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Autore: Doe    08/06/2012    9 recensioni
DAL TESTO:
Ho continuato a sfiorarmi le labbra arrossate e il collo per interi minuti, dopo che è andato via. Quando il mio corpo è stato completamente sovrastato dal suo, mi sono sentita perduta. Avevo perso ogni speranza, mi ero quasi arresa senza lottare, credendo che questa volta non sarei riuscita a cavarmela. Non avevo però smesso di pregarlo di lasciarmi stare e, non so se sono riuscita a impietosirlo o se semplicemente qualcuno, lassù, mi vuole bene, ma lui ha indietreggiato all’improvviso, si è rassettato i vestiti ed è uscito dalla stanza, subito dopo avermi ricordato che, volente o nolente, prima o poi sarei stata sua.
Ho paura! Sto ancora piangendo da allora. Dice che vuole farmela pagare per essermi presa gioco di lui, ma non era davvero mia intenzione. Dice che dovrei essere lusingata dalle attenzioni che un nobile come lui ha nei confronti di una serva come me.
(Prologo - La bestia)
!SOSPESA! - La storia non viene più aggiornata dalla sua autrice
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon, Salvatore, Elena, Gilbert, Mikael, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV

Mezzanotte

«Che sta succedendo qui?»

Elena sobbalzò e si voltò di scatto, nell’udire la voce del Conte. Damon aveva un’espressione, oltre che sospettosa, anche infastidita, dipinta sul volto.

La ragazza cercò di spiegargli, ma mettere insieme un numero sufficiente di parole in grado di formare una frase di senso compiuto le risultò molto più difficile di quello che si aspettava. Finì per rimanere con la bocca semi-aperta, lasciandone fuoriuscire solo un rantolo poco elegante.

In suo soccorso venne Matt che, da bravo stalliere, la superò inchinandosi al cospetto del suo padrone.

«Signor Conte. Mi ero preso la libertà di sellare Romeo per la Signorina. Mi ha detto di saper andare a cavallo e Romeo sembra davvero avere molto a simpatia la Signorina El…»

«Sapete andare a cavallo?», lo interruppe il Conte, fissando intensamente Elena.

Alla ragazza non piacque il modo in cui le pose la domanda, come se considerasse scioccante la sola possibilità che esistesse, sulla faccia della terra, una donna veramente capace di andare a cavallo con la stessa bravura di un uomo. Cercò comunque di contenere il fastidio e annuì.

«Cavalcata all’amazzone?»

«No.»

Elena ghignò mentalmente, vedendo lo stupore dipingersi sul suo volto. Finalmente, da quanto l’aveva conosciuto, assaporava una prima vittoria.

Si fissarono negli occhi a lungo. Per una volta, Elena non fece ciò che aveva sempre fatto, ciò che qualsiasi ragazza virtuosa e ben educata avrebbe fatto al suo posto, ciò che lui si aspettava facesse. Anziché abbassare gli occhi e lasciare che il sangue le chiazzasse le guance, sostenne quello di lui, ancora adrenalinica per la vittoria appena avuta.

Consapevole di aver perso anche quella nuova sfida di sguardi, Damon distolse il suo e riassunse la solita aria distaccata e altezzosa.

«Non credo sia una buona idea. Inoltre, Matt, ti ricordo che il fatto che tu te ne prenda cura – cosa per cui vieni profumatamente pagato – non ti da la libertà di prestare i cavalli della mia famiglia a chi preferisci. Non senza consultare prima la mia volontà.»

Matt sembrò visibilmente turbato dal rimprovero del Conte, soprattutto perché questi utilizzò un tono talmente gelido che persino i cavalli sembrarono paralizzarsi, e nell’intera stanza regnò il silenzio.

Elena si sentì in dovere di difendere il ragazzo.

«Non è stata colpa sua. Sono stata io ad insistere per…»

«Signorina Elena, gradirei che non mettesse in discussione la mia autorità di fronte ai miei servi, se non chiedo troppo

«Ma…»

«Ero venuto a cercarvi perché la Marchesa ha chiesto di voi. Vi consiglio di andare. Avrete sicuramente da fare, prima di prepararvi per la cena.»

Elena sentì quasi le lacrime pungerle gli occhi, quando i gelidi cristalli nelle orbite oculari del Conte abbandonarono Matt per posarsi su di lei. Ma non per paura, vergogna o altro… La ragazza aveva la lacrima facile e spesso le capitava di piangere persino per rabbia. Reazione che trovava oltremodo pietosa, motivo per cui, quando succedeva, la sua rabbia lievitava ancor di più.

