Tutto
ciò aveva
dell’ironico.
Alec
aveva affrontato
battaglie ben più grandi della sua età, e stare
dietro a Jace significava anche
mettersi in costante pericolo per il puro gusto
di farlo, ammesso che di gusto si
potesse parlare. E mai, in una di queste occasioni, si era ritrovato a
maledire
i palmi delle sue mani… perché sudaticci e
malfermi.
Camminava
– o meglio,
zoppicava – per la strade di Brooklyn da qualche decina di
minuti, sicuro di
non essere in ritardo ma non volendo neppure presentarsi in anticipo.
Nascondeva le mani sudate con ostinazione nelle tasche del giubotto, i
capelli
corvini spettinati dal vento, i grandi occhi blu che al solito
spiccavano
nettamente sul colorito pallido. Il maglione che indossava li metteva
ancora
più in evidenza, maglione che, ovviamente, per
puro caso una totalmente
inconsapevole Isabelle aveva fatto trovare sul letto del
fratello.
Tutto
questo è assurdo.
Jace
mi darebbe della mondana tredicenne.
…e
si era detto niente Jace stasera, quindi no.
Me
lo dico da solo, il che è anche peggio.
Probabilmente
ci avrà già ripensato, oltretutto.
Ecco,
quel pensiero se
da un lato gli lasciò una stretta amara alla bocca dello
stomaco, dall’altro lo
incoraggiò a procedere alla volta della casa di Magnus. Di
sicuro uno come lui,
per giunta con la sua fama e la sua storia, non si sarebbe presentato a
un
appuntamento smozzicato a fil di voce da un ragazzino incasinato come
lui. Si,
Alec era abbastanza certo che Magnus non si sarebbe presentato al loro
appuntamento.
Il
che gli fece tornare
l’onnipresente smorfia corrucciata, e le mani asciutte in
pochi istanti.
E
mi ci sono anche illus-
“Alexander?”
La
voce divertita gli
fece spalancare gli occhi, e in quel momento Alec realizzò
che aveva superato
il portone di casa Bane, procedendo senza pensare verso la fine del
marciapiede. Si voltò, il viso ancora più
pallido, e riconobbe immediatamente
il divertimento nello sguardo felino di Magnus, che lo stava osservando
con la
testa inclinata.
“Ahm…”
Magnus
curvò le labbra
in un sorrisetto storto, incrociando le braccia al petto. “Ti
avrei anche
salutato, quando mi sei passato davanti stile metropolitana, ma non
volevo
interrompere il flusso di coscienza.”
“Io,
uhm…” Alec
arrossì, passandosi la mano sulla nuca e sentendosi
profondamente idiota. E
ovviamente, le mani erano tornate a sudare. “Scusa, ero
sovrappensiero e non mi
sono accorto di essere arrivato.”
Non
solo è venuto.
Ci
ho anche fatto una figura pessima.
Fantastico.
E’ così che si inizia un degno primo appuntamento.
Magnus
sembrò leggergli
nel pensiero, perché il suo sorriso si sciolse in una
smorfietta divertita, ma
benevola. “La classica ansia da prestazione del primo
appuntamento, Alec, non
la scampa nessuno. Tranne me, ovviamente.”
Sempre
più rosso, Alec
accennò un sorriso, prendendosi qualche istante per
osservare lo stregone. I
capelli scuri erano ovviamente cosparsi di una gelatina glitterata che
li
teneva su, in una sorta di cresta, che tutto sommato calzava bene con i
jeans
di pelle di drago e la giacca bianca. Magnus aveva un suo stile,
probabilmente
discutibile, ma una cosa non si poteva negare: che gli stesse non bene,
ma di
più.
“Mi
fa piacere che ti
piaccia quello che vedi.”
