Blaise Zabini fissava il vuoto mentre attorno a lui regnava un minaccioso
quanto gelido silenzio.
Stava seduto su una sedia, in mezzo a una stanza
priva di finestre.
Il labbro inferiore spaccato, i polsi feriti da una corda
e quello sinistro molto più dell'altro sanguinava copiosamente.
Un livido del
colore delle sue iridi stava cominciando ad allargarsi su uno zigomo.
Sentiva
un forte dolore alla nuca ma nel complesso non stava messo peggio del bastardo
che l'aveva attaccato alle spalle e che l'aveva ridotto in quello stato. Con uno
sforzo, alzò di nuovo il capo e sogghignò.
Un rivolo di sangue gli colò lungo
la bocca e poi sulla mascella, finendo lungo il collo.
- Che cazzo ridi?-
sibilò la voce del mago che gli stava davanti.
- Cosa rido?- Blaise lo guardò
sornione - Sei rimasto l'idiota che eri.-
- Ah si? Tu invece hai imparato a
difenderti Zabini.-
Il tizio aveva praticamente la mascella a pezzi e
faticava a parlare. Solo l'orgoglio e il desiderio di uccidere Blaise lo
tenevano in piedi. Lo ammetteva. Attaccarlo alle spalle e di notte al momento
era sembrata un'ottima soluzione.
Invece si era rivelata un'arma a doppio
taglio.
Rafeus Rodolphus Lestrange si appoggiò con la schiena al muro della
stanzetta, continuando a fissare il suo nemico con occhi felini. Gli occhi dei
Black e dei Lestrange. Neri come la pece, come quelli di Bellatrix.
I capelli
scuri erano mossi, quasi rasati sulla nuca e scomposti in cima al capo.
La
mascella squadrata e spessa era volitiva, denotava virilità.
Indossava una
sfarzosa giubba violacea, ornata d'oro, con lo stemma dei Lestrange sul cuore.
Tutta quell'ostentazione però non serviva a niente di niente. Infatti Rafeus
trasudava un che di equivoco che niente avrebbe mitigato.
Di statura
superiore alla media, la sua ossatura era possente, di spalle quadrate, col naso
carnoso e irregolare.
I suoi guanti neri erano sporchi del sangue di Blaise e
qualche schizzo gli era finito sulle labbra, che lui si era leccato
voluttuosamente. Il ghigno sfrontato di lui divenne subdolo quando Blaise fece
una smorfia, diventando sempre più pallido. Stava perdendo troppo sangue dal
polso sinistro.
Temeva quasi che Rafeus gli avesse tagliato le vene ma
dubitava che gliene sarebbe importato qualcosa se fosse morto dissanguato. No,
il primogenito della compianta Bellatrix aveva ereditato la sua eccitazione alla
vista del sangue, alla vista della violenza. Era folle. Folle, ma non molto
furbo. Almeno da quanto ricordava Blaise.
E infatti non era per niente
intelligente. Stava mostrando le sue carte prima che il nemico fosse stato
sconfitto.
- Allora Blaise?- Rafeus l'osservava quasi interessato - Da quanto
non ci vediamo? Dieci, undici anni? Sai, la vita in Germania non è stata male,
lo ammetto...ma avrei voluto essere qui quando sono scoppiati i fuochi
d'artificio, sai?-
- Affanculo...- rispose Zabini, sogghignando.
- Hn.
Draco come sta eh?- continuò, girandogli attorno - Mia nonna ha detto che il mio
adorato cugino se la fa con Potter.-
- Cosa vuoi farci.- lo schermì l'ex
Serpeverde - I gusti sono gusti, no?-
Quella era un'allusione bella e buona
ma Rafeus fece finta di non coglierla anche se entrambi sapevano a cosa Zabini
si stesse riferendo. O meglio, a chi.
Vanessa. Dietro a una facciata
tutt'altro che trascurabile, quella ragazza celava con scaltra maestria la sua
vera essenza malvagia, la natura gretta e avida di chi non si accontenta mai. Se
ci si fermava alla scorza, era stupenda, come Bellatrix. Capelli castano scuri
lunghi fino alla vita, lisci e lucenti. Occhi neri come l'inferno.
Ma era
viziata, capricciosa, egoista oltre ogni dire, vendicativa. La copia di sua
madre.
La sua bocca carnosa, rossa e sensuale che ingannevolmente faceva
pensare alla passione, rivelava progressivamente l'avidità che la divorava
mentre i suoi pungenti occhi scuri lasciavano trapelare ormai apertamente la sua
cupidigia. Sul fratello aveva un ascendente inimmaginabile e con lo sfoggio di
qualche graziosa moina, da lui riusciva a ottenere tutto.
Se la sua
conoscenza di quei due fosse stata meno profonda, Blaise non avrebbe mai potuto
immaginare cosa celavano. E invece lo sapeva. Fra quei due, di amore fraterno ce
n'era molto poco.
Ciò che scorreva fra loro era un amore avvelenato, c'era
del torbido, del malato.
Sarebbero stati pronti a uccidersi a vicenda ma non
per questo si negavano piaceri che scaturivano più che dal desiderio, da una
lussuria incontrollata.
- Dov'è lei?- chiese Blaise, continuando a sorridere
debolmente.
- Oh, sta finendo di firmare il suo contratto di lavoro.- disse
Rafeus, indulgente.
