Jace slid the blue shirt over his head.
Dressed, he
padded after Alec into the hallway. “You have something on
your neck," he
observed.
Alec's hand flew to his throat.
“What?”
“Looks like a bite mark,”
said Jace. “What were you
doing out all night, anyway?”
“Nothing.” Beet red, his
hand still clamped to his
neck, Alec started down the corridor. Jace followed him. “I
went walking in the
park. Tried to clear my head.”
“And ran into a vampire?”
“What? No! I fell.”
“On your neck?”
Cassandra
Clare, City of Ashes
Una
delle cose che
accomunava Magnus e il Presidente, era l’udito. Avevano
entrambi percepito,
prima ancora che il citofono gliene desse conferma, che quei passi un
po’
trascinati lungo le scale appartenevano proprio ad Alec. Sorpreso
quanto
contento, Magnus abbandonò il suo progetto di prepararsi la
cena da solo e gli
andò incontro, raccogliendo il Presidente lungo il tragitto
con un movimento
agile del polso, e aprendo la porta con la mano libera.
“Quindi
siamo alla fase
delle sorprese, eh?”
Alec
si trascinò dentro
l’appartamento, e il sorriso scivolò via dalle
labbra di Magnus. Non era tanto
l’aria trasandata, se possibile, più del solito.
Non erano passate neppure due
settimane dallo scontro con Abbandon, Alec si era ripreso bene,
nonostante si
ciondolasse ancora un po’ su quella gamba. Adesso
però ci stava zoppicando
pesantemente. E aveva un’aria tutto fuorchè
allegra. Magnus mise giù il
Presidente, che andò a strusciarsi contro la gamba sana del
nuovo arrivato, per
poi sfilare elegantemente via.
“Stai
zoppicando.”
“Sono
due settimane che
zoppico,” Alec fece una smorfietta vaga, come se fosse
l’ultimo dei suoi
problemi. “L’hai detto anche tu, deve sistemarsi la
ferita…”
“Sono
due settimane che
ti trascini la gamba, stasera non ti ci
appoggi.” Magnus agganciò un dito alla
tasca dei jeans di Alec,
trascinandoselo verso uno dei tre divani di fronte al finto camino. Lo
fece
sedere con un gesto piuttosto imperativo, prendendo posto sul tavolino
di
fronte e tirandosi sulle proprie gambe quella dolorante del ragazzo.
“Che hai
fatto?”
Alec
si massaggiò la
nuca, spettinandosi di più. “Ahm… un
demone dragone.”
“Un
demone dragone?”
Magnus alzò gli occhi, accigliandosi. In quel momento
notò anche il brutto
graffio lungo la guancia, già in fase di cicatrizzazione.
“Ma non si erano
estinti?”
Alec
alzò gli occhi al
cielo. “Jace è riuscito a provare il
contrario.”
Magnus
serrò le
mascelle e non replicò, spostando la sua attenzione sulla
gamba. Soffiò a fil
di voce poche parole, e la mano, avvolta da un bagliore blu,
passò sicura lungo
la stessa porzione di pelle che solo due settimane prima aveva curato
con tanta
difficoltà.
Ovvio.
Jace
decide di fare il pazzo, e tu gli vai dietro.
Cosa
importa se questo ti mette in pericolo di vita.
O
è il Concilio, o è Jace.
“Meglio?”
“Molto,”
Alec buttò
fuori un sospiro profondo, scrollando appena il capo. “Ma non
era importante.
Voglio dire… non sono qui perché mi curassi. Jace
mi ha fatto un paio di iratze-”
“Forse
Jace avrebbe potuto provare a pensare, prima di giocare a uccidere la
noia e i demoni che neppure esistono più,”
replicò sferzante Magnus, la cui
mano era tornata normale. “E magari ricordarsi che, fino a
due settimane fa, la
tua gamba era un simpatico puzzle da seicento pezzi.”
“Non
è un buon momento
per lui, ok?” replicò stancamente Alec, passandosi
le dita lungo la fronte come
fosse esausto. “Non mi ha costretto nessuno a
seguirlo.”
Come
se non lo sapessi.
E
come se non fosse anche peggio, questo.
