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Autore: SusanTheGentle    07/06/2012    2 recensioni
Ed ora era davanti a lui. Christine era lì, sulla soglia della casa di suo padre, con uno sguardo di assoluto smarrimento negli occhi castani, gli stessi della madre. Lo stesso colore l’avevano i lunghi capelli , molto mossi, che teneva sempre sciolti.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 26:
In fondo al cimitero

 
Rilesse la lettera un paio di volte e poi la chiuse in una busta con aria soddisfatta.
Le missive che mandava a suo padre non erano mai troppo lunghe, ma agosto era finito, ancora tre giorni e avrebbe ricominciato ad andare a scuola e allora era sicura che ne avrebbe avute di cose da scrivergli!
A volte pensava che tutto questo non potesse interessare poi tanto a suo padre, ma era un bisogno che lei provava ed era incontrollabile. Era un modo per sapere che lui c’era, perché a volte si svegliava e pensava che fosse stato tutto un sogno.
Era leggermente inquieta da quando era tornata a casa, ma non era per i sogni, era perché quello che era appena iniziato era il terzo dal suo rientro in Svezia, e se Kracher aveva mantenuto la promessa, quella sera lei e Riley si sarebbero rivisti al cimitero di Uppsala.
Christine si alzò dalla scrivania e andò a sedersi sulla vecchia sedia a dondolo che era stata di sua nonna, proprio accanto alla finestra aperta. Appoggiò le braccia al davanzale e guardò fuori sospirando.
Era pronta? No, non lo era. In realtà non sapeva nemmeno cosa gli avrebbe detto o cosa avrebbe fatto, tutto quello che voleva era rivederlo.
Rabbrividì per l’aria fredda che all’improvviso era scesa sulla penisola, spazzando via gli ultimi scorci d’estate in un baleno. La temperatura era scesa e la sera faceva ancora più freddo.
Si ritrasse e si alzò, decisa a chiudere la finestra, ma si bloccò di colpo al tubare di una colomba che si posò sul ramo di un albero poco lontano.
Christine rimase immobile a osservarla.
“Impossibile” mormorò a occhi spalancati e poco dopo allungò il braccio all’esterno e l’uccello spiccò il volo verso di lei, posandosi delicatamente sulla sua mano.
Non poteva averne la conferma, ma era quasi sicura al cento per cento che si trattasse di una delle due colombe che aveva accudito nel giardino della dimora dell’Angelo della Musica. Nel becco portava il bocciolo di rosa rossa più splendido che avesse mai visto.
La ragazza lo prese e se lo portò vicino al volto per annusarne il profumo delicato e inebriante. Si mosse con cautela per poi accarezzare il collo morbido del volatile che la guadò con gli occhietti neri e dolci, tubando ancora una volta. Arruffò le piume candide e poi si lanciò di nuovo al di fuori della stanza in un frullare d’ali.
Christine la guardò sparire oltre le nuvole che lente e corpose decoravano il cielo della vecchia Uppsala quella mattina. Infine pose ancora lo sguardo sulla rosa e il suo cuore ebbe un tuffo quando si accorse che attorno al gambo vi era legato un sottilissimo rotolo di carta giallastra simile a pergamena.
 
*
 
Severus era certo di conoscere già la risposta, ma gli costava ammetterlo.
Chi aveva permesso a Voldemort di entrare attraverso le protezioni dell’Incanto Fidelius a Grimmauld Place?
Chi aveva fatto entrare nel suo cuore tanto facilmente gli inganni del falso Angelo della Musica?
“Christine” mormorò Piton in un sussurro, gli occhi fissi su diario nel punto in cui c’era quel taglio verticale prodotto dalla zanna di Basilisco.
Per molto, molto tempo, né lui né Silente proferirono parola.
Severus allungò una mano per prendere il libricino, ma all’ultimo momento decise che non lo avrebbe toccato.
“Non ha nessun potere. Come può…”
Silente si sedette al suo posto, sottraendo il diario alla vista dell’altro mago e richiudendolo di nuovo al suo posto, nel cassetto della scrivania.
“Non è un potere vero e proprio” disse. “Lei non è una strega, ne ha in se qualche magia latente. Tuttavia, possiede la forza più grande di ogni altro incantesimo esistente al mondo. Potrà sembrare banale, ma ha la capacità di amare più sconfinata e profonda che abbia mai visto. E nemmeno la conosco, lo so solo da quello che tu mi hai detto di lei. E se io, Severus, che non ho mai incontrato tua figlia, posso sentire tutto questo amore, Lord Voldemort, che l’ha tenuta con sé per diversi giorni, che viaggia nei suoi sogni, può averlo sentito molto più di me”.
“Lei gli serve per il Rito, questo già lo so. Ma cosa può indurre un tipo come Voldemort a interessarsi a una ragazza babbana, Albus? Cosa? Solo il suo animo gentile?”
Piton non capiva.
“Non è possibile che il mago più spietato e malvagio del mondo possa avere a cuore una…”.
Avere a cuore ripeté mentalmente Severus.
Era una questione di cuore, non esplicitamente di amore nel senso comune della parola.
“Hai capito?” chiese Silente serio. “Sì, esatto. Non è l’amore tra due persone, tra un uomo e una donna, il più comune a cui si può pensare a interessare a Voldemort. E’ l’amore in sé. Si sta avvicinando a lei. Ne è incuriosito. Non vedo un altro motivo che questo per cui possa averla trattenuta tutti quei giorni. Se fosse solo una questione che riguarda il Rito, poteva risolverla in molto meno tempo, di questo sono certo”.