Alec
arrossì
furiosamente, affrettandosi a scuotere la testa. “Ehi, non
è che ti stessi
fiss-”
Non
riuscì a finire la
frase, comunque, perché Magnus si avvicinò e lo
baciò, le labbra ancora piegate
in un sorriso. Non approfondì il contatto, per quanto il
profumo del ragazzo e
della sua pelle lo richiedessero a gran voce, ma si limitò
ad un bacio a stampo
che si concluse in pochi istanti.
“Regola
numero uno dei
primi appuntamenti,” gli disse, tornando a guardarlo
sornione. “Si è
autorizzati a fissare e apprezzare la controparte.”
Alec
bofonchiò qualcosa
di poco chiaro in risposta, ma non c’era molto da obiettare.
Non con il sapore
di Magnus sulle labbra, e la sensazione di pizzicore al cuore che
richiedeva di
più. Rabbrividì quando sentì la mano
dello stregone sulla propria schiena,
mentre gli faceva cenno in direzione dell’incrocio davanti a
loro.
“Non
so tu, ma stasera
ho voglia di cibo italiano. C’è un posticino
abbastanza buono a cinque isolati
da qua, che ne dici?”
“Per
me va benissimo,”
Alec inspirò appena, infilando le mani di nuovo nelle tasche
del giubotto. “Non
sono mai stato in un ristorante italiano.”
“E’
una delle mie
cucine preferite.” Magnus sorrise largamente, e ad Alec non
sfuggì quanto fosse
luminoso quel viso, con quell’espressione divertita e
tranquilla. “Sarà che amo
l’Italia in generale. Ci sei mai stato?”
Alec
scosse la testa,
camminando. “No, conosco solamente Idris e New
York.”
Magnus
strabuzzò gli
occhi. “Dici davvero?”
Alec
fece spallucce.
“Beh, non abbiamo molto tempo per viaggiare, quando studiamo,
intendo. Fino a
sedici anni, fra teoria e pratica, abbiamo un casino di materie
da-”
“E
io resterò sempre
dell’idea che troppo studio nuoce gravemente alla
salute,” rispose rilassato
Magnus. “Il mondo è pieno di luoghi interessanti,
magici anche senza la magia
per come la conosciamo noi. E meritano tutti di essere visti e
vissuti.”
“Hai
girato il mondo?”
“Non
abbastanza. Ma
qualcosina l’ho vista.”
“Tutto
considerato,
potresti partire in qualsiasi momento con uno zaino e la tua
magia… insomma,
non ti mancherebbe niente, no?”
Magnus
inarcò appena le
sopracciglia, e per un momento rimase chiuso in un enigmatico silenzio,
prima
di increspare le labbra in una smorfia vispa. “Chi lo sa. Ma
prendo per buono
il tuo suggerimento, la mia prossima vacanza sarà un giro
intorno al mondo con
uno zaino in spalla.”
~*~*~
Ed
ecco la seconda cosa
che stava facendo ricredere Alec su Brooklyn: il ristorante italiano
aveva una
cucina più che buona, Magnus aveva scelto i piatti migliori,
quelli che già
aveva assaggiato e qualche novità, e già da un
po’ il loro tavolo si era
trasformato in un trionfo di manicaretti dai colori accesi, un piatto
in legno
ricoperto di fritturine miste troneggiante al centro.
“Adesso
hai capito
perché sono di casa, qui?”
“Diamine,
mi meraviglio
del fatto che non hai ancora sequestrato il cuoco!”
Magnus
ridacchiò,
assaporando a piccoli morsi un bocconcino di mozzarella.
“L’idea mi ha
sfiorato, una volta o due,” gli rispose, guardandolo
divertito. “Ma non credo
che il Presidente gradirebbe.”
Alec
inghiottì la sua
cucchiaiata di ravioli freschi, osservando le altre portate con la
semplicità e
l’avidità di un ragazzino, strappando un sorriso a
Magnus.
“Jace
mi ucciderebbe,
se sapesse che conosco un posto dove si mangia tanto bene, e non ne
abbiamo mai
approfittato in assenza di mia madre.”