- Lavoro?-
- Già...in fondo alcune lezioni devono
ancora attecchire, non credi Blaise?-
- Ma di che cazzo parli?-
- Parlo
di ciò che Hogwarts non si aspetta.- Il mago si fermò davanti a lui,
afferrandogli il mento fra le dita - Sarebbe bello farti morire qua...farti
annegare nel tuo sangue. A mio cugino piacerebbe un simile regalo, ne sono
certo. Ma voglio far patire a Draco le pene dell'inferno...per questo ti lascio
vivere. Ti farò lentamente a pezzi Blaise. Per lui sei come un fratello...- il
suo ghigno ora aveva un che di perverso - Vi farò soffrire entrambi, vi
avvelenerò l'esistenza, ammazzerò tutti quelli che avete cari...e infine verrà
il vostro turno. Ma farò vivere Draco abbastanza lungo per vederti agonizzare. E
quella sporca mezzosangue farà la tua fine! L'avrò sotto i suoi occhi e poi le
spezzerò il collo!- e detto quello lo colpì con forza al viso, facendolo cadere
dalla sedia.
Una volta a terra, Blaise rimase a boccheggiare, fiacco per la
perdita di sangue e il duro colpo ricevuto.
Dannazione, la vista gli si
annebbiava...
L'ultima cosa che sentì furono i lenti passi di Rafeus che si
allontanava...poi l'odore di fumo e il calore del fuoco gl'invasero le narici.
Quindi perse i sensi.
- Questo caffè è davvero forte...-
-
Strozzatici.-
La dolce frase era appena stata detta da Draco Lucius Malfoy
col suo solito fare noncurante anche se stavolta, allo scoccare dell'una di
notte di quel sabato inconsulto, il biondo ex Principe della casa di Serpeverde
aveva i suoi dubbi molto seri su ciò che avrebbe portato il loro avvenire. Non
era mai stato tipo da farsi domande troppo pressanti, tantomeno si era mai
preoccupato del futuro. Era sempre stato troppo menefreghista per farlo...ma ora
vi era costretto.
Sollevò di nuovo il viso dalla lettera che aveva sotto gli
occhi argentei, vergata da una calligrafia maschile elegante e regolare. La mano
che aveva scritto quella lettera gli aveva anche mandato il bambino che ora
sedeva alla sua tavola, a casa sua a Lane Street. Quel bambino, suo
cugino...Thomas Maximilien Riddle.
Il figlio di Tom Marvolo Riddle,
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, Lord Voldemort, il mago che aveva vissuto in
quel mondo per uccidere tante persone innocenti, il mago che aveva massacrato
famiglie intere. Il mago che aveva distrutto la sua infanzia. E ora stava seduto
davanti al suo unico figlio.
Un bambino come tanti altri. Un piccolo mago di
non ancora undici anni.
Tom gli stava seduto davanti, compito sulla sedia
troppo alta, parecchio intimidito.
Se non fosse stato paradossale, Draco si
sarebbe messo a ridere. Quel ragazzino gli ricordava tremendamente un tipetto
che aveva incontrato anni prima. Un tipetto che da bambini non aveva esitato a
diventargli nemico, nonostante la sua aria sperduta. Oh, quel bambino del
passato aveva dimostrato un vero cuore da Grifondoro.
E Draco si era
dimostrato un vero Serpeverde in fondo.
Ma ora suo cugino gli stava davanti.
Il figlio di Bellatrix a quanto era scritto.
- Sei nato ad Azkaban, vero?-
sussurrò Draco, accendendosi una sigaretta.
Tom, arrossendo vagamente, annuì
- Si.- mormorò. La voce un po' gli tremava - Mia madre era incinta quando è
stata imprigionata ma non ero figlio di suo marito. Questo lo svelò mio padre
alla mia matrigna dopo che lei venne ad Azkaban a prendermi. I Dissennatori mi
avrebbero ucciso e nessuno del Wizengamot avrebbe mosso un dito. Mio padre era
già stato ridotto a uno spirito da Harry, quindi non mi restava che la mia
matrigna.-
- Lucilla...-
Tom stavolta sorrise radioso - Si, è lei che mi
fa da mamma.-
- Ma si può sapere dove diavolo sei stato finora?- Draco era
allibito, non ci capiva più un tubo - Insomma, io non ho mai sentito parlare di
te! Lucilla non ci ha mai detto nulla e all'improvviso ti scaricano qua davanti
alla porta di casa e questo Caesar mi dice che io e Potter siamo anche i tuoi
padrini...- stava solo leggendo quelle righe ma quando ne capì il senso sbiancò
- COOOOSSAAAA???- balzò in piedi e Tom fece una piccola smorfia.
- Come
sarebbe che siamo i tuoi padrini??- urlò, cominciando a versarsi una buona dose
di whisky.
- E' stata la mamma a deciderlo, due anni fa quando mi hanno
battezzato.- borbottò il piccolo, nuovamente in imbarazzo - E comunque non mi
hanno scaricato qua. Caesar te lo spiega...-
- Ma si può sapere chi è questo
Caesar?!-
- Non lo sai? Caesar Cameron.- spiegò Tom sorridendo - Io vivevo
con lui a Cameron Manor, nel Golden Fields.-
Ok, non sarebbe bastato un solo
bicchiere purtroppo. Draco mandò tutto giù d'un sorso, attaccandosi direttamente
alla bottiglia. Quando il liquore arrivò a bruciargli lo stomaco, tornò a
sedersi.
Si passò una mano fra i capelli, letteralmente distrutto. Cavolo,
lui non ci sapeva fare in quelle situazioni!
Era per metà un Malfoy e per
metà un Black. Lui i guai l'ignorava!
