Primo
Capitolo
Quella
sera la pioggia non voleva smettere di venire
giù. I lampi illuminavano il cielo, facendo intravedere le
nuvole nere,
ammassate tra loro. Il vento soffiava così forte, da rendere
difficili i lavori
agli uomini addetti a levare i tendoni e mettere a posto le
attrezzature.
Stavamo per partire. Di nuovo. Una vita frenetica, sempre in movimento,
ma ero
nato in quest’ambiente e non avrei mai potuto fare nulla di
diverso. Quando mio
padre mi lasciò le redini del circo e si nascose tra le
campagne del Tennessee,
dovetti caricarmi di compiti maggiori e complessi, rispetto a quelli
che avevo
prima. Non mi lamentavo. Ero visto come un capo solitario e
intransigente,
molto diverso rispetto a Carlisle, ma mi andava bene così.
Anzi era ciò che
volevo.
Mi misi le mani in tasca e sbottonai i primi due bottoni della mia
camicia di
lino bianco. Ero soddisfatto dei guadagni ottenuti negli ultimi mesi.
Stavamo
per superare l’inverno, il periodo più difficile
di lavoro, e andavamo incontro
a periodi di sicuro più sereni e fruttuosi.
<<
Signor Cullen? >>
Mi
girai lentamente verso Mindy. Non amavo essere
disturbato.
<<
Hai dimenticato di bussare? >> mormorai
atono.
<< Mi dispiace, ma c’è una brutta
notizia. >>
Mi
accigliai e le feci cenno di continuare a parlare.
<<
I coniugi Swan non c’è l’hanno fatta.
>>
Chiusi
gli occhi brevemente, per poi riaprirli subito
dopo. Mindy aveva gli occhi lucidi e si tormentava le mani,
nervosamente. Notando
il mio silenzio, preferì andar via e la ringraziai
mentalmente per questo. Non
ero mai stato un tipo sentimentale. Avevo visto i miei uomini migliori
morire,
ma non mi ero mai fatto vedere dispiaciuto per troppo tempo. Mi piaceva
tenere
le mie emozioni per me. Questa notizia però mi aveva
sconvolto. Credevo che la
malattia che aveva colpito i miei trapezisti, sarebbe stata curata dai
farmaci.
Invece non era stato così. Conoscevo Charlie e
Reneè da tre anni, erano delle
brave persone, dedite al lavoro e molto
rispettose. Non avevo mai avuto problemi con loro, anzi, mi erano
sempre stati
d’aiuto. I loro numeri erano una vera gioia per il pubblico e
non solo.
Sospirai un paio di volte, prima di uscire dal mio scompartimento e
andare in
quello degli acrobati. Di solito non andavo mai a trovare nessuno di
loro, al
massimo erano le ragazze degli spettacoli privati che venivano nel mio
scompartimento. Il vociare allegro e concitato che regnava di solito,
nel lungo
corridoio del treno, era stato sostituito da un silenzio opprimente,
interrotto
solo da brevi e lievi brusii. Quasi tutta la compagnia si era
affezionata agli
Swan. Non solo perché, in fondo, eravamo una grande famiglia
ma per la
gentilezza e la cortesia con cui Charlie e la moglie trattavano tutti,
anche
quelli che non lo meritavano. Quest’ultimi erano Jordan e
Cleomery, che stavano
in un angolo dello scompartimento, senza dare conto a nessuno.
Mi fermai quando li vidi in un lettino, coperti in parte da una
coperta. Sentii
un grosso vuoto allo stomaco, come rare volte mi era successo. Gli
altri
acrobati mi fecero spazio e dopo aver dato un ultimo saluto a quelle
persone
straordinarie, mi ritirai di nuovo nel mio scompartimento. Mi riempii
un
bicchiere di Whisky, ma a metà di questo, lo gettai contro
la parete,
mandandolo in frantumi. Perché era dovuto succedere proprio
a loro? Non lo
meritavano. Andai a cercare Alice, avrebbe dovuto essere nel suo
scompartimento, ma mia sorella non faceva mai nulla di quello che mi
aspettavo.
<<
Margaret, sai dov’è Alice?
>> domandai a una delle
intrattenitrici.
<< Credo di averla vista nel vagone dove si trovano i
suoi cavalli,
Signor Cullen. >>
La
ringraziai e mi avviai dalla parte opposta del
treno, dove si trovavano gli animali e infine i cavalli di mia sorella.
