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Autore: subside_    09/06/2012    4 recensioni
Dimmi, Cloe. Ci pensi mai agli ultimi anni? Pensi mai che le cose sarebbero potute andare in modo diverso? Magari adesso io e te non saremmo così distanti. Magari non mi ritroverei a scriverti queste inutili parole su un misero pezzo di carta che non riceverai mai. Ci pensi mai, a me?
Io si, ogni giorno. Ogni fottuto giorno.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ci sono le 5 recensioni ma non vedevo l'ora di pubblicarlo :) Chiedo gentilmente alla gente che legge di recensirla, per favore çç non costa nulla e mi date una mano...grazie per chi lo fa e grazie anche a chi legge soltanto.





Un messaggio in arrivo: CLOE
‘Mi spieghi cosa ci fai a Westminster?
‘Lì dentro si moriva dal caldo. Sono venuta a trovare Alex. Prendiamo un caffè’.

L’aria accogliente del locale mi dava un senso di sollievo mentre, seduta sul comodo divano in pelle blu, sorseggiavo il mio cappuccino con estrema tranquillità. Alexander, di fronte a me, mi fissava corrucciato in attesa di una risposta.
Boh’. Risposi.
Hope, smettila. Non puoi chiamarmi in lacrime alle dieci e mezza di sera e non darmi spiegazioni. Cos’è successo?’ Mi ripetè.
Alex era quello che potevo considerare il mio migliore amico. Forse fratello maggiore era più adatto. Aveva 20 anni, ero alto e con uno stile molto ‘formale’. Gli piaceva indossare giacca e camicia e questo gli dava un’aria importante, da professore universitario. Dei lineamenti molto marcati contornavano occhi color nocciola. Occhi rassicuranti, occhi che erano un’ancora di salvezza.
Non ricordo come lo conobbi. Ad una gita scolastica, forse. Avevo 15 anni, comunque. Era l’unica persona che conosceva il lato più intimo della mia anima e ancora oggi mi chiedo come abbia fatto ad essermi rimasto accanto nonostante il mio carattere irritante. Lui c’era sempre stato. C’era durante le mie crisi di pianto quando sentivo la mancanza di mia madre. C’era quando avevo bisogno di sfogarmi su quanto la vita mi andasse una merda. C’era quando pensavo di voler affogare il dolore in un boccale di birra e mi prendeva in spalla mentre lo prendevo a pugni per riportarmi a casa. C’era quando era una giornata no e me la prendevo con lui per ogni minima stronzata. C’era anche quella sera, e ci sarebbe stato per molto tempo ancora. Non glielo dicevo mai, ma lo ringraziavo silenziosamente tutte le volte che mi dava una mano. Forse non sarei nemmeno qui, senza di lui.
Nemmeno Cloe mi conosceva così tanto. Ai suoi occhi cercavo sempre di essere forte, affinchè lo fosse anche lei. Con Alex, invece, potevo rivelare la mia vera persona. Fragile e schifosamente debole. Era l’unico con cui riuscivo a mettermi a nudo e non ne temevo le conseguenze. Lui mi avrebbe protetta da chiunque.
Non lo so Alex, davvero. Ero al concerto con Cloe e poi… ho cominciato a sentire qualcosa, qui’, dissi, toccandomi lo stomaco. ‘Per un attimo ho temuto che da quel momento la mia vita sarebbe stata condizionata da questa sera. Ho avuto paura, Alex’ gli confidai.
Di solito non si ha paura di provare emozioni, Hope’. Cercò di spiegarmi. Gli tirai uno schiaffo dietro la nuca.
Di solito? Non ti è chiaro che io non rientro nella categoria delle persone ‘solite’, testa di noce?’. Scoppiò a ridere.
Testa di noce? Ma che cazz...’ Presi la mia tazza e bevvi l’ultima goccia della calda bevanda. La posai sul tavolo, mi alzai e presi la giacca.
Paga e andiamocene, zuccone’. Dissi mentre mi dirigevo verso le porta. Alex scosse la testa, sborsò i soldi e mi accompagnò alla macchina.
E visto che ti trovi col pacchetto in mano, dammi una sigaretta. Graaazie’ e cercai di fare un’espressione dolce. Rinunciai due secondi dopo, allungando direttamente la mano.
Non sono col pacchetto in mano’ affermò Alex. Poi tirò fuori dalla tasca le sue Malboro rosse e me ne porse una.
Nella mia tasca sentii il telefono vibrare. Era Cloe.
E’ lo stesso. Dovresti cambiare marca. Le Malboro mi fanno schifo’. Dissi prendendola e posandola tra le mie labbra.
E tu dovresti smetterla di fumare’. Non risposi. Accesi la mia sigaretta e gli feci un sorriso. Aprii la portiera ed entrai in macchina. ‘Ciao, Alex. E grazie’. Accelerai senza neanche dargli il tempo di rispondere. Sarebbe stato troppo imbarazzante, non ero abituata a questo tipo di formalità, con lui.