Magnus
inclinò il capo,
lasciando che gli occhi felini scorressero lungo il viso e il corpo del
ragazzo
alla ricerca di altri danni. A parte una immensa stanchezza, sembrava a
posto.
E molto triste. Inghiottì, lasciando andare la sua gamba e
prendendo posto
accanto a lui. Ironia della sorte, per una volta avevano qualcosa di
simile
addosso: entrambi una felpa blu. Ovviamente, quella di Magnus era blu
elettrico.
“Scusa,
non volevo
piombare qui senza avvertire.”
“A
me non dispiace per
niente,” Magnus abbozzò un sorriso, facendogli
scorrere il dito lungo il
graffio sulla guancia e risanandoglielo completamente.
L’istinto di gelosia che
il solo nome di Jace gli dava, aveva ceduto il posto alla
preoccupazione. “Ti
fermi qui a cena? Stavo provando a fare una pizza. Ma credo che il
tentativo
possa classificarsi come fallito.”
“Lo
vorrei da morire,
credimi” Alec si sporse in avanti, i gomiti sulle ginocchia,
passandosi stancamente
le mani sul viso. “Ma è tornata mia madre. Insieme
a… un bel po’ di brutte
nuove.”
Magnus
inarcò appena le
sopracciglia. Infilò con dolcezza la mano sotto la felpa del
ragazzo,
sfiorandogli la pelle della schiena lentamente, dolcemente. Lo
sentì
rabbrividire, poi rilassarsi un po’.
“Del
tipo?”
“Del
tipo, che Jace non
ci aveva detto niente su Hodge.” Alec si morse le labbra,
serrando i pugni.
“Isabelle e io eravamo ancora convinti che fosse disperso, e
invece… a quanto
pare, era alleato di Valentine. E’ stato lui a consegnare
Jace a suo… padre.”
“E’
stato lui anche a
chiamare me, per dirmi che tu eri ferito gravemente.”
“Tutti
questi anni
insieme!” Alec scattò in piedi, anando ad
appoggiarsi con un gomito contro la
finestra. Non gli era semplice aprirsi, rivelarsi… scoprirsi
vulnerabile con
qualcuno. “L’ho sempre considerato il nostro
maestro. Ho provato pena per lui,
ogni volta che ho pensato a quanto dovesse essere dura la sua
condanna.”
Magnus
non si mosse.
Aveva imparato a conoscerlo, quel ragazzo. Uno sfogo…
aprirsi. Probabilmente
era quanto gli risultava più difficile. E il fatto che fosse
lì, da lui, che
fosse proprio a lui che si stava
mostrando vulnerabile, gli gonfiava il cuore di un milione di emozioni
diverse.
“Perché
tutto questo
dovrebbe cambiare?”
“Stai
scherzando, o non
mi hai sentito?”
“Né
l’uno, né l’altro.”
“E’
un alleato di
Valentine!”
“Ed
è così facile
tracciare una linea fra bianco e nero, quando c’è
la guerra di mezzo?” Con un
lieve sospiro paziente, Magnus si alzò in piedi,
raggiungendolo. Infilò le mani
nelle tasche dei jeans strappati, facendo spallucce. “La
vostra legge è
durissima, e spesso parziale. Hodge ha pagato per i misfatti di molti,
a suo
tempo, e ha pagato un prezzo carissimo. Ti rendi conto cosa significhi
dover
rinunciare alla propria libertà, Alexander? Si
può dire che il tappeto rosso
verso Valentine, gliel’abbia praticamente steso il
Circolo.”
Alec
si voltò, basito.
“Stai forse dicendo- ”
“Che
Hodge è un
agnellino innocente? No, assolutamente no.” Magnus
incrociò le braccia al
petto, alzando il mento. “Ho combattuto contro quelli come
lui a suo tempo,
Alec. Ma è vero che ha pagato un prezzo troppo alto,
qualcosa che lo ha messo
in condizione di attendere, desiderare il ritorno dell’unico
che poteva tirarlo
fuori dai guai.”
Tu
non sei come loro, non ragioni per bianco o nero.
Esiste
il grigio, Alec.
Non
dimenticarlo.
Alec
non replicò,
incapace di staccare gli occhi dallo sguardo magnetico di Magnus. Alla
fine,
esitando, tornò ad appoggiarsi alla finestra, la fronte
contro il braccio. “Credevo
che significassimo qualcosa per lui…”
“E
infatti è così.”
