Anche questo capitolo non è stato corretto dalla mia santissima amica Michela, perché ho fatto gli ultimi ritocchi giusto ieri e volevo pubblicarlo al più presto, ma non potevo imporle di correggermi il capitolo velocemente visto la miriade di impegni che ha per l'università. Quindi mi assumo la piena responsabilità di qualsiasi tipo di errori, dalla grammatica alla forma, contenuto compreso. :)
Prometto di rivedere e correggere tutta la storia una volta finito questo maledettissimo anno scolastico, esami compresi.
Vi lascio alla lettura, sperando che vi piaccia anche questo capitolo, nonostante sia tutto incentrato sul protagonista maschile della storia. ;)
Cap. 22
Mi sto annoiando.
Niente in televisione e niente da fare. Non ho neanche voglia di giocare all’X-BOX, cosa più unica che rara...
Ormai è tardo pomeriggio, ma quella rompiscatole di Aurora non si è ancora fatta viva.
Mi sento strano, mi sembra
di non essere all’altezza di fare nulla. Se anche solo un demone di livello
medio attaccasse ora, non riuscirei a sconfiggerlo tanto sono demoralizzato.
Non mi ero mai sentito
così…così…vuoto. È una sensazione fastidiosissima, mi sembra che persino
respirare sia difficoltoso. Sento un peso sullo stomaco e non è dovuto al
pranzo, perché quello è già stato digerito e scaricato nel gabinetto.
Mi rifiuto di credere che
il mio stato d’animo sia in qualche modo legato all’assenza di Aurora, ma da
quando la conosco mi comporto in modo troppo strano. Non solo sono gentile con
un’umana, ma l’accolgo in casa mia, le lascio toccare le mie cose… Ho
addirittura cucinato per lei!
Sicuramente mi sono un po’
affezionato alla ragazza… Ma la cosa ancora più strana è che non voglio
portarmela a letto. Non solo almeno. Non mi basterebbe un’oretta di sesso al
giorno con lei, vorrei saperla sempre al sicuro. Vorrei saperla sempre con
qualcuno di affidabile, che la salvi da tutti quei demoni che sembrano avercela
con lei. Insomma, la vorrei sempre accanto a me!
Solo per proteggerla, sia
chiaro… Anche se ci andrei a letto volentieri, la bacerei fino a farle mancare
l’aria, la stringerei forte tra le braccia fino a sentire il suo corpo
completamente a contatto col mio…
Scrollo la testa,
leggermente imbarazzato dai miei stessi pensieri.
Non so perché ho questa
inspiegabile voglia di proteggerla. So solo che ho sempre paura che si faccia
male e non so come reagirei se la dovessero uccidere.
Mi dirigo verso il bagno e
comincio a spogliarmi.
Anche nel combattimento mi
sono rammollito, a causa della preoccupazione che nutro nei suoi confronti. La
sola paura di saperla in pericolo mi distrae!
Tra Distruttori siamo
abituati a non preoccuparci per i nostri compagni o per i famigliari. Tutti noi
siamo addestrati al meglio e, in teoria, sappiamo reagire in ogni condizioni,
anche con un figlio agonizzante tra le mani.
Ma lei è umana...una stupenda umana dai capelli dorati e gli
occhi scuri.
Mi butto sotto la doccia e
mi sento rinascere quando l’acqua fredda entra a contatto con la mia pelle.
Mentre l’acqua mi scivola
lungo il corpo accarezzandomi dolcemente, i miei pensieri si concentrano su un
quesito della massima importanza: “Cosa fare questa sera?”.
Cosa potrei fare? Vediamo
un po’…
Ho voglia di una pizza,
una bella pizza con prosciutto crudo e salame piccante! Ho già l’acquolina in
bocca!
