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Autore: shesfelix    08/06/2012    2 recensioni
Questa è la mia prima ff in assoluto, quindi spero siate comprensivi se non è il massimo. Ce la metterò sempre tutta per migliorare e rendere più comprensibili possibile gli avvenimenti e gli stati d'animo.
Il titolo è una frase latina che significa "se tu sarai felice, lo sarò anch'io". Se volete contattarmi su twitter, sono @shesfelix. Vi sarei anche grata se recensiste per farmi sapere come vi sembra. Grazie in anticipo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Louis

Non aveva mai immaginato che una ragazza potesse essere di una bellezza simile. Quei boccoli tendenti al platino, la pelle chiarissima, gli occhi celeste-cielo da cerbiatto, lo avevano lasciato senza fiato. Era l’unica cosa di cui era consapevole in quell’istante. Rimase così per qualche secondo buono, poi si riprese. «Ciao… In cosa posso esserti utile?» andò verso il bancone e ci poggiò i volumi. La guardò sorridente.
La ragazza si scosse dai suoi pensieri e si schiarì la  voce. «Buongiorno, dovrei ritirare un libro in nome di Harold Styles, se possibile»
«Oh, intendi Harry…!» s’illuminò. Doveva essere una sua amica. «Vediamo un po’…» prese una scala, ci salì, e iniziò a scorrere con l’indice su uno scaffale. «Amleto… Amleto… Eccolo qui!» lo prese vittorioso e si voltò verso di lei, intenta a studiare l’ambiente  circostante. Louis continuò a guardarla anche mentre scendeva le scale, nonostante sapesse che l’ultimo piolo era difettoso e bisognava fare attenzione ad appoggiarci il piede. Non si meravigliò quando, cercando di dire qualcosa sull’opera, invece di esporre le sue conoscenze in materia si ritrovò a pancia in su sul pavimento. Fece una smorfia. Doveva sempre succedergli qualcosa d’imbarazzante.
«Oddio!» mandò un urlo lei portandosi le mani al petto e inginocchiandosi al suo fianco «Aspetta, non muoverti…» gli sollevò dolcemente la nuca «Potresti avere qualcosa di rotto»
Gli parve un angelo, Louis era come incantato. «Oh, non credo…!» si rizzò in piedi di scatto «Sto bene, sto bene» rise nervosamente. Iniziò ad arrossire, provocando un amabile sorriso.
 
Rebecca

La lunga coda castana oscillava dietro la sua nuca e a volte le schiaffeggiava fastidiosamente una guancia a furia di correre così velocemente. Il viso era bagnato più dalla pioggia che dal sudore. Sentiva l’umidità entrarle fin nelle ossa. Aveva anche rischiato di scivolare. Il suo fisico atletico non era preparato a simili situazioni. Avrebbe potuto evitare tutto quello stress semplicemente andando a scuola in macchina con sua mamma e Mr. Bicipiti. E invece no: doveva sempre ridursi all’ultimo momento per fare i compiti (o per meglio dire, copiarli). Charlie la stava aspettando in palestra. Era l’unica su cui poteva fare affidamento, dato che Harry era impegnato con la sua amica. Chissà quanto era in ansia. Trasgredire le regole non le era mai piaciuto e sicuramente un’ammonizione il primo giorno di scuola non l’avrebbe proprio digerita.
«Ti prego, Niall, ti prego» piagnucolò una voce dal fondo di un vicolo cieco vicino l’istituto mentre Rebecca ci passava davanti.
Si bloccò subito. Niall. Conosceva fin troppo bene quel nome. Si nascose dietro un cassonetto per mettersi in ascolto. Voleva capire che stava combinando questa volta.
«Non dirai niente a Phoebe; non è vero, ranocchietta?» cercò invano di trattenere una risata fragorosa e derisoria.
Smise di piovere all’improvviso.
«Non chiamarmi così… Ti prego, mi fai male, lasciami…!»
Rebecca non riusciva a vedere molto pur sporgendosi, il vicolo era avvolto dalla penombra.
«Allora, è vero che tutto quello che è successo rimarrà tra me e te?»
«Sì, sì, ma lasciami ora…!»
«Buon per te!»
Seguì una serie di schiaffi, pugni, calci, insulti, versi disumani. Le si chiuse lo stomaco. Era terribile quello che stava succedendo. Doveva intervenire.
Uscì allo scoperto e si avventò sull’aggressore tirandolo per un braccio. «Senti, razza di energumeno, se non la smetti, giuro che io…!» ma fu spinta all’indietro e cadde sui mattoni bagnati. Sentì un dolore lancinante all’osso sacro.
Niall diede un ultimo calcio alla sua vittima, la contemplò e infine si voltò verso Rebecca, guardandola dall’alto. Nessuna parola fu proferita, comparve solo l’ombra di un sorriso. Prese la cartella poggiata al muro, si mise l’altra mano in tasca e si avviò verso l’uscita del vicolo.
«Non la passerai liscia, Horan!» gli urlò dietro lei dopo essersi alzata, e gli scagliò contro una lattina raccolta dal suolo, che nemmeno lo centrò. Era stanca di vederlo tiranneggiare tutti senza che potesse fare qualcosa.
Sospirò e un colpo di tosse soffocato le ricordò che in quella stradina era presente anche qualcun altro. Si avvicinò, riconoscendo la divisa della scuola che frequentava anche lei: era un ragazzo, rannicchiato in posizione fetale verso il muro. Le si strinse il cuore quando scoprì di chi si trattava. Come aveva potuto ridurlo in quello stato? Le salirono le lacrime agli occhi. S’inginocchiò accarezzandogli il viso. «È tutto finito» sussurrò guardando i rivoli di sangue scorrergli dalla narice e dal labbro «Vieni, ti porto in infermeria» e lo aiutò ad alzarsi.
 