Magnus fece un piccolo sorriso, avvicinandosi e appoggiando entrambe le
mani
sui fianchi di Alec. Gli depositò un bacio sulla spalla,
appoggiandovi poi il
mento. “Guarda che cosa ha fatto prima di fuggire. Ha
chiamato l’unico che
potesse salvarti.”
“Ma
ha consegnato
Jace…”
“…a
suo padre, sapendo
che non gli avrebbe torto un capello.” Magnus
strofinò leggermente il naso
contro il collo di Alec, incrociando il suo sguardo nel riflesso della
finestra, al di sopra di una Brooklyn straordinariamente illuminata.
“Nessuno
di voi tre è mai stato realmente in pericolo per mano sua.
Se ci rifletti, sei
libero di pensare quel che vuoi di Hodge Starkwheater. Ricordati solo
che non
ce l’ha mai avuta con voi, e che anzi, ti ha protetto e
salvato, a modo suo.”
Alec
si morse le
labbra, abbassando gli occhi sulle luci in lontananza, sotto la
finestra.
Rimase in silenzio, lasciandosi cullare dai brividi che gli davano le
carezze
di Magnus sui fianchi. Sospirò più profondamente
quando le lunghe mani
affusolate risalirono leggermente lungo la sua pelle, percorrendo le
ossa del
bacino, e gli sfuggì un tremito.
“Sei
più teso di una
corda di violino,” Magnus gli sfiorò
l’orecchio con le labbra, depositandogli
un bacio sul collo. Suo malgrado, tirò via le mani e le
appoggiò sulle spalle
del ragazzo, costringendolo a voltarsi. Si prese un istante per godere
del
rossore sulle sue guance, prima di dargli un buffetto al mento.
“Non è solo
Hodge il problema. Non è così?”
Alec
esitò. Sembrava
fosse sui carboni ardenti.
“Alexander…”
Magnus
sorrise leggermente, scrollando il capo e guardandolo quasi intenerito.
“E’
dura essere sempre quello responsabile del gruppo. Perché
non ti apri, almeno
con me? Non c’è nessuno che andrà dire
che cosa mi hai detto, il Presidente ha
il suo tonno, figurati se possiamo interessargli noi. E anche se non
sembra, il
gossip dei Nephilim non mi riguarda affatto, non sarà
oggetto di racconti alla
mia prossima festa.”
Meglio
fuori che dentro, no?
Sempre
quel broncio…
Non
è giusto che sia sempre tu quello responsabile.
Sei
un ragazzo quanto gli altri, che diavolo.
“Si…
si tratta di
Jace.”
Avrei
dovuto intuirlo.
Alec
si ciondolò sui
talloni, tirando su col naso. Era accigliato, come se stesse cercando
di tenere
sotto controllo la rabbia prima che gli sfuggisse di mano.
“Noi siamo parabatai,
eppure non mi ha detto niente
di Hodge. Non mi ha detto niente di un’infinità di
altre cose… le ho dovute
scoprire stasera da mia madre. E quindi non ho nemmeno potuto
giustificarlo con
lei.”
“Perché
avresti
dovuto?” Magnus fece un enorme sforzo a non sembrare
infastidito. Alec gli
stava aprendo il suo cuore, non poteva permettere alla gelosia di
mettersi in
mezzo. “Non devi sempre prendere le sue difese,
può farlo anche da solo.”
Proprio
non te ne rendi conto.
Tutti
accecati dalla bellezza del pericolo, dal fascino del
rischio…
Jace,
Will, è un cerchio che non si chiude.
“Lo
fa uno schifo,” replicò
Alec, scuotendo la testa, il broncio più visibile ora.
“Nasconde le cose,
attacca chi gli fa delle domande, lui e quella sua maledetta
ironia…”
“Ma
se è innocente, è
innocente.”
“Non
è così semplice,
non se tutti credono che sia una sorta di spia.”
“In
effetti come
identikit...”
“Appunto.”
Alec si
appoggiò di schiena alla parete, sbuffando e passandosi una
mano fra i capelli
neri. “Io so che non è così, so che
Jace non sapeva niente del suo vero padre.
Ma sono il suo parabatai, a me non
darebbero ascolto. Direbbero che gli crederei in ogni caso.”
