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Autore: Malecsis    09/06/2012    7 recensioni
Frammenti di Malec qui e lì... Alec e Magnus attraverso i libri di Cassie Clare, nei momenti che lei non ci ha mostrato. (Ovviamente, spoilers da tutto ciò che ha scritto Cassandra Clare, scene inedite o cancellate incluse)
Genere: Angst, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jace slid the blue shirt over his head. Dressed, he padded after Alec into the hallway. “You have something on your neck," he observed.

Alec's hand flew to his throat. “What?”

“Looks like a bite mark,” said Jace. “What were you doing out all night, anyway?”

“Nothing.” Beet red, his hand still clamped to his neck, Alec started down the corridor. Jace followed him. “I went walking in the park. Tried to clear my head.”

“And ran into a vampire?”

“What? No! I fell.”

“On your neck?”

                                                            Cassandra Clare, City of Ashes

 

 

 

Una delle cose che accomunava Magnus e il Presidente, era l’udito. Avevano entrambi percepito, prima ancora che il citofono gliene desse conferma, che quei passi un po’ trascinati lungo le scale appartenevano proprio ad Alec. Sorpreso quanto contento, Magnus abbandonò il suo progetto di prepararsi la cena da solo e gli andò incontro, raccogliendo il Presidente lungo il tragitto con un movimento agile del polso, e aprendo la porta con la mano libera.

 

“Quindi siamo alla fase delle sorprese, eh?”

 

Alec si trascinò dentro l’appartamento, e il sorriso scivolò via dalle labbra di Magnus. Non era tanto l’aria trasandata, se possibile, più del solito. Non erano passate neppure due settimane dallo scontro con Abbandon, Alec si era ripreso bene, nonostante si ciondolasse ancora un po’ su quella gamba. Adesso però ci stava zoppicando pesantemente. E aveva un’aria tutto fuorchè allegra. Magnus mise giù il Presidente, che andò a strusciarsi contro la gamba sana del nuovo arrivato, per poi sfilare elegantemente via.

 

“Stai zoppicando.”

 

“Sono due settimane che zoppico,” Alec fece una smorfietta vaga, come se fosse l’ultimo dei suoi problemi. “L’hai detto anche tu, deve sistemarsi la ferita…”

 

“Sono due settimane che ti trascini la gamba, stasera non ti ci appoggi.” Magnus agganciò un dito alla tasca dei jeans di Alec, trascinandoselo verso uno dei tre divani di fronte al finto camino. Lo fece sedere con un gesto piuttosto imperativo, prendendo posto sul tavolino di fronte e tirandosi sulle proprie gambe quella dolorante del ragazzo. “Che hai fatto?”

 

Alec si massaggiò la nuca, spettinandosi di più. “Ahm… un demone dragone.”

 

“Un demone dragone?” Magnus alzò gli occhi, accigliandosi. In quel momento notò anche il brutto graffio lungo la guancia, già in fase di cicatrizzazione. “Ma non si erano estinti?”

 

Alec alzò gli occhi al cielo. “Jace è riuscito a provare il contrario.”

 

Magnus serrò le mascelle e non replicò, spostando la sua attenzione sulla gamba. Soffiò a fil di voce poche parole, e la mano, avvolta da un bagliore blu, passò sicura lungo la stessa porzione di pelle che solo due settimane prima aveva curato con tanta difficoltà.

Ovvio.

Jace decide di fare il pazzo, e tu gli vai dietro.

Cosa importa se questo ti mette in pericolo di vita.

O è il Concilio, o è Jace.

 

“Meglio?”

 

“Molto,” Alec buttò fuori un sospiro profondo, scrollando appena il capo. “Ma non era importante. Voglio dire… non sono qui perché mi curassi. Jace mi ha fatto un paio di iratze-”

 

“Forse Jace avrebbe potuto provare a pensare, prima di giocare a uccidere la noia e i demoni che neppure esistono più,” replicò sferzante Magnus, la cui mano era tornata normale. “E magari ricordarsi che, fino a due settimane fa, la tua gamba era un simpatico puzzle da seicento pezzi.”

