Harry

La mattina dopo mi svegliai indolenzito e sudato, ero su un divano con addosso una coperta  con stampati sopra dei gattini decisamente inquietanti.
Aprii gli occhi e mi misi a sedere, notai subito che Chiara era distesa a terra tutta arrotolata in una coperta simile a quella dentro la quale mi ero trovato io. Sperai di non averla fatta cadere io dal divano la sera prima.
Mi alzai e, avvicinandomi a lei, cercai di svegliarla accarezzandole la faccia.
-Buongiorno- mi disse aprendo gli occhi. Adoravo la tonalità di verde dei suoi occhi, erano bellissimi.
-Buongiorno anche a lei signorina- le dissi sorridendo.
Si girò un po’ in torno poi prese il telefono e guardò l’ora.
-Menomale! Faccio in tempo a fare la doccia prima di partire-
Si alzò e scese le scale lasciandomi a sedere in mezzo alla stanza con l’aria da stupido.
Era arrabbiata con me? Avevo fatto qualcosa di male? Mi aveva trattato con freddezza, non era mai successo da quando la conoscevo. Mi convinsi comunque che la sua freddezza era dovuta alla nottataccia
così cercai il mio telefono, guardai l’ora e decisi che avrei fatto la doccia appena lei sarebbe uscita dal bagno.
Scesi giù in salotto e cominciai a guardare le foto che erano incorniciate qua e là; molte erano dei genitori di Chiara, alcune la ritraevano durante giorni importanti della sua vita e altre ancora erano di sua sorella.
Ad un certo punto sentii la porta del bagno che si apriva e andai anche io a lavarmi.
-Mi aiuti con i capelli quando hai fatto?- Mi chiese Chiara quando mi vide entrare in bagno.
-Certo, faccio in un attimo-
Ok, forse non era arrabbiata con me con me . Forse era stata solo una mia impressione.
Le pettinai i capelli e ci preparammo per andare a Firenze, facemmo colazione con la sua famiglia poi ci avviammo alla stazione.
Chiara abitava a circa dieci - venti minuti dal capoluogo, durante il viaggio in treno le cantai le nostre canzoni all’orecchio come avevo fatto in aereo.
Arrivammo a destinazione poco prima delle dieci e decidemmo di andare subito a visitare gli Uffizzi.

 

Chiara

Per prima cosa visitammo gli Uffizzi. Con tutto quello che potevamo vedere a Firenze gli Uffizzi erano sicuramente la cosa più noiosa ma mio padre era stato categorico sull’importanza di quel museo.
Comunque rimanemmo là dentro il minimo indispensabile. Dopo pranzo visitammo le varie piazze e monumenti della città e Harry si divertì a chiedere informazioni ai passanti con un italiano a dir poco penoso. La sua frase preferita era “Grazie at you” non so bene come potesse essergli venuta in mente ma la ripeteva a tutti quelli con cui scambiava due parole.
-Come vado con l’italiano?- Mi chiese sfoderando il suo sorrisone.
-Domanda di riserva?- Lui mise il broncio e io, salendo sulle punte e allungandomi il più possibile, lo baciai sul naso.
Papà si schiarì la voce visibilmente infastidito.
Eravamo in piazza del duomoquando Harry mi prese la mano e mi trascinò nel mezzo della piazza.
-Ho un’idea- mi fece l’occhiolino, prese il cappello che avevo in testa e si allontanò di qualche passo da me poi dopo aver richiamato l’attenzione di alcuni turisti cominciò a cantare.
Cantò tre o quattro canzoni poi raccolse il cappello dove qualche turista, soprattutto ragazze, aveva lanciato gli spiccioli che aveva in mano e si riavvicinò a me.
Io ero ancora dove mi aveva lasciata, ero rimasta ad ascoltarlo cantare con gli occhi sognanti e un sorriso ebete stampato sulla faccia.
-Credo che siano un po’ pochini ma ce li faremo bastare ok?-
Io lo guardai con aria interrogativa e lui ricominciò a palare.
-Scappiamo, prendiamo un treno e andiamo fino all’ultima stazione poi ne prendiamo un altro e lo facciamo di nuovo finche non troviamo un posto che ci piace e rimaniamo lì. Come ti sembra come idea?-
Io mi girai imbarazzata per vedere se i miei erano ancora nelle vicinanze ma grazie al cielo se ne erano andati per i fatti loro e ci avevano lasciati soli.
-Scapperei ovunque con te ma credo che tre euro e quattro centesimi siano decisamente pochi-
-Forse hai ragione,torno a cantare e vedo fino a quanto riesco ad arrivare-
-Vieni qua scemo! Aspetteremo che tu faccia fortuna ad x-factor prima di scappare insieme. Ok?- Ci mettemmo a ridere rumorosamente in mezzo ai turisti che ci guardavano infastiditi perché non riuscivano a sentire le voci delle loro guide a causa nostra.
Ad un certo punto ci trovammo davanti una di quelle macchinette che fanno le foto istantanee e decidemmo di farci una foto e di mandarla come cartolina ai ragazzi.
Comprammo un francobollo e ci scrivemmo “From Florence with love” e la spedimmo.
-Mi mancano tanto, sai?- abbassai lo sguardo.
-Manchi anche a loro, ci hai stregati tutti- Io arrossii visibilmente e abbassai ancora di più lo sguardo.
Lui mi prese il mento con l’indice e il pollice e alzò il mio viso poi mi dette uno di quei suoi baci pieni di bei momenti, uno di quei baci pieni di parole che non ci dicevamo mai.
-Ti amo, non te lo dimenticare quando avrai tutti i riflettori puntati contro- Gli dissi trovando il coraggio, chi sa dove, di guardarlo negli occhi.
-Anch’io ti amo e non dimenticarlo neppure te quando non potrò sentirti. Non dimenticarlo mai- Ci abbracciammo con la consapevolezza che non ci saremmo persi.