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Autore: Stella Di Mezzanotte    06/06/2012    5 recensioni
Il circo ha sempre delle regole ben precise e Edward Cullen le ha sempre fatte rispettare. Nella sua vita, movimentata e caotica si ritrova a gestire qualcosa di più grande di lui. La piccola Isabella è destinata ad avere un posto d'onore all'interno del suo circo e non solo sul lavoro. Una bellissima trapezista e acrobata, accompagnata dal suo portafortuna, che manderà in confusione il mondo di Edward, fatto di certezze.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Primo Capitolo

 

Quella sera la pioggia non voleva smettere di venire giù. I lampi illuminavano il cielo, facendo intravedere le nuvole nere, ammassate tra loro. Il vento soffiava così forte, da rendere difficili i lavori agli uomini addetti a levare i tendoni e mettere a posto le attrezzature. Stavamo per partire. Di nuovo. Una vita frenetica, sempre in movimento, ma ero nato in quest’ambiente e non avrei mai potuto fare nulla di diverso. Quando mio padre mi lasciò le redini del circo e si nascose tra le campagne del Tennessee, dovetti caricarmi di compiti maggiori e complessi, rispetto a quelli che avevo prima. Non mi lamentavo. Ero visto come un capo solitario e intransigente, molto diverso rispetto a Carlisle, ma mi andava bene così. Anzi era ciò che volevo.
Mi misi le mani in tasca e sbottonai i primi due bottoni della mia camicia di lino bianco. Ero soddisfatto dei guadagni ottenuti negli ultimi mesi. Stavamo per superare l’inverno, il periodo più difficile di lavoro, e andavamo incontro a periodi di sicuro più sereni e fruttuosi.

<< Signor Cullen? >>

Mi girai lentamente verso Mindy. Non amavo essere disturbato.

<< Hai dimenticato di bussare? >> mormorai atono.
<< Mi dispiace, ma c’è una brutta notizia. >>

Mi accigliai e le feci cenno di continuare a parlare.

<< I coniugi Swan non c’è l’hanno fatta. >>

Chiusi gli occhi brevemente, per poi riaprirli subito dopo. Mindy aveva gli occhi lucidi e si tormentava le mani, nervosamente. Notando il mio silenzio, preferì andar via e la ringraziai mentalmente per questo. Non ero mai stato un tipo sentimentale. Avevo visto i miei uomini migliori morire, ma non mi ero mai fatto vedere dispiaciuto per troppo tempo. Mi piaceva tenere le mie emozioni per me. Questa notizia però mi aveva sconvolto. Credevo che la malattia che aveva colpito i miei trapezisti, sarebbe stata curata dai farmaci. Invece non era stato così. Conoscevo Charlie e Reneè da tre anni, erano delle  brave persone, dedite al lavoro e molto rispettose. Non avevo mai avuto problemi con loro, anzi, mi erano sempre stati d’aiuto. I loro numeri erano una vera gioia per il pubblico e non solo. Sospirai un paio di volte, prima di uscire dal mio scompartimento e andare in quello degli acrobati. Di solito non andavo mai a trovare nessuno di loro, al massimo erano le ragazze degli spettacoli privati che venivano nel mio scompartimento. Il vociare allegro e concitato che regnava di solito, nel lungo corridoio del treno, era stato sostituito da un silenzio opprimente, interrotto solo da brevi e lievi brusii. Quasi tutta la compagnia si era affezionata agli Swan. Non solo perché, in fondo, eravamo una grande famiglia ma per la gentilezza e la cortesia con cui Charlie e la moglie trattavano tutti, anche quelli che non lo meritavano. Quest’ultimi erano Jordan e Cleomery, che stavano in un angolo dello scompartimento, senza dare conto a nessuno.
Mi fermai quando li vidi in un lettino, coperti in parte da una coperta. Sentii un grosso vuoto allo stomaco, come rare volte mi era successo. Gli altri acrobati mi fecero spazio e dopo aver dato un ultimo saluto a quelle persone straordinarie, mi ritirai di nuovo nel mio scompartimento. Mi riempii un bicchiere di Whisky, ma a metà di questo, lo gettai contro la parete, mandandolo in frantumi. Perché era dovuto succedere proprio a loro? Non lo meritavano. Andai a cercare Alice, avrebbe dovuto essere nel suo scompartimento, ma mia sorella non faceva mai nulla di quello che mi aspettavo.