Sentendosi
osservato
dagli occhi da gatto di Magnus, Alec alzò lo sguardo per
incontrarli. Sembrava
incuriosito, e al tempo stesso disposto a lasciargli scegliere quanto
rivelare
di sé.
“Mia
madre e mio padre
non sono ancora tornati, e in genere è mia madre a cucinare.
Izzy è incapace,
anche se le diamo atto che si impegna. Ma in genere quando lei si
avvicina ai
fornelli, noi abbiamo il tacito accordo di uscire a procacciarci cibo
commestibile
come piano B.”
Magnus
increspò le
labbra e rise leggermente, rilassandosi contro lo schienale della
sedia, e Alec
non potè fare a meno di notare che aveva davvero un bel
suono, la sua risata. La
tensione di poco prima era scemata in gran parte, ora si sentiva
più a suo
agio. Non che fosse questo gran chiacchierone, insomma, ma almeno aveva
smesso
di sentire la lingua appiccicata al palato.
“La
dura vita da
giovani Cacciatori,” esclamò Magnus, portandosi il
dorso di una mano alla
fronte e ridendo piano. Scrollò una spalla, prendendo con le
dita una delle
fritturine dal piatto di legno. “Non smetterò mai
di pensare che voi ragazzi
siete tutto lavoro, e niente spasso.”
“Ne
hai conosciuti
parecchi di Nephilim?”
“Anche
troppi, oserei
dire.”
“Quanti
anni hai?”
“Non
lo sai che non si
chiede l’età, né alle signore
né agli stregoni?” Magnus gli rivolse un sorriso
sfacciato, inghiottendo il boccone e facendo un cenno vago con la mano.
“Più o
meno, trecento. Diciamo che non sono così interessato a
tenere il conto.”
“Wow”
Alec inarcò le
sopracciglia, contenendo un’esclamazione stupita. “Deve essere
strano.”
“Avere
trecento anni?”
“Aver
visto il mondo
cambiare per tanto tempo,” Alec inclinò appena il
capo, guardandolo pensieroso.
“Assistere a tutti i cambiamenti che ci sono stati. Nel
nostro mondo, fra i
mondani…”
Per
qualche istante,
Magnus rimase in silenzio. Alla fine si limitò a fare
spallucce, prendendo un
pezzetto di pane. “E’ molto meno appariscente di
quanto immagini, Alec. E’ come
vedere un figlio che da bambino, diventa adulto. E commette sempre gli
stessi
errori, bambino o adulto che sia.”
Alec
non rispose. Non
avrebbe saputo cosa dire, non era il Jace della situazione lui, ma
aveva
percepito tanto dietro quelle parole apparentemente mormorate a caso.
Magnus
probabilmente voleva apparire come il classico menefreghista, ma gli
era
sembrato di percepire qualcosa nel suo tono. Quasi una certa triste
nostalgia.
In
trecento anni, avrà avuto anche più di una storia
seria.
Hai
mai perso qualcuno che amavi?
…domanda
da mondana tredicenne, vero Jace?
“Ti
perdi spesso a
pensare, tu?”
Alec
arrossì
furiosamente. “No, non… stavo solo-”
“Pensando?”
Magnus
ridacchiò, facendogli un occhiolino. “E’
un difetto di chiunque non abbia avuto
una sana infanzia di videogiochi.”
“…come?”
“…non
dirmi. Non hai
mai giocato-non ci credo!”
Magnus
trabuzzò gli occhi, scuotendo la testa come fosse sdegnato
al solo pensiero.
“Mai abbattuto un aeroplanino a colpi di fucile?”
Alec
scrollò il capo,
grattandosi una tempia. “E’ come decapitare demoni,
no?”
“Ci
mancherebbe, è
molto meglio! Ho capito, ci penso io. Appena finiamo di mangiare,
andiamo a
casa mia e ti faccio vedere cosa intendo. E non ho intenzione di
morderti, non
ancora, almeno, quindi non c’è bisogno che mi
diventi un peperone.”