Magnus
reclinò
leggermente il capo prima verso destra e poi verso sinistra, quasi come
volesse
allentare la tensione dei muscoli del collo.
“Ahimè, sei un po’ di parte.”
“E’
per questo che
dovrebbe essere lui a rispondere nel verso giusto, una volta tanto! E
ovviamente non lo fa. E il bello è che non lo fa nemmeno con
noi.”
“Cosa
ne dice tua
madre?”
Un
velo di tristezza incupì gli occhi blu di Alec.
“Ha... bisogno di conferme.”
Magnus annuì lentamente. Le poche parole dette, le mille non
dette e lo sguardo
basso di Alec gli avevano fatto capire finalmente il vero problema. Non
era
così frustrante che il Circolo dubitasse di Jace,
perchè credendo in lui, gli
sarebbe rimasto accanto finchè la verità non
fosse venuta fuori, caratteraccio
o meno. Il vero problema era sua madre, Maryse Lightwood. Alec non
aveva il
coraggio di ammetterlo ad alta voce, ma lo faceva soffrire che perfino sua madre, che per Jace
ricopriva lo stesso ruolo, fosse fra quei dubbiosi. Anche
perchè questo metteva
Alec in mezzo ad un'altra brutta faccenda: come aiutarli a capirsi, pur
dando
ragione ad entrambi, visto che nessuno dei due lo avrebbe ascoltato o
avrebbe
fatto il primo passo indietro?
Oh, Alec.
E’ dura essere papà orso.
E tu sei troppo piccolo per questo ruolo.
Guarda quanto ti pesa.
Alec
aveva ancora il mento chino, quando se lo sentì sollevare da
Magnus. Non si era
accorto che fossero così vicini, e in qualche modo il suo
profumo di sandalo
riuscì a distrarlo da quella sensazione opprimente che
provava da che aveva
parlato con sua madre. Magnus gli accarezzò la guancia col
dorso delle dita,
appoggiandosi con il braccio al muro, senza smettere di guardarlo negli
occhi.
“Non hai una posizione facile, lo so” gli
mormorò, lasciando che le dita
scivolassero fin sul lato del collo, dove la mano si distese,
carezzevole. “Credi
a chi ne ha viste di tutti i colori in questi anni, l'innocenza non
può essere
nascosta a lungo. Tua madre e gli altri si renderanno conto che Jace,
per
quanto meriterebbe un vaso in fronte, non ha alcun legame con Valentine
Morgenstern. Ok?”
Alec annuì, rivolgendogli uno sguardo grato. Fu lui a
baciarlo per primo, più
sicuro di sè, eppure al tempo stesso impacciato per lo
slancio. Magnus sospirò
contro le sue labbra, rispondendo al bacio e rallentandone i ritmi,
accarezzandogli la nuca fino alla base dei capelli.
Rabbrividì quando si sentì
attirare con decisione contro di lui, e quasi sorrise. Alec era letale
per i
suoi sensi. La sua innocenza, la sua disarmante inesperienza, il fatto
che si
lanciasse in ogni contatto di getto, di cuore, con quella
passionalità che
al resto del mondo era preclusa, perfino
a Jace, era abbastanza da fargli perdere la testa come non
gli era mai
capitato in tutti quei secoli. Gli bastò sentire le sue mani
callose lungo la
schiena, per desiderare di più. La mano con cui gli stava
accarezzando i
capelli scese a stringergli con dolce fermezza la spalla, spingendolo
di
schiena contro la parete, mentre interrompeva il bacio per poter
marchiare ogni
centimetro della sua pelle. Si accanì su un punto del collo
proprio sotto
l'orecchio, un punto che, aveva scoperto, lo faceva rabbrividire di
più. Quando
sentì Alec soffiare il suo nome in un gemito, non si
trattenne dal succhiare la
piccola porzione di pelle con più enfasi del solito,
lasciandovi un segno rosso
ben visibile.
Che
lo sappiano, che sei mio.
Diavolo,
Alec.
Mi
stai facendo perdere la testa, e nemmeno lo sai.
