You're
the one I chose to love
Ti
farò innamorare di me.
L’indomani,
a scuola, la mia classe (che avrebbe anticipato di
un’ora l’uscita) si trovò costretta ad
ospitare dei ‘divisi’ di un’altra
classe.
Quale classe? Niente poco di meno che quella di Ale.
Qual è il problema? C’è un problema?
No, ma in realtà si.
Il fatto è che non voglio che Ale sappia che Salvo mi sta
dietro, e non so perché.
Oggi Mars è assente, indi per cui il posto accanto al mio
è
vuoto e, ovviamente, Ale si sarebbe seduto lì.
Un compagno del mio amico, che lo era anche alle medie (che io e
Ale, anche se in classi diverse, abbiamo frequentato insieme) vide la
sedia
accanto alla mia vuota e disse, con qualcosa che stento a chiamare
italiano
“Ah, Ale ce l’ha il posto”.
Difatti Ale si venne a sedere accanto a me e, mi dispiace per
lui (e anche per me), la mia professoressa (quella di lettere, quella
caritatevole e generosa quanto impicciona, ricordate?) gli chiese
perché lui
aveva tipo il posto assegnato.
Giulia, che conosceva entrambi da comunque molto tempo, non
riuscì a star zitta e rispose per Ale dicendo:
“Loro si conoscono da un sacco
di tempo”.
Allora, ovviamente, la prof ha cominciato la sua indagine:
-
<<
Da quanto vi conoscete? >> e che cazzo, stiamo
studiando epica, non la mia vita!
-
<<
Ah boh, Manu, da quanto ci conosciamo? >> Lo so
che lo sai, bastardo, se ci tieni rispondi tu!
-
<<
La bellezza di undici anni, Ale >>
-
<<
Ma allora siete amici d’infanzia! Che cosa rara!
>>
è così rara?
Poteva
anche passare, no?
Non per il mio fottutissimo,
bastardo, amico che, non potendo starsene zitto, disse:
“Aah! Salvo è
geloso!”. Ti odio, ti odio, ti
odio, ti
odio, ti odio, ti odio, ti odio, ti odio fottutamente.
La classe cominciò a sghignazzare, io a morire
dall’imbarazzo e
Salvo ed Ale si scambiarono tipo uno sguardo fulminante, cazzo.
È tipo stata
l’ora più pesante della mia vita.
È inutile dire che all’uscita distrussi Rosario
tanto quanto è
palese che quest’ultimo pareggi per Salvo.
Salvo aspettò che tutti i nostri compagni di classe
andassero
via per fermarmi e cominciare la sua terza sottospecie di dichiarazione:
-
<<
Quel tizio è solo un tuo amico, no? >>
-
<<
Si, lo è. Perché? >>
-
<<
Allora non c’è problema, posso provarci, no?
>>
-
<<
Andiamo, smettila. Cercati un’ochetta a cui andar
dietro >>
-
<<
Ma a me piaci tu! E non farmi dire perché, sono un
ragazzo, andiamo! >>
-
<<
Oh, almeno mi risparmi la roba sdolcinata! >>
-
<<
Ho scoperto chi è la Rossana di cui parlavi…
>>
-
<<
Non cambiare discorso, essere che non ha avuto
un’infanzia >>
-
<<
Facciamo una scommessa? >>
-
<<
Mi piacciono le scommesse, che tipo? >>
-
<<
Ti farò
innamorare di me, perché tu sei stupenda in tutto
ed io ti voglio con
me>>
Ammetto
di non essere riuscita a nascondere il mio imbarazzo e
la mia area sorpresa in quel momento, le sue parole mi fecero battere
il cuore
in maniera strana, infarto?
-
<<
Io non sono nessuno per fermare qualcuno che vuole fare
qualcosa a cui tiene, provai pure se vuoi ma, ti avverto, non
sarà facile >>.
Dopo
le mie parole, che segnarono l’inizio di una sottospecie di
dannatissima sfida, lui mi sorrise caldamente e andò a casa,
lasciandomi nella
confusione più totale, ma: “ammettiamolo, io non
potrei mai interessarmi ad un
tipo del genere!”.
“ Si, okay, e allora perché ne parli ancora?
”. Dannata Alice,
luce dei miei occhi, riflesso della mia anima.
Che
il gioco abbia inizio, bastardi!
Di
mattina, a scuola, arrivai in classe più presto del solito
e,
a seguirmi, ci fu Salvo.