<<  Margaret, sai dov’è Alice? >> domandai a una delle intrattenitrici.
<< Credo di averla vista nel vagone dove si trovano i suoi cavalli, Signor Cullen. >>

La ringraziai e mi avviai dalla parte opposta del treno, dove si trovavano gli animali e infine i cavalli di mia sorella. Era lei che si occupava di loro e dei magnifici numeri che li riguardavano. Ero quasi arrivato, quando sentii qualcuno bisbigliare qualcosa. Non mi stupii più di tanto, perché lei di solito parlava con i suoi cavalli.

<< Alice, sei qui? >>
<< Shh! >>

La guardai senza capire, dato che si trovava seduta su un cumulo di paglia, vicino a una piccola sagoma scura.

<< Edward, cosa ci fai qui? >>
<< Ti cercavo. >>

Era vero, non ero mai venuto da queste parti. Non ne avevo alcun motivo. Alle volte,  quando sapevo che lei era qui, la facevo chiamare da qualcuno.

<< Sono occupata, verrò più tardi. >>
<< Perché? Cosa stai facendo? >>
<< Non ti riguarda. >>

Mi avvicinai di più e lei si alzò, quasi a nascondere ciò che aveva vicino. La presi per le spalle e nella penombra, vidi un piccolo fagottino sulla paglia. Poi capii che si trattava di una bambina, che ricambiò il mio sguardo, con occhi terrorizzati e pieni di lacrime. Per qualche motivo non riuscii più a guardarla e trascinai Alice, lontano da lei.

<< Vuoi spiegarmi? >>
<< Edward, aspetta… >>
<< Non aspetto nulla, Alice! >> tuonai, dimenticandomi della bambina, che gemette al suono della mia voce.
<< Sai benissimo che non voglio estranei e soprattutto bambini, nel mio circo. >>
<< Non è solo tuo, ma anche mio! Se non te l’ho detto è stato proprio per evitare la tua reazione! Guardala! E’ solo una bambina indifesa. >>
<< Non mi interessa, da dove salta fuori? >>
<< Che t’importa? >>
<< Dimmelo subito. >>
<< E’ la figlia di Charlie e Reneè. >>
<< Cosa? Sei impazzita? >>
<< No, tu sei impazzito. Stai facendo spaventare Isabella. >>

Guardai la bambina, che ora aveva cominciato a tremare, sentendoci litigare.

<< Tra poco starà bene. La lasceremo in un convento. >>
<< No! Non puoi! Ho promesso a Reneè che mi sarei presa cura di lei, prima che morisse. Adesso ha soltanto me, in questo mondo.  >>
<< Non posso credere che Charlie non mi abbia mai detto nulla. >>

Feci avanti e indietro, in quello spazio angusto e quasi del tutto buio, non trovando pace. Per tre anni mi avevano nascosto la loro bambina? Certo, sapevano molto bene che non volevo bambini sul mio treno. Quando Judith, era rimasta incinta, aveva lasciato il circo insieme al marito. Era la regola. La mia.

<< Alice, questo non è un posto per bambini, mi sono spiegato? Non puoi fargli da madre! Quanti ha quella bambina? >>
<< Solo dieci e ha bisogno di me, Edward. >>
<< Non se ne parla. Alla nostra prossima meta la lasceremo in un convento. >>
<< Non te lo posso permettere. >>
<< Non hai scelta. Che futuro avrà qui? Non posso mantenere un orfana. Non ne ho ne il tempo, ne la voglia, sono stato chiaro? >>
<< Non puoi davvero essere diventato così crudele. E’ solo una bambina, senza più i genitori. >>
<< Potevamo anche discuterne prima di questa faccenda. Tu e loro mi avete nascosto una cosa del genere e questo non me l’aspettavo, soprattutto da te. >>
<< Non essere sciocco. Se te l’avessi detto prima, non sarebbe cambiato nulla. >>
<< E cosa speravi di ottenere, in questo modo? Nasconderla a vita? Già è stato abbastanza che me l’abbiate tenuto nascosto fin ora. >>

Mi fermai quando sentii dei violenti singhiozzi provenire dalla bambina. Precedetti Alice e mi avvicinai a lei, che si strinse ancora più forte la coperta addosso, quasi a nascondersi da me. Aveva i capelli stropicciati sul viso, due grandi occhi color cioccolato e tremava come una foglia. Mi voltai di nuovo verso mia sorella, che nel frattempo si era seduta di nuovo, su quel giaciglio di paglia, e aveva cominciato ad accarezzarle i capelli.