Era lei
che si occupava di loro e dei magnifici numeri che li riguardavano. Ero
quasi
arrivato, quando sentii qualcuno bisbigliare qualcosa. Non mi stupii
più di
tanto, perché lei di solito parlava con i suoi cavalli.
<<
Alice, sei qui? >>
<< Shh! >>
La
guardai senza capire, dato che si trovava seduta su
un cumulo di paglia, vicino a una piccola sagoma scura.
<<
Edward, cosa ci fai qui? >>
<< Ti cercavo. >>
Era
vero, non ero mai venuto da queste parti. Non ne
avevo alcun motivo. Alle volte, quando
sapevo che lei era qui, la facevo chiamare da qualcuno.
<<
Sono occupata, verrò più tardi. >>
<< Perché? Cosa stai facendo? >>
<< Non ti riguarda. >>
Mi
avvicinai di più e lei si alzò, quasi a
nascondere
ciò che aveva vicino. La presi per le spalle e nella
penombra, vidi un piccolo
fagottino sulla paglia. Poi capii che si trattava di una bambina, che
ricambiò
il mio sguardo, con occhi terrorizzati e pieni di lacrime. Per qualche
motivo
non riuscii più a guardarla e trascinai Alice, lontano da
lei.
<<
Vuoi spiegarmi? >>
<< Edward, aspetta… >>
<< Non aspetto nulla, Alice! >> tuonai,
dimenticandomi della
bambina, che gemette al suono della mia voce.
<< Sai benissimo che non voglio estranei e soprattutto
bambini, nel mio
circo. >>
<< Non è solo tuo, ma anche mio! Se non te
l’ho detto è stato proprio per
evitare la tua reazione! Guardala! E’ solo una bambina
indifesa. >>
<< Non mi interessa, da dove salta fuori? >>
<< Che t’importa? >>
<< Dimmelo subito. >>
<< E’ la figlia di Charlie e Reneè.
>>
<< Cosa? Sei impazzita? >>
<< No, tu sei impazzito. Stai facendo spaventare
Isabella. >>
Guardai
la bambina, che ora aveva cominciato a tremare,
sentendoci litigare.
<<
Tra poco starà bene. La lasceremo in un
convento. >>
<< No! Non puoi! Ho promesso a Reneè che mi
sarei presa cura di lei,
prima che morisse. Adesso ha soltanto me, in questo mondo. >>
<< Non posso credere che Charlie non mi abbia mai detto
nulla. >>
Feci
avanti e indietro, in quello spazio angusto e
quasi del tutto buio, non trovando pace. Per tre anni mi avevano
nascosto la
loro bambina? Certo, sapevano molto bene che non volevo bambini sul mio
treno.
Quando Judith, era rimasta incinta, aveva lasciato il circo insieme al
marito.
Era la regola. La mia.
<<
Alice, questo non è un posto per bambini, mi
sono spiegato? Non puoi fargli da madre! Quanti ha quella bambina?
>>
<< Solo dieci e ha bisogno di me, Edward. >>
<< Non se ne parla. Alla nostra prossima meta la
lasceremo in un
convento. >>
<< Non te lo posso permettere. >>
<< Non hai scelta. Che futuro avrà qui? Non
posso mantenere un orfana.
Non ne ho ne il tempo, ne la voglia, sono stato chiaro? >>
<< Non puoi davvero essere diventato così
crudele. E’ solo una bambina,
senza più i genitori. >>
<< Potevamo anche discuterne prima di questa faccenda. Tu
e loro mi avete
nascosto una cosa del genere e questo non me l’aspettavo,
soprattutto da te.
>>
<< Non essere sciocco. Se te l’avessi detto
prima, non sarebbe cambiato
nulla. >>
<< E cosa speravi di ottenere, in questo modo?
Nasconderla a vita? Già è
stato abbastanza che me l’abbiate tenuto nascosto fin ora.
>>
Mi
fermai quando sentii dei violenti singhiozzi
provenire dalla bambina. Precedetti Alice e mi avvicinai a lei, che si
strinse
ancora più forte la coperta addosso, quasi a nascondersi da
me. Aveva i capelli
stropicciati sul viso, due grandi occhi color cioccolato e tremava come
una
foglia. Mi voltai di nuovo verso mia sorella, che nel frattempo si era
seduta
di nuovo, su quel giaciglio di paglia, e aveva cominciato ad
accarezzarle i
capelli.