Scusa, se ti ho lasciata sola’. Dissi a Cloe una volta salita in macchina. Era tutta euforica e ancora non riusciva a credere che non fosse tutto un sogno.
Oh no, non preoccuparti. E poi non ero sola. Ho fatto prendere il posto ad un’altra ragazza… dovevi vederci, piangevamo insieme’. Disse ridendo. La guardai. Era così felice. La sua risata cristallina risuonò nella mia testa e fui scossa da un brivido di rabbia quando immaginai quella stessa risata causata da un’altra ragazza. Che fosse forse… gelosia? Scossi la testa e tornai a fissare la strada.
Nessuna delle due parlò per tutto il tragitto. Cloe aveva acceso la radio mettendo il volume a palla. Ad un certo punto aprì il finestrino, si sporse verso l’esterno e tirò fuori un urlo da far male ai timpani. Poi rise.
Ma che ti prende?’ dissi, partecipando alla risata.
Non ne ho idea. Avrei voglia di spaccare il mando tanto sono felice!’ non stava parlando. Stava letteralmente gridando. Sorrisi. Era tenera pure da pazza. Intorno a mezzanotte arrivammo a casa. Entrammo furtivamente in casa, camminando come ladre per non svegliare Jill. Salimmo in camera e, chiusa la porta, entrambe ci buttammo a peso morto sul morbido letto, sfinite. D’improvviso qualcuno spalancò la porta, accese la luce e si mise ad urlare.
'CREDETE DI ANDARE A DORMIRE SENZA AVERMI PRIMA RACCONTATO TUTTO QUANTO?!' Jill, in vestaglia da notte e coi capelli raccolti in uno chignon, sembrava proprio una madre che avevo aspettato che le sue figlie tornassero a casa. 
Cloe saltò in piedi e corse ad abbracciarla.
'Mamma!'. Urlò. Jill, così sensibile, dal cuore così grande, non riuscì a non commuoversi mentre coccolava la sua ragazza.
'E' la prima volta che mi chiami mamma..' disse la donna con la voce tremolante e gli occhi tutti lucidi.
'Be', stasera mi hai reso la ragazza più felice del mondo. E' quello che fa una mamma, no?' Jill divenne una fontana. Mi alzai anch'io e mi avvicinai alle donne della mia vita.
'Ehi, così mi sento esclusa' dissi. Mi fecero spazio con un grande sorriso e mi accolsero in quel caloroso abbraccio di famiglia. 
Scendemmo in cucina e Jill ci preparò dei cornetti al cioccolato mentre Cloe raccontava ogni minimo dettaglio del concerto. La donna l’ascoltava interessata, forse anche più eccitata di Cloe stessa. Rimanemmo sveglie tutta la notte, ridendo e scherzando e, tutto sommato, mi divertii.

Non sapevo ancora, Cloe, che quella serata avrebbe decretato le sorti del mio destino. Forse tutto sta proprio in quello, nel destino. Non avrei mai pensato che un giorno mi sarei ritrovata tra i suoi oscuri labirinti, alla ricerca di una via d'uscita che non so ancora se sia la punizione peggiore o la miglior ricompensa.
  
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