<< Domani questa bambina andrà via. >> mormorai teso, prima di andare via.

Tornai al mio scompartimento e ordinai a due inservienti, che incrociai nel corridoio, di chiamarmi le due volpi. Dovevo sistemare molte faccende. Quando arrivarono, mi trovarono seduto sul divanetto, con le mani tra i capelli.

<< Signor Cullen, in che modo possiamo aiutarla? >>

Jeremy e Oliver, due ragazzi fidati, che si occupavano delle situazioni più delicate che mi opprimevano. Le chiamavo le due volpi, perché erano furbi e silenziosi. Risolvevano ogni mio problema, con grande discrezione.

<< Chiamate qualcuno per gli Swan e cercatemi un posto sicuro per una bambina. >>
<< Una bambina? >>
<< Sì, Oliver. A quanto pare gli Swan avevano una figlia. >>

Le loro facce non mi parvero per nulla sorprese e questo mi fece capire che ero l’unico stupido a non sapere nulla di Isabella.

<< Mi complimento. Neppure voi mi avete detto nulla. >>
<< Signore, noi… >>
<< Lasciate perdere, l’importante è che quella bambina sparisca. Lasciatela solo in un posto sicuro, ma dovete farlo in fretta. Alla nostra prossima fermata. >>
<< Signor Cullen, il paese più vicino non è dotato di convento. Forse c’è una piccola chiesetta, ma si dice che sia abbandonata. >>
<< Bussate a qualche porta allora. Quella bambina non può stare qui. >>

Oliver e Jeremy annuirono e poi uscirono. Che razza di situazione. Non mi era mai capitato nulla di simile. Non ero intenzionato a cambiare idea. Io non volevo bambini tra i piedi e non ne avrei avuti.

 

 

***************************** 

 

<< Edward, sei fantastico. >>

Non le risposi e mi voltai dall’altra parte. Margaret era brava a letto, quasi quanto riusciva a irritarmi. Mi accesi una sigaretta e me la portai alla bocca. Eravamo ancora in viaggio e quella bambina si trovava ancora su questo treno. In effetti il paesino in cui ci eravamo fermati, era quasi dimenticato da Dio. La chiesetta di cui parlava Oliver, in realtà era abitata da due preti, che di certo non potevano tenere una bambina. Avevano fatto una piccola cerimonia per Charlie e Reneè e li avevano sistemati nel piccolo cimitero, lì vicino. Tutti avevano assistito, compreso me e la figlia, accompagnata da mia sorella. Io gliel’avrei evitato, ma a quanto pare lei voleva venire. Pianse silenziosamente per tutto il tempo e io non potei fare a meno di osservarla. Era molto graziosa e orgogliosa. Era così piccola, ma decisa a non voler mostrare troppo la sua sofferenza. Prima di quel momento non mi ero mai soffermato a pensare a quanto fosse terribile per lei, quella situazione. Da un giorno all’altro aveva perso i suoi genitori, senza contare che aveva vissuto quegli anni sempre nascosta.

<< Edward, posso rimanere con te questa notte? >>

Margaret mi solleticò il braccio con le sue dita leggere, che scostai con un gesto della mano.

<< No, adesso vai. Chiamami Alice. >>

La osservai alzarsi, irritata. Il suo corpo era magnifico, aveva tutto ciò che avrebbe fatto impazzire un uomo. Lei era quasi una mia esclusiva, ma non volevo legami di nessun tipo. Quando andò via, mi alzai anch’io e mi rivestii. Stavolta il viaggio sarebbe stato un po’ più lungo, per cui Isabella sarebbe rimasta ancora un po’ qui. Non riuscivo a comprenderne il motivo, ma i suoi occhi scuri non volevano abbandonare la mia mente. Ero davvero convinto che sotto quell’aspetto fragile ci fosse una personalità forte, nonostante l’età.