Però andare da solo in
pizzeria non è l’ideale… Mi servirebbe compagnia…
Non sono mai stato in
pizzeria con Aurora, di solito ci limitiamo ad andare a prendere le pizze e
mangiarle sul mio divano mentre ci guardiamo un film. Quasi sempre lei inizia a
chiacchierare sulla sua giornata a scuola e contemporaneamente cerca di
mangiare la sua pizza senza farla cadere. L’ultima volta gesticolava tanto nel
parlare di una sua compagna di classe particolarmente esasperante che il pezzo
di pizza le è volato di mano per finire dritto sul bracciolo del mio adorato
divano. Si è subito voltata verso di me, terrorizzata e contrita, aveva
addirittura preso a mordersi le labbra in attesa della mia reazione, ma
vedendola con quell’espressione non ho potuto fare altro che scoppiarle a
ridere in faccia.
Fortuna che lei preferisce le pizze bianche e abbiamo
pulito il divano in un attimo!
Scrollo la testa per
tornare al presente. Nonostante sia un ricordo abbastanza stupido, mi ritrovo a
ridacchiare da solo come un idiota.
Devo portarla in pizzeria
prima o poi, voglio proprio vedere se riesce a combinare disastri anche lì con
tutte le persone agli altri tavoli che la fissano.
Ma anche oggi non si fa viva... Chiamarla è fuori
discussione, le ho già mandato dei messaggi per primo, non posso essere sempre
io quello che inizia a scrivere!
All’improvviso mi immobilizzo sotto il getto d’acqua.
Mi è sembrato di aver sentito la porta
aprirsi!
Uno spiraglio di luce
sembra illuminare quella giornata grigia! Di corsa mi sciacquo ed afferro un
asciugamano per legarmelo in vita. Mi precipito fuori dal bagno, in soggiorno.
Scruto attentamente l’ambiente, ma di Aurora neanche l’ombra.
Non è delusione quela che
provo, però ci si avvicina molto.
Rimango ancora un attimo
lì, a fissare il vuoto.
Mi tiro un colpo sulla
fronte.
Come mi sto riducendo?! Non posso essere così dipendente da una ragazza, non ha senso!
È come se fossi imprigionato,
sono in una gabbia e posso muovermi solo lo stretto indispensabile. Non riesco
a capire. È come se…. È come se fossi…
Oh cazzo!
Mi vesto con calma,
pensieroso. Ho bisogno di una pausa, devo uscire un po’ per schiarirmi le idee.
Non posso essermi preso una cotta, non io! Io le donne le uso e loro usano me,
solo per una relazione puramente sessuale. Nient’altro.
Però come spiegare
altrimenti il mio comportamento ed i miei pensieri verso Aurora? Non ci sono
neanche mai stato a letto con lei! Come posso essermi preso una cotta?
Mi manca il fiato. Devo scappare…
Mi blocco sulla soglia con
il giubbotto in mano.
E se poi viene e non mi trova in casa?
Sbuffo infastidito. Non
ne posso più… Sembro quasi uno di quegli sfigati che dipendono dalla propria
fidanzata per uscire.
Io non sono fidanzato, sono libero ed indipendente! La monogamia non fa per me…
Sbatto la porta alle mie
spalle e mi lancio per le strade torinesi respirando la libertà dei single.
Dopo dieci passi mi
blocco.
Ma porca tr…!
Digrignando i denti
ritorno sui miei passi e rientro in casa.
Maledizione! Maledizione! Maledizione!
Strappo un pezzo di carta
dal blocchetto per gli appunti che tengo in sala e ci scrivo velocemente un “torno
presto”.
Mentre mi do
dell’imbecille, dell’idiota e molto altro, lascio il biglietto per Aurora sul
tavolo in cucina. Così, nel caso passasse a trovarmi, ci sono più probabilità
che aspetti il mio ritorno.
Quando sono nuovamente
all’aria aperta inizio a correre veloce per le strade di Torino, ma le mie
membra sembrano appesantite, così come i miei pensieri, da una nuova
consapevolezza. Sono un coglione innamorato. Proprio come uno di quei ridicoli
protagonisti dei film per ragazzine.
Cazzo!