Si sentiva in colpa per il modo ingiusto in cui Damon aveva trattato il povero Matt e odiava il fatto di non poter fare nulla per aiutarlo. Poteva solo sperare che il Conte si limitasse ad un richiamo.

Fissandolo ancora negli occhi, in un misto di rabbia e paura, Elena si congedò con un inchino arrogante.

 

 

Alle venti in punto, la cena fu servita nella stessa sala del pranzo, adesso dai colori più caldi perché illuminata dal fuoco delle candele. A Elena sembrò quasi di rivivere un flashback, quando lei e la Marchesa fecero il loro ingresso a braccetto e i Conti Salvatore andarono loro incontro, proprio come qualche ora prima.

Rebekah si era cambiata d’abito per la seconda volta, e adesso ne indossava uno giallo ocra che, misto ai capelli biondi, la faceva sembrare un pulcino di grandi dimensioni. Questa volta, però, anche Elena aveva cambiato abbigliamento – non aveva alcuna intenzione di sorbirsi un’altra occhiata di disprezzo della Marchesa. In mezzo alla pila di vestiti raffinati che quest’ultima le aveva lasciato sul letto e che lei aveva trascorso il pomeriggio a sistemare con cura nell’armadio, per tenersi occupata, ne aveva scelto uno color prugna, con un corpetto lilla con su ricamati fiorellini color glicine, reputandolo il meno appariscente.

La temperatura era scesa più di quanto Elena si aspettasse, con il calar del sole, così la ragazza si era seduta davanti alla sua nuova toletta e aveva sciolto il suo chignon. I riccioli lunghi erano molto più vaporosi del solito, il che l’aveva tenuta impegnata ancora per un po’, mentre li spazzolava e appuntava le ciocche che le ricadevano sugli occhi dietro la testa. Aveva fatto ricadere la chioma restante lungo la schiena e ai lati del collo, a mo di scialle, e poi si era affrettata a raggiungere la sua padroncina.

Durante la cena, Elena mangiò più volentieri, rispetto al pranzo. Le era tornato l’appetito, ma non il buonumore, solo che anziché avere lo stomaco in subbuglio aveva i nervi a mille. La rabbia nei confronti della prepotenza e dell’altezzosità dell’uomo che le sedeva di fronte non era sbollita, quindi la ragazza si sfogava sul cibo, evitando spudoratamente di incontrare i suoi occhi.

«Vedo che vi è tornato l’appetito, Signorina Elena», le sorrise il Conte Stefan, cordiale.

«Sembrerebbe di sì», rispose Elena, sorridendo a sua volta. Quel ragazzo era talmente semplice e solare che veniva spontaneo dubitare che Damon fosse suo fratello di sangue.

«E a cosa dobbiamo questo cambiamentoParli del diavolo… Ed ecco che proprio il diavolo in persona parlò.

Animata dalla rabbia, Elena si voltò a fissarlo con un sorrisetto falso, realmente capace di competere con quello che lui aveva stampato sul volto quasi ventiquattro ore al giorno.

«Ho avuto il piacere di vedere le vostre stalle e i vostri meravigliosi purosangue», rispose fissandolo negli occhi per la prima volta in tutta la serata.

«Oh, giusto. Matt mi ha detto che Romeo ha mostrato simpatia nei vostri confronti.»

«Oh, già, Matt… Il povero stalliere che ha avuto la sventura di ricevere un vostro richiamo. Mi auguro non sia stato severo con lui. Sappiamo entrambi che non ha alcuna colpa.» Il finto sorriso di Elena non resse più e, per un po’, i due rimasero a fissarsi in mezzo al silenzio agghiacciante improvvisamente penetrato nella stanza.

Persino agli occhi di Stefan e Rebekah – il primo molto ingenuo e la seconda fin troppo egocentrica per interessarsi a questioni che non la riguardavano direttamente – la tensione tra i due non passò inosservata. Imbarazzato, il minore dei Salvatore si stava arrovellando il cervello per trovare qualcosa in grado di rompere il ghiaccio

«Allora, beh, Signorina Elena… Sarà sicuramente rimasta incuriosita dai nomi dei nostri cavalli!»

«Oh, perché? Com’è che si chiamano?», miagolò Rebekah nella speranza che l’attenzione riprendesse a orbitare intorno alla sua persona.

«Sono due maschi e una sola femmina», iniziò a spiegare Stefan. «Il più anziano è proprio Romeo. Era il cavallo di nostra madre. Mentre Amleto, il mio purosangue bianco, è il più giovane. La femmina si chiama Mezzanotte e appartiene a Damon.»

