoluta.
“Sherlock.”

Adesso il suo sguardo confuso si accentuò mentre spiegava il foglio ed iniziava a leggere.

Vedendo la sua espressione cambiare da curiosità a tristezza profonda, il mio stato d’animo mutò velocemente da rabbia crescente a preoccupazione.

Mary cadde sulle ginocchia piangendo. Mi avvicinai e mi inginocchia vicino a lei sul pavimento, togliendole cautamente la lettera di Sherlock dalle mani per leggerla.

Mary mi lanciò le braccia al collo, ancora più disperata. Cosa poteva averle scritto Holmes per farla reagire così?

Riporterò qui la lettera così come arrivò:

 

Mrs. Watson,

suppongo sia stupita nel trovare una mia lettera indirizzata a Lei, così come suppongo che suo marito si preoccuperà bene di leggerla poiché non ha avuto mie notizie finora. Tuttavia, in nome dell’onestà, mi trovo costretto a specificare che ancora non nutro grande apprezzamento nei suoi confronti e che se mi fosse stato possibile, avrei accuratamente evitato di scriverle.

Il motivo per cui ho dovuto scrivere questa lettera è il rispetto che nutro verso mio fratello, con cui so aveva una regolare corrispondenza. Dunque, considerandola sua buona amica, credo sia mio compito comunicarle che questa notte Mycroft ha avuto un attacco cardiaco nella sua casa di Pall Mall e che attualmente è ricoverato al Charing Cross Hospital, in caso voglia fargli visita. Le consiglio di andare in fretta; i medici hanno detto che quello era solo il primo colpo prima dell’atto finale.

 

Sherlock Holmes.

   
 
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