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Autore: Amy Dickinson    05/06/2012    3 recensioni
Ciao a tutti,
questa è la prima volta che scrivo una storia su Twilight e non ho la più pallida idea di cosa ne verrà fuori, comunque... spero che vi piaccia!
Non c'è moltissimo da dire, la fanfiction è ambientata in Inghilterra, nella città di Manchester e la protagonista è il mio personaggio femminile preferito sia nei film che nei libri della Meyer: Alice. La nostra piccola Cullen è una ragazza inglese di appena 20 anni, è una studentessa universitaria che vive insieme all'amica Bella, conducendo una vita normale, tranquilla e forse anche un po' monotona. C'è effettivamente qualcosa che manca nella sua vita, lei finge che la cosa non le pesi e che tutto sia regolare ma in effetti... - può andare come anticipo?
Leggete! :) Magari se vi è piaciuta lasciatemi qualche recensione... d'accordo, vale anche se non vi piace! Fatemi sapere comunque e per favore non siate troppo severi con me, un abbraccio.
Amy
P.S. Mi scuso sin da ora per eventuali errori di svariato genere, appena possibile correggerò le sviste e posterò la conclusione. Spero che possiate comunque godervi il contenuto. Grazie dell'attenzione ^^
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Living in Manchester - Saga'
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Inatteso


Nei giorni seguenti le condizioni di Bella non migliorarono ed Alice cominciò a preoccuparsi sul serio vedendo che continuava a mangiare poco e a sentirsi sempre stanca. Dopo due giorni a casa aveva ripreso a studiare e a lavorare ma stava diventando taciturna e si rifiutava di uscire, usando sempre la scusa dello studio. Studiava in continuazione, dalla mattina che usciva di casa per andare all’università, alla sera, arrivando addirittura a far tardi la notte, con l’unica conseguenza che, il giorno dopo, era così stanca da non riuscire ad affrontare gli impegni quotidiani. Anche lei, come Jasper, era arrivata alle battute finali del suo percorso di studio ma, a differenza sua, il ragazzo la stava prendendo con molta più filosofia, ogni giorno dedicava qualche ora alla tesi di laurea ma non arrivava mai al punto di sfinirsi mentalmente e fisicamente, come stava invece facendo lei. 

Tentava spesso di parlarle, proponendole qualcosa da fare insieme, ma Bella puntualmente declinava ogni invito, chiudendosi nella sua stanza, luogo che stava diventando sempre più metafora della sua chiusura in se stessa. “Bella, dovresti andare da un dottore” le aveva detto più di una volta, risoluta. 

“Non ne ho bisogno, so già che si tratta di stress e appena avrò concluso qualcosa con lo studio starò subito meglio. Non c’è nulla di cui preoccuparsi” aveva prontamente risposto, cercando di rassicurarla e di suonare convincente. Inutile dire che Alice non la bevve e si sentì ancora più impotente poiché, se Bella non aveva intenzione di parlarle, non poteva sapere cosa la stesse affliggendo e, di conseguenza, non poteva aiutarla. 

Non tardò a parlare della questione sia con Edward che con Rosalie ma le cose non cambiarono. Bella era nervosa e non sopportava tutte quelle premure improvvise, diceva a tutti che non stava poi tanto male, che Alice era apprensiva e ingigantiva tutto, che non dovevano temere per la sua salute perché si sarebbe ripresa molto presto, e chiedeva loro di lasciarla in pace, avvisandoli che non era dell’umore per uscire o essere di compagnia. 