Non
fu molto chiaro chi
dei due avesse cominciato, ma in una manciata di secondi, le due felpe
erano
volate per terra. Alec era letteralmente avvinghiato a Magnus, una mano
stretta
forte alla sua spalla, alla ricerca del battito stabile e rassicurante
del suo
cuore. Magnus non interruppe il bacio, molto più audace di
tutti quelli che si
erano scambiati in quelle due settimane, e lasciò le dita
affusolate libere di
percorrere ogni muscolo, ogni runa, ogni cicatrice che ricoprisse il
suo addome
e il suo petto. Quando la mano scivolò oltre il bordo delle
mutande, Alec
sussultò bruscamente e si sottrasse al bacio, arrossendo
furiosamente.
…ah.
Giusto.
E’
la tua prima volta.
Magnus
riprese fiato,
inspirando a fondo. Si appoggiò di nuovo al muro,
accarezzando la guancia
violacea di Alec, guardandolo dritto negli occhi blu. Avevano assunto
una
tonalità, se possibile, ancora più profonda e
intensa. “Io non posso fare
niente per aiutare Jace,” mormorò, la voce
arrochita dal desiderio. “Ma posso
aiutare te. Posso aiutarti a sentire.
Ad avere il… il tuo angolo di pace.”
Alec
deglutì, rosso in
viso come forse non era mai stato. La verità era che gli
stava costando restare
separato, seppur tanto poco, da quelle labbra e quelle mani. Voleva
sentirsi
vivo, come solo Magnus lo faceva sentire. Voleva impazzire dal piacere,
e
vederlo a sua volta dimenarsi per le sensazioni forti. Lo
accarezzò avidamente
con lo sguardo, tornando a incrociare i suoi occhi. Non era Jace, con
la frase
giusta al momento giusto, ma voleva trovare qualcosa di brillante da
dire, per
esprimere quella matassa ingarbugliata di emozioni e sensazioni.
“…tu
non hai l’ombelico.”
Passò
qualche
interminabile secondo di silenzio e immobilità, prima che
Magnus inarcasse
appena le sopracciglia, e Alec si sbattesse entrambe le mani in faccia,
maledicendosi in tutte le lingue conosciute. Magnus non potè
proprio
evitarselo… scoppiò a ridere, e di cuore anche.
“Arguta
osservazione.”
“Ah,
i-io…uhm.”
Ancora
ridendo piano,
Magnus scosse la testa, tornando a guardare il ragazzo. Gli
baciò a stampo le
labbra, pizzicandogli il mento fra le dita, gustandosi ogni dettaglio
della timidezza
espressa da quel viso così bello. Quegli
occhi. Per quegli occhi si sarebbe anche dannato
l’anima.
Io
sono più fottuto di quel che mi rendo conto di essere.
Alec
si mordicchiò le
labbra già gonfie per i baci, guardandolo dritto negli occhi
d’ambra.
“Vuoi-vuoi stare con me?”
“Anche
se non ho
l’ombelico?”
Alec
emise una specie
di protesta poco chiara, e Magnus ridacchiando lo zittì con
un bacio. Ogni pensiero
divertito si volatilizzò a quella nuova ondata di carezze, e
questa volta,
quando le dita esperte e sicure di Magnus sbottonarono i suoi jeans per
infilarsi all’interno, Alec si limitò a un gemito
soffocato, ma non osò
sottrarsi a quella dolce tortura. Si inarcò bruscamente,
mordendosi forte le
labbra e stringendo gli occhi, e per quanti splendidi amanti potesse
aver avuto
in quei lunghi ottocento anni, Magnus realizzò che mai prima
di allora il cuore
gli aveva mancato un battito come per Alec Lightwood.
~*~*~
Il
Presidente sarebbe
stato la sveglia peggiore, se Magnus non lo avesse afferrato al volo
per la
collottola prima che potesse zampettare sul letto. Morbidamente
adagiato sul
fianco, la testa sorretta dal braccio piegato, lo stregone sorrise al
suo
gatto, ignorandone l’espressione poco felice.
“Scusa
tanto,
Presidente,” sussurrò, mettendo giù il
felino. “Diamogli altri cinque minuti.”