<<
Domani questa bambina andrà via. >>
mormorai teso, prima di andare via.
Tornai
al mio scompartimento e ordinai a due
inservienti, che incrociai nel corridoio, di chiamarmi le due volpi.
Dovevo
sistemare molte faccende. Quando arrivarono, mi trovarono seduto sul
divanetto,
con le mani tra i capelli.
<<
Signor Cullen, in che modo possiamo aiutarla?
>>
Jeremy
e Oliver, due ragazzi fidati, che si occupavano
delle situazioni più delicate che mi opprimevano. Le
chiamavo le due volpi,
perché erano furbi e silenziosi. Risolvevano ogni mio
problema, con grande
discrezione.
<<
Chiamate qualcuno per gli Swan e cercatemi un
posto sicuro per una bambina. >>
<< Una bambina? >>
<< Sì, Oliver. A quanto pare gli Swan avevano
una figlia. >>
Le
loro facce non mi parvero per nulla sorprese e
questo mi fece capire che ero l’unico stupido a non sapere
nulla di Isabella.
<<
Mi complimento. Neppure voi mi avete detto
nulla. >>
<< Signore, noi… >>
<< Lasciate perdere, l’importante è
che quella bambina sparisca.
Lasciatela solo in un posto sicuro, ma dovete farlo in fretta. Alla
nostra
prossima fermata. >>
<< Signor Cullen, il paese più vicino non
è dotato di convento. Forse c’è
una piccola chiesetta, ma si dice che sia abbandonata. >>
<< Bussate a qualche porta allora. Quella bambina non
può stare qui.
>>
Oliver
e Jeremy annuirono e poi uscirono. Che razza di
situazione. Non mi era mai capitato nulla di simile. Non ero
intenzionato a
cambiare idea. Io non volevo bambini tra i piedi e non ne avrei avuti.
*****************************
<<
Edward, sei fantastico. >>
Non
le risposi e mi voltai dall’altra parte. Margaret
era brava a letto, quasi quanto riusciva a irritarmi. Mi accesi una
sigaretta e
me la portai alla bocca. Eravamo ancora in viaggio e quella bambina si
trovava
ancora su questo treno. In effetti il paesino in cui ci eravamo
fermati, era
quasi dimenticato da Dio. La chiesetta di cui parlava Oliver, in
realtà era
abitata da due preti, che di certo non potevano tenere una bambina.
Avevano
fatto una piccola cerimonia per Charlie e Reneè e li avevano
sistemati nel
piccolo cimitero, lì vicino. Tutti avevano assistito,
compreso me e la figlia,
accompagnata da mia sorella. Io gliel’avrei evitato, ma a
quanto pare lei
voleva venire. Pianse silenziosamente per tutto il tempo e io non potei
fare a
meno di osservarla. Era molto graziosa e orgogliosa. Era
così piccola, ma
decisa a non voler mostrare troppo la sua sofferenza. Prima di quel
momento non
mi ero mai soffermato a pensare a quanto fosse terribile per lei,
quella
situazione. Da un giorno all’altro aveva perso i suoi
genitori, senza contare
che aveva vissuto quegli anni sempre nascosta.
<<
Edward, posso rimanere con te questa notte?
>>
Margaret
mi solleticò il braccio con le sue dita
leggere, che scostai con un gesto della mano.
<<
No, adesso vai. Chiamami Alice. >>
La
osservai alzarsi, irritata. Il suo corpo era
magnifico, aveva tutto ciò che avrebbe fatto impazzire un
uomo. Lei era quasi
una mia esclusiva, ma non volevo legami di nessun tipo. Quando
andò via, mi
alzai anch’io e mi rivestii. Stavolta il viaggio sarebbe
stato un po’ più
lungo, per cui Isabella sarebbe rimasta ancora un po’ qui.
Non riuscivo a
comprenderne il motivo, ma i suoi occhi scuri non volevano abbandonare
la mia
mente. Ero davvero convinto che sotto quell’aspetto fragile
ci fosse una personalità
forte, nonostante l’età.
<<
Eccomi >>
Alice
fece irruzione nella mia cabina, quasi con
fretta.