<< Eccomi >>

Alice fece irruzione nella mia cabina, quasi con fretta.

<< Ho da fare, cosa c’è? >>
<< E’ inutile che sei arrabbiata, non cambierò idea. >>
<< Senti Edward, perché mi hai chiamato? Sono molto stanca e quando arriveremo dovrò lavorare duro con i cavalli. Negli ultimi giorni non me ne sono potuta occupare. >>
<< Ecco vedi? Quella bambina ti distrae troppo. E’ normale, tutti i bambini lo fanno e non è possibile. Non posso permettere che i miei affari vadano in malora solo per quello scricciolo. >>
<< Stai parlando di un essere umano, d’accordo? Isabella è stata qui per tre anni e non ha creato nessun disturbo. Anzi, direi che i nostri guadagni non ne hanno risentito, ma guadagnato. >>
<< Che vuoi dire? >>

Lei mi guardò per un attimo spaesata, come se avesse detto troppo.

<< Niente, lascia perdere. >>
<< No, non lascio perdere nulla. Innanzitutto voglio sapere dove è stata fin ora e come avete fatto a non farmela vedere. >>
<< E’ stata esattamente dove l’hai trovata: con i miei cavalli. >>
<< Come sarebbe? Ha sempre dormito lì? >>
<< Non solo dormito. Lei ama molto i cavalli e poi so bene che tu non vai mai lì. Hai uno strano rapporto con il circo. Ti interessano solo le puttane che lo abitano e i soldi che guadagni ad ogni spettacolo, poi degli animali non te ne importa nulla. >>

Se non fosse stata mia sorella l’avrei schiaffeggiata. Ero sul punto di farlo, per cui strinsi le mani a pugno, fino a farmi diventare le nocche bianche. Lei lo notò, ma non si spostò di un millimetro dalla sua posizione, anzi mi guardò con sfida.

<< Alice, datti una regolata. >>
<< Dattela tu, Edward. Non è forse la verità quella che ho detto? Ti ho offeso, per caso? >>

Il suo tono canzonatorio non mi piaceva per nulla. Era ovvio che teneva molto a Isabella, ma non era giusto dirmi quelle cose.

<< Non è compito mio occuparmi degli animali, ma dirigere le persone che lo fanno. In quanto alle puttane, non ne ho poi molte. In questo periodo me ne basta solo una, a cui di certo non dispiacciono le mie attenzioni. >>
<< Ti sei scelto la peggiore. Margaret è solo una sgualdrina e lo sai bene anche tu. Una volta uscita dal tuo letto, ne ha molti altri da scaldare. >>
<< Adesso basta! Non sono affari tuoi. Dimmi di Isabella. >>
<< Che cosa vuoi sapere? Quella povera bambina è buonissima, silenziosa ed educata. Si è adattata a tutto senza mai lamentarsi ed ha solo dieci anni. Quando Charlie e Reneè sono venuti qui, lei stava con la nonna che poi è morta. E’ stata per mesi da sola, in mezzo alla strada, mendicando per le case del suo paese. Quando, per puro caso, siamo ripassati da lì e i genitori sono andati a trovarla, l’hanno trovata quasi morta vicino ad una discarica. Mangiava ciò che trovava dall’immondizia, Edward. >>

Mi voltai, dando le spalle a mia sorella e guardai fuori dal finestrino.

<< Potevano mai lasciarla lì? Sapevano delle tue regole, ma se la sono portati lo stesso. Erano pronti a dirtelo e andare via, ma non ne avevano il coraggio. Se fossero rimasti nel loro paese sarebbero semplicemente morti tutti e tre di fame e di stenti. Sono venuti da me chiedendomi di tenere almeno la bambina. Loro non avrebbero mai potuto darle da mangiare. Gli ho detto di non dirti niente e che mi sarei presa io ogni responsabilità. Hanno vissuto questi tre anni senza poter stare serenamente con la loro bambina. La venivano a trovare di tanto in tanto, per non farsi accorgere da te, nella zona dei cavalli. >>
<< Charlie avrebbe dovuto dirmelo. >> ribattei con energia, girandomi di nuovo verso di lei.
<< Spesso è stato sul punto di venire da te, ma conosceva benissimo la tua risposta. Non dormiva quasi più la notte, con questo pensiero. Sai quanto quell’uomo era corretto, ma per amore di sua figlia, di vederla viva, cosa avrebbe dovuto fare? E poi sono sempre stata io a fermarli, sapevo che tu non ci avresti pensato due volte a farli scendere dal treno. >>