Mi aspettavo da lui, dopo l’accaduto del giorno precedente,
non
so, un atteggiamento diverso, e invece nulla, tu vedi lui che, con
nonchalance,
mi si avvicina appiccicandosi a me mi da un dolce bacio sulla guancia
godendosi
il mio dannatissimo imbarazzo davanti alle risate dei miei compagni.
Dolce e stronzo, crepa.
Che poi, cazzo, aveva già cominciato? Perché ho
accettato?!
WHY?!
E beh, mentre il caro moretto continuava a spassarsela io
sprofondavo in una voragine di insulsa disperazione provocata da egli
stesso e
dal mio migliore amico, il quale, dopo aver saputo di Salvo, ha
cominciato a
non rivolgermi la parola e, credetemi, quando fa così
significa che qualcosa di
terribile (?) è alle porte.
Oltre questo c’è la fatidica domanda:
perché cazzo ce l’ha con
me?
Voglio dire, a lui che cacchio importa se c’è un
coglione che mi
sta dietro, anzi dovrebbe essere abbastanza felice nel constatare che
sto
lasciando il nido (?).
Okay, basta.
Ho bisogno di risposte e, quando ne sono in cerca, è solo
una la
persona che può darmele: Alice.
La mia migliore amica c’è sempre e mi conosce
meglio di chiunque
altro, anche più di me, a volte, ed ecco, questa
è una di quelle volte.
Abbiamo parlato tanto, mangiato come porci e riso fino alle
lacrime, giungendo alla conclusione che Ale è tipo geloso,
ma non una di quelle
gelosie tra innamorati, una di quelle che ha un fratello maggiore per
la
sorellina, o almeno così io penso, se lo chiediamo ad Alice,
invece, è il primo
tipo di gelosia, ma io non ci conterei molto, insomma, è
Ale!
Sfinite a causa del troppo pensare, io e la mia unica vera anima
gemella dagli occhi azzurri ci stendiamo nel mio bellissimo e
morbidissimo
letto piazzandoci il mio amato computer davanti, digitando ebay e
cercando
oggetti vari per completare al meglio i nostri cosplay di tutti i
personaggi
femminili dei giochi di Pokemon, porteremo due di loro al Lucca Comics,
anche
se, a dire la verità, sono un po’ indecisa tra
Touko (White) e Haruka
(Sapphire) ma, lo so, a voi non importa un fico secco.
Ad un certo punto Alice accede a face book con il mio account e,
pregandomi, mi chiede di farle vedere il ragazzo che sarebbe stata
costretta ad
uccidere con le sue mani per preservare il mio primo bacio (wtf?!).
No, non gliel’avrei fatto vedere e no, non so il
perché.
Come se avessi una sottospecie di paura del suo giudizio, magari
non le sarebbe piaciuto, boh.
-
<<
Hey, ancora sveglia? >>
-
<<
Oh sì, e la colpa è in parte tua >>
-
<<
Ne sono onorato allora! Sai, ho guardato i tuoi album
fotografici >>
-
<<
E allora? Ti sei divertito, stalker? >>
-
<<
Insomma, se li hai messi vuol dire che possono essere guardati!
>>
-
<<
Qual è il punto? >>
-
<<
Hai parecchie foto con quel tizio dagli occhi azzurri!
Dannazione, mi da fastidio >>
-
<<
Oh, non sai quanto mi dispiace… >>
Merda.
La
scuola continuava come al solito, il mio rapporto con Salvo
anche e quello con Ale sempre quello da post Salvo, l’unica
cosa che mi è
sembrata progredire in queste settimane è il mi cosplay di
Haruka.
Siamo già a novembre e anche se non è del tutto
normale, a casa
mia già comincia a sentirsi l’aria natalizia dato
che cominciano già da un mese
prima a organizzare il grande cenone di famiglia, che palle.
Il punto è che questa cena è davvero una palla al
piede, è di
una noiosità assurda, posso sinceramente dire che
l’unico momento degno di
essere vissuto e ricordato è quello in cui io, i miei
fratelli, i miei svariati
cugini e i miei migliori amici ci piazziamo davanti la televisione a
giocare
alla wii.
Tornando all’origine del problema voglio dire che esso
è Ale, se
continuiamo a star così dubito che anche
quest’anno accetterà di passare il
Natale da me e, data l’irregolarità, cominceranno
miriadi di domande
inopportune da parte di parenti invadenti, merda.