Il
gatto non sembrò
molto convinto della scusa, e filò via dalla stanza con
un’offesissima coda
dritta in bell’evidenza. Magnus sorrise divertito, e riprese
ad accarezzare a
fior di pelle il braccio nudo di Alec, che dormiva della grossa accanto
a lui. Avevano
fatto l’amore più volte, completamente dimentichi
anche del tempo, o
dell’iniziale desiderio di Alec di tornare subito a casa. E
alla fine erano
crollati entrambi, sebbene il sonno di Magnus fosse durato
un’oretta scarsa.
Aveva addosso troppe emozioni, per riuscire a dormire. Troppe
sensazioni. Si
sentiva vivo come mai si era sentito in tutti quei secoli. Stare con
Alec era
stato semplicemente incredibile, come se fossero nati per poter stare
insieme,
lì dove l’uno iniziava, l’altro lo
completava. E ogni gesto, ogni emozione, era
come amplificata proprio dall’unicità
dell’esperienza. Perché Alec, così come
l’aveva visto e sentito lui, non era mai stato di
nessuno. Magnus ne accarezzò nuovamente il profilo
con lo
sguardo, seguendo la curva delle ciglia nere, il movimento lento del
respiro
fra le labbra socchiuse, i capelli più spettinati del solito
che gli
ricoprivano la fronte, la pelle tonica e vibrante del torace, ricoperta
dalle
rune antiche, il petto nudo che si alzava e abbassava lentamente. Il
consueto
broncio era rilassato in un’espressione pacifica, tranquilla.
Avendo potuto
fare a modo suo, Magnus lo avrebbe lasciato dormire ancora. Ma
conoscendolo,
non gli avrebbe fatto un favore.
“Principessa
Aurora…”
canticchiò a bassa voce, pizzicandogli il naso fra le dita e
pigiandoglielo.
Come non ridere, quando gli vide fare una smorfietta quasi infantile,
con tanto
di labbra arricciate. “Sono le quattro del mattino, il mondo
dorme e il
principe Filippo sta ufficialmente svegliando la sua bella.”
Alec,
il viso ancora
arricciato, aprì un occhio soltanto. “Chi sarebbe
tutta questa gente?” mormorò,
la voce ancora impastata dal sonno.
Magnus
ridacchiò,
rubandogli un bacio. “Mondani con un gran senso
dell’attesa, considerando che
la principessa aveva oltre cent’anni e il fiato di un sonno
secolare, quando l’aitante
principe ventenne l’ha baciata.”
“Troppe
informazioni
tutte insieme,” brontolò Alec, rovesciandosi sul
fianco contro di lui e
nascondendo la faccia nel cuscino. Avrebbe poltrito con gioia, se solo
non si
fosse ricordato di sua madre a casa. Alzò la testa di
scatto, mancando di un
pelo il mento di Magnus. “Devo tornare prima che si accorgano
che non c’ero.”
Magnus
imbronciò le
labbra, restando languidamente disteso mentre Alec rimbalzava
giù dal letto.
Gli venne da ridere quando lo vide affrettarsi a cercare le mutande.
Solo
tu puoi essere timido dopo stanotte.
Ah,
Alexander.
“La
smetti di
fissarmi?”
“Chi,
io?”
“No,
il tuo gatto.”
“Ricordami
di
menzionare al Presidente che gli hai dato del guardone.”
Per
quanto indaffarato
a tirarsi su i jeans, Alec si lasciò scappare un sorrisetto
sghembo. Gli gettò
un’occhiata di sfuggita, mentre recuperava la felpa dal
corridoio. “E’ presto,
rimettiti a dormire.”
“Dopo,”
replicò
semplicemente Magnus, alzandosi. Molto meno vergognoso
dell’altro, si prese
tutto il tempo necessario a cercarsi mutande e pantaloni, senza
nascondere una
certa soddisfazione quando vide Alec stentare a chiudersi la lampo
della giacca
per guardare lui. “Hai fatto una specie di voto
all’angelo?”
“Mh?”
Alec, i capelli
sparati in aria per essersi infilato in fretta la felpa, lo
fissò confuso.
“Ci
torni scalzo a
casa?”
Alec
si guardò i piedi…
era completamente vestito, ma effettivamente non aveva le scarpe.
Borbottò
qualcosa fra i denti, cercandosi le scarpe, mentre Magnus rise di
gusto.
“La
pianti di ridere?”
“Nemmeno
per idea.”