<<
Ho da fare, cosa c’è? >>
<< E’ inutile che sei arrabbiata, non
cambierò idea. >>
<< Senti Edward, perché mi hai chiamato? Sono
molto stanca e quando arriveremo
dovrò lavorare duro con i cavalli. Negli ultimi giorni non
me ne sono potuta
occupare. >>
<< Ecco vedi? Quella bambina ti distrae troppo.
E’ normale, tutti i
bambini lo fanno e non è possibile. Non posso permettere che
i miei affari
vadano in malora solo per quello scricciolo. >>
<< Stai parlando di un essere umano, d’accordo?
Isabella è stata qui per
tre anni e non ha creato nessun disturbo. Anzi, direi che i nostri
guadagni non
ne hanno risentito, ma guadagnato. >>
<< Che vuoi dire? >>
Lei
mi guardò per un attimo spaesata, come se avesse
detto troppo.
<<
Niente, lascia perdere. >>
<< No, non lascio perdere nulla. Innanzitutto voglio
sapere dove è stata
fin ora e come avete fatto a non farmela vedere. >>
<< E’ stata esattamente dove l’hai
trovata: con i miei cavalli. >>
<< Come sarebbe? Ha sempre dormito lì?
>>
<< Non solo dormito. Lei ama molto i cavalli e poi so
bene che tu non vai
mai lì. Hai uno strano rapporto con il circo. Ti interessano
solo le puttane
che lo abitano e i soldi che guadagni ad ogni spettacolo, poi degli
animali non
te ne importa nulla. >>
Se
non fosse stata mia sorella l’avrei schiaffeggiata.
Ero sul punto di farlo, per cui strinsi le mani a pugno, fino a farmi
diventare
le nocche bianche. Lei lo notò, ma non si spostò
di un millimetro dalla sua
posizione, anzi mi guardò con sfida.
<<
Alice, datti una regolata. >>
<< Dattela tu, Edward. Non è forse la
verità quella che ho detto? Ti ho
offeso, per caso? >>
Il
suo tono canzonatorio non mi piaceva per nulla. Era
ovvio che teneva molto a Isabella, ma non era giusto dirmi quelle cose.
<<
Non è compito mio occuparmi degli animali, ma
dirigere le persone che lo fanno. In quanto alle puttane, non ne ho poi
molte.
In questo periodo me ne basta solo una, a cui di certo non dispiacciono
le mie
attenzioni. >>
<< Ti sei scelto la peggiore. Margaret è solo
una sgualdrina e lo sai
bene anche tu. Una volta uscita dal tuo letto, ne ha molti altri da
scaldare.
>>
<< Adesso basta! Non sono affari tuoi. Dimmi di Isabella.
>>
<< Che cosa vuoi sapere? Quella povera bambina
è buonissima, silenziosa
ed educata. Si è adattata a tutto senza mai lamentarsi ed ha
solo dieci anni. Quando
Charlie e Reneè sono venuti qui, lei stava con la nonna che
poi è morta. E’
stata per mesi da sola, in mezzo alla strada, mendicando per le case
del suo
paese. Quando, per puro caso, siamo ripassati da lì e i
genitori sono andati a
trovarla, l’hanno trovata quasi morta vicino ad una
discarica. Mangiava ciò che
trovava dall’immondizia, Edward. >>
Mi
voltai, dando le spalle a mia sorella e guardai
fuori dal finestrino.
<<
Potevano mai lasciarla lì? Sapevano delle tue
regole, ma se la sono portati lo stesso. Erano pronti a dirtelo e
andare via,
ma non ne avevano il coraggio. Se fossero rimasti nel loro paese
sarebbero
semplicemente morti tutti e tre di fame e di stenti. Sono venuti da me
chiedendomi di tenere almeno la bambina. Loro non avrebbero mai potuto
darle da
mangiare. Gli ho detto di non dirti niente e che mi sarei presa io ogni
responsabilità. Hanno vissuto questi tre anni senza poter
stare serenamente con
la loro bambina. La venivano a trovare di tanto in tanto, per non farsi
accorgere da te, nella zona dei cavalli. >>
<< Charlie avrebbe dovuto dirmelo. >>
ribattei con energia,
girandomi di nuovo verso di lei.