Allora era così, pesò Severus. Era per studiarla che l’aveva rapita. Per conoscerla. Capire com’era.
“Intendiamoci” proseguì il preside, “sì, la sta prendendo a cuore in un certo senso, come hai detto tu, ma in un modo del tutto contorto, è ovvio. Lord Voldemort non potrà mai provare davvero amore per qualcuno, chiunque sia. E questo gli sarà fatale nel Rito dell’Eterna Giovinezza”.
Un lampo di trionfo apparve negli occhi azzurri del mago.
“Ascoltami attentamente, Severus: ci sono tre punti fondamentali da considerare in questo Rito”.
Silente alzò la grande mano sottile alzando tre dita.
“Con rammarico, devo ammettere che non conoscevo a fondo i passaggi di questa magia proibita, ma ho pensato che sarebbe stato meglio entrare un po’ più in confidenza con le forze oscure per capirlo. Un vecchio proverbio babbano dice, se non erro: se non puoi combatterli, fatteli amici”.
Silente ridacchiò per smorzare tutta quella tensione, poi tornò serio.
“Tre cose, Severus. Tienile a mente.
“La prima consiste nel cercare vittime -sacrificali o no, questo ancora è da appurare- per prendere loro il sangue che dovrà essere versato nella notte più lunga dell’anno. Queste persone devono avere requisiti particolari”.
“Ricordo” disse Piton, che non guardò mai il preside durante tutto il discorso.
Silente annuì soddisfatto e proseguì nonostante quel passaggio lo avessero già affrontato.
“Devono avere metà sangue puro e metà sangue sporco. Figli di Mangiamorte, di maghi purosangue, mezzosangue o figli di babbani. Questo perché Tom Riddle è a sua volta figlio di una strega e un babbano.
“Il secondo punto, è il cuore. Voldemort si è spinto in tali e tanti esperimenti che non è quasi più un essere umano, tanto nell’aspetto quanto nell’animo. Un cuore che batte è simbolo di vita, ma un cuore vuoto e pietrificato dall’odio non è nulla in confronto a uno pieno di speranza e amore.
“La Magia ha bisogno di una conferma: deve essere certa che chi gli sta chiedendo di vivere per sempre sia degno di questo dono da parte della Magia stessa. Un uomo come Voldemort- perché nonostante tutto è ancora un uomo a tutti gli effetti- fallirebbe all’istante in un compito come questo.
“Non è mai stato possibile per nessuno attuare questo Rito. Molti maghi che hanno provato non ne sono stati degni e hanno pagato con la morte. Non si può ingannare la Magia.
“I più hanno ignorato questo secondo passaggio fondamentale perché lo ritenevano inutile. L’amore, per i malvagi, è incomprensibile. Per essi esiste solo il potere, nient’altro, e questa è stata la rovina di chi ha intrapreso il Rito”.
“Allora” disse Piton cauto, “forse c’è una possibilità che il Signore Oscuro fallisca nell’intento”.
“Ah, io…temo proprio di no, Severus. Questo è il problema: Tom Riddle è un malvagio e un assassino, è potente e arrogante, ma non stupido. Il secondo ostacolo va superato e non aggirato come hanno fatto gli altri. Trovare delle vittime è stato facile, ma non altrettanto trovare un cuore puro”.
Piton fece una risatina sprezzante. “Oh, sì. La maggior parte dei Mangiamorte gli si è gettata ai piedi dicendogli che avrebbero donato i loro figli al loro padrone in qualsiasi momento e che sarebbero stati fieri di farlo. Lucius Malfoy era in prima fila”
“Per quanto riguarda Lucius, direi che la sua è ormai più paura che pura fedeltà, ma immagino che gli altri saranno ben contenti, anche se dovessero vedere i loro cari morire per il loro padrone. Lo so bene come si sentono, io stesso ero come loro molti anni fa” ammise Silente grave. “Avrei fatto qualsiasi cosa per quello che credevo essere il bene superiore”.
Piton gli rivolse uno sguardo truce. Non gli piaceva quando Silente parlava così.
“Tu hai accettato di aver fatto un errore e hai saputo tornare indietro e rimediare. Hai insegnato anche a me che è possibile, in qualche modo, e di questo te ne sono grato, Albus. Non dire più che li capisci o che sei come loro. Neanche prima lo eri”
“Davvero, Severus? Davvero?”
I due uomini si fissarono un istante, il più giovane molto serio, il più vecchio sorridente.
Piton scosse il capo. “Non era questo quello di cui dovevamo parlare” tagliò corto.
“Hai ragione, perdonami se ho divagato”. Silente fece una pausa, poi continuò. “Voldemort sa bene che una volta che avrà compiuto il Rito gli Horcrux non gli serviranno più, però è vero che gli sarebbero ben utili se mai dovesse fallire. Oltre al modo di divenire immortale, sta anche pensando a come schermarsi da morte certa e per quest’ultima cosa occorre che i suoi oggetti siano tutti in perfetto stato. Ora, abbiamo visto che sta riuscendo nel suo intento, dato che il diario sta tornando com’era prima. E questo grazie a cosa? All’ingenuità di una semplice ragazza.