Una sera Jasper, preoccupato, oltre che dalla situazione di Bella, dagli effetti che la cosa sortiva sulla sua amata, decise di lasciar stare la tesi e di portare Alice fuori a cena, scegliendo di combinare un’uscita con Julia e Patience, sperando che la cosa le avrebbe fatto piacere. Inizialmente la piccola Cullen non aveva molta voglia di uscire ma Jasper riuscì a convincerla. “È un’occasione per distrarti un po’, ultimamente sei stata sempre in casa con Bella. Non dico che non sia giusto preoccuparsi per lei, anzi, ma non devi dimenticarti che hai una vita anche tu. Non stai facendo nulla di male, non ti odierà se per una volta pensi a te, non la stai piantando in asso” disse. “E poi ho chiamato Edward e mi ha detto che passerà la serata a casa e che la chiamerà per sentire se tutto va bene, quindi non hai motivo di preoccuparti”    

Alice sospirò, sentiva di non star facendo la cosa giusta, Bella non poteva essere lasciata sola in un momento così difficile ed ambiguo. La situazione l’aveva messa in forte agitazione, da diversi giorni ormai non riusciva più a concentrarsi, proprio perché costantemente in ansia per l’amica. Forse Jasper aveva ragione, forse non avrebbe fatto nulla di male uscendo una sera insieme a lui anziché stare sveglia fino a tardi, in attesa di segnali di ripresa o almeno di apertura da parte della giovane Swan.   

“Non sarebbe egoista da parte mia?” chiese. Quando faceva così sembrava una bambina confusa, un’adorabile bambina confusa. E agli occhi di Jasper non esisteva nulla di più tenero e grazioso. Le prese il viso fra le mani e le accarezzò le guance. “No, piccola” rispose. 

“D’accordo allora”

“Non devi andare al pub stasera, vero?”

“No, il capo è fuori città per qualche giorno, finché non torna ho le serate libere”

“Okay, ti vengo a prendere intorno alle otto, va bene?”

“Va bene”

“Vedrai, passeremo una bella serata, e poi ci saranno anche le tue amiche”

“Le mie amiche?”

“Julia e Pat, ovviamente”

“Le hai invitate?”

“Sì, ho fatto male?”

“No, no, sono contenta, ma un po’ sorpresa. Come hai fatto?”

“Ieri hai dimenticato il cellulare a casa, ricordi? Quando l’ho visto mi è venuta l’idea e così le ho chiamate”

“Come sono sbadata ultimamente… Comunque, lo ammetto, hai avuto una bella idea”

“Mi fa piacere sentirlo. Ora vado, Rose mi reclama per una commissione, a stasera”

“A stasera”

 

 

Jasper arrivò puntuale e Alice non si fece attendere. Prima di uscire però pensò bene di avvertire l’amica. Salì le scale e raggiunse la porta della stanza di fronte alla sua e bussò. “Bella, Jasper è arrivato. Ce ne stiamo andando” disse. Dalla stanza non proveniva il minimo rumore e Alice stava per bussare di nuovo quando giunse un tardivo e distratto: “Okay, ciao”

“Possiamo andare?” chiese Jasper non appena fu tornata in salotto. 

“Sì” rispose, mettendo una giacca leggera e afferrando la sua borsa. 

Jasper aveva la patente ma non l’automobile. Era stata una sua decisone poiché gli pesava il fatto di non lavorare e non voleva che i suoi genitori – oltre lui – mantenessero anche quella, preferiva aspettare e, una volta trovato un impiego, comprarne una ed affrontare da solo le spese che avrebbe comportato. Per l’occasione aveva chiesto a sua sorella di prestargli la sua auto e Rosalie, benché stupita dall’insolita richiesta, aveva acconsentito. Alice si stupì a sua volta alla vista della macchina, non se l’aspettava, comunque fu contenta di non dover prendere i mezzi pubblici e ci salì di buon grado. 

‘È così carina’ pensò poco dopo Jasper, osservandola con la coda dell’occhio mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Effettivamente la camicetta fantasia, la gonna di denim e i tronchetti le donavano particolarmente. Tuttavia l’espressione tesa sul suo viso non era l’abbinamento ideale. La sentì sospirare, nonostante ci fosse della musica in sottofondo. “Alice?” la richiamò all’attenzione. 

“Che c’è?” rispose, sobbalzando appena. 