 

“Non è un buon momento per lui, ok?” replicò stancamente Alec, passandosi le dita lungo la fronte come fosse esausto. “Non mi ha costretto nessuno a seguirlo.”

 

Come se non lo sapessi.

E come se non fosse anche peggio, questo.

 

Magnus inclinò il capo, lasciando che gli occhi felini scorressero lungo il viso e il corpo del ragazzo alla ricerca di altri danni. A parte una immensa stanchezza, sembrava a posto. E molto triste. Inghiottì, lasciando andare la sua gamba e prendendo posto accanto a lui. Ironia della sorte, per una volta avevano qualcosa di simile addosso: entrambi una felpa blu. Ovviamente, quella di Magnus era blu elettrico.

 

“Scusa, non volevo piombare qui senza avvertire.”

 

“A me non dispiace per niente,” Magnus abbozzò un sorriso, facendogli scorrere il dito lungo il graffio sulla guancia e risanandoglielo completamente. L’istinto di gelosia che il solo nome di Jace gli dava, aveva ceduto il posto alla preoccupazione. “Ti fermi qui a cena? Stavo provando a fare una pizza. Ma credo che il tentativo possa classificarsi come fallito.”

 

“Lo vorrei da morire, credimi” Alec si sporse in avanti, i gomiti sulle ginocchia, passandosi stancamente le mani sul viso. “Ma è tornata mia madre. Insieme a… un bel po’ di brutte nuove.”

 

Magnus inarcò appena le sopracciglia. Infilò con dolcezza la mano sotto la felpa del ragazzo, sfiorandogli la pelle della schiena lentamente, dolcemente. Lo sentì rabbrividire, poi rilassarsi un po’.

 

“Del tipo?”

 

“Del tipo, che Jace non ci aveva detto niente su Hodge.” Alec si morse le labbra, serrando i pugni. “Isabelle e io eravamo ancora convinti che fosse disperso, e invece… a quanto pare, era alleato di Valentine. E’ stato lui a consegnare Jace a suo… padre.”

 

“E’ stato lui anche a chiamare me, per dirmi che tu eri ferito gravemente.”

 

“Tutti questi anni insieme!” Alec scattò in piedi, anando ad appoggiarsi con un gomito contro la finestra. Non gli era semplice aprirsi, rivelarsi… scoprirsi vulnerabile con qualcuno. “L’ho sempre considerato il nostro maestro. Ho provato pena per lui, ogni volta che ho pensato a quanto dovesse essere dura la sua condanna.”

 

Magnus non si mosse. Aveva imparato a conoscerlo, quel ragazzo. Uno sfogo… aprirsi. Probabilmente era quanto gli risultava più difficile. E il fatto che fosse lì, da lui, che fosse proprio a lui che si stava mostrando vulnerabile, gli gonfiava il cuore di un milione di emozioni diverse.

 

“Perché tutto questo dovrebbe cambiare?”

 

“Stai scherzando, o non mi hai sentito?”

 

“Né l’uno, né l’altro.”

 

“E’ un alleato di Valentine!”

 

“Ed è così facile tracciare una linea fra bianco e nero, quando c’è la guerra di mezzo?” Con un lieve sospiro paziente, Magnus si alzò in piedi, raggiungendolo. Infilò le mani nelle tasche dei jeans strappati, facendo spallucce. “La vostra legge è durissima, e spesso parziale. Hodge ha pagato per i misfatti di molti, a suo tempo, e ha pagato un prezzo carissimo. Ti rendi conto cosa significhi dover rinunciare alla propria libertà, Alexander? Si può dire che il tappeto rosso verso Valentine, gliel’abbia praticamente steso il Circolo.”

 

Alec si voltò, basito. “Stai forse dicendo- ”

 

“Che Hodge è un agnellino innocente? No, assolutamente no.” Magnus incrociò le braccia al petto, alzando il mento. “Ho combattuto contro quelli come lui a suo tempo, Alec. Ma è vero che ha pagato un prezzo troppo alto, qualcosa che lo ha messo in condizione di attendere, desiderare il ritorno dell’unico che poteva tirarlo fuori dai guai.”

Tu non sei come loro, non ragioni per bianco o nero.