“Christine gli sta dando fiducia, lo ha dimostrato credendo alla storia dell’Angelo della Musica che lui ha inventato. Non mi riesce difficile credere che tua figlia, cresciuta in un mondo quasi incantato, oserei dire, abbia creduto alle sue parole. Voldemort è un ottimo stratega e manipolare la mente di Christine dev’essere stato molto facile”.
Piton guardò torvo il preside.
“Non è tanto stupida” sbottò irritato.
“Perdonami, forse mi sono espresso male” si scusò il vecchio mago. “Non intendo dire che Christie sia sciocca, ma è buona e la bontà, spesso porta a gesti inconsulti. Tu stesso mi hai raccontato cosa ti ha detto quando è tornata. Non credeva che la storia del suo adorato Angelo potesse essere una menzogna e Voldemort esulta di questa sua certezza che è per i suoi Horcrux e per se stesso un passo fondamentale”.
Piton corrugò la fronte, ma ormai era chiaro.
“Quindi era quello che lui voleva. Entrare in contatto con lei, non solo perché è mia figlia, ma perché in lei ha visto una potenziale pedina per il suo piano. Perché il cuore di Christine può ridonare vita agli Horcrux”.
“Sì, purtroppo. Credo non fosse sua intenzione arrivare proprio a lei, penso si accaduto per caso. Deve aver percepito che tra tutti quelli che stava cercando, guarda caso, proprio tua figlia- oltre che una buona esca per sondare la tua fedeltà- era in grado di amare a tal punto da ridonare la vita anche a esseri immondi come gli Horcrux, che sono una parte di lui.
“Questo Severus, fa di lei la pedina fondamentale di tutto il gioco.
“E qui arriviamo al terzo punto, quello che vede l’importanza di tre persone più di altre per il completamento dell’opera. Tre tra i prescelti da Voldemort che avranno un ruolo fondamentale, un ruolo diverso”.
Piton attese che Silente continuasse, ma non lo fece. Si fermò invece a guardarlo fisso con occhi luminosi ma preoccupati.
“Qual è il ruolo di queste tre persone?”
“Purtroppo, Severus, non so ancora molto su di esse e credo non scoprirò chi sono poiché non è qualcosa che posso trovare sui più antichi libri di magia. Questo dovrai scoprirlo tu”
Piton, impassibile, lo sguardo fermo, annuì una volta sola.
“Ho capito. E’ un’informazione che solo a chi gli è vicino può essere rivelata”.
“Proprio così. Io posso solo fare delle supposizioni, e conoscendo Tom Riddle e l’importanza che da alle cose per lui preziose, sono sicuro che una di queste persone prescelte sia senza dubbio Harry”.
Potter. Era più che ovvio.
Severus non accennò alla profezia che anni prima aveva sentito enunciare dalla professoressa Cooman alla Testa di Porco, quando aveva spiato l’insegnante di Divinazione e Silente in quel loro incontro.
Nemmeno il preside accennò nulla, anche se quel breve silenzio poteva aver detto tutto da solo.
“La seconda persona, a questo punto” continuò il vecchio mago, “potrebbe, ripeto potrebbe, essere Christine. Come abbiamo già ripetuto, Voldemort le sta dando molta importanza, forse anche perché è tua figlia. Ma sono solo ipotesi, per cui non è il caso di allarmarsi prima del tempo. Ad ogni modo, Severus, ti ripeto l’offerta che ti ho già fatto si a voce che per lettera: portala a Hogwarts e non le accadrà mai nulla. Ho già pensato a tutto”
“Sì. Grazie Albus” rispose Piton con la gola secca.
Per un attimo, Silente credette che il professore di Pozioni accettasse la sua offerta, ma si sbagliava.
“Ma credo sia meglio che resti dov’è ora. Se la riportassi qui, non solo c’è la possibilità che Voldemort la trovi molto più facilmente che non in Svezia, ma anche perché sono più che convinto che se le capitasse ancora qualcosa, Karin Anders porrebbe fine alla mia vita molto volentieri”.
Un sorriso si aprì sul volto di Silente.
“Accidenti, devo proprio conoscerla questa donna. Somiglia in modo impressionante alla professoressa McGranitt. Sono certo che mi sarà simpatica. Se è necessario, possiamo invitare qui anche lei”.
Piton rispose al sorriso stiracchiando le labbra di mala voglia.
“No, non credo accetterebbe”
“Mm…molto bene allora. Speriamo che Richard porti buone notizie quando tornerà in Inghilterra”.
“Cosa? Thompson ritorna?” esclamò Piton allibito. “Credevo l’avessimo mandato con Christine e sua zia per proteggerle”.
“Oh, sì, ma non può certo restare tutta la vita laggiù. La sua casa è qui” Silente sembrava divertito. “In ogni caso, non tornerà prima di novembre, quando…” sospirò, “quando spero di avere qualcosa di più in mano riguardo ai piani di Voldemort”.
“Quanto credi che gli ci vorrà ancora?”
“Non lo so. Anche questo dovrai sapermelo dire tu. Scopri i segreti del Rito che non possono esser scoperti se non divulgati da Voldemort stesso, ti prego, Severus. Per la salvaguardia di tua figlia e per il figlio di Lily Potter, che hai giurato di proteggere”.
