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Autore: subside_    07/06/2012    7 recensioni
Dimmi, Cloe. Ci pensi mai agli ultimi anni? Pensi mai che le cose sarebbero potute andare in modo diverso? Magari adesso io e te non saremmo così distanti. Magari non mi ritroverei a scriverti queste inutili parole su un misero pezzo di carta che non riceverai mai. Ci pensi mai, a me?
Io si, ogni giorno. Ogni fottuto giorno.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mantenevo lo sguardo fisso di fronte a me, mentre i cinque ragazzi con fare molto delicato si muovevano sul palco intonando la loro canzone più commovente. Non riuscii a distogliere lo sguardo per controllare, ma potrei giurare che molte delle ragazze alla mia sinistra e alle mie spalle singhiozzavano proprio come Cloe alla mia destra.
Quando il riccio partì col suo assolo, un singolo, freddo brivido percorse tutta la mia schiena. Era proprio davanti a me, ci distavano pochi metri e mentre cantava, il suo sguardo incontrò il mio, mi rapì, mi bloccò in quella morsa di occhi, occhi verdi come gli abissi degli oceani, occhi penetranti come spine nella pelle, occhi che mi tenevano saldati a sé come fossi caduta in una trappola. Ansimavo, un nodo in gola mi faceva annaspare mentre cercavo di respirare regolarmente, ma non ci riuscivo. Era come se mi avessero tirato un pugno nello stomaco, un pugno bello forte. Sembrava fossero passati minuti interminabili, e invece erano passati solo i 14 secondi necessari affinchè cantasse ‘if we can only have this life, for one more day; if we can only turn back time’.
Con grande sforzo riuscii a liberarmi dalla sua presa, lasciai la mano di Cloe e scappai via, verso l’uscita. Percorsi correndo l’intero corridoio e una volta fuori la 07 Arena continuai a correre fino alla macchina. Entrai, infilai velocemente le chiavi e accelerai di botto, rischiando persino di tamponare un’altra auto. Non tolsi il piede dall’acceleratore fin quando non arrivai nelle vicinanze della torre del Big Ben. Parcheggiai da qualche parte e a passo svelto cominciai a percorrere il lungo ponte. Arrivata quasi a metà strada, cominciai a rallentare gradualmente il passo fino a fermarmi del tutto. Appoggiai i gomiti al parapetto e mi misi ad osservare il flusso del fiume che scorreva lento.
Ero scappata via. Ero decisamente fuggita. Ero spaventata. Terrorizzata. Per tutta la vita non avevo fatto altro che cercare di essere più razionale possibile, di guardare in faccia la realtà. Non aevo mai avuto cotte, sogni, desider o cose del genere perché sapevo che più alte erano le aspettative, tanto più atroci sarebbero state le delusioni. Avevo sempre  cercato di sopprimere le mie speranze perché non avrei sopportato di vederle infrante. Non di nuovo. E adesso mi ritrovavo a sentirmi le gambe cedere per una fottuta band. No, non l’avrei permesso. Non avrei lasciato a quelle cinque voci di penetrare la barriera che avevo costruito attorno al mio cuore. Non gli avrei permesso di tenermi appiccicata ad uno schermo con le lacrime agli occhi sperando di essere una delle tante fortunate ad aver avuto la possibilità di fare una foto insieme a loro. No, non ero quel tipo di persona e non lo sarei diventata mai. Erano cinque semplici ragazzi, niente di più, niente di meno, agli adolescenti con cui andavo a scuola.
Presi il cellulare e scrissi un messaggio a Cloe.
‘Sono a Westminster. Mandami un messaggio quando devo passarti a prendere. Ps. Se non dovessi saperlo, Westminster è a 15 minuti da lì. Perciò magari mandalo un po’ prima che finisca così non rimani sola’.
Non ne volevo sapere più niente di quella band. Non volevo vedere più nessun loro fottuto poster o ascoltato una loro fottuta canzone. Niente.
Mi sedetti sul parapetto del ponte, piegando le ginocchia e cingendole con le braccia e alzai lo sguardo verso l’alto. Mi misi ad osservare le stelle, molte delle quali erano mascherate dalla luce dei lampioni in strada.
La stella polare splendeva fra le altre e nella mia mente si ripercorsero ricordi della mia infanzia, quando mia madre era ancora viva.
 
La vedi quella stella, tesoro?”.
Quella grande grande? Come brilla, mamma!
Sì, quella è la stella più luminosa del mondo. Quando sei nata tu brillava forte nel cielo. Un giorno sarò su quella stella, piccola Hope, e ogni volta che ti sentirai sola, o impaurita, o indecisa, guardala e pensa alla tua mamma. Sarà sempre vicino a te. Non dimenticarlo mai”.
“Ma mamma, quella stella è così lontana. Tu non puoi andare così lontano senza di me. Dopo come facciamo a parlarci?
”.
Sorrise dolcemente mentre le lacrime gli rigavano il volto, consapevole del proprio destino.
“Parliamo col cuore, tesoro mio. Parliamo col cuore”.

 
Appoggiai la testa sulle ginocchia e singhiozzai sempre più forte. Mi mancava così tanto.

Quando mi mancava mia madre lo notavi dal mio sguardo malinconico e tutte le volte mi facevi domande su di lei affinchè, parlandone, potessi sentirla sempre vicino. Mi aiutava davvero tanto. Quanto vorrei potertene parlare ancora Cloe. Ci sono così tante cose che ancora non sai, così tante cose che vorrei dirti.



Scusate questo capitolo è più corto del solito ma presto aggiungerò il successivo. Vorrei un minimo di 5 recensioni però prima di continuare, così che mi facciate sapere le vostre opinioni a riguardo. Grazieeee :)
  
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