Esiste il grigio, Alec.

Non dimenticarlo.

 

Alec non replicò, incapace di staccare gli occhi dallo sguardo magnetico di Magnus. Alla fine, esitando, tornò ad appoggiarsi alla finestra, la fronte contro il braccio. “Credevo che significassimo qualcosa per lui…”

 

“E infatti è così.” Magnus fece un piccolo sorriso, avvicinandosi e appoggiando entrambe le mani sui fianchi di Alec. Gli depositò un bacio sulla spalla, appoggiandovi poi il mento. “Guarda che cosa ha fatto prima di fuggire. Ha chiamato l’unico che potesse salvarti.”

 

“Ma ha consegnato Jace…”

 

“…a suo padre, sapendo che non gli avrebbe torto un capello.” Magnus strofinò leggermente il naso contro il collo di Alec, incrociando il suo sguardo nel riflesso della finestra, al di sopra di una Brooklyn straordinariamente illuminata. “Nessuno di voi tre è mai stato realmente in pericolo per mano sua. Se ci rifletti, sei libero di pensare quel che vuoi di Hodge Starkwheater. Ricordati solo che non ce l’ha mai avuta con voi, e che anzi, ti ha protetto e salvato, a modo suo.”

 

Alec si morse le labbra, abbassando gli occhi sulle luci in lontananza, sotto la finestra. Rimase in silenzio, lasciandosi cullare dai brividi che gli davano le carezze di Magnus sui fianchi. Sospirò più profondamente quando le lunghe mani affusolate risalirono leggermente lungo la sua pelle, percorrendo le ossa del bacino, e gli sfuggì un tremito.

 

“Sei più teso di una corda di violino,” Magnus gli sfiorò l’orecchio con le labbra, depositandogli un bacio sul collo. Suo malgrado, tirò via le mani e le appoggiò sulle spalle del ragazzo, costringendolo a voltarsi. Si prese un istante per godere del rossore sulle sue guance, prima di dargli un buffetto al mento. “Non è solo Hodge il problema. Non è così?”

 

Alec esitò. Sembrava fosse sui carboni ardenti.

 

“Alexander…” Magnus sorrise leggermente, scrollando il capo e guardandolo quasi intenerito. “E’ dura essere sempre quello responsabile del gruppo. Perché non ti apri, almeno con me? Non c’è nessuno che andrà dire che cosa mi hai detto, il Presidente ha il suo tonno, figurati se possiamo interessargli noi. E anche se non sembra, il gossip dei Nephilim non mi riguarda affatto, non sarà oggetto di racconti alla mia prossima festa.”

Meglio fuori che dentro, no?

Sempre quel broncio…

Non è giusto che sia sempre tu quello responsabile.

Sei un ragazzo quanto gli altri, che diavolo.

 

“Si… si tratta di Jace.”

 

Avrei dovuto intuirlo.

 

Alec si ciondolò sui talloni, tirando su col naso. Era accigliato, come se stesse cercando di tenere sotto controllo la rabbia prima che gli sfuggisse di mano. “Noi siamo parabatai, eppure non mi ha detto niente di Hodge. Non mi ha detto niente di un’infinità di altre cose… le ho dovute scoprire stasera da mia madre. E quindi non ho nemmeno potuto giustificarlo con lei.”

 

“Perché avresti dovuto?” Magnus fece un enorme sforzo a non sembrare infastidito. Alec gli stava aprendo il suo cuore, non poteva permettere alla gelosia di mettersi in mezzo. “Non devi sempre prendere le sue difese, può farlo anche da solo.”

Proprio non te ne rendi conto.

Tutti accecati dalla bellezza del pericolo, dal fascino del rischio…

Jace, Will, è un cerchio che non si chiude.

 

“Lo fa uno schifo,” replicò Alec, scuotendo la testa, il broncio più visibile ora. “Nasconde le cose, attacca chi gli fa delle domande, lui e quella sua maledetta ironia…”

 

“Ma se è innocente, è innocente.”

 

“Non è così semplice, non se tutti credono che sia una sorta di spia.”

 

“In effetti come identikit...”