- Cazzo...- sospirò, poggiandosi a
tavola su un gomito. E adesso che diceva a Potter?
- Non volevo turbarti.-
disse Tom, contrito - Io volevo solo vedere Harry.-
- Lascia che ti spieghi
una cosa sullo Sfregiato!- sbottò Malfoy, puntandogli il dito addosso - Quello
quando entra qua darà in escandescenze, va bene? Gli puoi toccare tutto ma
appena dici Voldemort quello dà i numeri, intesi?-
- Ma io voglio
aiutare...-
- Ma aiutare in cosa?- e si attaccò di nuovo alla bottiglia -
Perché non sei rimasto a Golden Fields?-
- Perché i miei fratellastri
vogliono fargli del male.-
Ora i due si fissavano negli occhi. Le iridi blu
di quel ragazzino sapevano molto, pensò l'Auror. Fin troppo.
- Cosa sai?- gli
chiese allora.
Tom sospirò, spostando quel caffè disgustoso da davanti al suo
povero naso.
- Ecco...io so di Rafeus e Vanessa. Me li ha fatti vedere Caesar
e so che anche se sono tornati da poco a Londra, hanno già richiamato una bella
cerchia di Mangiamorte attorno a loro. La mamma mi ha raccontato dell'ultima
guerra e visto che ho un bel debito verso Harry, ho deciso di venire a dare una
mano.-
- A meno che tu non sia corazzato non credo che potrai essere di alcun
aiuto visto che quello appena entra qua e scopre chi sei ti farà la pelle seduta
stante, senza fare neanche una domanda!- rognò Draco, stizzoso - Ma tu guarda
che casino! E perché Lucilla non ci ha detto nulla?! Perché non è venuta a
dircelo di persona?-
- Bhè...la mamma non esce mai dalla sua stanza.- rispose
Tom, diventando malinconico.
- Come sarebbe? Dov'è Lucilla?-
- Con
Caesar.-
Draco stavolta tacque, senza sapere più che dire.
Lucilla con
Cameron. Perché? Perché aveva abbandonato Tristan? Per quel demone puro?
-
Lucilla non si è potuta occupare di me fino a quattro anni fa.- spiegò il
bambino a bassa voce, come se si sentisse sempre in colpa per qualcosa - I
Riddle sono tutti morti così, quando Lucilla mi affidò al San Mungo, poi i
Medimaghi mi hanno spedito in un orfanotrofio quasi subito. Sono stato lì
fino a quando ho compiuto sei anni, poi Lucilla è venuta a prendermi. Aveva
appena avuto una bambina e non stava molto bene. Il suo potere ogni tanto
collassava per questo siamo andati a Golden Fields. Caesar si è preso cura di
lei mentre stava male e anche di me. Sai, nel suo palazzo non ci sono esseri
umani...-
- Lucilla adesso sta bene?-
Tom annuì, sorridendo - Si...cioè,
lo vedo che è triste ma sta bene. Poi però...due anni fa sono uscito dal palazzo
per giocare e mi hanno catturato.-
- Catturato?- Draco corrugò la fronte -
Chi ti ha catturato?-
- Gli Zaratrox.- e a quel nome, Malfoy sbiancò di nuovo
- I Bilancieri mi hanno rapito e mi hanno portato in Italia. Mi hanno rinchiuso
da qualche parte e ho capito solo che secondo loro io avrei creato problemi
all'equilibrio. Caesar e la mamma mi hanno cercato a lungo ma loro non possono
interferire in queste cose. Ci sono voluti mesi ma alla fine la mamma ha trovato
qualcuno che potesse liberarmi.-
- E chi è stato?-
Tom si zittì. Rimase a
osservare suo cugino, poi lentamente volse lo sguardo sulla loro
sinistra.
Una vecchia foto, nascosta fra tante altre non a caso, ritraeva
proprio colei che Draco cercava di dimenticare.
- Hermione...- sussurrò.
-
Si,- annuì Tom - Hermione è diventata una Zaratrox per venire a riprendermi. Lei
è stata per qualche tempo a Cameron Manor e sia Caesar che la mamma si fidano di
lei.-
- Perché è stata nel Golden Fields?- ringhiò Draco senza capire,
perdendo il lume della ragione.
- Perché è allieva della mamma e di
Caesar.-
- Cosa?- alitò Malfoy sconvolto - E' allieva di...-
- E'
diventata Auror in Germania per questo. Per apprendere più magia oscura
possibile.-
- Ma è assurdo! La mezzosangue ha sempre lottato contro la magia
oscura!-
- Forse credeva che impararla sarebbe stato per lei.- Tom alzò le
spalle - La conosci bene, no?-
Si, la conosceva bene. Ricordava quel
desiderio di conoscenza che a volte superava i limiti.
Il volto lontano di
Hermione improvvisamente si dissolse come neve al sole, quando sentì la
serratura di casa scattare. Praticamente sia lui che Tom balzarono in piedi
sentendo i passi e le voci sulla scala del piano di sotto.
Draco pregò in
tutte le lingue che non conosceva: l'importante era che non desse in
escandescenze...avevano appena rifatto gl'interni e comprato i mobili del
salone, non potevano permettersi di scialare troppo. Peccato che Potter a queste
non ci pensasse per nulla. Sentì Tom nascondersi praticamente dietro alla sua
schiena e tanto per essere sicuri estrasse la bacchetta, poi la porta del primo
piano si aprì...e i suoi coinquilini apparvero sulla soglia...
A Cedar
House le luci erano ancora accese.