“Lo farò” disse Piton con un tono di voce e un atteggiamento così fiero che Silente non gli aveva mai visto.
“Servilo fedelmente Severus. Stagli vicino più di quanto tu non abbia fatto finora. Non mancare più a nessuna riunione. Prestati per qualsiasi incarico. Qualsiasi cosa, purché egli ritrovi finalmente l’assoluta fiducia che aveva in te prima che passassi dalla nostra parte. Devi tornare ad essere il Mangiamorte che lui vuole”.
“Sono il suo braccio destro. Mi ha fatto Primo dei Mangiamorte” rispose Severus con meno orgoglio di prima.
Quel ruolo lo aveva desiderato più di tutto, ora lo disprezzava.
“Allora devi svuotare la tua mente da tutti i pensieri. Per questo ti dico: conduci Christine qui a Hogwarts!”.
“No, Albus”
“Pensaci almeno!”
Piton sospirò. “E va bene. Ci penserò”
 
*
Il breve messaggio era firmato R.
Semplicemente R.
Ma lei non aveva alcun bisogno di conferme per sapere che era di Riley.
 
Mi è stato recapitato il tuo messaggio.
In contriamoci stasera al luogo da te deciso.
R.
 
E chi altri se non lui?
La porta della camera si aprì all’improvviso e Christine cercò di far sparire velocemente la lettera, riuscendo però soltanto a nasconderla dietro la schiena.
C’era una sola persona al mondo che non bussava mai prima di entrare. E quella persona era Meg Larsen, che le si parò davanti con le mani sui fianchi e un largo sorriso sul volto.
“Il sole splende ed è una giornata meravigliosa! E tu ancora sei ancora in pigiama?” esclamò inorridita.
“Arrivo subito” disse in fretta la fanciulla dai capelli scuri.
“Che cosa nascondi lì dietro?” chiese subito Meg sospettosa.
“N-niente”
“Oh, andiamo, non fare la misteriosa”
Meg si avvicinò rapida verso l’amica e le girò attorno per cercare di vedere cosa celasse dietro la schiena.
“dai, Chris, fammi vedere”
“No, Meg, davvero non è niente”
“Ah, allora perché lo nascondi?”
“Non nascondo nulla”
Christine e Meg ora giravano in tondo per la stanza, un po’ serie e un po’ ridendo. Dopo alcuni tentativi la bionda amica riuscì finalmente a strappare dalle mani dell’altra ciò che tanto le premeva scoprire.
“No!” esclamò Christine tentando di riprendersi il biglietto. Non voleva che Meg scoprisse di Riley. Non voleva che nessuno scoprisse, ma troppo tardi…
“Oh-mio-Dio!” scandì Meg ad alta voce guardando con tanto d’occhi la lettera.
“TU HAI UN AMMIRATORE SEGRETO!”
“Ssssstt! Non gridare, sei impazzita!”
Christine corse a tappare letteralmente la bocca della sua amica temendo che sopraggiungesse la zia o Richard.
Quando tolse le mani dal viso di Meg, quest’ultima aveva un sorriso enorme.
“Perché non me l’hai detto?! Oh, Christine, è fantastico!”
“Meg…Meg smettila di saltellare e stammi a sentire. MEG!” stavolta toccò alla mora urlare e l’amica si fermò all’istante.
“Scusa, scusa, ma questa è…Oh mamma mia! E’…è…”
“Ok, grazie, sei stata chiarissima” sorrise Christine con le mani sui fianchi. “Ora riddami la lettera, per favore”
“Come? Oh, certo, che scema. Tieni”. Meg non riuscì a trattenersi per più di dieci secondi che subito chiese: “ma dimmi, chi è? Dove l’hai conosciuto? Devi dirmi tutto!”
“Ehm…sì, io…Senti Meg, non sono sicura di potertelo dire” ammise Christine a malincuore. Tra lei e Meg non c’erano mai stati segreti ma non poteva raccontarle di lui, non ancora almeno.
Per tutta risposta, la bionda amica la fissò con il sorriso che le si spegneva e un’aria davvero delusa.
“Meg, perdonami, ma è una cosa complicata”
“Ho capito” ammise quest’ultima abbassando il capo e annuendo.
“Davvero?”
“Sì, certo. Insomma, è il tuo primo amore…E poi è chiaro: non vuoi dirmelo perché stai pensando di scappare con lui in capo al mondo. Mmm certo, chiarissimo” annuì di nuovo Meg ad occhi chiusi con l’aria di chi la sa davvero lunga.
Christine scoppiò a ridere.
“Almeno è bello?”
Christine arrossì un poco. “Si” disse infine. “Ed è gentile. Guarda” disse ancora recuperando il bocciolo di rosa che aveva lasciato sul davanzale della finestra.
“Ooohhh! Che meraviglia!” esclamò Meg deliziata. “Ah, che invidia! Anch’io voglio un ragazzo che mi mandi dei fiori! Al giorno d’oggi non se ne trovano più”
Christine sorrise ancora.
“Stasera lo devo incontrare, Meg”
“Wow! Un appuntamento! Lo voglio conoscere pima, però”
“Ehm…no, non credo lo conoscerai. Lui non…verrà qui”
Meg rimase un attimo perplessa. “Eh? Come, non capisco”
Christine sospirò e si rigirò piano il fiore tra le mani, stando attenta a non pungersi. Solo adesso si rendeva conto di come avrebbe dovuto fare per incontrare Riley.