Ancora una volta evitai il suo sguardo. Sì, maledizione, era esattamente ciò che avrei fatto. Lo stesso destino era toccato anche agli altri, non avrei potuto fare un eccezione per loro. Non sarebbe stato corretto.

<< Alice, sai bene che non avrei avuto scelta. >>
<< C’è sempre una scelta. >> disse stancamente.

Per qualche minuto rimanemmo semplicemente a guardarci, fin quando lei non sospirò e andò via, lasciandomi solo con i miei pensieri.
Avevo le mani legate, anche volendo tenere quello scricciolo, avrei dovuto fare così con tutti gli altri. No, assolutamente no. Non potevo fare una cosa del genere, i bambini mi avrebbero portato solo problemi.

<< Signor Cullen? >>
<< Insomma, ma che vi prende? Avete forse dimenticato tutti che si usa bussare? >>
<< L’ho fatto signore, ma forse lei non ha sentito. >>
<< Sì, scusami Jeremy. >>
<< Non c’è problema, signore. Sono venuto ad avvertirla che abbiamo trovato un posto per Isabella >>

Ormai tutti l’avevano presa in confidenza quella piccola pulce. Non facevo altro che sentire il suo nome, dappertutto.

<< Ah sì? Molto bene. Dove si trova questo posto? >>
<< E’ una casa di contadini. Uno degli addetti agli animali, John, ha un cugino nella cittadina dove siamo diretti. Vive in una specie di piccola fattoria con la moglie. >>
<< Perfetto. >>

Lo liquidai con un gesto della mano e fui di nuovo solo. Mi sembrava una buona soluzione la scelta delle due volpi. Avrebbe vissuto una vita normale in una famiglia.
Cosa c’era di meglio?
Quel pensiero mi rilassò e in un attimo dimenticai ciò che mi aveva detto Alice e sprofondai nella mia poltrona a occuparmi del prossimo spettacolo.

 

 

************************* 

 

Dovevo rimanere nel treno, che motivo c’era di uscire? Eppure non riuscii a trattenermi. In pochi minuti uscii dalla mia cabina e scesi dal treno. Trovai buona parte della compagnia intenta a salutare Isabella. Aveva un cappottino scuro che le faceva quasi da vestito. I capelli erano sempre lunghi e scompigliati e le nascondevano in parte il viso. Era piuttosto pallida e salutava tutti con un gesto della mano e un sorriso flebile.
Chi mi vide rimase sorpreso e vidi pian piano risalire tutti sul treno, preoccupati dalla mia reazione. Non appena anche Alice mi notò, s’incamminò tenendo per mano Isabella, dietro alle due volpi che gli indicavano la strada da seguire. Misi le mani in tasca e affiancai mia sorella.

<< Che sei venuto a fare? >>
<< Vi accompagno. >>
<< Non c’è motivo per cui tu ti debba scomodare tanto. >>
<< Mi andava di fare due passi, va bene così? >>

Lei non mi rispose, strinse più forte la mano di Isabella, che faceva di tutto pur di nascondersi quanto più possibile da me. La cosa quasi mi fece ridere, così cambiai posto e mi misi accanto a lei. La vidi chiaramente irrigidirsi, ma feci finta di non notarlo.

<< Ti chiami Isabella, giusto? >>

Lei annuì leggermente, per poi stringersi ad Alice.

<< Non devi avere paura di me, non voglio farti del male. >>

Lei mi guardò appena, per poi riportare lo sguardo davanti a sé. Mi fermai e la presi per un braccio, lei si spaventò e cominciò a lamentarsi. Mi inginocchiai subito e le accarezzai il viso.

<< Ti prego non avere paura di me. >>

Non sapevo neppure io perché lo stavo facendo, ma ne sentivo il bisogno. Non sopportavo che lei tenesse questo ricordo di me.