Elisabeth Jenkins controllava
freneticamente l'orologio, contava secondi, minuti...
E Tristan ancora non
scendeva. Era andato con Degona in camera sua subito dopo che anche la signora
Nadine si era Smaterializzata via e da quel momento non vi era più aleggiato un
rumore nella grande casa.
Non si era più sentito lo scalpiccio dei piedini
della bambina ai piani superiori, né la sua voce allegra.
Liz posò l'ultimo
calice sul vassoio, lasciando che l'elfo domestico portasse via tutto, quindi si
lasciò andare seduta di peso in poltrona. Era stanca...e addolorata.
"Tu
non sei la madre di Dena!" gli aveva detto Nadine.
Si, era vero, ammise
con le lacrime agli occhi. Ma era stata lei a crescerla, era stata lei ad amare
quella bambina.
Era lei che l'amava come una madre, non il mostro senza cuore
che l'aveva abbandonata.
Tutti sembravano scordarselo. Tutti quanti, persino
Tristan.
Fra lei, Jess e Tristan c'era sempre stato il tacito patto di non
parlare mai alla bambina di sua madre...e ora invece tutto era stato buttato
all'aria. Si sentiva a pezzi, quasi defraudata di un suo diritto.
Era suo
diritto sentirsi chiamare mamma da Dena, anche se non era mai accaduto.
Era
suo diritto stare accanto a Tristan, amarlo e rispettare i sentimenti, il suo
dolore.
Era lei che faceva da madre e moglie per le due persone che vivevano
in quella casa, non un demone oscuro che non aveva esitato a sparire al primo
problema.
Rinforzata da quel pensiero, si mise in piedi e corse su per lo
sfarzoso scalone della villa, raggiungendo dopo un lungo corridoio la camera di
Dena. Era vuota e la finestra, aperta e sbattuta dal vento, stava raggelando
l'aria all'interno. La chiuse, sentendo un brivido lungo la schiena, poi ne uscì
e raggiunse la camera di Tristan, l'ultima in fondo al corridoi.
Davanti a
quella porta, si accorse per la prima volta che in quattro anni vi era entrata
si e no tre volte.
Deglutendo, l'aprì lentamente senza bussare.
Una luce
soffusa illuminava una grande anticamera, poi poco più un grande letto
matrimoniale davanti a un camino.
Li trovò seduti a terra. Tristan a gambe
incrociate, Dena sulle sue ginocchia...e fissavano un grosso libro, un album
probabilmente. A terra erano sparse tante altre fotografie.
Liz rimase
nascosta dietro all'angolo, facendo attenzione a non fare rumore...li sentiva
parlare.
- Perché non parli mai della mamma?-
Era Degona. Stava fissando
ogni fotografia come se avesse voluto impararla a memoria.
- Perché...-
Tristan sospirò, poggiandosi contro la sponda del suo letto, paziente - Perché
pensare a lei mi rende un po' triste.-
- Avete litigato?- la bambina stavolta
alzò il visetto verso il padre, tutta seria - Non le puoi chiedere
scusa?-
L'Auror sorrise, carezzandole il capo - No, non abbiamo litigato. È
difficile da spiegare.-
Avevano guardato le foto di Lucilla per tutta la
notte. Quando Dena l'aveva vista la prima volta, in una foto che la ritraeva
abbracciata a lui, a Hogwarts, ne era rimasta affascinata. La piccola era
rimasta praticamente incantata da sua madre. Esattamente come capitava a tutti
quanti.
Era rimasta innamorata dei suoi occhi, del suo breve sorriso.
- E'
bellissima la mamma!- aveva detto, con gli occhi colmi di orgoglio.
Tristan
era scoppiato a ridere, abbracciandola stretta. Si, era bellissima Lucilla. Lo
sarebbe sempre stata.
Ma ora era giunto il momento di spiegare a sua figlia i
motivi per cui sua madre se n'era andata.
I motivi per cui tutti erano così
curiosi quando la guardavano, come per cercare qualcosa.
- Piccola...senti,
devo dirti una cosa su tua madre.-
Dena rialzò gli occhi dalla foto,
incuriosita - Papà, come si chiama la mamma?-
- Lucilla.- le disse,
sorridendo - E aveva una sorella gemella che si chiamava come te. Lumia.-
- E
adesso dov'è?-
- E' morta quando era piccola.- disse l'Auror, cercando di
dimenticare quei giorni tristi.
- Oh...la mamma avrà pianto...-
-
Senti...adesso ascoltami, va bene?- Tristan le tolse le foto di mano,
stringendola più forte - Vedi, hai presente quando usciamo e ti guardano tutti?
E tutti ti dicono che sei più bella degli altri bambini normali?-
- Si...-
fece la bimba, con la faccia di una che non capiva dove volesse andare a
parare.
- Bhè...è per la mamma. Vedi...lei è...più o meno come lo zio Milo.-
cominciò.
- La mamma è una vampira?- sorrise Dena, illuminandosi -
Davvero?-
- Non è proprio una vampira. Qualcosa del genere...- Tristan cercò
di arrotondare di nuovo il tiro - Ti ricordi cosa ti ha detto la nonna stasera a
cena? Su quei demoni?- e all'assenso della figlia, si preparò a sganciare la
bomba - Ecco, la mamma è...un demone.-
- Oh...- la piccola Degona ora aveva
gli occhi larghi per lo stupore - Ma Liz ha detto che sono cattivi!-
- No,
no!- la voce accorata di Tristan diede una pugnalata al cuore della strega
nascosta nella sua stanza - La tua mamma non è cattiva. Lei è nata così. La loro
famiglia era di demoni.-
- Ma Liz mi dice sempre che i demoni sono malvagi e
cattivi! Dice che uccidono le persone!-
- Non tutti lo fanno.- sospirò il
giovane mago - Credimi, tua madre non era cattiva, ha salvato Harry e Draco anni
fa. Non era malvagia, non lo è mai stata e mai lo sarà. Altrimenti non sarei
innamorato di lei.- e dette quella nuova frase, Liz si posò una mano sulla
bocca. Le tremavano le gambe e solo la spossatezza le impedì di andarsene.