Come un automa il mio
corpo si muove da solo, perché la mia mente è ancora troppo presa dalla
scioccante folgorazione ricevuta e rimarrà fuori servizio per un po’. La porta
di casa mia che da su Torino non è poi così distante dall’abitazione dei miei
genitori, infatti dopo neanche dieci minuti sono arrivato.
Fermandomi davanti
alla casa in cui sono cresciuto tento di riscuotermi dai miei pensieri.
Si tratta dell’unica villa
del quartiere. Un giardino di medie dimensioni coperto interamente da alberi da
frutto e cespugli di rose circonda la casa a due piani. Tiro fuori dalla tasca le chiavi
e apro il cancello della villa. Fortunatamente i miei non sono in casa.
Corro in garage ed entro
direttamente nella zona riservata a me, dove trovo la mia
adorata Honda. Si tratta della bellissima
Honda CBR600 rossa e nera, una vera bellezza. Non so perché, me ne sono innamorato subito quando mi è stata regalata dai miei genitori per i sedici anni.
Lentamente inizio a
tornare in me e sento l’agitazione per la scoperta della mia cotta scivolare
sotto l’ammirazione della mia amata moto.
La accarezzo delicatamente
e le sussurro paroline dolci. All’improvviso noto la catastrofe.
C’è una macchia blu sul parafango! BLU! Oddio!
Corro a prendere lo
straccio dalla mensola e poi mi metto alla ricerca del prodotto apposta per
pulirla. Strofino con dedizione, facendo attenzione a non graffiarla.
Fino ai diciannove anni
questo gioiellino è stato il mio mezzo preferito per muovermi, nonché il mio
biglietto vincente con le ragazze particolarmente difficili da conquistare.
Chissà se ad Aurora farebbe piacere farci un giro sopra?
Inorridisco quando mi
accorgo che involontariamente i miei pensieri sono tornati sulla bionda. Non
è possibile!
Mi rifugio in uno dei miei
locali preferiti, dove servono abbondanti antipasti e drink decenti. Mi siedo
al bancone ed inizio a guardarmi intorno.
Ho voglia
di chiacchierare e distrarmi con degli amici, il che è già di per sé
sconvolgente, perché solitamente tendo a preferire a solitudine.
Chi potrei chiamare?
Essendo io una persona molto socievole, ho certamente molti amici…
Ridacchio da solo e mi
perdo ad osservare il drink che ho di fronte, di un bel colore rosso acceso.
Quella sfumatura mi ha sempre fatto impazzire da ragazzino, anche perché a quel
tempo era il colore della maglia della mia squadra di calcio…
Ideaideaidea! I miei vecchi compagni di squadra!
Di alcuni mi ricordo a
malapena, non li sento da troppo tempo ed è giunto il momento di vedere che
fine hanno fatto. Prendo il cellulare e faccio scorrere la rubrica telefonica
in cerca di qualche nome.
Alba… Ci sono due
“Alessandra”, chissà qual è mia sorella… Arianna… Ignoro volutamente il nome
Aurora… Benedetta…Bona1, bona2 e una numerosa serie di “Bona”… Brimilde. Oddio,
questa si chiama davvero Brimilde? Eliminata. Carlotta… Caterina…Cecilia…
Continuo a scendere, ma
non trovo altro che nomi di ragazze che non conosco. Quando arrivo alla serie
di “Figa” inizio a stancarmi.
Possibile che io non abbia amici maschi?!
Rimango un attimo
perplesso rendendomi conto che non ho mai avuto bisogno di amici di nessun
genere, mi bastava avere compagnia per la notte per essere apposto.
Finalmente trovo un nome
maschile!
“Francesco”! Che bello vederti “Francesco”!
Avvio chiamata.
Primo squillo.
È da un po’ che non li sento, ma non si possono essere dimenticati di me!
Secondo squillo.
Certo che è strano, Francesco… Non mi ricordo proprio che faccia avesse…
Terzo squillo.
Francesco, Francesco, Francesco… Più ci penso e più mi
sembra strano, non mi ricordo proprio di nessun Francesco.
Quarto squillo.