 

“Appunto.” Alec si appoggiò di schiena alla parete, sbuffando e passandosi una mano fra i capelli neri. “Io so che non è così, so che Jace non sapeva niente del suo vero padre. Ma sono il suo parabatai, a me non darebbero ascolto. Direbbero che gli crederei in ogni caso.”

 

Magnus reclinò leggermente il capo prima verso destra e poi verso sinistra, quasi come volesse allentare la tensione dei muscoli del collo. “Ahimè, sei un po’ di parte.”

 

“E’ per questo che dovrebbe essere lui a rispondere nel verso giusto, una volta tanto! E ovviamente non lo fa. E il bello è che non lo fa nemmeno con noi.”

 

“Cosa ne dice tua madre?”

Un velo di tristezza incupì gli occhi blu di Alec. “Ha... bisogno di conferme.”

Magnus annuì lentamente. Le poche parole dette, le mille non dette e lo sguardo basso di Alec gli avevano fatto capire finalmente il vero problema. Non era così frustrante che il Circolo dubitasse di Jace, perchè credendo in lui, gli sarebbe rimasto accanto finchè la verità non fosse venuta fuori, caratteraccio o meno. Il vero problema era sua madre, Maryse Lightwood. Alec non aveva il coraggio di ammetterlo ad alta voce, ma lo faceva soffrire che perfino sua madre, che per Jace ricopriva lo stesso ruolo, fosse fra quei dubbiosi. Anche perchè questo metteva Alec in mezzo ad un'altra brutta faccenda: come aiutarli a capirsi, pur dando ragione ad entrambi, visto che nessuno dei due lo avrebbe ascoltato o avrebbe fatto il primo passo indietro?
Oh, Alec.
E’ dura essere papà orso.
E tu sei troppo piccolo per questo ruolo.
Guarda quanto ti pesa.

Alec aveva ancora il mento chino, quando se lo sentì sollevare da Magnus. Non si era accorto che fossero così vicini, e in qualche modo il suo profumo di sandalo riuscì a distrarlo da quella sensazione opprimente che provava da che aveva parlato con sua madre. Magnus gli accarezzò la guancia col dorso delle dita, appoggiandosi con il braccio al muro, senza smettere di guardarlo negli occhi.

“Non hai una posizione facile, lo so” gli mormorò, lasciando che le dita scivolassero fin sul lato del collo, dove la mano si distese, carezzevole. “Credi a chi ne ha viste di tutti i colori in questi anni, l'innocenza non può essere nascosta a lungo. Tua madre e gli altri si renderanno conto che Jace, per quanto meriterebbe un vaso in fronte, non ha alcun legame con Valentine Morgenstern. Ok?”

Alec annuì, rivolgendogli uno sguardo grato. Fu lui a baciarlo per primo, più sicuro di sè, eppure al tempo stesso impacciato per lo slancio. Magnus sospirò contro le sue labbra, rispondendo al bacio e rallentandone i ritmi, accarezzandogli la nuca fino alla base dei capelli. Rabbrividì quando si sentì attirare con decisione contro di lui, e quasi sorrise. Alec era letale per i suoi sensi. La sua innocenza, la sua disarmante inesperienza, il fatto che si lanciasse in ogni contatto di getto, di cuore, con quella passionalità
che al resto del mondo era preclusa, perfino a Jace, era abbastanza da fargli perdere la testa come non gli era mai capitato in tutti quei secoli. Gli bastò sentire le sue mani callose lungo la schiena, per desiderare di più. La mano con cui gli stava accarezzando i capelli scese a stringergli con dolce fermezza la spalla, spingendolo di schiena contro la parete, mentre interrompeva il bacio per poter marchiare ogni centimetro della sua pelle. Si accanì su un punto del collo proprio sotto l'orecchio, un punto che, aveva scoperto, lo faceva rabbrividire di più. Quando sentì Alec soffiare il suo nome in un gemito, non si trattenne dal succhiare la piccola porzione di pelle con più enfasi del solito, lasciandovi un segno rosso ben visibile.

Che lo sappiano, che sei mio.

Diavolo, Alec.

Mi stai facendo perdere la testa, e nemmeno lo sai.