-
Allora perché la mamma se n'è andata via?-
- Perché qua non stava bene.-
sussurrò Tristan, immalinconendosi. Ora doveva mentire...non poteva dire a sua
figlia che sua madre era stata costretta ad andarsene per farli vivere - Lei era
diversa da noi. Tutti la guardavano male e dopo che sei nata tu non stava molto
bene. Così se n'è andata in un posto dove c'è un altro signore forte come
lei.-
- E tu l'hai lasciata andare?-
Si, aveva dovuto. Non aveva potuto
fare niente per trattenerla. Niente di niente.
- E non potrò mai
vederla?-
- No, tesoro...non credo.-
- Ma io voglio parlare con lei!- ora
gli occhi della bimba si stavano velando leggermente.
- Anche io vorrei tanto
vederla.- Tristan stava quasi peggio della figlia - Ma non si può
purtroppo.-
Liz uscì da quella stanza dopo aver sentito una numerosa serie di
singhiozzi.
- Dannata!- sibilò rabbiosa, con le lacrime che le infradiciavano
il viso - Dannata! Che sia dannata!-
Caesar Cameron mosse il cavallo e attese, incrociando le lunghe
dita da pianista.
Un lieve languore nel fuoco del caminetto però attirò la
sua attenzione.
- Sbaglio o qualcuno ce l'ha con te?- sussurrò aspettando una
mossa.
Non gli arrivò risposta perché l'essere che aveva davanti teneva i
suoi occhi bianchi sulla scacchiera.
Indifferente e a mala pena animata da un
qualche sentimento, la donna mosse con la mente la regina e gli mangiò la torre,
rovesciandola e mandandola in pezzi.
Il padrone di Golden Fields fece una
piccola smorfia, poggiandosi alla poltrona.
- Ti manca Tom?- le chiese.
-
A te no?- rispose lei, senza sollevare lo sguardo vuoto - Era l'unico ad avere
onde cerebrali qui dentro.-
Cameron colse il sarcasmo ma non rispose alla
gelida battuta, troppo intento ad ammirare la donna stupenda che aveva di
fronte. Era pura come un giglio, nera e maledetta dalla sorte come un
condannato.
Adorava i suoi capelli lunghi e lucenti, colmi di boccoli.
Adorava la sua pelle di alabastro, la sua bocca umida e rossa come una
ciliegia.
L'unica cosa che rimpiangeva era quell'azzurro nei suoi occhi, ora
tanto privi di colore.
Ma in fondo mai nessun demone puro era riuscito a
conservare qualcosa nelle sue iridi. Né sentimento, né ricordi.
- Verresti
con me domani fuori dal castello?-
- Perché fai domande di cui conosci già la
risposta?- rispose lei, mentre Caesar avanzava con un pedone.
- Perché io
spero sempre, amica mia.-
- La speranza se n'è andata da tempo da questa
casa, Caesar. E tu lo sai bene, vero?-
- Tu mi hai dato la speranza. Non
era questo che volevi quando mi hai maledetto quattro anni fa?-
- Ciò che
volevo io era restare con la mia famiglia.-
- Mi odierai per tutta la nostra
eternità Lucilla?-
La demone pura alzò il viso finalmente, fissandolo a
lungo. Ma non apparve espressione sul suo viso. Non pareva neanche che fosse
viva. Sembrava lontana miglia e miglia con la mente. E anche col cuore.
- Li
ami?-
- E tu sai amare Caesar?-
- Tu mi hai insegnato ad amare.-
- No,
io ti ho maledetto e ti ho dato i sentimenti che per tua natura non hai.-
-
Volevi che annegassi nel rimorso per tutto quello che ho fatto nei miei
novecento anni?-
- Forse.-
- Mi hai dato un cuore per amare ma ricorda
sempre cosa sono.-
- E tu ricorda sempre che finché avrò vita io non
dimenticherò la promessa che ti feci quando arrivai qua.- Lucilla abbassò lo
sguardo e senza che muovesse mano, la sua regina sulla scacchiera avanzò,
implacabile.
- Scacco matto.- sibilò.
Caesar invece non guardò
neanche le pedine. Si limitò a sorridere.
- Ora sono stanca.-
- Certo.-
disse con voce flautata, mettendosi in piedi - Ti auguro una buona notte.-
-
Aspetta.- lo bloccò sulla porta - Caesar, sai qualcosa di Hermione?-
- No.-
rispose, senza voltarsi - Ma conosco qualcuno che sa dove sia.-
- Quel mezzo
demone? Ce l'ha ancora con lei?-
- Direi di si. Crenshaw non riesce a mandare
giù il fatto che un'umana lo abbia battuto.-
- E a quanto pare non regge
neanche che i Mangiamorte gli stiano addosso, vero Caesar?-
Cameron stavolta
si volse a fissarla appena sopra la spalla, divertito senza dare a vederlo.
-
Mi leggi nel pensiero Lucilla?-
- Non sottovalutarmi.- l'ammonì la
demone.