Nonostante questo Alice finge di non sapere quello che penso e
continua a dedicarsi ai preparativi natalizi, i motivi per cui fa
ciò sono due:
il primo è il fatto che fa parte della mia famiglia e in
quanto tale è più
presa dalle nostre tradizioni di quanto lo sia io, il secondo
è che mi sta
sempre dietro e mi sopporta, ma quando siamo a Natale non vuole
problemi, per
lei è l’unico periodo in cui si deve dimenticare
tutto, sorridere e basta,
anche davanti ad un problema apocalittico, solo perché ce lo
meritiamo, anche
solo per un corto fottutissimo periodo dell’anno e, devo
ammettere, la cosa mi
influenza.
Per il resto devo dire che l’aria natalizia scolastica
è
pressoché nulla: nessun disegno di natale, nessuna festa,
nessun regalo,
nessuna giocata a carte, nessun tema di natale.
Perché sì, tutto questo lo facevo anche alle
medie e, devo
ammetterlo, mi piaceva da matti.
Ricordo che il mio Natale scolastico di terza media,
l’ultimo,
l’ho vissuto giocando a tombola, vincendo penne in palio e
preparando dolci con
la mia amica Maria al laboratorio di cucina alla quale avevo preso
parte, giuro
che è stata una delle cose più divertenti che
feci.
Invece adesso nulla, mi chiedo perché poi dicano che il
liceo è
il sogno dei ragazzi, io non ci trovo nulla di bello, solo un ammasso
di
bambini che vogliono essere grandi privi di ogni qualsivoglia sostanza
della
vera giovinezza, ragazzi ingenui e incoscienti del fatto che la nostra
giovinezza non durerà per sempre e, anzi, volerà
via prima di essere in grado
di percepirlo e mai ritornerà, e allora, in futuro, ci
troveremo seduti su una
poltrona dinnanzi ad una televisione che trasmette programmi corrotti e
rimpiangeremo
la giovinezza che abbiamo sprecato.
E adesso mi chiedo perché io, in un periodo così
felice, stia
pensando a tutto ciò, ed ecco il perché del mio
titolo: merda.
E dico merda perché mi rendo conto di essere entrata in
quella
stramaledettissima fase adolescenziale in cui ci facciamo problemi
enormi,
seghe mentali assurde e continuiamo ad essere tristi, ed è
così che si diventa
noiosi e i tuoi genitori cominciano a prenotarti una visita dallo
psicologo, e
allora tu torneai in te stesso dimenticando tutto e cominciando a
vivere da
coglione.
Ma no, io no!
Non voglio passare da questa fase, voglio sostituirla con un
“Forever Young” intriso di nostalgia e ricordi,
ingozzate di nutella e film di
Pokemon a palla con la mia migliore amica.
Da questo passo direttamente al mio lato pigro e affermo con
assoluta sicurezza che non vedo ufficialmente l’ora che
comincino le vacanze!
Che
poi io lo sapevo, ma non volevo ammetterlo e adesso ne
paghiamo le conseguenze: I’m sorry.
Siamo
quasi agli sgoccioli di novembre e ciò significa che
dicembre è vicino, così come lo sono le vacanze,
così come lo è il cenone
familiare e così come lo sono le strazianti domande dei
parenti all’assenza del
mio migliore amico.
Ero stesa sul mio letto arrotolata nella coperta calda, ascoltavo
in riproduzione casuale il quarto album di Avril, avevo appena finito
di
ascoltare Remember When e cominciò I Love You, per poi
passare ad Everybody
Hurts, una trilogia che, in un certo qual modo, rappresentava al meglio
la mia
situazione attuale. Mi alzai all’improvviso, mi
vestì e uscì dalla mia camera
con l’intento di recarmi direttamente a casa di Ale (la quale
non era troppo
distante dalla mia) e chiarire tutto dato che non sopportavo
più la situazione.
Uscendo dalla camera sentii delle voci provenienti dalla cucina, mi
avvicinai
senza farmi vedere troppo e udì la voce di Ivan, il fratello
maggiore di Ale.
C’era lui, mio fratello e mia madre che parlavano, non
afferrai il discorso ma
udì chiaramente un’unica frase, che
bastò per distruggere tutto quello che per
anni avevo coltivato.