“Non pensarci, stasera devi distrarti” 

“Lo so, ma Bella…”

“Tesoro, ascolta, capisco la tua preoccupazione ma non c’è bisogno di stare così in pena. Te l’ho detto: Edward mi ha assicurato che se ne occuperà lui, la chiamerà e, se ce ne sarà bisogno, sarà subito da lei. È nelle mani del suo ragazzo, direi che è al sicuro”

Sospirò ancora. “Hai ragione, sto esagerando e non dovrei. D’accordo, la smetto e mi godo la serata con te e con le mie amiche”

“Brava, questo è lo spirito giusto. E sorridi, quel muso lungo non ti sta affatto bene, soprattutto adesso”

“Perché soprattutto adesso?”

“Perché mi piaci così tanto che rischio di iniziare a baciarti”

“Beh, non sarebbe mica un male” 

“Sì, invece. Primo, perché sto guidando e secondo, perché se inizio poi non mi fermo”

All’affermazione Alice sorrise genuinamente, le guance leggermente imporporate, e Jasper ricambiò, felice di essere riuscito nel suo intento. 

Quando ebbero parcheggiato, scesero dalla macchina e si guardarono intorno in cerca delle ragazze. “Non le vedo da nessuna parte. Saremmo arrivati in anticipo?” domandò Alice.

“No, siamo in perfetto orario” rispose Jasper. 

“Che siano già entrate?”

“Non so, andiamo a vedere”

Si avviarono verso l’entrata e proprio lì vennero avvicinati da Julia. “Eccovi!” disse con un sorriso, salutando prima una e poi l’altro. “Amore, ti ricordi di Alice, vero? È un bel po’ che non vi incontrate”

“Certo, come va?” rispose il ragazzo che stava accanto a Julia, spegnendo una sigaretta ormai finita nel posacenere e stringendole la mano.

“Ciao, tutto bene” 

“E lui è il suo ragazzo” 

“Sono Jasper”

“Davies” 

“Che ne dite di entrare? Pat e Seth si sono già accomodati” propose Julia.

“Okay” risposero i ragazzi, precedendole. 

“Pat e Seth?” chiese Alice a Julia, parlando sottovoce. “Seth Clearwater, per caso?”

“Esatto. Nemmeno io ci credevo quando me l’ha detto” rispose. 

“Ma non è piccolo per lei?”

“Sì, di un paio d’anni, ma da come ne parla sembra entusiasta di averlo conosciuto”

“Entusiasta, dici? Credevo che odiasse sua sorella, non è stata proprio lei a soprannominarla Leah l’arpia?”

“Se è per questo è odio reciproco, ma dice che lui è l’esatto opposto e che si trova bene in sua compagnia”

“Allora, buon per lei, se son rose…”

“Ehi, voi due, che avete da parlottare tanto, eh?” sopraggiunse Patience. 

“Noi? Proprio niente” si affrettò a dire Julia, colta di sorpresa, senza tuttavia scomporsi e perdere il suo tipico aplomb

“Ciao, Patty” salutò Alice.

“Vieni, voglio presentarti una persona…” e così dicendo la prese per un braccio e la trascinò fino al tavolo, dove Jasper stava già facendo conoscenza con il suo accompagnatore. “Alice, Seth. Seth, Alice”

“Piacere di conoscerti” affermò, educato.

“Piacere mio” rispose, stringendogli la mano. 

Fatto ciò ognuno prese posto e si continuò a parlare, si interruppero solo quando giunse il cameriere a prendere le ordinazioni, poi ripresero. 

“Ah, vai al liceo?” chiese Jasper a Seth.

“Sì, frequento l’ultimo anno” rispose il ragazzo. 

“Sai già cosa farai dopo?” chiese anche Davies.

“Sì, lavorerò nell’azienda di mio padre” 

“Che tipo di azienda?”

Mentre i tre parlavano delle rispettive vite per conoscersi un po’, Julia tempestava Patience di domande ed Alice ascoltava interessata. “Quando avete iniziato a frequentarvi?” domandò, sottovoce.

“Circa un paio di settimane fa, si è avvicinato per chiedermi un’informazione e non so come ci siamo messi a parlare. Buffo, non credevo che un parente dell’arpia potesse essere così diverso da lei”

“Ma sei stata tu a chiedergli di uscire? O è stato lui?”