 

Non fu molto chiaro chi dei due avesse cominciato, ma in una manciata di secondi, le due felpe erano volate per terra. Alec era letteralmente avvinghiato a Magnus, una mano stretta forte alla sua spalla, alla ricerca del battito stabile e rassicurante del suo cuore. Magnus non interruppe il bacio, molto più audace di tutti quelli che si erano scambiati in quelle due settimane, e lasciò le dita affusolate libere di percorrere ogni muscolo, ogni runa, ogni cicatrice che ricoprisse il suo addome e il suo petto. Quando la mano scivolò oltre il bordo delle mutande, Alec sussultò bruscamente e si sottrasse al bacio, arrossendo furiosamente.

 

…ah. Giusto.

E’ la tua prima volta.

 

Magnus riprese fiato, inspirando a fondo. Si appoggiò di nuovo al muro, accarezzando la guancia violacea di Alec, guardandolo dritto negli occhi blu. Avevano assunto una tonalità, se possibile, ancora più profonda e intensa. “Io non posso fare niente per aiutare Jace,” mormorò, la voce arrochita dal desiderio. “Ma posso aiutare te. Posso aiutarti a sentire. Ad avere il… il tuo angolo di pace.”

 

Alec deglutì, rosso in viso come forse non era mai stato. La verità era che gli stava costando restare separato, seppur tanto poco, da quelle labbra e quelle mani. Voleva sentirsi vivo, come solo Magnus lo faceva sentire. Voleva impazzire dal piacere, e vederlo a sua volta dimenarsi per le sensazioni forti. Lo accarezzò avidamente con lo sguardo, tornando a incrociare i suoi occhi. Non era Jace, con la frase giusta al momento giusto, ma voleva trovare qualcosa di brillante da dire, per esprimere quella matassa ingarbugliata di emozioni e sensazioni.

 

“…tu non hai l’ombelico.”

 

Passò qualche interminabile secondo di silenzio e immobilità, prima che Magnus inarcasse appena le sopracciglia, e Alec si sbattesse entrambe le mani in faccia, maledicendosi in tutte le lingue conosciute. Magnus non potè proprio evitarselo… scoppiò a ridere, e di cuore anche.

 

“Arguta osservazione.”

 

“Ah, i-io…uhm.”

 

Ancora ridendo piano, Magnus scosse la testa, tornando a guardare il ragazzo. Gli baciò a stampo le labbra, pizzicandogli il mento fra le dita, gustandosi ogni dettaglio della timidezza espressa da quel viso così bello. Quegli occhi. Per quegli occhi si sarebbe anche dannato l’anima.

Io sono più fottuto di quel che mi rendo conto di essere.

 

Alec si mordicchiò le labbra già gonfie per i baci, guardandolo dritto negli occhi d’ambra. “Vuoi-vuoi stare con me?”

 

“Anche se non ho l’ombelico?”

 

Alec emise una specie di protesta poco chiara, e Magnus ridacchiando lo zittì con un bacio. Ogni pensiero divertito si volatilizzò a quella nuova ondata di carezze, e questa volta, quando le dita esperte e sicure di Magnus sbottonarono i suoi jeans per infilarsi all’interno, Alec si limitò a un gemito soffocato, ma non osò sottrarsi a quella dolce tortura. Si inarcò bruscamente, mordendosi forte le labbra e stringendo gli occhi, e per quanti splendidi amanti potesse aver avuto in quei lunghi ottocento anni, Magnus realizzò che mai prima di allora il cuore gli aveva mancato un battito come per Alec Lightwood.

 

~*~*~

 

Il Presidente sarebbe stato la sveglia peggiore, se Magnus non lo avesse afferrato al volo per la collottola prima che potesse zampettare sul letto. Morbidamente adagiato sul fianco, la testa sorretta dal braccio piegato, lo stregone sorrise al suo gatto, ignorandone l’espressione poco felice.

 

“Scusa tanto, Presidente,” sussurrò, mettendo giù il felino. “Diamogli altri cinque minuti.”