- Non l'ho mai fatto e dovresti saperlo bene.- rispose - Ma ti prego
di non intrometterti a meno che non si tratti di vita o di morte. La
Confraternita della Dama Nera è alle prese con gli Auror e non voglio dare ai
maghi e ai gagia un buon motivo per venire a disturbare la mia quiete.-
- E
Askart? Divora umani e bestie senza fare distinzioni.- replicò lei,
irritata.
- Amore mio, sei stata tu a dire che non ho coscienza, non
ricordi?-
- Al diavolo.- la sentì sibilare - Sei un testardo Cameron!-
- E
tu bellissima, Lady Lancaster. Sogni d'oro.- e sparì, lasciandola finalmente
sola.
All'inferno, pensò lei, spegnendo le fiamme con un gesto della mano.
All'inferno Caesar, all'inferno tutti quanti.
Sola. Era di nuovo
sola. Non le importava altro in quel luogo. Voleva solo tornare al
silenzio.
Niente di più.
Elettra e Ron sbatterono i giacconi sulla poltrona d'ingresso, esausti.
-
Oh, Dray ciao!- sorrise la biondina, voltandosi verso di lui - Come mai sei
ancora...- ma si bloccò, vedendo una testina nera che si nascondeva dietro a
Malfoy - Chi c'è con te?-
- Potevi dirlo che eri in compagnia, sai?- frecciò
Ron incurante, stiracchiandosi.
- Non è come sembra...- chiarì Draco,
mordendosi le labbra - Dove sta Potter?-
- E' giù in lavanderia. Un ubriaco
ha rovesciato la birra addosso a lui e a May.- spiegò Elettra senza capire.
Piegò il capo e notò che dietro a Draco c'era un ragazzino sui dieci anni. Lo
vide un po' spaventato e corrucciando la fronte se ne chiese il motivo. Si
chiese anche cosa facesse uno come Malfoy con un bambino ma il piccolo sembrava
sul serio troppo allarmato. Intenerita, gli sorrise quando un'imprecazione ben
poco fine arrivò dal piano terra.
- Viva la finezza!- ridacchiò Ron - Harry,
che c'è non viene più via la macchia?-
- Macchia?- urlò la voce di Potter
dalle scale - Mi ci so no fatto il bagno con quella birra!-
- Oh,
dai...basterà usare un po' di smacchiante!- cinguettò May arrivando sulla soglia
per prima - Ciao Draco.-
- Hn.- fece lui, sempre più stizzoso. Eccolo che
arrivava. Harry era nell'anticamera e appena mosse un passo, sgranò gli occhi,
portandosi la mano alla testa.
- Dannazione!- ringhiò, col palmo chiuso sulla
cicatrice - Giuro che se prendo il bastardo che mi sta spaccando la testa in due
lo massacro, è la volta buona!- e si sbatté la porta alle spalle - Ciao
Malferret...- disse quindi, degnandolo appena di un'occhiata, poi però si
bloccò. Finalmente si accorsero tutti del nuovo venuto.
E quando
sfortunatamente gli occhi del piccolo Tom incatenarono quelli verdi del bambino
sopravvissuto avvenne la magia. Quella magia. Quella che avrebbe legato
per sempre due stirpi di sangue. Il dolore scoppiò più forte e tanto
lancinante da squarciare i sensi al bambino sopravvissuto. Per un buon quarto
d'ora urlò come uno sotto tortura e solo quando Draco capì che doveva prima
calmare suo cugino, quelle grida si fermarono.
Steso sul divano con un panno
sul capo, Harry quasi non riusciva a tenersi fermo.
- Tesoro...ti prego
calmati!- Elettra non sapeva più come tenerlo disteso - Avanti, respira!-
-
May, prendi dell'acqua presto!- le ordinò Ron che bloccava i polsi del suo
migliore amico, impedendogli di agitarsi eccessivamente - E del ghiaccio!-
-
Tom...- gli occhi di Harry si erano fatti febbrili - Tom...Riddle...
Tom...-
- Che diavolo dici?- Weasley non ci capiva più nulla - Che centra
adesso?-
- VOLDEMORT!- gridò ancora, spingendo lontano sia Elettra che Ron.
Velocissimo riuscì ad afferrare la sua bacchetta e allora fu Draco a mettersi in
mezzo. Si parò di fronte al piccolo Tom, sapendo bene che Potter non ci avrebbe
pensato sopra due volte a far secco anche lui ma almeno doveva provarci.
-
Harry...Harry, un attimo...- alitò, alzando le mani come in scudo - Un secondo e
ti spiego tutto...-
- Levati di mezzo!- gridò l'altro, praticamente fuori di
sé - Quello è Voldemort!-
- Non è esatto.- replicò Malfoy, più calmo - E'
tutto spiegato qua. Leggi...- e gli allungò la lettera di Cameron, senza che
però il moro la prendesse - Credimi, è tutto qui.-
- Levati di mezzo Draco!-
disse ancora Potter - Vattene o ti spazzo via con lui!-
- Finiscila di
comportarti da pazzo e dammi retta per una volta in vita tua!- strillò il
biondo, ormai furente - Credi che mi metterei mai a difendere Voldemort? Eh? Ma
sei stupido?!- e gli lanciò addosso il pezzo di carta, incazzato quanto Harry -
Leggi quella fottutissima lettera! Muoviti!-
Il bambino sopravvissuto non
capiva più niente, non sentiva più niente. Aveva il cuore in gola e la testa gli
scoppiava, ecco cosa sapeva. In più aveva davanti un Tom Riddle bambino. Quegli
occhi blu...li ricordava troppo bene!