La verità mi venne spiattellata in faccia nel giro di
pochissimi
istanti con una severità e una freddezza così
inaspettata che feci fatica ad
apprenderla appieno, per un istante il mio tempo si è
fermato, non scherzo, non
ho udito ne’ visto più nulla per alcuni secondi.
Tornai nella mia camera e mi distesi sul letto prendendo il mio
libro di scienze della terra in attesa della lettura e cominciai a
pensare, a
collegare l’accaduto di appena due minuti fa e allora
capì: Ale non era mio, oh
no che non lo era. Lui era il mio migliore amico, solo
il mio migliore amico, lui era di qualcun’altra, io
non potevo
amarlo.
Già, è vero che le cose importanti si capiscono
sempre troppo
tardi e allora è impossibile ripararle.
Non piansi, non feci nulla. Non provai ne’ tristezza
ne’
rancore, solitudine o qualsiasi altro sentimento del genere, provai
solo un
terribile senso di vuoto e una grande pena per me.
Tutto
ciò che avevo creato insieme a lui per tutto questo tempo
è andato perduto, è tutto andato in mille pezzi
per una cosa dalla quale
continuavo a fuggire.
Sapete, Alice mi diceva spesso che il mio rapporto con lui
sarebbe cambiato, e me lo diceva perché saremmo cresciuti e
allora ne avremmo
viste delle belle, perché crescere significa separarsi e no,
io non volevo
crederci, continuavo a fuggire dandogli poco conto, continuavo a
ripetere tra
me che fosse impossibile e che tutto quello che gli altri dicevano era
superficiale e tragico, nella realtà non era così
difficile, e invece sì che lo
è, cazzo!
Mi sento così arrabbiata come me stessa! Per la prima volta
giuro di odiarmi!
All’improvviso mi viene una voglia matta di gridare
disperatamente, con tutta la voce che ho in gola!
Cazzo! Me l’hanno sempre detto in tutte le salse, io non ho
mai
voluto ascoltare, non ho mai voluto prevenire e adesso ne pago le
conseguenze!
Quando sono stata idiota.
Arrivai in classe ben cosciente del fatto che ad attendermi ci
sarebbero state due ore di palloso francese, non è che io
odi il francese (non
mi va giù, ma non lo odio), piuttosto non sopporto la
professoressa che me lo
insegna e la cosa è reciproca. Ha un modo di fare irritante,
si sente superiore
e cerca di imporsi a noi con la paura, non è così
che si ci dovrebbe comportare
con degli adolescenti.
Cerca sempre di provocarci per farci sbagliare, così da
punirci,
ma con me non ci riesce perché io so cosa vuole e beh, la
cosa non le va giù
indi per cui continua a torturarmi.
E so bene che oggi non sarà un’eccezione, come si
dice spesso
nei manga quando si perde qualcosa di caro: “anche se io ho
perso tutto il
mondo continua ad andare avanti, come se nulla fosse
accaduto”.
La professoressa arrivò in ritardo il che mi mise
un’ansia
assurda dato che cominciai a sperare che fosse assente, tuttavia
varcò la
soglia della classe scusandosi e preparando la lezione di tutta fretta.
Mi vide distratta, pensierosa, non aveva mai avuto occasione di
trovarmi in quello stato quindi la colse al volo, facendomi una domanda
alla
quale di certo non potevo rispondere, visto che non avevo seguito
nulla. Glielo
dissi chiaro e tondo, ogni volta stavo al gioco seppur in modo educato
ma oggi
no, oggi non ero abbastanza per
farmi
valere e prender parte ad un ridicolo scambio di provocazioni velate.
Appuntò qualcosa sul suo registro personale ma non le diedi
peso, era la mia prima nota e neanche era sul registro di classe, non
mi
avrebbe certo rovinato la media.
Cominciammo a leggere un testo e, lievemente, cercai di seguire:
le parole erano aspre, amare e crudeli, erano forti e agghiaccianti,
trovavo in
essere tutto il mio stato d’animo, come se ogni fibra in
quell’aula volesse ricordarmi
di quando codarda ero stata, di quanto avevo perso.
Mi stancai e sentii il mio cuore andare in pezzi, cominciare a
battere forte e lo sentii, sentii le lacrime che si preparavano ad
uscire,
erano state forzate a star dentro, tuttavia cedetti.
Persi di corsa il mio mp4 con l’intento di intanarmi in bagno
prima di scoppiare a piangere e ascoltare qualsiasi canzone di Avril
all’infuori di Everybody Hurts per calmarmi,
perché quest’ultima diceva tutto
ciò che provavo e non me l’avrebbe certo fatto
dimenticare.