Ah! Francesco!
No, continuo a non
ricordare.
« Pronto? »
La sua voce ha un tono
stranito, probabilmente non ha il mio numero in rubrica.
« Francesco? »
Cerco di assumere un tono
di voce piuttosto sicuro, ma in realtà non sono affatto convinto di sapere chi
sia questo Francesco.
« Si. Tu chi sei? »
Questo tale ha una voce
fastidiosamente lieve, quasi effeminata, non sembra affatto un ragazzo.
« Giacomo.
Giocavamo a calcio insieme… » Rispondo un po’ meno sicuro.
Dopo un attimo di pausa la
voce sottile dell’altro ragazzo torna a far vibrare il cellulare ed io mi
ritrovo a boccheggiare stranito. Eppure mi sembra di conoscerla quella voce… e
non mi piace.
« Mi ricordo di te!
Sei quel gran bel pezzo di manzo con un…»
Butto giù la chiamata
immediatamente.
Francesco! Ho capito
chi è!
Rabbrividisco e cancello
il numero immediatamente, poi lancio il cellulare sul bancone del bar e mi
allontano un po’ per riprendere a respirare regolarmente.
Francesco. Il terzino
sinistro che nelle docce dimostrava sempre un particolare interesse per il mio
culo, per non parlare di come mi guardava un’altra cosa…
Rabbrividisco di terrore.
Ad un certo punto ho iniziato a tornare a casa per fare la doccia!
Mi aveva anche mandato un
biglietto per San Valentino una volta, naturalmente senza intestazione,
ma
dagli sguardi che mi aveva lanciato quel giorno avevo capito che
è stato lui!
Ero l’unico della squadra che riceveva quelle attenzioni da parte
sua, anzi, per gli altri lui era completamente etero, ero io
quello che si inventava le cose.
Dopo aver preso atto della
sua cotta per me ed averlo scaricato mi ero segnato il suo numero per non
rispondere ad eventuali sue chiamate, ma evidentemente col tempo mi sono
dimenticato il suo nome… Come si fa poi a non capire che è gay con una voce
così… Mah…
Rabbrividisco nuovamente.
Non disprezzo gli omosessuali, ma quelli che mi guardano il sedere non mi vanno proprio a genio.
Mi guardava con interesse lì! Un altro ragazzo!
Mando giù un po’ di
saliva, perché la gola mi si è fatta improvvisamente secca e tento di
ricacciare quei ricordi nell’oblio.
Nuovo tentativo.
Continuo
a scorrere la rubrica del cellulare, finché non arrivo ad un “Paolo”. Si, lui
me lo ricordo. Era il capitano, nonché il ragazzo con cui andavo più d’accordo.
Bastano due squilli ed il
ragazzo risponde.
« Pronto. »
Ecco, questa si che è una voce maschile!
« Pronto. Ciao
Paolo! Sono Giacomo. »
Mi accorgo di stare
sorridendo. Paolo! Il mio vecchio amico!
« Giacomo chi? »
Mi cadono le braccia.
Come “Giacomo chi?”!!!
Non rifletto troppo sul
fatto che se avessi ricevuto io una chiamata da un certo Paolo avrei avuto la
stessa identica reazione.
« Giacomo, Giacomo
Guardiani. Venivo a giocare a calcio… A Torino… »
Niente. Silenzio
dall’altro capo del cellulare.
« Ah. »
Sembra molto sorpreso. « Il Giacomo castano riccio o quello biondo? »
Sospiro frustrato.
« Castano. »
« Aaahhhh! Ma sei
lo sbruffone! » Sbruffone? « Potevi dirlo subito! »
Non ribatto, sto ancora
fissando la parete opposta con aria allucinata. Sbruffone?
« Cosa posso fare
per te, Giacomo? Sono con la mia ragazza, quindi non ho molto tempo da
dedicarti… »
Sbruffone?!
« Ooohhhhooohhh!
Terra chiama sbruffone! Cosa ti prende amico? »
SBRUFFONE??!!