“Anche se mi è sembrato molto insicuro, si è fatto avanti lui per primo”

“Ma quando siete usciti la prima volta?”

“Il giorno dopo aver fatto conoscenza”

“Aspetta, ma… Non avevi detto che avevi da fare con tua madre per quella sera?”

“Beh…”

“Perché non ce l’hai detto subito? Siamo le tue migliori amiche, di cosa avevi paura?”

“Non lo so. Non ho mai segreti per voi ma stavolta non mi sentivo pronta, temevo che mi avreste…”

“Cosa?”

“Giudicata, ecco”

“Perché avremmo dovuto?” chiese Alice. 

“Mi sembra ovvio: perché lui è più piccolo di me”

“Okay, all’inizio ci è parso un po’ strano… E allora?”

“Beh, di solito mi oriento su persone almeno un paio d’anni più grandi e con caratteristiche fisiche che in lui non sono evidenti…”

“Pat, per noi puoi uscire con chi vuoi, vogliamo solo che sia un bravo ragazzo e che tu sia felice” 

“Sì, non vogliamo certo giudicarti. Stavamo solo dicendo che avresti potuto dircelo prima”

“Volevo aspettare che mi ci trovassi bene insieme, che fosse un tipo divertente oltre che carino, prima di presentarvelo”

“Beh, da come parla con i ragazzi, direi che lo sembra”

“Oh, lo è. Non voglio farmi illusioni, ma mi piace davvero. Per una volta credo che più che la bellezza mi abbia colpito la sua personalità. Guardatelo: non sarà una statua di marmo come Jasper, né un ammasso di muscoli come Davies, ma è così tenero con me, e le sue battute sono forti. Non so perché, ma mi ricorda un lupo, è carino e adorabile ma è quasi sempre solo, a quanto ne so non ha molti amici” 

“Ma adesso ha te”

“Oh, Alice, sto così bene con lui, il tempo passa così in fretta quando siamo insieme...”

“Non dico nulla, per ora, ma sembra che tu abbia trovato l’unica persona che sia in grado di estendere le tue vedute sugli uomini”

“Forse hai ragione, Julia”

“E dimmi, vi siete baciati?”

“Ancora no, Alice, non so, forse non vuole…”

“Ma che dici? Fidati, da come ti guarda si direbbe tutto il contrario, è cotto di te. Probabilmente è solo timido”

“Lo credo anch’io, aspetta il momento giusto”

“Se così fosse spero che questo ‘momento giusto’ arrivi presto”

“Senz’altro, ma non dargli fretta”

“No, no” assicurò, smettendo di arrossire per un momento ma riacquistando colorito subito dopo essere tornata a guardarlo. 

La divisione tra ragazzi e ragazze non durò a lungo, presto si scambiarono di posto per poter partecipare ai diversi discorsi che nascevano. 

“Finalmente si balla!” esclamò ad un tratto Patience notando che veniva fatto spazio nella sala accanto, preparando così una pista da ballo. “Andiamo?”

“Ehm, io non…” balbettò Seth, cercando di trovare un modo carino per rifiutare. 

“Oh, avanti, non usare la vecchia scusa del ‘non so ballare’, non me la bevo”

“Ma non è una scusa, veramente non so ballare e…” 

“Andiamo, dai, sarà divertente!”

Il poveretto non ebbe modo di finire la frase o ribattere che già lo aveva preso per mano e trascinato via. Patience era a tratti insicura ma, quando c’era qualcosa che voleva fare, era come un vulcano in eruzione: niente la fermava.  

“Ti va di ballare?” chiese subito dopo Jasper.

“Mi piacerebbe” rispose Alice con un sorriso. Offertale la mano, l’aiutò ad alzarsi e si trasferirono anche loro nella vicina sala dove la musica stava partendo. 

“Stavo pensando…” cominciò poi Julia.

“Ah, non guardare me. Sai che detesto ballare e, soprattutto, odio questa musica” fece, sottolineando la parola con aria disgustata. 

