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Autore: xheybieber    09/06/2012    3 recensioni
Eccolo lì, perfetto come sempre, il ragazzo che mi aveva rubato il cuore.
Era diventato la mia droga, come se fosse la mia qualità preferita di eroina. Mi ero innamorata pazzamente di lui, eppure non lo conoscevo. Non conoscevo il suo nome, né tantomeno sapevo dove abitasse, avevo solo capito che quel paio di occhi nocciola avevano qualcosa di speciale tanto da catturare la mia attenzione.
Chi l’ha detto che non è possibile innamorarsi di un estraneo?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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new neighbors

Quel giorno rientrai presto in casa, poiché essendo ormai maggiorenne mi presi il libero permesso di uscire prima da scuola. Camminare per 3 km a piedi fu un’impresa: il sole picchiava forte ed è stato un miracolo se tornai a casa sana e salva e non sciolta come fossi un ghiacciolo.
“Sono a casa” annunciai, pronta a ricevere le mille domande da parte di mio padre. Ma lui non c’era, cosa molto strana, non era tipo da uscire con questo caldo.
Mi sedetti su una sedia attorno al tavolo da cucina, con una gamba accavallata e lo sguardo perso nel vuoto. Pensavo a quello sguardo, al dolce suono della sua voce che era impossibile imitare, a quel paio di occhi che procuravano un esercito di farfalle dentro lo stomaco. Mi toccai la pancia, la sentii di nuovo quella sensazione, solo al pensiero che il suo sguardo, per la prima volta, abbia incrociato il mio. Anche se per un macrosecondo.
“Figuriamoci se solamente pensassi ad un immaginario bacio tra di noi” sussurrai tra me, con un sorrisino ironico. In quel momento sentii il rumore della chiave girare all’interno della serratura, che mi fece balzare.
“Bentornato papà” lo salutai con finto entusiasmo “dove sei stato?” gli domandai, indicando le enormi buste della spesa che aveva in mano.
“Ho fatto un po’ di spesa” rispose, con un respiro affannato, probabilmente per le buste e per il caldo “sai, ho invitato i nuovi vicini a cenare da noi” spiegò entusiasta.
“Nuovi vicini?” sbuffai, mentre rompevo due uova per farle in padella.
“Hanno pure un figlio della tua età, stasera ci divertiremo. Non sei contenta?” domandò, sistemando l’enorme quantità di alimenti dentro ad ogni apposito scomparto. Preciso come sempre, papà.
“Oh certo, sprizzo felicità da tutti i pori” risposi con un filo di sarcasmo, girando le uova ormai quasi cotte.
“Meg, per favore, cerca di essere gentile” mi ordinò serio.
“Scusa” roteai gli occhi, ovviamente essendo girata non poteva  vedermi. E forse era meglio così.
“Comunque ho comprato un bel po’ di roba per stasera”
“Che toccherà cucinare a me, immagino” lo anticipai seccata, mettendo le uova sui piatti.
Sospirò, come se volesse dire “sai che non sono capace”. Nel cucinare avevo preso in tutto e per tutto dalla mamma.
Da bambina mi mettevo sempre accanto a lei, quando cucinava. E a volte mi faceva impastare la pizza o il pane e mi divertivo molto, soprattutto adoravo mangiare la pasta cruda di nascosto. Mi rimproverava sempre quando lo facevo.
“Quanto mi mancano i suoi rimproveri, quanto mi manca la sua presenza” pensai, lasciando scorrere un po’ troppa acqua sui piatti, tanto da far riempire il lavandino.
Non posso dimenticare il giorno in cui me la portarono via, o meglio, fui portata via da lei, quel  4 gennaio 2008. Da quel momento fui affidata a mio padre, poiché mia mamma era un’alcolizzata. Da quel momento non la rividi più.
“Potresti chiudere l’acqua o vuoi inondare casa?” Domandò ironico papà, distraendomi dalle mie riflessioni. Scossi la testa e feci per chiuderla, ma mi aveva già preceduto.
“Si può sapere a che pensi?” mi chiese spazientito.
“A mamma” risposi secca, come se fossi arrabbiata con lui per avermela portata via. Non staccai lo sguardo dalla sua espressione che, come immaginavo, cambiò da incuriosita a più cupa.
“Ah” deglutì, guardandosi intorno, come se dovesse aggrapparsi a qualcosa per cambiare discorso.
Annuii senza un motivo preciso.
“I vicini sono molto simpatici” affermò, cambiando discorso “Il figlio si chiama Justin, anche lui va alla stratford high school. Lo conosci?” mi chiese, balbettando, come se stesse pensando ancora alla mia affermazione precedente.
“Mai sentito dire” abbassai lo sguardo, indifferente “Ora salgo in camera, voglio stare un po’ al computer”
 “Sì ma ricordati di studiare!” Mi raccomandò papà, come sempre.
“Stai tranquillo!” Gli urlai dalla camera.
Aprii rapidamente il computer, l’intenzione era quella di scrivere una e-mail a mia madre.
jenniferclarke@tinga.com
“ciao, come stai? Sono tua figlia, Megan. Spero che tu ti ricordi di me, non mi mandi una mail da 1 mese e di solito eri sempre tu a farlo. Così ho deciso di prendere l’iniziativa.
Sai, poco fa mi è capitato di pensare a te.  Ti ricordi quando cucinavi e ti stavo sempre dietro? Volevo imparare, diventare una cuoca. Era il mio sogno da bambina. E ti ricordi delle passeggiate al parco ogni domenica? Era divertente quando ci  sedevamo al solito bar a prendere il solito gelato, mi sporcavo sempre. Mi mancano quei momenti con te, mamma. Fatti viva qui a Stratford, qualche volta. Mi manchi.
Tua, Meg.”
Presi un respiro profondo e premetti  ‘INVIO’.
Forse stavo facendo una stupidaggine, forse stavo attendendo qualcosa che non sarebbe mai arrivata.
Eppure ci speravo e ci avrei creduto fino all’ultimo.
Acchiappai il mio ipod e vi attaccai le cuffie: avevo bisogno di distrarmi e di essere trasportata in un’altra realtà, che non fosse stata questa.