« Vaffanc…»
Mi spegne il telefono in
faccia l’idiota…
Sono sicuro che da ragazzino non era così! Credo…
Possibile che quello che ricordo io fosse Paolo? Adesso che ci penso mi pare si
chiamasse Giovanni, forse…Mah…
Basta maschi, torniamo
alle ragazze, che è più sicura la faccenda! Dopotutto le ragazze capiscono i
problemi sentimentali, no? Non sono esperte di consigli amorosi e altre cazzate
simili? Scorro nuovamente la rubrica telefonica.
“Figa 5a” ispira!
Prima che io riesca a
chiamare la “Figa 5a”, una figura femminile mi si avvicina.
« Posso sedermi o
aspetti qualcuno? »
Mi volto a fissarla,
deciso a rifiutare qualsiasi cesso, invece mi ritrovo davanti una gran bella
ragazza. Avrà all’incirca la mia età, indossa un bel tubino nero che ne delinea
le forme non troppo grosse dei fianchi e quelle abbastanza abbondanti del seno.
Sono un esperto in queste cose e riconosco subito un buon push-up, ma non mi
importa più di tanto. Quando arrivo al viso mi accorgo che non è male, anche se
ha gli occhi enormi, sembra uno di quei pupazzi per bambini che adesso si
vendono in qualsiasi posto, dai negozi di giocattoli alle cartolerie.
Sono orribili e mettono ansia quei pupazzi!
Però gli occhi della
ragazza sono azzurri, e, seppure inquietanti, non mi danno troppo fastidio. I
capelli sono biondo platino, sembrano tinti però.
« Hei bionda!
Prego, il posto è tutto tuo. »
Risolini da parte sua. La
fisso leggermente sorpreso da quel verso fastidioso, ma non dico nulla.
« Allora, come ti
chiami? »
Il suo tono di voce è
stridulo, ma niente di troppo insopportabile.
« Giacomo. »
Nuovo giro di risolini.
Ride del mio nome o è un meccanismo automatico del suo cervello?
La studio, probabilmente
ha già bevuto parecchio, perché ha lo sguardo un po’ appannato. Forse
anche io ho lo stesso sguardo visto che ho già finito due bicchieri di
superalcolici.
« Io sono Isabella! » Mi sorride con calore.
Proprio quello che mi ci vuole! Bionda ed “espansiva”!
La
bionda ha rotto con quella risatina tremula e continua, ma per il resto non mi
posso lamentare. Non è piatta di seno, ha un bel culo, un viso decente, i
capelli biondi e due labbra rosse e piene.
Non reggo per troppo tempo
la sua voce, ma per il resto non è male. Parliamo, anche se non
sono abbastanza lucido per capire di cosa, poi al terzo o quarto
bicchiere ci chiudiamo in bagno ed inizio a
baciarla. Le sue labbra non sono morbide come quelle di Aurora e il
loro sapore
non è neanche lontanamente paragonabile al gusto dolce della mia
bionda. Le mie
mani non vagano sul suo corpo, come solitamente fanno in presenza di
una bella ragazza, ma
rimangono immobili lungo i fianchi. Elisabetta, frustrata dalla mia
scarsa
partecipazione scende a baciarmi il collo e prende le mie mani per
portarsele
sui fianchi. Allora cerco di partecipare di più al bacio e
la stringo un po’,
ma quella si mette a ridacchiare in quel modo fastidioso e blocca sul
nascere
qualsiasi tipo di coinvolgimento da parte mia.
Non ho voglia di
portarmela a letto.
E se poi continua a fare quei risolini per tutto il
tempo? No, decisamente non la voglio.
La scarico in malo modo,
lasciandola lì in bagno senza uno straccio di spiegazione. L’umor nero mi
invade la mente e mi sento pronto ad uccidere qualche bel demone, anche se
barcollo un po’ mentre cammino verso la moto.
Era da molto tempo che non
usavo i mezzi pubblici e la mente annebbiata dall’alcol non mi aiuta di certo a
scegliere che linea prendere, così sbaglio anche autobus e sono costretto a
farmi una mezz’ora in più di strada per arrivare a casa.