“Sì, so che preferiresti di gran lunga andare a un concerto trash metal, ma per una volta potresti accontentarmi” 

“Dai, Jules, non insistere” 

La ragazza sbuffò. “D’accordo, ma non pensare che me ne starò qui impalata a guardarti scolare l’ennesima tre quarti. Voglio ballare ed è ciò che intendo fare, anche senza di te” quindi si alzò e seguì le altre due coppie. “Ma Davies non viene neanche stavolta?” le chiese Patience, vedendola arrivare da sola. 

“No, è il solito egoista. Ma so io come stuzzicarlo…”

E la vide allontanarsi. 

“Qualche problema?” chiese Seth. 

“No, tutto a posto. Hai visto che non è così difficile? Non lo trovi divertente?” gli chiese. 

“Sì, sì. Molto…” fece il possibile affinché le sue parole suonassero convincenti – in realtà si sentiva in imbarazzo e non si stava divertendo affatto, ma lei gli sembrava così graziosa che non osava deluderla. 

“Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto!” esclamò, stringendolo ancora un po’ a sé. 

Poco più in là… 

“Peccato che alla mia festa non abbiamo ballato insieme, mi sarebbe piaciuto” sussurrò Alice all’orecchio di Jasper. 

“Anche a me, sai? Ma ci stiamo rifacendo adesso. Stai benissimo stasera anche se devo ammettere che quella volta eri irresistibile” rispose. “Chiunque avrebbe approfittato del tuo stato di ubriachezza”

“Ma non tu” precisò. “Tu sei diverso”

“Non dimenticare che ti ho baciato”

“Sì, ma è finita lì. E poi mi hai accompagnata a casa e hai aspettato che mi addormentassi. Quanti si sarebbero comportati così?”

“Essendo un uomo, non molti, direi”

“Già. È anche per questo che ti amo” 

“Oh, piccola, anch’io ti amo” sorrise. “Sai, ripensando a quella sera non avrei mai sperato che saresti stata mia un giorno”

“Io men che meno, lo sai bene, ma non si sa mai cosa può riservare il destino. Quando mi sono trasferita qui a Manchester ero ancora attaccata a delle sciocche convinzioni ma poi, quando ti ho conosciuto, mi sei entrato dentro al cuore e sei riuscito a cambiarmi, a farmi sentire davvero amata”

“Ne sono felice, posso solo aggiungere che hai dato un senso alla mia vita”

Quelle parole le fecero spuntare un sorriso che la illuminò tutta, lo abbracciò e lo baciò con passione, ignorando il fatto che ci fossero decine di persone intorno a loro. 

Intanto, nella sala accanto…

‘Prendersela tanto per una simile stron…’ pensò Davies, ancora intento a bere. ‘Ehi, ma che accidenti fa quello?’

Il suo sguardo si era spostato su un ragazzo che ballava avvinghiato a una ragazza molto carina che riconobbe subito come Julia. Mollò istantaneamente la birra vuota sul tavolo e si avviò in quella direzione a passi rapidi. “Ehi, tu” fece, una volta arrivato, attirando l’attenzione del ragazzo, ergendosi in tutta la sua stazza e guardandolo minacciosamente, serrando i pugni semi coperti da guanti borchiati. “Tocca a me ballare con la mia ragazza, se non ti spiace” 

Inutile dire che l’ultima frase era sarcastica e che i suoi occhi dicevano: Se non le togli subito le mani di dosso ti farai una viaggetto di sola andata in ospedale

“Ah, è la tua ragazza? Non lo sapevo, scusa tanto, amico” fece quello, cercando di non lasciar trasparire la giustificata preoccupazione alla vista delle sue robuste braccia e dei pettorali che aderivano sotto la maglia nera, capendo che avrebbe fatto una brutta fine se solo si fosse opposto a quel bestione. 

“Saggia decisione, amico” fu la sua sprezzante affermazione mentre prendeva le mani di Julia, e subito dopo si rivolse a lei. “Accidenti a te, come puoi ballare col primo che capita? Sotto i miei occhi, poi!”