 

Il gatto non sembrò molto convinto della scusa, e filò via dalla stanza con un’offesissima coda dritta in bell’evidenza. Magnus sorrise divertito, e riprese ad accarezzare a fior di pelle il braccio nudo di Alec, che dormiva della grossa accanto a lui. Avevano fatto l’amore più volte, completamente dimentichi anche del tempo, o dell’iniziale desiderio di Alec di tornare subito a casa. E alla fine erano crollati entrambi, sebbene il sonno di Magnus fosse durato un’oretta scarsa. Aveva addosso troppe emozioni, per riuscire a dormire. Troppe sensazioni. Si sentiva vivo come mai si era sentito in tutti quei secoli. Stare con Alec era stato semplicemente incredibile, come se fossero nati per poter stare insieme, lì dove l’uno iniziava, l’altro lo completava. E ogni gesto, ogni emozione, era come amplificata proprio dall’unicità dell’esperienza. Perché Alec, così come l’aveva visto e sentito lui, non era mai stato di nessuno. Magnus ne accarezzò nuovamente il profilo con lo sguardo, seguendo la curva delle ciglia nere, il movimento lento del respiro fra le labbra socchiuse, i capelli più spettinati del solito che gli ricoprivano la fronte, la pelle tonica e vibrante del torace, ricoperta dalle rune antiche, il petto nudo che si alzava e abbassava lentamente. Il consueto broncio era rilassato in un’espressione pacifica, tranquilla. Avendo potuto fare a modo suo, Magnus lo avrebbe lasciato dormire ancora. Ma conoscendolo, non gli avrebbe fatto un favore.

 

“Principessa Aurora…” canticchiò a bassa voce, pizzicandogli il naso fra le dita e pigiandoglielo. Come non ridere, quando gli vide fare una smorfietta quasi infantile, con tanto di labbra arricciate. “Sono le quattro del mattino, il mondo dorme e il principe Filippo sta ufficialmente svegliando la sua bella.”

 

Alec, il viso ancora arricciato, aprì un occhio soltanto. “Chi sarebbe tutta questa gente?” mormorò, la voce ancora impastata dal sonno.

 

Magnus ridacchiò, rubandogli un bacio. “Mondani con un gran senso dell’attesa, considerando che la principessa aveva oltre cent’anni e il fiato di un sonno secolare, quando l’aitante principe ventenne l’ha baciata.”

 

“Troppe informazioni tutte insieme,” brontolò Alec, rovesciandosi sul fianco contro di lui e nascondendo la faccia nel cuscino. Avrebbe poltrito con gioia, se solo non si fosse ricordato di sua madre a casa. Alzò la testa di scatto, mancando di un pelo il mento di Magnus. “Devo tornare prima che si accorgano che non c’ero.”

 

Magnus imbronciò le labbra, restando languidamente disteso mentre Alec rimbalzava giù dal letto. Gli venne da ridere quando lo vide affrettarsi a cercare le mutande.

Solo tu puoi essere timido dopo stanotte.

Ah, Alexander.

 

“La smetti di fissarmi?”

 

“Chi, io?”

 

“No, il tuo gatto.”

 

“Ricordami di menzionare al Presidente che gli hai dato del guardone.”

 

Per quanto indaffarato a tirarsi su i jeans, Alec si lasciò scappare un sorrisetto sghembo. Gli gettò un’occhiata di sfuggita, mentre recuperava la felpa dal corridoio. “E’ presto, rimettiti a dormire.”

 

“Dopo,” replicò semplicemente Magnus, alzandosi. Molto meno vergognoso dell’altro, si prese tutto il tempo necessario a cercarsi mutande e pantaloni, senza nascondere una certa soddisfazione quando vide Alec stentare a chiudersi la lampo della giacca per guardare lui. “Hai fatto una specie di voto all’angelo?”

 

“Mh?” Alec, i capelli sparati in aria per essersi infilato in fretta la felpa, lo fissò confuso.

 

“Ci torni scalzo a casa?”

 

Alec si guardò i piedi… era completamente vestito, ma effettivamente non aveva le scarpe. Borbottò qualcosa fra i denti, cercandosi le scarpe, mentre Magnus rise di gusto.

 

“La pianti di ridere?”

 

“Nemmeno per idea.”