Inutile
anche dirlo,
Alec arrossì e brontolò qualcosa, fissando il suo
piatto quasi vuoto.
~*~*~
Il
primo pensiero di
Alec nel vedere quella specie di affare con cui stava trafficando
Magnus di
fronte alla televisione, era stato quanto dovesse essersi affezionato
ai
mondani nel corso di quei lunghi trecento anni. Il secondo pensiero,
dedicato
alla sua posizione china con il sedere bene in vista, era stato
prontamente
soffocato dal consueto rossore sulle guance. Il terzo pensiero,
arrivato dopo
il controller dell’affare infernale e la spiegazione sulle
regole del gioco,
era stato molto più tipico di Alexander Lightwood.
“I
mondani desiderano
davvero fare la guerra, se insegnano questo ai loro figli,”
mormorò poco
convinto, premendo a ripetizione i tasti per evitare gli attacchi del
fantoccio
mosso da Magnus.
Non
avete mai provato che significa usarla davvero, una spada come quella?
Non è divertente, è un compito ed è
una cosa seria.
A
meno che non siate tutti replicanti di Jace.
E
la cosa sarebbe seriamente inquietante.
“Tutta
questa serietà
perché ti sto facendo il culetto a stelle e strisce,
Alexander?” Magnus
arricciò gli occhi felini in una smorfietta furba e
divertita, intensificando
gli attacchi del suo guerriero. Poche mosse, e il fucile a raggi laser
del suo
fantoccio abbattè senza pietà quello di Alec,
facendolo esplodere in
un’esultanza con tanto di ballettino improvvisato.
“Si,
ti ci vorrei
vedere dal vivo, a te e questi affari.” brontolò
Alec, vagamente arrossito più
per lo sculettare di Magnus che non per la sconfitta in sé.
Quando gli sedette
di nuovo accanto, fece una smorfia e gli porse il controller.
“Sul serio, i
ragazzini mondani giocano così?”
“Mh,
non fare tanto lo
sdegnoso, tesoro” Magnus si sedette più che comodo
sul divano, facendogli una
carezza alla guancia col dorso della mano. “Voi figli dell’Angelo, non mi pare
che scherziate. A che età iniziano
ad addestrarvi, ricordami un po’?”
“Ma
è diverso, noi
abbiamo… è il nostro dovere, siamo nati per
questo” replicò Alec, il tono serio
e deciso, ma non duro o saccente. “Ci addestriamo fin da
piccoli perché i
demoni non fanno differenza fra adulti e bambini, dobbiamo poterci
difendere.
Ma questo…”
“Si?”
Alec
si mordicchiò le
labbra. “Non voglio offendere nessuno, ma è come
insegnare che la violenza è
l’unico divertimento, ecco tutto.”
Magnus
non rispose, si
limitò a guardarlo negli occhi per un lungo momento, lungo
abbastanza perché
Alec avvampasse di nuovo. Erano così vicini che il suo
profumo gli invadeva le
narici, una fragranza esotica, piacevole. E quando le lunghe dita
affusolate presero
a giocherellare con i capelli alla base della sua nuca, Alec si
trattenne dal
socchiudere gli occhi.
“Sei
così… unico nel
tuo genere,” mormorò Magnus, continuando ad
accarezzarlo con lo sguardo e le
dita. “Sono molto più abituato a Cacciatori come
il tuo amico Jace, o tua
sorella.”
Alec
deglutì, senza
osare sottrarsi alla piacevole tortura sulla nuca. Era abbastanza certo
di
avere la pelle d’oca. “E’…
negativo?”
Magnus
sorrise e scosse
la testa. “Al contrario.”