Non le piaceva. No, non le piaceva per niente quel che stava per chiedere a Meg, ma non c’era scelta. Nessuno doveva scoprire, c’era già stato quel fuori programma e non dovevano venire a conoscenza altri di quell’appuntamento, tantomeno Richard che odiava Riley con tutto il cuore.
“Meg, devo chiederti un favore. Un grande favore”
“Certo, Chris, tutto quello che vuoi”
“Devi mentire per me”
Le due rimasero un attimo in silenzio a guardarsi, poi la bionda annuì.
“Dimmi cosa devo fare”
Christine si stupì non poco nell’ascoltare quelle parole. Credeva fosse stato più difficile convincere Meg, ma avrebbe dovuto saperlo che il mantenere un segreto ed essere parte di una storia alquanto intricata, alla sua amica piaceva da pazzi.
Meg era un po’ pettegola, un po’ impicciona, e tanto quanto Christine, dava all’amore una grande importanza.
“Meg, grazie!” esclamò Christine abbracciandola. “Sei l’amica migliore del mondo!”
“Eh, lo so” sospirò l’altra con fare da finta modesta. “Ok, dimmi che devo fare” disse poi guardando Christine.
Lei gli restituì il sorriso e le due si apprestarono ad attuare il piano per quella sera.
E mentre parlavano, Christine non poté non sentirsi in colpa di nuovo, come le era già successo molte volte negli ultimi tempi. Il rimorso era dovuto alle bugie che aveva cominciato a raccontare a tutti quelli che le stavano attorno, bugie per proteggere, a ben vedere, due persone che nemmeno sapeva con esattezza chi fossero né da dove venissero: Riley e l’Angelo della Musica.
Sentimenti sconosciuti si agitavano per la prima volta nel suo cuore di sedicenne. Tutte le volte che ripensava ai begli occhi blu di Riley il suo cuore batteva forte come mai aveva fatto prima.
Meg le aveva chiesto se era bello. Oh, sì, lo era, ma non era solo quello. Sì, era gentile anche se molto misterioso e a volte aveva usato un tono di voce strano, quasi intimidatorio. C’era però qualcosa…qualcosa che non era niente di definibile ma tutto un insieme di cose, un misto di sentimenti che la invadevano. Riley. Semplicemente Riley. Solo un nome, nessuna origine, nessuna identità definita, solo lui, così come l’aveva incontrato quel giorno al parco.
Non era nulla di concreto, solo lui in tutto il suo insieme. La sua sola presenza, il fatto di sapere che guardavano lo stesso cielo e respiravano la stessa ria era per Christine motivo di emozione, un’emozione così forte che le faceva esplodere il cuore.
Sapeva che in questo modo avrebbe ferito Richard, Hermione e Ginny le avevano detto che il giovane Auror non aveva avuto occhi che per lei da quando l’aveva vista, ma Christine non poteva farci niente. Il suo cuore e la sua amina erano divisi in parti uguali per tre uomini che nella sua vita erano divenuti importanti quasi quanto la sua stessa esistenza: suo padre, Riley e l’Angelo della Musica.
Nessun altro.
E Riley, al momento, era così vicino a lei da non farle capire più nulla. Voleva solo vederlo, incontrarlo ancora una volta, dirgli che aveva il suo medaglione e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per mantenere il segreto.
Avrebbe tanto voluto dirgli che pensava sempre a lui, ma non era certa che il ragazzo avesse gradito. Riley non pareva provare verso di lei le stesse cose, anche se c’erano stati momenti in cui era sembrato di sì.
“Allora chiediglielo!” aveva consigliato Meg.
Sì, si disse Christine, quella sera poteva essere il momento adatto, o altrimenti chissà quanto tempo sarebbe ancora trascorso prima del loro prossimo incontro.
 
La giornata passò tranquilla, le due amiche, sempre seguite da Richard ovviamente, scesero a Uppsala nuova per fare gli ultimi acquisti per la scuola.
Christine si sentiva sempre più emozionata man mano che la sera si avvicinava e purtroppo a Richard non sfuggì questo particolare.
“Che confabulate sempre voi due oggi?”
“Non essere sempre così sospettoso”
“Cose da ragazze!” tagliò corto Meg con un gesto spazientito della mano.
“Non è che state architettando qualcosa, vero?”
“Architettando che? Non farmi ridere, cosa potremmo mai architettare: una fuga d’amore?”
Christine lanciò all’amica un’occhiataccia e le pestò un piede.
“AHIA!”
“Meg…”
“Scu-scusa” disse la bionda con nel lacrime agli occhi. “E’ più forte di me, adoro tormentarlo”
“Sì, l’ho notato. Povero Richard”
“Oh, Chris non t’arrabbiare, stavo solo scherzando”
Christine sospirò. Forse non avrebbe dovuto raccontare tutto a Meg, era davvero troppo pettegola.
Inoltre era vero, verissimo. Meg amava in modo particolare fare battute di goni sorta ogni volta che sorprendeva il giovane Auror guardare l’amica di capelli ricci. Non era cattiveria, Meg era fatta così. Forse era un po’ perfida, forse era solo un po’ sciocca, ma tanto buona e dolce che Christine non era capace di arrabbiarsi sul serio con lei, mai.