Charlie

Guardò impaziente il grande orologio della palestra. La lancetta dei secondi avanzava, avanzava, avanzava. Dov’era Rebecca? Incominciò a tamburellare sulla panca. Molto probabilmente si era fermata a parlare con il gruppo degli ambientalisti o dei vegetariani. Come sempre. Sbuffò. Com’era possibile che trasportasse con la sua parlantina chiunque?
In quel momento fu aperta la porta che portava al campo da calcio. Fu colta da un’agitazione tremenda, che si tramutò in qualcosa che non sapeva spiegarsi quando spuntò quell’inconfondibile ciuffo biondo.
«Niall! Che ci fai qui?» si precipitò da lui mentre percorreva a passo sicuro la stanza, senza degnarla di uno sguardo. Sgranò gli occhi nel costatare che aveva la maglia sporca di sangue.
«Entro a scuola, microbo, non vedi?»
«Aspetta, ma che ti è successo…?»
«Non sono affari tuoi. Ora, se permetti, vado in bagno a cambiarmi» disse scrollandosela di dosso «Ah, se stai aspettando quella perdente della tua amica, Rebecca, non credo si farà vedere per adesso. Quindi ti conviene andare in classe»
«Che le hai fatto…?» chiese con voce spezzata.
«Nulla, microbo, non le è successo niente. Diciamo che è impegnata a salvare l’umanità dai cattivi» rise sarcastico.
Charlie rimase senza fiato. Ogni volta che sorrideva, succedeva; ogni volta che lo guardava negli occhi, si perdeva. Era strano da spiegare. Era come il rapporto che hanno certe vittime col loro carnefice/tormentatore. Provava un certo piacere nel farsi trattare male da lui. E non sapeva se era una cosa giusta o solo un sentimento scellerato da reprimere.
«Facciamo così, Charlize Atkinson: tu non fai l’infame spifferando a Mr. Bicipiti o chicchessia di avermi visto qui. In cambio, il sottoscritto Niall James Horan s’impegna a eliminare il ricordo della tua inutile presenza. Ci stai?»
Le comparve un sorriso a trentadue denti. «Ci sto!» e lo guardò scomparire. Le sembrò un compromesso davvero allettante.



Ecco qui il secondo capitolo! Mi ci è voluto un bel po' prima di convincermi che andasse bene, soprattutto la parte di Louis, però credo di esser riuscita a dar l'idea di ciò che avevo in testa.
Come vi son sembrate queste due ragazze? E chi sarà mai il ragazzo misterioso? Fatemi sapere un po' le vostre opinioni! A presto, Fel.
  
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