«Romeo e Amleto», rifletté Rebekah. «Personaggi Shakespeariani.»

«Ma non trovo alcuna affinità con il nome Mezzanotte», disse Elena, lo sguardo sull’indecifrabile espressione del maggiore dei due fratelli.

«Non c’è, infatti. Ho voluto chiamare il mio cavallo Amleto in ricordo di mia madre. Era una donna molto romantica e amava i drammi Shakespeariani. Credevo che mio fratello avrebbe fatto lo stesso, perché le era legatissimo, invece…»

«Fratellino, sono certo che alle Signore non interessa più di tanto conoscere l’origine del nome di un cavallo e che puoi trovare argomenti migliori, per fare conversazione, senza il rischio di annoiarle.» Damon si era voltato a fulminare il fratello con lo sguardo, mentre parlava, sputando quasi le parole tra i denti. Il tono che usò non lasciava spazio alle repliche.

«Oh, caro cugino, nessuno di voi potrebbe mai annoiarci», fece Rebekah civettuola.

Ad ogni modo, il discorso cadde lì.

 

 

Quando la cena giunse al termine, il Conte Stefan avanzò la proposta di una passeggiata notturna intorno al palazzo, subito accolta da un «Ma che splendida idea!» della Marchesina.

Le mura della tenuta e le tre vie – due laterali e una centrale – che conducevano rispettivamente alle stalle, al labirinto e al grande cancello in ferro battuto, erano illuminate da lunghe e imponenti torce infuocate che, insieme alla luce della luna e delle stelle, che punteggiavano il cielo intorno ad essa, contribuivano a creare un’atmosfera quasi magica.

Per fortuna – o, almeno, tale la reputò Elena – Rebekah si impossessò del braccio del Conte Damon da subito, così che ad accompagnare lei durante la passeggiata fu il fratello che preferiva. Scoprì che chiacchierare con Stefan era veramente piacevole, che era un ragazzo dolce, sensibile e solare così come aveva, già a primo sguardo, intuito.

Le due dame si ritirarono attorno alle ventidue e trenta. Elena sapeva che la attendeva una lunga notte insonne: dormire in un letto che non fosse il suo non le era mai riuscito facile. E gli avvenimenti di quella giornata che era sembrata interminabile, per di più, le avrebbero dato parecchio da pensare.

Appena arrivata in camera, quindi, si spogliò, indosso la sua pallida camicia da notte in seta – altro regalo della Marchesa -  e andò a rifugiarsi sotto le coperte, implorando Morfeo di impossessarsi di lei. Speranza vana, perché non avvenne.

Elena sapeva bene cosa le ci sarebbe voluto. Era il rimedio alla sua insonnia da quando era piccola.

Leggere.

Poche pagine di un qualunque romanzo, anche uno che trovasse di cattivo gusto, perché in quel caso la noia le avrebbe appesantito le palpebre. Aveva bisogno di raccontarsi una storia che non fosse quella della sua vita, di entrare in un mondo che non le apparteneva e dove non esistevano servi maltrattati, Marchese altezzose e irritanti Conti.

La sfortuna stava nel fatto che Elena non aveva mai avuto un libro suo. Tutti quelli che aveva divorato erano appartenuti ai clienti di suo padre e alla biblioteca del palazzo dei Michaelson, per cui non ne aveva nessuno con sé, in quel momento.

Ma certo! La biblioteca. L’enorme biblioteca di Palazzo Veritas faceva sicuramente al suo caso ed era oltremodo certa che il Conte Stefan non avrebbe avuto nulla in contrario se avesse preso in prestito qualcosa, anzi, conoscendo i suoi modi, l’avrebbe invitata a comportarsi come fosse a casa sua. Elena si lasciò sfuggire un risolino isterico, mentre ci rifletteva. Casa sua era praticamente grande quanto la sua attuale camera da letto.

Non era comunque sicura di come il Conte Damon avrebbe visto la cosa ma, nuovamente animata dall’orgoglio, decise che non le importava e scese dal letto, cercando qualcosa da indossare sopra la camicia da notte. Non trovando altro che la mantellina nera della madre, se la avvolse addosso, afferrò candela e portacandela e sgattaiolò fuori dalla stanza, scendendo le scale sulle punte dei piedi scalzi.