“Oh, io so quanto ti piacerebbe fuggire con la mia Chris. Ma sta attento, se la fai piangere ti ucciderò!”
“Accidenti! Le vuoi proprio bene”
“Certo! E’ come una sorella per me”
“Faresti qualunque cosa per lei?”
“Ovvio. Se non può contare sulla sua migliore amica, su chi può farlo?”
Meg non capì la domanda di Richard, ma la risposta che diede soddisfò il giovane.
Era convinto che non doveva lasciare Christine sola nemmeno per un secondo. Aveva il sospetto, l’orribile sospetto, che qualcuno venisse a cercarla. E qual qualcuno purtroppo era il suo peggior rivale.
Thompson era consapevole del fascino che quel tipo suscitava in Christine, sebbene lei non l’avesse mai ammesso ne tantomeno mai nominato in sua presenza.
Ma Richard era più che convinto che qualcosa tra i due c’era. Forse non di concreto, ma c’era.
E la sua paura più grande era che quel tipo potesse piombare di nuovo nella vita di Christine e portargliela via.
Anche se effettivamente Christine non era interessata a lui in nessun modo, era garbatamente indifferente ai suoi tentativi di corteggiamento.
Richard ne soffriva, perché ormai era innamorato di Christine ma lei non lo ricambiava. Ma non si dava per vinto nonostante tutto.
 
Verso le nove di sera, Christine andò a passare la serata a casa di Meg, almeno così disse.
Zia Karin on si oppose, era normale amministrazione che la nipote stesse dall’amica per ore prima di andare  a dormire, specie in vacanza. In fondo le loro case distanziavano non più di qualche metro, non c’era nessun pericolo, anche se Richard non era dello stesso parere.
E fu così che decise di seguirla.
Salì nella camera che gli era stata assegnata e si affacciò alla finestra per seguire con lo sguardo le due ragazze. Purtroppo scoprì che da quell’prospettiva la casa di Meg non si vedeva.
Decise allora che l’unica cosa da fare era andare nella stanza di Christine, dalla parte opposta della fattoria (ebbene sì, zia Karin aveva scelto di tenere i due ragazzi lontani il più possibile. Non che non si fidasse di sua nipote, ma aveva ben chiaro cosa a Richard poteva passare per la testa. I giovani erano davvero imprevedibili a quell’età).
Maledicendo l’ossessione della signora Anders per le buone maniere, Thompson percorse a passi felpati il corridoio fino alla stanza della ragazza…per trovarla chiusa. Naturale.
Estrasse la bacchetta senza pensarci due volte.
Kingsley gli aveva raccomandato niente magia in presenza di babbani, ma in quel momento non solo non c’erano persone comuni in giro, non c’era anima viva, neppure un insetto.
Alohomoa” sussurrò e la serratura scattò.
Richard non era mai stato nella camera di Christine. Era piuttosto grande. Sulla destra, rispetto alla porta, c'era un mobile pieno di libri, cd, quaderni di scuola e album di fotografie. In faccia ad esso c’era il letto, accanto al quale stava il comodino che esibiva un vaso con un unico bocciolo di rosa. Sulla sinistra l’armadio, anch’esso di legno antico, di quei tipi che hanno uno specchio situato all’interno di una delle ante. Sempre a sinistra, in un angolo vi era una vecchia cassapanca di medie dimensioni, in legno scuro e dipinta di motivi floreali rosa e verdi, e vicino uno specchio appeso alla parete che rifletteva per metà chi vi si specchiava. Quasi sotto la finestra c’era la scrivania e una vecchia sedia a dondolo che era stata della nonna di Christine.
Richard aprì le persiane e spiò fuori. Nulla si mosse per un bel po’, tanto che stava quasi pensando di tornare in camera sua. Si sentiva anche un po’ sciocco per quello che stava facendo. Si comportava quasi come un fidanzato geloso.
A furia di pensare e ripensare a più cose, finì per assopirsi. Non seppe per quanto restò nel dormiveglia, ma fu il suono della sveglia.
Richard si voltò a guardare l’orologio sul comodino: le undici meno un quarto. Perchè era stata puntata a quel'ora?
Scrutò di nuovo dalla finestra. Tutto era immobile, quando a un certo punto dall’oscurità apparve una figura illuminata dalla luce che proveniva dalla casa di Meg.
Scivolò dal fascio luminoso all’oscurità. Camminò svelta sul prato uscendo dal giardino e poi si diresse verso la strada.
Richard non si chiese chi fosse, lo sapeva. L’aveva sempre saputo. Qualcosa gli diceva che prima o dopo sarebbe successa una cosa simile.
A quell’ora dove mai poteva andare una persona?
Senza pensarci due volte attraversò la casa buia. La signora Anders era già andata a dormire.
Un istante dopo uscì dalla porta sul retro e fece il giro della casa, sperando di non aver perso l’ombra di Christine.
La ritrovò poco più avanti. La vide voltare un angolo e sparire ancora nel buio.
Il pedinamento durò a lungo, attraverso la campagna fredda. Il giovane seguiva da lontano la fanciulla, avvolta in un cappotto scuro che le scendeva fino a metà gamba, i ricci che si muovevano nell’aria notturna le ondeggiavano sulla schiena, liberi.
Faceva ancora più freddo di quanto avesse fatto durante il giorno. L’estate ormai se n’era andata e l’autunno sarebbe piombato sulla campagna svedese accorciando le ore di luce sempre più.