I
brividi si
moltiplicarono nell’istante in cui la mano libera di Magnus
risalì lungo il suo
fianco, infilandosi sotto il maglione per accarezzarlo direttamente, e
Alec si
morse appena le labbra, senza distogliere lo sguardo. Potè
giurare di aver
letto qualcosa di indefinibile nello sguardo di Magnus, ma
dimenticò tutto
nell’istante in cui sentì di nuovo le sue labbra
sulle proprie. Fu un po’ come
prendere fuoco, sentire tutto il corpo prendere vita ovunque quelle
mani
affusolate scorressero esperte. Nessun gesto era lasciato al caso,
qualsiasi
movimento del corpo di Magnus, delle sue labbra, gli stavano suscitando
sensazioni che non aveva mai provato prima. Rispose al bacio con
l’irruenza
dell’inesperienza, una mano avvinghiata ai suoi capelli,
l’altra più ardita si
fece strada sulla schiena dello stregone, infilandosi sotto la maglia
viola.
Magnus emise un sospiro di piacere contro le sue labbra, stringendolo
di più a
sé. Quando si ritrasse dal bacio, Alec si morse le labbra
per non lamentarsi ad
alta voce, anche se non potè trattenere il gemito
successivo, quando le labbra
di Magnus presero ad attaccare una porzione del suo collo proprio sotto
l’orecchio, accanendosi in una dolce tortura.
Il
tempo si prolungò in
un un lungo istante di fuoco, e Alec non realizzò che era il
suo il respiro leggermente
affannoso che riempiva l’aria, non finchè
sentì le labbra di Magnus sfiorare
nuovamente le proprie in un bacio più lento, lungo, e poi fu
la volta del suo
indice, che gli sfiorò le labbra piene altrettanto
lentamente.
“Tu
nemmeno puoi
immaginare quanto ti desideri in questo momento,” gli
mormorò all’orecchio
Magnus, e solo un attimo dopo, pigiandogli appena le labbra, si fece
indietro.
Alec
sbattè gli occhi,
cercando di recuperare la lucidità. Ok che non aveva
esperienza in materia, ma
dopo tutto quello e quelle parole,
perché Magnus si era allontanato sul divano? Lo
guardò confuso, accigliandosi.
Ho
fatto qualcosa di sbagliato…?
Magnus
sembrava
rilassato e tranquillo, sebbene il suo sguardo tradisse tutto il suo
tumultuoso
desiderio. Sorrise leggermente, appoggiando la guancia ad una mano,
senza
smettere di fissarlo. “Da quanto tempo sei innamorato di
Jace?”
Alec
rimase senza fiato
per un paio di secondi. Socchiuse le labbra, cercando di pensare ad una
risposta logica, ma le parole lo stavano fregando più del
solito. Sentiva
ancora troppo forte ogni sensazione di qualche istante prima, per di
più quello
era l’argomento tabù
della sua vita,
più ancora del suo stesso essere gay.
Ma
come-come diavolo lo sa?
Gliel’ha detto Clary.
Lo
sapevo.
Avrei
dovuto-
“Lo
stai facendo di
nuovo,” canticchiò Magnus, ridendo e
appoggiandogli una mano sul ginocchio.
“Rilassati, Alexander. Non voglio metterti in
difficoltà. Nessuno mi ha detto
nulla, se te lo stai chiedendo. Sono un buon osservatore.”
Alec
si morse le
labbra, abbassando lo sguardo. Non sapeva davvero cosa rispondergli.
Anche
perché quel discorso proprio in quel momento…
Ma
certo.
Pensa
che io sia qui solo perché voglio vedere cosa si prova.
“Ascolta,
se-se pensi
che io sia venuto qui stasera per… non volevo prendermi
gioco di te, n-”
La
risata di Magnus lo
interruppe, e Alec lo fissò confuso. Non era scherno,
sembrava davvero
divertito.
“Tesoro,
ti assicuro
che non è facile prendermi in giro,
mi vanto di non lasciar accadere mai niente che non voglio.”