Quei lineamenti, quel viso! Era
lui!
Ma cos'era allora quel dolore che sentiva dentro? Della tristezza? Quel
rimorso?
Era quel bambino a provare quei sentimenti?
Fu May, che presa
dall'impazienza, spiegò la lettera e la lesse ad alta voce, strabiliando tutti
quanti.
- "Gentili Signor Potter e Malfoy..."- lesse l'Auror -"
Vi scrivo per spiegare la venuta di Tom alla vostra presenza. Il bambino ha
espresso il desiderio di raggiungervi a Londra dopo una serie di avvenimenti che
l'hanno portato a credere di potervi aiutare in ciò che sta per accadervi.
Quindi vi prego di prendervi cura di lui, in quanto l'anno scorso siete stati
nominati suoi padrini, per rito magico, come desiderio della matrigna di
Tom."-
- Matrigna?- alitò Ron senza capire - Ma insomma chi sei?-
- Aspetta...- lo bloccò May, riprendo a leggere -
"
Se vi chiedete chi sia il
vostro ospite, cercate nel passato di suo padre, il Lord Oscuro. Avete di fronte
l'unico figlio di Tom Marvolo Riddle in persona. Sua madre, Bellatrix Black
Lestrange, lo dette alla luce ad Azkaban e in questi anni ha vissuto nel Golden
Fields, nel mio castello. Vi assicuro che le sue intenzioni sono del tutto
sincere e vi posso anche assicurare che non vi è alcun complotto nella sua
venuta a Londra, specialmente riguardanti lei, Signor Potter. Perciò vi prego,
abbiatene cura e proteggetelo dai pericoli.
Distinti saluti,
Caesar Noah
Gabriel Cameron."-
Finita la lettera, Harry aveva le mani che tremavano
vistosamente.
Il figlio di Voldemort...il figlio di
Voldemort...
Sette anni d'inferno, le chiacchiere, il dolore, le lacrime, i
suoi genitori, Cedric, Sirius, i tanti morti, i torturati...
No, non ce la
faceva. Era troppo.
- Dove vai?- lo richiamò Elettra, vedendolo afferrare la
giacca come un forsennato - Harry!-
Non fece in tempo a seguirlo che si era
già Smaterializzato via, pallido come una straccio.
- Cazzo!- ringhiò Draco,
sentendosi tirare per il polso dal bracciale.
- Ma dov'è andato adesso?- si
lagnò Ron esasperato.
- Da Sirius.- disse secca la Baley - Dray, ti conviene
andare o il tuo braccio...-
Il biondo annuì iracondo, con il fumo che gli
usciva letteralmente dalle orecchie. Dannazione, dannazione!
Maledetto
Potter! Afferrò il mantello e si preparò ad andarsene, quando Tom, ancora
aggrappato alla sua cinta, lo tirò un poco, ricordandogli la sua presenza.
Malfoy, vista la sua espressione praticamente terrorizzata, dovette girarsi con
fare supplichevole verso gli altri.
- Tranquillo.- gli disse Elettra
sforzandosi di mantenersi calma - Me ne occupo io...- e posò lo sguardo sul
bambino, sorridendogli in maniera dolce - Non hai paura che io ti mangi,
vero?-
Tom guardò prima Elettra, poi fissò Draco...infine guardò di nuovo la
biondina.
Doveva aver creduto alle parole della Baley perché si staccò dalla
cinta del cugino e lo lasciò andare, prima che una forza nascosta gli staccasse
direttamente il braccio sinistro.
- Aspettami, dove vai?- gli chiese May,
seguendolo per le scale.
- A cercare Potter, no?- replicò gelido.
- Vengo
con te.-
- Non ci pensare neanche mezzosangue!-
- Io devo rispondere per
voi! Lo capisci o no?- sbottò la ragazza e stavolta Draco si girò verso di lei
di botto, con gli occhi argentei incendiati - Adesso stammi bene a sentire! Se
vuoi ficcare il naso in ciò che facciamo non mi sta bene ma per il momento non
ti uccido! Però quando discuto con lui non voglio gente attorno, sono stato
chiaro? E un'altra cosa!- sibilò, avvicinandosi al suo viso - Azzardati a dire a
Orloff qualcosa del ragazzino e ti ammazzo nel sonno!-
La faccia contrita di
May la fece apparire ai suoi occhi come una bambina sgridata.
- Che carattere
impossibile...- mugugnò la ragazza, una volta rimasta sola - Vabbè...in fondo me
l'avevano detto, no? Speriamo non si ficchino nei guai prima del
tempo...-
A West Gold Lake intanto, alle tre di mattina e in una bella villetta dal
tetto rosso sulle sponde del lago, Sirius Black e Remus Lupin avevano
definitivamente detto addio al loro sonno.
Erano stati buttati giù dai letti
da un fracasso bestiale, probabilmente provocato dai soliti due imbecilli che
loro conoscevano bene. Usciti dalle loro stanze tutti arruffati e assonnati,
scesero al pian terreno e naturalmente pescarono Harry e Draco a litigare.
-
Vado a prendere del caffè.- mugugnò Remus, infilandosi in cucina.
- Ci va
qualcosa di più forte.-
- Allora metto del brandy anche nella tua tazza.-
frecciò il licantropo, sparendo oltre la porta.
- E allora?- sbottò Black
piazzandosi fra i due - Che è successo stavolta?-
- Niente, sua maestà ha di
nuovo dato di testa!- sibilò Draco, svaccandosi su una poltrona del
salotto.