<< Sto facendo tutto questo per farti stare bene. Mi dispiace per i tuoi genitori, anch’io gli volevo bene. >>

Mi accorsi che era vero, mi ero affezionato agli Swan. Alice mi guardò stranamente, in effetti non era da me dire o fare cose del genere. Isabella mi guardava ancora titubante, ma almeno aveva smesso di tremare tra le mie mani.

<< Vedrai che troverai la tua strada. Andrà tutto bene. >>

Le sistemai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lei rabbrividì. Si scostò da me e si strinse nuovamente ad Alice. Sospirai e ripresi a camminare. Raggiunsi le due volpi che ci stavano aspettando più avanti e imboccammo un sentiero dove si vedeva una vecchia struttura in lontananza. Doveva essere la fattoria di cui mi avevano parlato. Non mi voltai più indietro e quasi mi pentii di essere venuto.

<< Ci siamo, signore. >>

Oliver battè su un vecchio portone di legno e questo si aprì poco dopo, rivelando un uomo sulla cinquantina, con abiti logori e sporchi da lavoro. Dietro di lui si affacciò una signora molto magra, con i capelli biondi e lisci sulle spalle.

<< Voi dovete essere Edward Cullen. >>
<< Sì e voi il cugino di John. >>
<< Esattamente, prego entrate. >>

Lo facemmo, ma mi accorsi che Alice era rimasta indietro. Isabella la tirava per la manica del cappotto e sembrava non volesse entrare. Dopo qualche minuto mia sorella riuscì a convincerla e una volta entrati si sedette su una vecchia sedia.

<< E’ quella la bambina? >>

Ne vede altre? Stavo per chiedergli.

<< Beh sì. Il suo nome è Isabella. >> mi precedette Jeremy.
<< Un bel nome >> disse timidamente la signora, che in quel momento si stava strofinando le mani in un grembiule blu a quadretti bianchi, o almeno, quelli che un tempo dovevano essere bianchi. Ora apparivano più come un grigio fumo. Insomma le condizioni della casa non era delle migliori, lunghe crepe costeggiavano il muro, sporco di muffa. I mobili erano quasi ammassati uno sopra all’altro e sembrava che li avessero fatti loro piuttosto che comprati. Era tutto un unico ambiente, infatti vedevo la cucina da una parte e un divano sistemato come se fosse un letto dall’altro. Credevo che le loro condizioni fossero migliori.
La bambina era ancora seduta sulla sedia e guardava a terra.

<< John mi ha detto che è una brava bambina. Ha dieci anni vero? >>
<< Sì, ne ha dieci. >> rispose con sdegno mia sorella, che fino ad allora era rimasta in silenzio. Di certo quella famiglia non le piaceva.
<< Beh, la metterò a lavorare i campi qui vicino e pulire la casa. Sa, mia moglie ha bisogno di aiuto. >>

Inarcai un sopracciglio a quelle parole, che non mi piacevano per niente.

<< Che cos’ha? Non parla? >>

Si avvicinò a Isabella e la scosse, talmente forte, che quasi cadde per terra.

<< Ci vada piano >> mormorai ferocemente, tanto che l’uomo indietreggiò e si scusò.

Sospirai, avevo preso la mia decisione. Andai da Isabella e le allungai una mano. Lei mi guardò per un attimo e poi la prese subito, stringendomela.

<< Forza, andiamo. >>

La vidi sorridere apertamente. Era la prima volta che lo faceva. I suoi occhi quasi s’illuminarono e mi ritrovai a sorridere anch’io. Era bellissima.
Mia sorella battè le mani e mi dette un sonoro bacio sulla guancia.

<< Questo è il mio fratellino! >>

Alzai gli occhi al cielo e mentre uscivamo, dietro le proteste di quei due contadini, non potei fare a meno di notare che anche l’umore delle due volpi era cambiato. Era incredibile ciò che Isabella era riuscita a fare, non solo a loro, ma soprattutto a me.

 

 

 

********************************** 

Eccoci! Sono contenta che il prologo vi abbia incuriosito, quindi posto il primo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate!

A presto!
Stella Del Sud


  
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