Verso le undici di sera
raggiungo la mia abitazione. Sfioro la maniglia e la porta si spalanca
rivelandomi una Aurora spaparanzata sul divano che mi fissa sorridente. Rimango sulla soglia sorpreso.
Lei si alza velocemente e fa
per venirmi incontro, quando si blocca in mezzo alla stanza. Mi scruta
attentamente con occhio critico, probabilmente sta soppesando la mia aria
sbattuta. O forse no. La vedo stringere i pugni fino ad imbiancare le nocche,
irrigidire la mascella, mentre il suo sguardo si fa duro.
Mi chiedo cosa le stia
passando per la testa e per un attimo ritrovo il barlume di lucidità necessario
ad analizzare la situazione.
Il suo sguardo glaciale è
puntato sul mio collo, dove, mi ricordo con orrore, probabilmente sono rimaste
le tracce del rossetto dell’altra ragazza.
Sono ancora sulla soglia,
a fissare attonito un’Aurora furiosa davanti a me, quando un cuscino mi arriva
dritto in faccia. Fortunatamente la ragazza è accanto al divano e l’unica cosa
che ha a portata di mano sono i cuscini, ma adesso che si avvicina
pericolosamente alla lampada sul mobile, inizio a preoccuparmi.
« SEI
IPOSSIBILE!»
Non avevo mai sentito la
sua voce con quel tono isterico. I suoi stupendi occhi scuri mi lanciano
occhiate gelide e penso che in questo momento mi ucciderebbe volentieri.
Indossa un paio di jeans
ed una maglietta larga, sembra che si sia vestita di corsa e i capelli, di
solito sempre abbastanza curati ed in ordine, ora sono legati alla bell’e
meglio in una coda alta da cui sfuggono alcuni ciuffi. È maledettamente
sensuale anche con questo aspetto trasandato e selvaggio. Me la scoperei
volentieri anche su quella mensola da dove sta prendendo la lampada per
tirarmela.
Scanso l’oggetto e faccio
per aprire bocca, indeciso se spiegare la situazione o fuggire, ma la bionda si
dimostra più svelta di me e mi lancia un intero portapenne con tanto di
matitine, penne e pennarelli vari.
« STRONZO! »
Incasso l’insulto e tento
di farla calmare, anche se la mente è ancora un po’ annebbiata dall’alcol.
« Andiamo Aurora,
non gridare in questo modo! Siamo in una zona abitata solo da vecchi! Verrà
loro un infarto se li svegli a quest’ora con la tua dolce vocina… Stai
calma…»
La ragazza mi lancia uno
sguardo assassino.
« TI DETESTO! »
Detto questo la mia bionda
si tira indietro con rabbia un ciuffo di capelli che le era caduto sul viso e
prende la sua giacca. Fa per infilarsela in un gesto rabbioso e nello stesso
tempo tenta di uscire dalla porta, ma approfitto della vicinanza tra i nostri
corpi per prenderle un braccio e trattenerla.
Non reagisce e non parla.
Si limita a guardarmi in attesa.
Sembra quasi che si
aspettasse che io la fermassi ed ora sembra aspettare qualcosa da me.
Mi dovrei scusare? E perché mai? Dopotutto non sono il suo fidanzato, non le ho giurato fedeltà, non stiamo nemmeno insieme per la miseria!
La guardo attentamente.
Nonostante sia palesemente arrabbiata con me, sembra ci sia dell’altro. Ha uno
sguardo allucinato, è sconvolta.
« Cosa è successo?
Perché hai reagito così? » Poi mi accorgo che il mio tono di voce si è
fatto dolce e tento di riprendermi.
Dovrei essere arrabbiato con lei per questa scenata… Non capisco proprio perché se la sia presa tanto!
Perso tra i miei pensieri
non mi accorgo che gli occhi di Aurora sono carichi di lacrime e che la ragazza
espira lentamente preparandosi a parlare.