                                                                                                                      * * *

“Sbrigati con quella carne! Attenta alla pizza, si sta bruciando!” papà non faceva altro che darmi ordini, ordini e ordini.
“Sto facendo più in fretta possibile” esclamai irritata, notando che era divinamente spaparanzato sul divano a guardare il baseball.
“Papà, ti dispiacerebbe darmi una mano?” ruggii, richiamando la sua attenzione dalla partita.
Senza battere ciglio, si alzò dal divano e stese la tovaglia da cena sul tavolo in salotto, distribuendo maestosamente i piatti e le posate secondo il galateo.
“Bene, vado a farmi una doccia” annunciai soddisfatta, dopo aver finito il mio compito “Torno tra una mezz’ora” conclusi, sparendo al piano di sopra
Lasciai che il getto d’acqua bollente cadesse sulla mia testa, per poi scivolare lieve in tutto il corpo. Nonostante fosse quasi giugno a Stratford faceva sempre freddo e l’acqua calda mi dava una sensazione di ricreo e di sollievo.
“Chissà che tipi sono i vicini” pensai, applicando una noce di shampoo sulla cute “magari il figlio è carino, chi lo sa” continuai, sciacquandomi per bene.
“Justin..” sussurrai poco dopo, con un braccio bloccato a mezz’aria fuori dalla doccia “non mi dice niente” conclusi, afferrando l’asciugamano.
Infilai un paio di shorts di jeans neri leggermente strappati, una semplice maglietta di lino bianca larga e un paio di scarpe da ginnastica.Lasciai i capelli leggermente bagnati che legai in un’alta coda di cavallo, poi applicai un filo di mascara e di lucidalabbra: era una semplice cena tra vicini, perché trasformarmi come se stessi andando ad un matrimonio?
Sentii delle voci provenire dal piano di sotto. In anticipo, bene, già non andiamo d’accordo a prescindere.
Mi guardai allo specchio per l’ultima volta. Mi passò per la testa di cambiarmi, forse i pantaloncini erano esageratamente corti e sapevo per certo che papà avrebbe fatto gestacci per esprimere la sua opinione. Geloso come sempre, il mio super papà.
Il mascara nero risaltava alla perfezione i miei occhi verdi. Stranamente, quella sera, mi piacevo.
“Ok, è meglio scendere” presi un respiro e a testa bassa mi diressi verso il piano di sotto.
In quel tratto di scale pensai a cosa avrebbe potuto dire di me papà ai commensali. Immaginavo già la scena del superpapà orgoglioso della sua superfiglia, la migliore studentessa della Stratford High School. Prevedevo una lunga, lunghissima serata.
“Oh mio Dio!” esclamai, appena arrivata sotto appena realizzai chi avevo davanti. Mi misi due mani sulla bocca, ma ormai era troppo tardi.
“Stupida Megan, stupida Megan, stupida Megan! Quando la smetterai di farti scappare qualsiasi cosa tu pensi?” mi domandai, maledicendomi. Prima figuraccia della serata.
Eh sì, sarebbe stata davvero lunga.

Spazio autrice.
Oks, primo spazio autrice della FF.
Questa storia, non so, mi è venuta in mente così, mentre dormivo LOL e già ho pensato a come svilupparla.
Ci saranno molti colpi di scena, tipo mondo di patty (?) LOL quindi spero che la leggano in tanti.
#muchlove.

@___londonsrain.
  
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