Tuttavia non sarebbe stato per nulla facile ottenere il permesso
di andare in bagno a seconda ora dalla professoressa che mi ha sul
naso, ma
stavo per scoppiare e corsi via.
Il dolore si faceva più forte, così tanto che
neanche la mia
amata musica sarebbe riuscita ad alleviarlo, era un dolore strano:
dolore per
la perdita della cosa più importante che avessi mai avuto, e
dolore per il
fatto di sapere di essere artefice di esso, era l’odio verso
me stessa che mi
terrorizzava ed era l’immensa tristezza procurata dal mio
migliore amico.
Grazie alla vicinanza del bagno femminile alla mia classe e al
silenzio tombale dei corridoi in ore di lezione fui in grado di udire
abbastanza
chiaramente le voci delle mie pettegole compagne fingersi preoccupate
per venir
a curiosare nella mia vita per poi sghignazzare superficialmente con le
amiche
ochette, tuttavia sentii anche la voce di Salvo che disse
“vado io” che, senza
aspettar consenso, andò fuori e si chiuse la porta alle
spalle, mentre io mi
accasciavo per terra distrutta da un dolore che certamente non avrei
dovuto
provare.
Salvo entrò con nonchalance dentro il bagno femminile
cercandomi con lo sguardo, mi avvistò e si
precipitò
verso di me avvolgendomi fra le sue calde braccia.
In bagno c’era davvero una temperatura fredda, più
di quanto lo
fosse in aula e, in quel momento, Salvo era la cosa più
calda che in tutta la
mia vita mi avesse mai sfiorata.
Per un momento, nonostante tutto il mio odio verso di me, mi
sono sentita voluta, ho capito che dovevo smetterla di essere egoista,
e
promisi che quella sarebbe stata l’ultima volta.
In quel momento avevo disperatamente bisogno di qualcuno come
Salvo, mi feci abbracciare calorosamente da lui e strinsi con forza le
mani
alla sua schiena, stropicciando la sua felpa grigia di topolino che
tanto
elogiavo, perdendomi in un mare di lacrime che presto avrei smesso di
versare.
Perché era raro vedermi piangere, perché ero, a
detta di tanti,
una ragazza forte, ma si sa che ogni tanto tutti posso esplodere, no?
Ed io di
certo non faccio eccezione.
Salvo aspettò qualche minuto, non disse una parola, come se
sapesse esattamente il motivo per la quale piangevo, come se sapesse
che
nessuna parola mi sarebbe stata d’aiuto, e dio se lo sapeva,
lui sapeva tutto.
Salvo è uno di quelli che me l’ha sempre fatto
capire ma che, nonostante tutto,
ha continuato a starmi dietro, sapendo che di certo non poteva ottenere
da me
quello che realmente voleva.
Ed è così che cominciai sinceramente a fidarmi di
lui.
Spezzai il silenzio cominciando una bizzarra discussione:
-
<<
Questo è il bagno delle ragazze, sai? >>
-
<<
L’importante è come si ci sente dentro!
>>
Suonò
la campanella della fine della lezione:
-
<<
Torniamo in classe? >>
-
<<
Oddio, Salvo! Io non voglio entrarci, sarei troppo in
imbarazzo! >>
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Ma che diavolo? … Vuoi stare tutto il giorno qui?
>>
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Voglio andare a casa! >>
-
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No, entri in classe con me, andiamo >>
-
<<
Ma cominceranno a farmi sgradevoli domande alla quale
non ho ne’ la voglia ne’ la forza di rispondere
>>
-
<<
Ah, non preoccuparti, ci penso io a quello >>
-
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Vuoi fare il figo? >>
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Mi hai raccontato che il primo giorno di scuola mi ha
etichettato come ‘fighettino’, allora lasciamelo
fare >>
-
<<
Era solo per l’abbigliamento! >>
Dopo
ciò tornammo in classe e basta, non dico altro
perché non
voglio nemmeno ricordare il resto che è caratterizzato
specialmente da mortale
imbarazzo.
A partire da questo secondo capitolo ho deciso di inserire un piccolo “angolo autrice” per eventuali punti da chiarire o che altro. Ringrazio chi ha letto questi due capitoli della mia storia, recensori o meno.
Detto questo mi dispiace per eventuali dimenticanze, errori di battitura o di dimenticanza, alla prossima.