“Scusami, tesoro, ma tu non vuoi mai ballare e non puoi certo pretendere che rinunci a quattro salti in pista. Non sarai mica geloso, eh?” domandò, con aria di finta ingenuità. 

“Sai benissimo che lo sono, questo giochetto ormai non funziona più”

“Non direi, dato che sei qui. Sei arrivato prima del previsto, complimenti, hai battuto il tuo stesso record” scherzò. 

“Odio vederti tra le braccia di un altro, non farlo più” continuò, serio ma non più arrabbiato.

“E allora sforzati di ballare. Sono la tua ragazza, sai che mi renderebbe felice, non puoi farlo per me?”

“Anche gli occhi dolci, adesso… Okay, mi sforzerò, ma solo perché non voglio che ti guardino in quel modo né tanto meno che ti tocchino, dovrei spaccare troppe facce. Odio quelle teste di ca…”

“So che ci tieni a me, provo lo stesso per te” lo abbracciò e lo baciò, impedendogli di continuare e guidando i suoi movimenti in modo tale che potesse accennare un ballo. 

“Sei mia, Jules”

“Certo. E tu sei mio, Dave” 

Si lasciarono andare ad un bacio infuocato che contagiò presto altre coppie. 

 

 

“È stato divertente uscire tutti insieme, abbiamo trascorso una bella serata. Grazie” disse Alice, mostrandosi un po’ stanca ma comunque entusiasta. 

“Di niente, tesoro, questo ed altro per te” rispose Jasper, baciandola. 

“Ci vediamo domani?”

“Certo, vengo a prenderti al solito orario. Buonanotte”

“Buonanotte, amore”

E dopo essersi baciati ancora una volta, si salutarono. 

Alice aprì la porta di casa e si tolse prima la giacca e poi le scarpe, facendo riposare i piedi stanchi. Notando le luci accese, capì che Bella era ancora sveglia. “Sono a casa” disse. Non udendo risposta fece spallucce e salì al piano superiore. Una volta superate le scale notò Edward fuori dalla porta del bagno. “Ehi, che ci fai qui?” gli chiese. “È successo qualcosa?”

“Non lo so” rispose, l’aria stanca e preoccupata.

“Come non lo sai? Bella dov’è?”

“Sì è chiusa dentro e non vuole saperne di farmi entrare” indicò la porta del bagno. “Ci siamo sentiti al telefono poco fa, mi ha detto di stare bene, di avere solo un po’ di nausea ma l’ho sentita così strana che ho preferito venire a vedere come stesse realmente”

“Spostati un attimo” fece, avvicinandosi alla porta. “Bella, che succede? Perché ti sei chiusa dentro?”

Nessuna risposta. 

“Bella, per l’amor del cielo, dimmi almeno che non sei svenuta”

“No” si sentì appena. 

“Per favore, apri la porta, non hai idea di quanto sia preoccupato” disse Edward.

“Mi spiace, ma non serviva che venissi, va tutto bene”

“No, Bella, è evidente che non va tutto bene!” e dicendo ciò sferrò un pugno contro il muro, colmo di frustrazione. 

Alice, con l’orecchio incollato alla porta, sentì Bella singhiozzare e così fece segno a suo fratello di avere pazienza ed aspettare di sotto. Edward sbuffò ma obbedì e scese le scale. 

“Edward è di sotto, adesso ci sono solo io, apri la porta”

“No, Alice…”

“Bella, apri subito! Sono tua amica, condividiamo tutto in questa casa, sappiamo tutto l’una dell’altra, perché ti comporti così proprio ora che hai bisogno di aiuto?”

Bella restò in silenzio per qualche istante, poi decise di aprire la porta e lasciarla entrare. Era seduta sul pavimento, un fazzoletto sgualcito tra le mani, le guance rigate dalle lacrime. Alice le si sedette accanto e le mise le mani sulle spalle. “Che cos’hai? Ti prego, basta mentire, dimmi la verità” implorò. 