<< Spesso è stato sul punto di venire da te,
ma conosceva benissimo la
tua risposta. Non dormiva quasi più la notte, con questo
pensiero. Sai quanto
quell’uomo era corretto, ma per amore di sua figlia, di
vederla viva, cosa
avrebbe dovuto fare? E poi sono sempre stata io a fermarli, sapevo che
tu non
ci avresti pensato due volte a farli scendere dal treno.
>>
Ancora
una volta evitai il suo sguardo. Sì,
maledizione, era esattamente ciò che avrei fatto. Lo stesso
destino era toccato
anche agli altri, non avrei potuto fare un eccezione per loro. Non
sarebbe
stato corretto.
<<
Alice, sai bene che non avrei avuto scelta.
>>
<< C’è sempre una scelta.
>> disse stancamente.
Per
qualche minuto rimanemmo semplicemente a guardarci,
fin quando lei non sospirò e andò via,
lasciandomi solo con i miei pensieri.
Avevo le mani legate, anche volendo tenere quello scricciolo, avrei
dovuto fare
così con tutti gli altri. No, assolutamente no. Non potevo
fare una cosa del
genere, i bambini mi avrebbero portato solo problemi.
<<
Signor Cullen? >>
<< Insomma, ma che vi prende? Avete forse dimenticato
tutti che si usa
bussare? >>
<< L’ho fatto signore, ma forse lei non ha
sentito. >>
<< Sì, scusami Jeremy. >>
<< Non c’è problema, signore. Sono
venuto ad avvertirla che abbiamo
trovato un posto per Isabella >>
Ormai
tutti l’avevano presa in confidenza quella
piccola pulce. Non facevo altro che sentire il suo nome, dappertutto.
<<
Ah sì? Molto bene. Dove si trova questo posto?
>>
<< E’ una casa di contadini. Uno degli addetti
agli animali, John, ha un
cugino nella cittadina dove siamo diretti. Vive in una specie di
piccola
fattoria con la moglie. >>
<< Perfetto. >>
Lo
liquidai con un gesto della mano e fui di nuovo
solo. Mi sembrava una buona soluzione la scelta delle due volpi.
Avrebbe
vissuto una vita normale in una famiglia.
Cosa c’era di meglio?
Quel pensiero mi rilassò e in un attimo dimenticai
ciò che mi aveva detto Alice
e sprofondai nella mia poltrona a occuparmi del prossimo spettacolo.
*************************
Dovevo
rimanere nel treno, che motivo c’era di uscire?
Eppure non riuscii a trattenermi. In pochi minuti uscii dalla mia
cabina e
scesi dal treno. Trovai buona parte della compagnia intenta a salutare
Isabella. Aveva un cappottino scuro che le faceva quasi da vestito. I
capelli
erano sempre lunghi e scompigliati e le nascondevano in parte il viso.
Era
piuttosto pallida e salutava tutti con un gesto della mano e un sorriso
flebile.
Chi mi vide rimase sorpreso e vidi pian piano risalire tutti sul treno,
preoccupati
dalla mia reazione. Non appena anche Alice mi notò,
s’incamminò tenendo per
mano Isabella, dietro alle due volpi che gli indicavano la strada da
seguire.
Misi le mani in tasca e affiancai mia sorella.
<<
Che sei venuto a fare? >>
<< Vi accompagno. >>
<< Non c’è motivo per cui tu ti
debba scomodare tanto. >>
<< Mi andava di fare due passi, va bene così?
>>
Lei
non mi rispose, strinse più forte la mano di
Isabella, che faceva di tutto pur di nascondersi quanto più
possibile da me. La
cosa quasi mi fece ridere, così cambiai posto e mi misi
accanto a lei. La vidi
chiaramente irrigidirsi, ma feci finta di non notarlo.
<<
Ti chiami Isabella, giusto? >>
Lei
annuì leggermente, per poi stringersi ad Alice.
<<
Non devi avere paura di me, non voglio farti
del male. >>
Lei
mi guardò appena, per poi riportare lo sguardo
davanti a sé. Mi fermai e la presi per un braccio, lei si
spaventò e cominciò a
lamentarsi. Mi inginocchiai subito e le accarezzai il viso.
<<
Ti prego non avere paura di me. >>
Non
sapevo neppure io perché lo stavo facendo, ma ne
sentivo il bisogno. Non sopportavo che lei tenesse questo ricordo di me.