L’inseguimento cessò così com’era iniziato, all’improvviso. Richard si bloccò di colpo quando si rese conto di dov’era finito.
Davanti a lui c’era l’entrata del cimitero di Uppsala. Il cancello del cimitero era aperto e questo lo sorprese un po’, ma non sembrò stupire la ragazza.
Non c’era nessuno nel cimitero. L’unica fonte di luce era la luna, quella sera splendente come non mai; non era nemmeno possibile nascondersi dietro le tombe, banche e spettrali in quella luce. Richard non aveva mai visto una tale luminosità di notte.
Rabbrividì senza sapere perché. Non era superstizioso. Non c’erano fantasmi lì, non era un cimitero di maghi.
C’era però qualcosa di ugualmente spaventoso in quel posto che sembrava abbandonato. Forse erano le ombre degli alberi sopra le tombe, che sembravano strane figure in movimento, come demoni della notte. O forse era colpa dell’ossario in fondo al sentiero, proprio accanto alla chiesa, illuminata in pieno dalla luna.
Non era mai entrato in un cimitero di notte e non aveva idea che vi si potesse trovare una pace così completa. Nemmeno gli animali notturni si facevano sentire, come se fosse vietato disturbare i morti addormentati nel loro sonno eterno.
Il fatto che Christine si trovasse lì non era strano. Andava almeno una volta al giorno a trovare la madre che era sepolta là, vicino ai nonni, ma certo era strano che si recasse laggiù a quell’ora.
Dopotutto, però, si disse che forse quel giorno la ragazza sentiva il bisogno di andare a sciogliere un voto sulla tomba della madre. Trovò la cosa naturale, anche se strano a tarda sera, ma si convinse così tanto che riacquistò tutto il suo sangue freddo.
Non c’era assolutamente niente in quel posto. Solo lui e Christine.
Era soltanto stupito che ancora non si fosse accorta di lui, perché la ghiaia del sentiero principale scricchiolava sotto le scarpe. Richard non aveva fatto attenzione di mascherare il rumore dei suoi passi. Voleva che lei lo sentisse, che si girasse. Ma forse era tutta assorta nei suoi pensieri…
Decise comunque di non disturbarla e, quando lei arrivò presso la tomba della madre, rimase ad alcuni passi di distanza, accanto al muro della chiesa che faceva angolo in quel punto.
La vedeva di schiena, non poteva scorgere il suo viso.
Christine si inginocchiò sul terreno duro per il freddo, si fece il segno della croce e cominciò a pregare. Allora suonò la mezzanotte. L’ultimo rintocco vibrava ancora nelle orecchie di Richard quando, all’improvviso, vide la ragazza rialzare la testa.
La giovane si alzò di nuovo in piedi e cominciò a camminare sempre più velocemente verso la parte più profonda del cimitero, dove non c’erano tombe, solo alberi. La ragazza sembrava come in preda a una forte emozione, e Richard si chiese quale fosse la ragione di tanta fretta nel raggiungere un vicolo cieco, perché da quella parte del cimitero non si accedeva a nessuna uscita secondaria e nemmeno a una porta nascosta che avrebbe potuto condurla all’interno della chiesa. Christine avrebbe trovato solo le solide mura di pietra dell’edificio.
La fanciulla voltò infine un angolo apparentemente nascosto. Richard rimase perplesso e per un attimo credette che fosse sparita nel nulla. La seguì subito e bastarono pochi passi per scorgerla mentre si tuffava tra gli arbusti secchi, scostandoli con le braccia perché non le ferissero gli occhi, e infine raggiungere un punto nascosto del camposanto dove qualcuno l’aspettava.
Fu allora che Richard si nascose. Arrestò il suo passo bruscamente, sperando che lo sconosciuto non avesse udito e si appoggiò con la schiena al muro di pietra, spiando da lì la scena di cu era partecipe.
Oh, lo riconobbe subito, non potevano esserci dubbi. Era lui! Allora si incontravano di nascosto! Ora era chiaro perché era uscita così furtivamente, e Meg la copriva! Meg sapeva tutto.
Richard non seppe fin dove si spinse la sua immaginazione in quel momento di rabbia e gelosia, in fondo a quel piccolo cimitero di campagna, circondato da teschi sghignazzanti che sembravano
prendersi gioco di lui.
E quando il ragazzo, suo rivale in battaglia e ora più che mai in amore, alzò gli occhi verso di lui, a Richard sembrò di sentire un rumore provenire dalla parte dov’erano ammucchiati gli scheletri. Sembrava davvero che i teschi ridessero e non poté trattenere un nuovo brivido di paura.
Il suo rivale dai capelli scuri sorrise. Forse a lui, ma non lo seppe con certezza perché riabbassò subito dopo lo sguardo su Christine che lo aveva raggiunto e i due cominciarono tranquillamente a conversare come buoni amici, in tranquillità.
Richard rimase immobile, gli occhi fissi sull’ossario, sulla strana ombra che sembrava vegliare sui due innamorati- si, perché ormai gli era chiaro che Christine amasse quel ragazzo.
Era deciso ad andare fino in fondo, questa volta, a quell’incredibile mistero e conoscere l’identità del giovane mago oscuro.