La ragazza esitò, soffiò forte il naso e deglutì un paio di volte. “Edward è ancora di sotto?” chiese. 

“Sì, ed è molto preoccupato”

“Va bene” e detto ciò le porse qualcosa che teneva nell’altra mano. “Adesso capirai”

“Che cos’è?” chiese inizialmente prendendo l’oggetto, poi spalancò la bocca. “Ma questo è…? Allora tu… Sei incinta” 

“Sì…”

“Ma… Ne sei del tutto sicura? Non è detto che sia proprio così, insomma dovresti ripetere…”

“Alice, è sicuro” l’interruppe. “È il terzo test che faccio stasera, ed è il terzo risultato positivo. Non c’è nessun errore”

Cercò di asciugare le lacrime con il fazzoletto zuppo, controllando a stento la voce rotta dal pianto. Alice posò il test di gravidanza sul pavimento e, spostando la testa, notò che dietro a Bella ce n’erano altri due ed entrambi avevano lo stesso colore del primo. 

“Credevo che fosse stress ma non mi sono mai sentita così strana. E, data la nausea, ho voluto fare un tentativo, anche perché è da molto che ho un ritardo nel ciclo. Non volevo nemmeno pensarci, invece…”

“Bella…” le mise un braccio attorno alle spalle. “Capisco che sia una sorpresa, uno shock perché sei giovane ma… Perché sei così disperata?”

La ragazza la guardò negli occhi, erano irritati dalle troppe lacrime e dallo sforzo conseguente ai conati di vomito. 

“Forse tu… Non vuoi tenere il bambino? È per questo?”

Bella esplose in una nuova crisi di pianto. “No, tutto il contrario!” gemette, la voce roca. “Sono davvero felice però…”

“Però?”

“Non mi sento pronta e… Non so come lo cresceremo. Edward e io siamo ancora studenti e a malapena riusciamo a tirare avanti con i nostri piccoli lavori, non gli daremo mai il futuro che merita… Mi sento così in colpa”

Alice l’abbracciò forte, sospirando. Capiva perfettamente come stava Bella, anche lei in quella situazione si sarebbe sentita persa e disperata, perché anche lei stava ancora studiando ed avere un lavoro assai modesto che non le avrebbe mai permesso di avere un bambino con Jasper. Anche se in quella famiglia era la più piccola sapeva che sarebbe toccato a lei aiutare Bella, sapeva che avrebbe dovuto starle accanto e farle coraggio. “Ascolta, adesso cerca di calmarti, okay? Su, soffia il naso e poi fa’ un respiro profondo” disse, porgendole un fazzoletto nuovo e togliendole dalle mani quello utilizzato. 

“Cosa farò, Alice?” chiese Bella, sfinita. 

“Non lo so, ma non devi abbatterti così. Innanzitutto devi smettere di piangere e farti forza. Vieni, alziamoci da terra” le prese la mano e l’aiutò a mettersi in piedi. “Rinfresca il viso con l’acqua”

Bella seguì il consiglio, lavò prima il viso, poi spazzolò velocemente i denti per togliersi il sapore amarognolo dalla bocca e ravviò i capelli all’indietro con le dita. Si sentiva uno schifo, aveva un aspetto orribile, il solo vedere il proprio riflesso nello specchio le faceva venire voglia di ricominciare a piangere.  

“Adesso credo che dovremmo fare un passo per volta. Innanzitutto abbiamo scoperto qual era il problema, siamo già un passo avanti verso la giusta soluzione. Non credi anche tu?”

Bella si sforzò di annuire, assolutamente poco convinta da quelle parole. 

“A questo punto direi che devi dirlo a Edward”

Bella si trattenne a stento dal piangere, iniziando a scuotere la testa come una forsennata. “No, no, no, no. Non posso dirglielo!” gracchiò, la gola in fiamme. 

“Devi farlo, Bella” l’incoraggiò, cercando di tenere i nervi saldi e nel contempo di suonare rassicurante.