<<
Sto facendo tutto questo per farti stare bene.
Mi dispiace per i tuoi genitori, anch’io gli volevo bene.
>>
Mi
accorsi che era vero, mi ero affezionato agli Swan.
Alice mi guardò stranamente, in effetti non era da me dire o
fare cose del
genere. Isabella mi guardava ancora titubante, ma almeno aveva smesso
di
tremare tra le mie mani.
<<
Vedrai che troverai la tua strada. Andrà tutto
bene. >>
Le
sistemai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e
lei rabbrividì. Si scostò da me e si strinse
nuovamente ad Alice. Sospirai e
ripresi a camminare. Raggiunsi le due volpi che ci stavano aspettando
più
avanti e imboccammo un sentiero dove si vedeva una vecchia struttura in
lontananza. Doveva essere la fattoria di cui mi avevano parlato. Non mi
voltai
più indietro e quasi mi pentii di essere venuto.
<<
Ci siamo, signore. >>
Oliver
battè su un vecchio portone di legno e questo si
aprì poco dopo, rivelando un uomo sulla cinquantina, con
abiti logori e sporchi
da lavoro. Dietro di lui si affacciò una signora molto
magra, con i capelli
biondi e lisci sulle spalle.
<<
Voi dovete essere Edward Cullen. >>
<< Sì e voi il cugino di John. >>
<< Esattamente, prego entrate. >>
Lo
facemmo, ma mi accorsi che Alice era rimasta
indietro. Isabella la tirava per la manica del cappotto e sembrava non
volesse
entrare. Dopo qualche minuto mia sorella riuscì a
convincerla e una volta
entrati si sedette su una vecchia sedia.
<<
E’ quella la bambina? >>
Ne
vede altre? Stavo per chiedergli.
<<
Beh sì. Il suo nome è Isabella. >>
mi
precedette Jeremy.
<< Un bel nome >> disse timidamente la
signora, che in quel momento
si stava strofinando le mani in un grembiule blu a quadretti bianchi, o
almeno,
quelli che un tempo dovevano essere bianchi. Ora apparivano
più come un grigio
fumo. Insomma le condizioni della casa non era delle migliori, lunghe
crepe
costeggiavano il muro, sporco di muffa. I mobili erano quasi ammassati
uno
sopra all’altro e sembrava che li avessero fatti loro
piuttosto che comprati.
Era tutto un unico ambiente, infatti vedevo la cucina da una parte e un
divano
sistemato come se fosse un letto dall’altro. Credevo che le
loro condizioni
fossero migliori.
La bambina era ancora seduta sulla sedia e guardava a terra.
<<
John mi ha detto che è una brava bambina. Ha
dieci anni vero? >>
<< Sì, ne ha dieci. >> rispose
con sdegno mia sorella, che fino ad allora
era rimasta in silenzio. Di certo quella famiglia non le piaceva.
<< Beh, la metterò a lavorare i campi qui
vicino e pulire la casa. Sa,
mia moglie ha bisogno di aiuto. >>
Inarcai
un sopracciglio a quelle parole, che non mi
piacevano per niente.
<<
Che cos’ha? Non parla? >>
Si
avvicinò a Isabella e la scosse, talmente forte, che
quasi cadde per terra.
<<
Ci vada piano >> mormorai ferocemente,
tanto che l’uomo indietreggiò e si
scusò.
Sospirai,
avevo preso la mia decisione. Andai da
Isabella e le allungai una mano. Lei mi guardò per un attimo
e poi la prese
subito, stringendomela.
<<
Forza, andiamo. >>
La
vidi sorridere apertamente. Era la prima volta che
lo faceva. I suoi occhi quasi s’illuminarono e mi ritrovai a
sorridere anch’io.
Era bellissima.
Mia sorella battè le mani e mi dette un sonoro bacio sulla
guancia.
<<
Questo è il mio fratellino! >>
Alzai
gli occhi al cielo e mentre uscivamo, dietro le
proteste di quei due contadini, non potei fare a meno di notare che
anche
l’umore delle due volpi era cambiato. Era incredibile
ciò che Isabella era
riuscita a fare, non solo a loro, ma soprattutto a me.
**********************************
Eccoci!
Sono contenta che il prologo vi abbia incuriosito,
quindi posto il primo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate!
A
presto!
Stella Del Sud