Magnus
gli si avvicinò,
prendendo a sistemargli alla meglio i capelli. I suoi, ovviamente,
stavano su
perfettamente dritti e glitteranti nonostante
l’attività notturna. “Ti presto
un po’ di gel per questo casino?”
“Non
è il mio stile,
lasciali così.” Alec si rimise in piedi, questa
volta vestito per intero.
Inspirò profondamente, come se solo in quel momento avesse
realizzato che se ne
stava andando. Uncinò le dita al bordo dei pantaloni felpati
dello stregone,
abbozzando un sorriso. “Se non hai da fare, posso ripassare
domani. Cioè, oggi
in realtà. Insomma, stasera.”
“Non
mi devi sempre
chiedere il permesso di venire, lo sai?” Magnus gli
passò un dito sotto il
mento, sollevandoglielo per poterlo baciare. Era inteso come un piccolo
bacio
fugace, ma Alec gli si avvinghiò ai fianchi, e la cosa si
protrasse. Ci volle
parecchia forza di volontà per tirarsi indietro, e non
trascinarlo di nuovo sul
letto ancora disfatto. “O fili via adesso, o ti faccio
tornare direttamente
domani a casa tua.”
Alec
sorrise,
arretrando di un paio di passi. “Ok, allora.”
“Aspetta,”
Magnus
schioccò le dita, e il ragazzo si ritrovò in mano
una piccola chiave di ottone.
“Così non avrai bisogno di citofonare ogni
volta.”
Alec
osservò stupito la
chiave, prima di infilarla nella taschina della giacca, offrendo allo
stregone
un sorriso contento. “Grazie.”
Magnus
incrociò le
braccia al petto, rispondendo al cenno di saluto e restando ad
osservare mentre
Alec saltellava giù per le scale, evidentemente di
buonumore. Schioccò le dita
ancora una volta… e gli vide apparire
all’improvviso in mano un sano caffè
rubato dallo Starbucks a pochi isolati. La bevanda calda, apparendo di
colpo,
sie ra rovesciata in parte sui jeans. Alec fece una smorfia e si
voltò con il
suo solito broncio, e Magnus, facendo un enorme sforzo per non ridere,
sollevò
le mani in cenno di scuse. Quando chiuse la porta, si lasciò
andare alla risata
che quella faccia imbronciata meritava.
Ottocento
anni, e restare fregati da un ragazzino.
Si,
sono io.
Magnus
Bane, grande stregone di Brooklyn.
E
gran rincoglionito.
Ma
che bello, quante
recensioni *____* grazie!!! Non prevedevo di finire così in
fretta questo terzo
capitolo, ma devo dire che mi ha ispirato una canzone che secondo me
è
tantissimo Magnus/Alec (soprattutto in COLS), “Please
don’t go” dei Barcelona…
com’è struggente ç_ç
e un’altra
ispirazione, devo dire, è stata questo picspam (che ha
inquadrato Alec e Magnus
proprio come li vedo
io): http://piccolo-poo.livejournal.com/46437.html
Chibikitsune:
grazie infinite *___* è uno dei complimenti più
belli che potessi farmi! Comunque concordo, e ti dico che se ancora non
hai
letto l’ultimo libro di Cassandra, City of Lost Souls,
lì c’è molto più di
Magnus/Alec :P
Mizar:
ma quanto
sei dolce *^^* in effetti si, mi sono sempre immaginata Magnus un bel
mix di
modernità e buone vecchie maniere da gentleman :D
Adamantina:
grazie mille
anche a te, cara! Anche io adoro Alec e anche Magnus :D comunque non ti
sei
sbagliata, Magnus ha davvero ottocento anni… solo che
all’inizio, il furbone ad
Alec ne millanta trecento :D mi sembra sia in Città di
Cenere che Alec lo
scopre, con Magnus che fa il vago “700…
800… tanto non li dimostro!” ahahaha XD
IWillFindTheWords_J:
oh
ma grazie *__* anche io li adoro moltissimo, e sì, ho letto
tutta la saga. Calcola
che però io i libri di Cassie li ho letti in inglese,
preferisco di gran lunga,
anche perché altrimenti morirei nell’attesa, i
tempi di pubblicazione qui in
Italia sono geologici -___-
Un
bacio a tutti e
grazie sempre! Alla prossima!