 

Magnus gli si avvicinò, prendendo a sistemargli alla meglio i capelli. I suoi, ovviamente, stavano su perfettamente dritti e glitteranti nonostante l’attività notturna. “Ti presto un po’ di gel per questo casino?”

 

“Non è il mio stile, lasciali così.” Alec si rimise in piedi, questa volta vestito per intero. Inspirò profondamente, come se solo in quel momento avesse realizzato che se ne stava andando. Uncinò le dita al bordo dei pantaloni felpati dello stregone, abbozzando un sorriso. “Se non hai da fare, posso ripassare domani. Cioè, oggi in realtà. Insomma, stasera.”

 

“Non mi devi sempre chiedere il permesso di venire, lo sai?” Magnus gli passò un dito sotto il mento, sollevandoglielo per poterlo baciare. Era inteso come un piccolo bacio fugace, ma Alec gli si avvinghiò ai fianchi, e la cosa si protrasse. Ci volle parecchia forza di volontà per tirarsi indietro, e non trascinarlo di nuovo sul letto ancora disfatto. “O fili via adesso, o ti faccio tornare direttamente domani a casa tua.”

 

Alec sorrise, arretrando di un paio di passi. “Ok, allora.”

 

“Aspetta,” Magnus schioccò le dita, e il ragazzo si ritrovò in mano una piccola chiave di ottone. “Così non avrai bisogno di citofonare ogni volta.”

 

Alec osservò stupito la chiave, prima di infilarla nella taschina della giacca, offrendo allo stregone un sorriso contento. “Grazie.”

 

Magnus incrociò le braccia al petto, rispondendo al cenno di saluto e restando ad osservare mentre Alec saltellava giù per le scale, evidentemente di buonumore. Schioccò le dita ancora una volta… e gli vide apparire all’improvviso in mano un sano caffè rubato dallo Starbucks a pochi isolati. La bevanda calda, apparendo di colpo, sie ra rovesciata in parte sui jeans. Alec fece una smorfia e si voltò con il suo solito broncio, e Magnus, facendo un enorme sforzo per non ridere, sollevò le mani in cenno di scuse. Quando chiuse la porta, si lasciò andare alla risata che quella faccia imbronciata meritava.

 

Ottocento anni, e restare fregati da un ragazzino.

Si, sono io.

Magnus Bane, grande stregone di Brooklyn.

E gran rincoglionito.

 

 

 

Ma che bello, quante recensioni *____* grazie!!! Non prevedevo di finire così in fretta questo terzo capitolo, ma devo dire che mi ha ispirato una canzone che secondo me è tantissimo Magnus/Alec (soprattutto in COLS), “Please don’t go” dei Barcelona… com’è struggente  ç_ç e un’altra ispirazione, devo dire, è stata questo picspam (che ha inquadrato Alec e Magnus proprio come li vedo io): http://piccolo-poo.livejournal.com/46437.html

 

Chibikitsune: grazie infinite *___* è uno dei complimenti più belli che potessi farmi! Comunque concordo, e ti dico che se ancora non hai letto l’ultimo libro di Cassandra, City of Lost Souls, lì c’è molto più di Magnus/Alec :P

Mizar: ma quanto sei dolce *^^* in effetti si, mi sono sempre immaginata Magnus un bel mix di modernità e buone vecchie maniere da gentleman :D

Adamantina: grazie mille anche a te, cara! Anche io adoro Alec e anche Magnus :D comunque non ti sei sbagliata, Magnus ha davvero ottocento anni… solo che all’inizio, il furbone ad Alec ne millanta trecento :D mi sembra sia in Città di Cenere che Alec lo scopre, con Magnus che fa il vago “700… 800… tanto non li dimostro!” ahahaha XD

IWillFindTheWords_J: oh ma grazie *__* anche io li adoro moltissimo, e sì, ho letto tutta la saga. Calcola che però io i libri di Cassie li ho letti in inglese, preferisco di gran lunga, anche perché altrimenti morirei nell’attesa, i tempi di pubblicazione qui in Italia sono geologici -___-

 

Un bacio a tutti e grazie sempre! Alla prossima!

  
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