Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Hidden_Lily    03/06/2012    0 recensioni
Bisogna sempre aggrapparsi alle ventate d'aria fresca che ci vengono in soccorso. Anche fosse solo una. C'è da inspirarla con avidità e portarsela dentro finchè si riesce. C'è da farla diventare la propria luce, così da rischiarare le ombre che avvolgono l'animo.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 2















"Dobbiamo andare, o arriveremo tardi!" Era allegria, che mi incitava a prepararmi. Quella notte avevo dormito da loro. Succedeva spesso.
Loro vivono tutti insieme mentre io ero sola, in una casetta che condividevo con due folletti, dall'altra parte del fiume.
Quando mi incontravo con le mie maschere di sera, quindi, mi è difficile tornare a casa da sola, anche perchè avrei rischiato di imbattermi in brutti ceffi.
Non era una bella zona, quella in cui vivevo. Era isolata, grigia, lontana dalla gioia e ricoperta di ombre. O forse ero io a vederla così. Non saprei. Di certo i folletti erano tranquilli di vivere lì, ma io non riuscivo ad esserlo quando loro.
"Arrivo! Mi cambio subito!" Ho trangugiato il caffè rimasto nella tazza, mi sono alzata ed, in tutta fretta, ho cominciato a raccattare la mia roba.
Mi sono cambiata, lavata e sistemata più in fretta di quanto non avessi mai fatto in vita mia.
"Sono pronta! Affetto è già andato?"
"Sì!" Allegria mi ha risposto ridacchiando, come faceva il più delle volte.
E' proprio per questo che era bello stare in sua compagnia: ogni cosa diventa motivo di divertimento. Ogni preoccupazione svaniva, ogni nuvola si schiariva. In più la sua risata è contagiosa.
“Corriamo allora!”
Dovevamo riuscire ad arrivare alla scuola di ceramica in tempo, prima che cominciassero. Stavamo costruendo un vaso enorme, tutti insieme, e quel giorno avremmo dovuto aggiustarne la superfice. Limarla, lisciarla e lucidarla. Sia quella interna che quella esterna.
"Sai...tra qualche mese dovrò andarmene."
"Perchè?"
"Non mi è più permesso restare qui, con voi..."
Stavamo camminando a passo spedito, mi sarei dovuta tenere il fiato per la corsa ma…sentivo di doverglielo dire. Forse avevo solo bisogno di sfogarmi.
"Ma...come mai?"
"Quelli che stanno dall'altra parte...non vogliono."
"Ah...non c'è proprio modo perchè tu possa restare?"
Un'altra cosa bella di Allegria è che capiva quando e quanto volevo parlare di quello che mi riguardava.
Non ha fatto mai domande specifiche. Tutte le cose che sa, quelle che le ho detto, che riguardavano me, le conosce perché ho parlato di mia spontanea volontà.
"Beh...in effetti un modo ci sarebbe."
"Allora che aspettiamo! Ti aiuto io!" E mi ha sorriso, ridacchiando appena. Non era una risata di scherno. Non è capace a farne, lei.
"Volentieri! Ma è una cosa che devo fare da sola..."
"Oh...ho capito. Ma sappi che se hai bisogno sono sempre qui."
"Lo so. Grazie." E mentre aspettavamo che un semaforo diventasse verde, mi sono slanciata in avanti per abbracciarla. Lei ha ricambiato con una stretta ancora più energica e vigorosa, sinceramente sentita.

Alla fine, fortunatamente, siamo riuscite ad arrivare prima che il professore cominciasse, e rivedere anche le altre maschere, per me, è stato come una boccata d'aria fresca.

Non sono mai stata brava nei lavori manuali, a differenza degli altri, quindi mi limitavo a fare il minimo indispensabile, per evitare di far danni.
Sono sempre stata molto goffa, quindi ho sempre preferito tenermi alla larga il più possibile dal lavoro, soprattutto quando si tratta di lavori delicati. Allo stesso tempo, però, mi sembrava di essere lasciata indietro: gli altri erano così entusiasti di cimentarsi negli arrangiamenti più difficili, ed alla fine riuscivano anche senza troppa difficoltà. Non come me che, appena avvicinavo l’attrezzo alla ceramica, cominciavo a tremare.
Sono sempre stata paurosa, l’avevo già detto, no?
O, forse, sarebbe meglio dire insicura.

"Ho deciso che tu verrai a vivere con noi" Indispensabile mi si era piazzato davanti, sedendosi sul banco di fronte a me e dando la schiena alla cattedra del professore. Tanto era uscito. I ritocchi alla superficie del vaso erano stati terminati da un pezzo.
“Sarebbe bellissimo… “
Già, sarebbe stato davvero bellissimo. Il massimo. La mia utopia. Peccato che lo sapevo… Sapevo che non sarei potuta restare. Che non sarei mai potuta andare a vivere con loro. Sapevo che me ne sarei dovuta andare presto. Sapevo che ci sarei stata malissimo, e che, inevitabilmente, avrei fatto star male anche loro.
“Sappi, però, che andresti incontro all’esaurimento nervoso: avendoti in giro per casa dovrai sorbirti tutte le mie lamentele ed i miei sfoghi. Ventiquattro ore su ventiquattro. Senza scampo.” E mi ha sorriso, prima di chinarsi lateralmente per afferrare una matita ed un quaderno.
Indispensabile era bravissimo a disegnare. Adoravo le sue vignette. Lentamente, senza farlo apposta, ne stavo diventando dipendente. Se solo fossero state più frequenti avrei rischiato di creare un altro mondo all’interno del mio mondo.
Che fine fanno i mondi-matriosca? Scatenano il caos.

“Sai bene che per me non sarebbe un peso, anzi.” Dopotutto io sono stata progettata per essere d’aiuto al prossimo. Sono stata creata per dar sollievo, per sostenere, per non abbandonare quindi, ormai, vivo per ascoltare i problemi degli altri. Se mi concentro sui loro dimentico i miei. Se mi concentro sui loro posso fingere di vivere la loro vita, anche solo per qualche istante. Posso dimenticarmi della mia. Con la loro sofferenza posso offuscare la mia.
Vivo aggrappandomi alla vita degli altri, passandoci attraverso.

“Tu.” Si era isolato per qualche secondo, cominciando a tracciare sul foglio bianco dei piccoli tratti neri, decisi, estremamente precisi. Tratti che, in breve, hanno dato vita a volti, espressioni, persone.
Due persone. Una davanti all’altra.
Una che parla. Parla davvero tanto, gesticolando. E l’altra che lo ascolta. Apparentemente. In realtà, una nuvoletta che sbuca dalla sua testa, rivela quanto stia pensando a tutt’altro.
“Ahah. Ma non è vero!” Indispensabile era così: capace di farmi ridere, di farmi vivere..e di mirare al cuore.
“Come faremo senza di te?” Mi struggeva. Era così indifeso. Aveva bisogno di protezione…come potevo abbandonarlo?
“Come farò, io, senza di voi?” Mi veniva da piangere, e quando la prima lacrima è riuscita a tuffarsi giù dalla guancia, lui era già lì, pronto a consolarmi e a stringermi a sé. Ed ha continuato ad abbracciarmi a lungo, accarezzandomi la schiena con i gesti ritmici e continui della sua mano destra.





















  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Hidden_Lily