Si trattenne a stento dal rabbrividire nel notare che le stanze del palazzo, con le pareti vermiglie e gli imponenti quadri con dipinti gli antenati della famiglia Salvatore, di notte creavano un’atmosfera parecchio macabra. Un paio di volte, nello svoltare a destra e poi a sinistra, ancora spaesata, Elena aveva incontrato i volti dei quadri e si era dovuta tappare la bocca con la mano per impedirsi di urlare, quando aveva creduto che i loro occhi freddi stavano fissando proprio lei.

Quando riconobbe la porta d’ingresso della biblioteca, una sensazione di puro sollievo si impadronì di lei. Entrò con passo più sicuro e si diresse dove ricordava di aver visto altre candele, accendendone un paio con la sua, giusto per illuminare un po’ di più quella stanza che pareva immensa.

Ancora con in mano la sua fonte di luce, si avvicinò ad una prima fila di scaffali, poi ad una seconda, leggendo ogni singolo titolo – almeno, fin dove l’altezza glielo concedeva – e stando ben attenta a tenere la fiamma a debita distanza.

Stava giusto scorrendo alcune opere di Shakespeare, quando udì un rumore alle sue spalle, subito seguito dalla sua voce che mormorava un silenzioso ma freddo «Che fate voi qui?».

Il libro che aveva in mano cadde a terra con un tonfo, mentre si voltava, con occhi sgranati, verso l’algida figura alle sue spalle. Illuminato esclusivamente dalla fiamma flebile di una candela, il Conte Damon aveva un aspetto tanto intrigante quanto spaventoso. L’incarnato pallido, anziché assumere le colorazioni calde del fuoco, era, se possibile, ancora più spettrale; i capelli corvini si amalgamavano all’oscurità della stanza e in quelle iridi, tanto chiare da sembrare trasparenti, si riflettevano le fiamme della candela che reggeva in mano. Era la cosa più affascinante che la ragazza avesse mai visto e dovette ammettere a se stessa che non era la prima volta che le faceva quell’effetto, ma che mai come in quel momento ne era stata tanto attratta quanto terrorizzata.

L’orgoglio e la rabbia, accumulata precedentemente, sparirono nel nulla. La ragazza si ritrovò con la bocca semiaperta e in difficoltà con le parole per l’ennesima volta, quel giorno, e consapevole che questa volta nessun Matt sarebbe venuto in suo soccorso.

«I-Io… Non riuscivo a prendere sonno… A-Avevo bisogno di qualcosa da leggere, così ho… Ho pensato di venire qui e…»

«Capisco.»

Elena fu sorpresa dai modi stranamente tranquilli del Conte. Sapeva che non avrebbe mai osato rimproverare lei come aveva fatto con il suo stalliere, ma sembrava un tipo facilmente irritabile. Invece, si stava limitando a fissarla. E quando il suo sguardo abbandonò il suo viso per percorrere il suo corpo, Elena si rese conto che i suoi indumenti, alla luce delle candele, trasparivano abbastanza da lasciare intravedere le sue forme.

Imbarazzata fino alle punte dei capelli, si affrettò a coprirsi più che poté con la mantellina, e quando alzò di nuovo lo sguardo su di lui, riconobbe il solito sorriso beffardo che le faceva tanto venir voglia di prenderlo a schiaffi. L’irritazione fu rapida a riaffiorare.

«Ad ogni modo, stavo andando», mormorò acida, dopo aver recuperato il libro dal pavimento. Ma proprio nel momento in cui aprì bocca lui avanzò verso di lei e, senza farsi troppi problemi, glielo tolse dalle mani per leggerne il titolo.

«Romeo e Giulietta, eh? Amore impossibile, finale tragico… Pensate davvero che vi concilierà il sonno?»

«Ed è affar vostro perché?», ribatté Elena piccata.

Lui sorrise. «Giusta osservazione.»

Elena si mosse nuovamente in direzione della porta, ma in procinto di attraversarla la sua voce la costrinse a fermarsi.

«Non è un nome come tanti.»

Voltandosi, lei notò che Damon non la guardava negli occhi, mentre parlava, ma sfiorava la copertina verde scuro del libro.

«Come, scusate?»

«Mezzanotte. Non è un nome come tanti, scelto a caso», spiegò. «Credo sia molto più legato a mia madre di quanto lo sia Amleto. Ma non ditelo a mio fratello. Lui non lo sa. Non lo sa nessuno.»

Damon fece una breve pausa, durante la quale vi fu rumore solo nella mente di Elena, in cui milioni di domande, che lei si costrinse a trattenersi dal porre, presero a rimbombare caoticamente. Quando il Conte riprese a parlare, guardava il cielo fuori dalla portafinestra.