Sirius non capì esattamente la faccenda ma appena guardò il suo
figliastro capì che stavolta era davvero qualcosa di grave. Non un comune
litigio. E ci scommetteva che non era più per Hermione.
Non aveva mai visto
Harry tanto pallido. Aveva quasi gli occhi verdi cerchiati, nascosti dalle
lenti...e la sua cicatrice era diventata rossa come il fuoco. Stralunato,
sollevò la mano per toccargli la fronte ma il moro si scostò
bruscamente.
Tremava, sembrava di nuovo colto dalla crisi che l'aveva colpito
la prima volta a casa di Andromeda tre giorni prima.
- E' successo ancora?-
chiese Sirius, ritirando il braccio.
- E' successo di peggio.- sibilò Harry,
con voce roca.
- Bhè?- l'uomo li guardò interrogativo - Che è successo si può
sapere? Avete visto Rafeus e Vanessa?-
- No, il loro fratellino.- ringhiò a
quel punto il bambino sopravvissuto e con una tale rabbia che Sirius stentò a
credere a chi aveva davanti. Strabuzzò gli occhi, posandoli su Malfoy.
- Come
prego?-
- Hanno un fratello!- sbottò ancora Harry pieno di collera, mentre
rientrava Remus con due tazze in più - Hanno un fratello! Un ragazzino di dieci
anni!-
- Bellatrix ha avuto un altro figlio?- si stupì Lupin - Ma com'è
possibile? Era ad Azkaban dieci anni fa.-
- Infatti Tom è nato lì.- spiegò
Draco.
- Tom?- Sirius alzò un sopracciglio - Si chiama Tom? E come lo
sapete?-
- Ce l'hanno mandato a casa come un pacco!- ironizzò Harry acido, al
limite di una crisi isterica - E sai una cosa? Non è figlio di quel deficiente
di Lestrange! Bellatrix oltre che una stronza assassina era anche una
miserevole...-
- Frena la lingua!- lo zittì Sirius, facendolo sedere quasi a
forza - Vuoi farti venire un collasso? Spiegatemi, di chi è figlio questo
bambino? E perché ve l'hanno mandato eh? Dov'è stato fino ad oggi?-
- Tom
stava a Golden Fields, nel palazzo di Cameron.- rognò Draco con sospiro -
E...quando Bellatrix è stata imprigionata ad Azkaban era già
incinta...di...Voldemort.-
Remus, che stava sorseggiando il suo amato brandy
alle albicocche, per poco non si strozzò. Sputò tutto fuori mentre Sirius
credette a uno scherzo. I suoi occhi color cenere erano tanto sgranati che Draco
per un attimo temette che l'attacco di cuore venisse a lui e non a Potter.
-
State scherzando...- alitò Remus pulendosi la bocca.
- Ti pare che stia
scherzando?- ringhiò Harry, scoppiando come una bomba a orologeria.
- Ma
è...è...impossibile!- Sirius, mandato giù di fila il brandy e il caffè, cercò di
riordinare le idee - No, è assurdo. È praticamente impossibile! Bellatrix...- si
fece pensieroso, vista l'espressione dei due ragazzi - Ok, Bellatrix era
abbastanza fanatica per fare una cosa simile ma...è praticamente assurdo!
Voldemort era sposato con Lucilla e a quanto mi hanno detto era innamorato di
lei! Lei era anche mezza demone. Se avesse voluto un figlio potente avrebbe
dovuto pensare a farlo con sua moglie!-
- Paddy, senza offesa, ma quando
capita capita...- bofonchiò Remus, con fare tranquillo.
- Certo, è capitato!-
urlò Harry spaccando quasi tutti i vetri della casa con la magia - E adesso ho
in casa mia il figlio di quel bastardo che ha ammazzato mio padre e mia madre!
Renditi conto che sono anche il suo padrino!! E Lucilla si è sempre ben guardata
dal dirci che quel maledetto essere viveva coi demoni!-
- Maledetto
essere...è solo un bambino!- si schifò Draco - Ma ti senti quando parli?-
-
Ehi, il ragazzino è il figlio di Voldemort!- Harry lo fissò furibondo, coi pugni
serrati e le unghie piantate nel palmo - Te lo ricordi Voldemort
vero?!-
Draco stavolta alzò lo sguardo verso di lui con gli occhi
lampeggianti per la rabbia.
Si mise in piedi e si fronteggiarono come sempre,
come due nemici. Stavolta Harry aveva esagerato, se ne resero conto Sirius e
Remus quando videro l'espressione del biondo. Si, Potter era sempre stato
l'unico a ignorare le insinuazioni su Draco in tutti quegli anni...e ora invece
erano ritornati indietro di anni e anni.
- Ragazzi, dai.- Remus fece per
separarli visto che Sirius era rimasto seduto con le palle degli occhi fuori
dalle orbite - E' inutile stare qua a litigare fra voi due. La colpa non è
vostra, tantomeno di Lucilla. E Harry, fattelo dire, ma la colpa non è anche di
quel povero bambino.-
- Il povero bambino può anche bruciare all'inferno!-
Harry aveva detto la sua ultima parola. Scavalcò i presenti sdegnato dal
fatto che non lo capissero, che dissacrassero gli anni passati a combattere il
Lord Oscuro. In tanti erano morti, in tanti avevano sofferto. Per cosa?
Per
niente! E ora gli dicevano di prendersi cura del figlio bastardo di quell'uomo?
Mai.
Meglio morire.