“Non voglio. Alice, ti prego, io…” 

“Bella!” la costrinse a guardarla negli occhi. “Non puoi non dirglielo, è una cosa troppo importante. Ricorda che i bambini si fanno in due, non puoi escluderlo da qualcosa che lo riguarda almeno quanto te” 

Gli occhi della ragazza divennero lucidi, tirò su col naso ma non pianse. Sospirò, ancora incredula ed afflitta da quanto era accaduto, attese un istante prima di parlare. “Hai ragione, il bambino non è solo mio ma anche suo. Devo dirglielo, prima o poi”

“No, Bella. Adesso”

“Ma…”

“È di sotto che muore di preoccupazione, ha tutto il diritto di sapere, e subito anche” aprì la porta del bagno e la spinse fuori con dolcezza, sebbene il suo tono di voce e l’espressione sul suo viso rappresentavano piena risolutezza. “Coraggio”

Bella sospirò per l’ennesima volta, uscì e iniziò a scendere le scale, reggendosi al corrimano per paura di cadere, dato un lieve senso di vertigine. Alice scese subito dopo di lei. Edward attendeva seduto sul divano con le braccia conserte, i muscoli del volto in tensione, sbuffava di tanto in tanto pur di contenere l’impazienza che lo tormentava. Scattò in piedi non appena avvertì dei passi provenire dalle scale. “Bella!” esclamò frustrato, guardandola. “Si può sapere cos’ hai?”

“Edward, ascolta, Bella deve dirti una cosa molto importante” incalzò Alice, notando l’incertezza sul volto dell’amica, sperando così di poterla spronare.Il ragazzo serrò le labbra e la guardò fisso, Bella mantenne lo sguardo basso, incapace di incrociare il suo, le mani tremanti. 

“Se sono il problema, se vuoi lasciarmi… Dillo e basta!” sbottò il giovane Cullen, dopo un lungo minuto di silenzio. 

“No, non voglio lasciarti!” scattò su come una molla, guardandolo finalmente negli occhi. “Come puoi anche solo pensarlo?”

“Non lo so, ultimamente sei così strana che non so più niente. Cerco di starti vicino, di parlarti, di offrirti tutto il mio supporto, ma mi allontani costantemente, ti isoli e mi tratti freddamente. Chiunque, al mio posto, la penserebbe come me” 

La preoccupazione era evidente sia nello sguardo che nella voce del ragazzo. 

“Mi dispiace, io… Ti amo. Ti amo così tanto” disse, il tono di voce sempre più basso. 

“E allora, se non è questo, di che si tratta? Parla, dimmi come stanno le cose, una buona volta!” sbraitò. 

Alice alzò un braccio in direzione del fratello, facendogli segno di calmarsi e di non esagerare, poi mise le mani sulle spalle di Bella e con una carezza le fece sentire il proprio appoggio, sperando che il semplice gesto le desse un po’ di coraggio. “Edward…” cominciò, gli occhi le si riempirono di lacrime ma non riuscì a frenarle. Lui si morse il labbro inferiore, attendendo che continuasse. 

“Aspetto un bambino. Da te” 

 

 

_____________________________

 

L’angolo di Amy

Ciao gente,

come ve la passate?

Il mistero è stato risolto ma voi lo sapevate già, vero? ;) Povera Bella, si sente inadeguata a diventare mamma. E povero Eddie, gli è preso un colpo! XD 

Mi scuso per il capitolo, mi rendo conto che a tratti risulti un po’ strano, l’ho scritto in gran parte la notte dato che ultimamente non riesco a dormire e, quindi, non so se sia venuto fuori qualcosa di decente… Ditemi voi! ^^ 

Lasciatemi una recensioncina, mi raccomando, ci terrei moltissimo! E poi non credo che vorreste subire le ire di Leah l’arpia, giusto? XD 

A proposito, grazie mille a Lorelaine86, Orsacchiotta Potta Potta e alice cullenhalesnlgdr per aver recensito lo scorso capitolo ^^

Un abbraccio a tutte e spero a presto,

Amy  


  
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