«Quand’ero bambino, più di una notte sorpresi mia madre ad andarsene in giro per i giardini della tenuta. Allora non sapevo dove andasse di preciso o chi incontrasse, ma ricordo che succedeva sempre alla stessa ora, e quando al mattino veniva a svegliarmi con un bacio, e le chiedevo perché era uscita a quell’ora tarda, lei mi rispondeva sempre la stessa cosa: “A mezzanotte tutto è lecito e tutto può succedere”.»

Parlava completamente perso nei ricordi. Aveva gli occhi lucidi, ma difficile dire se per l’emozione o perché la luna si stava riflettendo in essi. Elena avvertì nuovamente la sensazione strana alla bocca dello stomaco, come se qualcosa, al suo interno, svolazzasse.

Una parte di lei stava urlando Lo sapevo! Lo sapevo che c’era qualcosa di più in lui. L’altra aveva solo voglia di eliminare la distanza che c’era tra di loro e stringerlo tra le braccia, come fosse un bambino. Non le era mai parso tanto vulnerabile come in quel momento. A dirla tutta, non le era mai parso vulnerabile e basta. Ad ogni modo, si costrinse ad ignorare ogni genere di impulso e ad aspettare che terminasse il racconto, confermando quelle che erano le sue intuizioni.

Lui distolse lo sguardo dal paesaggio aldilà del vetro e lo posò su Elena, un sorriso tutt’altro che allegro ad incurvargli le labbra, mentre diceva: «Mi ci volle qualche anno per capire che incontrava il suo amante, a quell’ora. Ero cresciuto, il mondo appariva ai miei occhi sempre più per ciò che è, e mia madre era già morta. Ma non ce l’ho con lei per questo. Non ce l’ho mai avuta con lei. Nessun avrebbe potuto incollerirsi mai con mia madre, a dirla tutta. Era una donna meravigliosa: dolce e affettuosa con me e mio fratello, capace di tanto amore e di una bontà infinita… E anche tanto coraggiosa. Mio padre non l’ha mai apprezzata per quello che era. Non l’amava. L’amavano praticamente tutti, ma non lui. Le imposero quel matrimonio e lei, per quanto testarda, non poté far altro che accettare. Ma era fin troppo romantica per rinunciare all’amore…»

Sorrise ancora amaramente, indicando la copia di Romeo e Giulietta sempre tra le sue mani, quando disse romantica. Dopodiché, il silenzio regnò sovrano nella grande stanza. Almeno finché una della miriade di domande che torturavano il cervello di Elena, ribellandosi al volere della stessa, fuoriuscì spontaneamente dalle sue labbra.

«Perché, se non l’avete mai detto a nessuno, lo state raccontando a me

Lui rise senza l’ombra di un pizzico d’entusiasmo. «Me lo chiedo anch’io.»

Poi, però, continuò, facendosi di nuovo serio. «Credo sia perché m’importa del vostro giudizio», disse. «E non voglio che vi facciate un’idea sbagliata di me. Non sono un’insensibile. Sono umano quanto lo siete voi.»

«Beh, dovrete impegnarvi molto di più di così, per convincermene», rispose l’orgoglio di lei, mentre l’Elena romantica e sensibile urlava, del tutto ignorata, Ci siete già riuscito.

«Vi auguro una buona notte», mormorò, ancora scossa, prima di lasciare la stanza, ormai completamente dimentica del libro.


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Angolo-di-un'Autrice-che-si-è-talmente-abituata-ad-aggiornare-di-notte-che-si-sta-lentamente-tramutando-in-un-gufo ._.


Eccomi! In ritardo ma eccomi! Pazientate, pazientate. Vado ancora a scuola, io, come ben saprete. E alcuni dei miei insegnanti hanno ben pensato di far fare i compiti in classe proprio gli ultimi giorni. Sono davvero sull'orlo di una crisi di nervi e mi rilasso solo quando scrivo. Ad ogni modo, da sabato in poi sarò libera come l'aria. *-*

Il capitolo, come al solito, non lo commento. Altrimenti a voi non resta da fare niente, oltre a leggerlo. :)

Però ringrazio infinitamente chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, e in modo particolare chi recensisce e mi sprona a continuare e al tempo stesso mi fornisce ottimi consigli e spunti. 

Questa storia non esisterebbe senza di voi

(Lo so! Come sono smielata stasera! Ci manca solo che vi scrivo che VI LOVVO! XD Ecco. Adesso la mia reputazione è definitivamente andata.)

Alla prossima, queridas ^^

Lisa

 

   
 
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