Il giovane dai capelli biondi si mosse e si fermò quasi nello stesso istante, perché un cranio era scivolato fuori dell’ossario rotolando si suoi piedi. Poi un altro e un altro ancora. Le teste dei morti cadevano una dopo l’altra bersagliandolo.
Il suo rivale aveva riso nella sua direzione e ora ridevano anche i teschi, poteva persino sentirne il loro sghignazzare riecheggiante. O era la sua immaginazione?
Richard cercò di non cadere, pensando giustamente che un solo movimento brusco avesse rotto l’equilibrio della catasta di ossa dietro la quale si nascondeva.
Fu allora che accadde, quando scivolò su un nuovo teschio e cadde sul terreno freddo.
Un’ombra incappucciata gli passò accanto facendogli gelare il sangue nelle vene.
Forse era lei ad aver cominciato quello strano gioco dei teschi, liberandoli facendoli ruzzolare al suolo. Quell’ipotesi gli sembrò ancor più ragionevole quando si mise a ridere sotto l’ampio cappuccio che ne copriva il viso.
Il ragazzo si alzò in fretta, stanco di quel gioco macabro, inciampando ancora nei teschi e poi si precipitò verso l’ombra, che adesso stava per entrare nella sacrestia.
Prima che la porta si richiudesse, Richard riuscì ad entrare a sua volta e a rincorrerla fino all’altare maggiore.
Il giovane allungò una mano e afferrò un lembo del mantello, con l’altra estrasse la bacchetta dalla tasca della giacca.
Ma non riuscì a fare nulla.
Erano lui e l’ombra, proprio di fronte all’altare maggiore, con i raggi della luna che cadevano dentro la chiesa attraverso la vetrata dell’abside, dritti su di loro.
Teneva ancora stretto l’orlo del mantello quando l’ombra si voltò. Il cappuccio scivolò via, si aprì, e Richard vide, proprio come aveva visto l’altro ragazzo poco prima, una faccia spaventosa.
Ma non era affatto una faccia. Non c’era nulla. Solo pelle giallastra, tesa sulle ossa di un viso privo di naso e bocca. Solo due cavità oscure potevano essere gli occhi di quella creatura infernale, che dardeggiavano su di lui come i fuchi dell’inferno.
E una nuova ombra scivolò improvvisa lungo il muro illuminato della sacrestia. E poi una terza.
Ora erano lì, tutte e tre e lo fissavano.
Non era possibile…ne aveva sentito parlare, ma non era assolutamente possibile.
Nonostante tutto il suo coraggio, Richard perse molti battiti del suo cuore.
Christine sapeva con chi si era immischiata? Perché certo era che l’ombra e le sue compagne erano i guardiani di quel ragazzo, ecco perché era inavvicinabile. Loro erano sempre con lui per non permettere a nessuno di trovarlo e toccarlo, lo nascondevano.
Chi era mai costui, dunque, per avere al suo servizio le famigerate Tre Voci di Voldemort? Quale importante ruolo ricopriva tra le file dei Mangiamorte per essere così strettamente sorvegliato dalle creature che il Signore Oscuro, si diceva, avesse richiamato, così come fece Serpeverde a suo tempo, direttamente dal mondo dei morti?
Ci fu un movimento, un sibilo, poi l’ombra dal volto scoperto alzò la mano guantata di rosso e Richard cadde ai suoi piedi, non sapendo né ricordando più nulla finché si svegliò nella mattina già inoltrata nella sua camera a casa Anders.

 
 
 
 
Allora allora allora? Cosa ne dite?
Cari lettori, mi sto davvero impegnando per non lasciarvi senza niente, spero di non averci messo troppo rispetto alle vostre aspettative.
Questo è un capitolo che mi è costato parecchio tempo. Non sapevo mai come farlo, e alla fine ho preso ancora una volta lo spunto dal mio amatissimo Fantasma dell’Opera. Per chi avesse visto il film non sarà difficile immaginarsi il pezzo del cimitero, peccato che manchi la neve nel mio, ma è ancora presto.
Il pover Richard, a furia di volersi immischiare in faccende che non lo riguardano, ha finito per incappare nelle Tre Voci. Verranno davvero dal mondo dei morti?
E Christine e Riley? No, non temete, non vi lascerò senza una bella scena tra i due, ma dovrete aspettare la prossima volta. Voleva già descrivere l’incontro tra i due in questo capitolo, ma poi veniva troppo lungo secondo me. Il prossimo sarà tuuutto dedicato a loro.
Ora un quesito per tutti coloro che lasceranno un commento: avete capito chi è infine questo Riley? No? Pensate, non è difficile. Sparate un nome a caso e se avete indovinato ve lo dirò nella risposta alla vostra recensione. Fatemi anche sapere se questa ff continua a piacervi, please.
Scusate tanto se ho fatto degli errori, ma non ho riletto stavolta. Segnalateli pure che li correggio appena riesco.
 
Ringrazio:
Allice_rosalie_black, Ary g,  Aylas, bimba3, Blankette_Girl, CarolineEverySmile, chiara53, coccinella75, Eleonora2307, Faith18, Femke, foffia, francesca88, glenfry91, Grifondoro_Serpeverde, jess97, JKEdogawa, Ladie Katjie, ladyhawke25, Lady_Storm, Latis Lensherr, laurana, LenShiro, namina89, Phoebe76, Pollon0874, rum43coach e zackaide.
 
Un bacio a tutti, vostra Usagi^
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