« Io… »
« Ho tutti i
diritti… » La interrompo senza accorgermene. Appena mi accorgo del suo
sguardo ferito mi mordo la lingua a sangue.
Le sue guance sono pallide
ed i suoi occhi carichi di lacrime.
« Scusa. Non
volevo… Dimmi. »
Ma lei fa il segno “no”
con la testa.
« Scusa tu, dimmi
pure. » La sua voce è fioca, i suoi occhi rassegnati e tristi. C’è
qualcosa che non va.
« No, inizia tu… » il mio tono di voce e quanto di più simile ad un’implorazione io
potessi emettere, ma lei sembra decisa a lasciare parlare me per primo e si
chiude in un risoluto silenzio.
Cerco i suoi occhi con i
miei, ma Aurora si ostina a tenere lo sguardo basso.
Tento
di ritrovare tutta
la mia risolutezza e inizio ad esporre i miei pensieri con voce decisa.
« Dicevo… Non è giusto che mi tiri addosso lampade
o cuscini. Tu non ti
sei più fatta vedere ultimamente… »
Noto solo per un attimo
un’espressione ferita sul suo volto, ma, nel giro di pochi istanti, il suo
viso torna inespressivo.
« Ok, ora vado. »
Con uno spintone si libera
della mia presa ed esce di casa senza neanche guardarmi in faccia.
Mi ha lasciato di nuovo
solo. Adesso tutto ricomincerà da capo e io dovrò aspettare a lungo prima che
lei ritorni.
Sento la rabbia salirmi
dentro.
Mi avvicino alla libreria,
che lei ama tanto, e scaravento giù i libri. Li tiro giù, li scaravento a terra
e li pesto con forza.
Ma cosa devo fare? Cosa pretende da me?
Sento qualcosa pizzicarmi
gli occhi, ma non possono essere lacrime.
Sono un uomo e gli uomini non piangono, nemmeno per la frustrazione!
Mi lancio sul divano
ancora vestito e fisso il soffitto.
Perché con Aurora è tutto così complicato?
Mi alzo e mi muovo verso
la cucina, diretto al frigo, dove spero di trovare degli alcolici, ma appena
entro nella stanza noto la tavola apparecchiata per due persone. Due
tovaglioli, due bicchieri, due forchette… e al centro due cartoni di pizza
sovrapposti. Li riconosco, provengono dalla stessa pizzeria in cui andiamo io e
Aurora a prendere le pizze. Mi avvicino e alzo il coperchio del primo cartone.
Una pizza bianca, con
mozzarella, stracchino, salmone e rucola, una delle preferite di Aurora. Ne
mancano all’incirca tre triangolini, si vede che aveva fame e si era stancata
di aspettarmi.
Alzo il coperchio della
seconda pizza. Una rossa con salame piccante e prosciutto crudo.
Mi lascio cadere di peso
sulla sedia, con lo sguardo ancora sulla pizza. Ne prendo un pezzo e lo
assaggio, è ancora buona nonostante sia ormai fredda.
Oggi avevo proprio voglia di pizza…
Ancora una volta vi ho lasciato senza spiegazioni
su quanto accaduto ad
Aurora, questo capitolo era ambientato lo stesso giorno in cui la
nostra protagonista ha perso i sensi, diciamo che più o meno
nello
stesso momento in cui Giacomo si faceve le seghe mentali (degne di una
donna) sotto la doccia, Aurora stava ascoltando le musiche composte dal
misterioso biondino. Come avrete capito, Aurora è rinvenuta e,
verso
sera, è corsa da Giacomo, dove ha avuto la sgradita srpresa. Nel
prossimo capitolo riprenderò un po' in mano la situazione e
forse si
svelerà qualche segretuccio. Ci avviamo verso la conclusione.
Scusatemi se il prossimo capitolo tarderà un po', ma sono
in periodo "esame
di maturità" e senz'altro capirete che ho differenti
priorità dallo
scrivere questa storia al momento. Tuttavia appena sarò libera
mi dedicherò a voi! ;D