Il sorrisetto
sghembo di Magnus non vacillò, neppure quando
sfiorò con la punta delle dita
una runa che spuntava dal colletto del maglione di Alec, strappando un
brivido
a entrambi. “Mi chiedo solo… vuoi
dimenticarlo?”
Alec
deglutì,
inspirando profondamente. “Tra me e lui non potrà
mai esserci niente.”
Se
solo sapesse…
No,
per carità.
“Mh.”
Magnus continuò a
giocherellare con le dita lungo la runa sul collo di Alec, guardandolo.
“Dunque
io sarei la seconda scelta…?”
“No,”
Alec scosse la
testa, gli occhi blu, se possibile, di un colore ancora più
intenso del solito.
“Io non-non so cosa sei, o siamo,
non
so nemmeno che sta succedendo qui. Ma non…”
Non
sei una seconda scelta, ok?
Magnus
tornò ad
avvicinarsi, posandogli una mano sulla guancia. Gli
accarezzò lo zigomo col
pollice, senza smettere di guardarlo negli occhi.
“Ehi,” sussurrò. “Non
c’è
bisogno di dare un nome a tutto questo. Tutto ciò che ti
chiedo… voglio solo
sapere, Alec, se davvero sei disposto… un passetto alla
volta… a lasciarti alle
spalle il suo amore per lui.”
Alec
si morse le
labbra, accigliandosi appena.
Jace?
Lui è tutto ciò che io non potrò mai
avere.
Non
lo può nemmeno sapere.
“Non
ho fretta, ti
posso aspettare” continuò lo stregone, sorridendo
appena e passandogli il
pollice sulle labbra. “Posso anche aiutarti a dimenticarlo,
ma devi volerlo tu.
E’ tutto ciò che voglio sapere.”
Alec
inspirò a fondo.
Era una richiesta più che giusta, e al tempo
stesso… nella sua giusta fermezza,
non gli faceva paura. Si, non era convinto di poter imbavagliare i suoi
sentimenti per Jace dalla sera alla mattina, ma una cosa non poteva
negarla:
Magnus riusciva a toccare corde che nessuno aveva fatto prima, e non
solo
fisicamente parlando. I suoi occhi così strani, quel suo
stile bizarro, la sua
voce calda e tranquilla, tutto di lui gli faceva desiderare di più. Non gli aveva chiesto
una
promessa d’amore, ma semplicemente la certezza che non lo
avrebbe usato e
gettato se Jace si fosse accorto di lui. E questo non sarebbe mai, mai
accaduto. Forse lui era davvero l’unico…
l’unico che poteva prenderlo per mano,
e fargli sognare qualcosa di diverso.
E
perché sapeva bene di
non essere bravo con le parole, Alec si sporse e replicò con
un bacio,
affidando a quel contatto molto meno impacciato la sua risposta, e
quelle
sensazioni che non si sarebbero concretizzate facilmente a parole. Di
una cosa
fu certo: la risposta altrettanto impetuosa di Magnus era la prova che
stavano
davvero parlando la stessa lingua.
Non
te ne andare, ok?
Non te ne andare.
Ma
che emozione, tre
recensioni *____* grazieeeeee ♥ ♥ ♥
Adamantina:
sai che anche io ero Jalec in origine? :D poi seguendo
l’evoluzione delle cose,
sono diventata una Malec di cuore J
grazie da
morire per i tuoi complimenti, mi hanno resa felice *__* ♥
Mizar:
grazie mille *___* sai, della storia del padre di Magnus si sa ancora
molto
poco, fa parte di quel che Cassandra (e Magnus) si tengono ancora
stretti… si
sa solamente che suo padre è uno dei Principi
dell’Inferno, i demoni superiori,
ma per nome e cognome, restiamo in attesa… ♥
Ginny
Potter:
grazie mille carissima *___* i tuoi aaaws sono motivo di gioia J
corro a recensirti, fra l’altro, che non l’ho
ancora fatto! ♥
Alla
prossima, e grazie
ancora! :D