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Autore: Blue Drake    09/06/2012    1 recensioni
Questa è una storia senza futuro.
Questa è la storia di un passato senza coscienza.
Questa è la storia di un presente fra le ombre.
Questa è la mia storia.
Non sono sempre stato crudele. Non sono sempre stato freddo, cinico ed egoista. Un tempo non lo ero. Un tempo ero un bravo ragazzo, un ragazzo come tutti: normale.
Ma ci sono esperienze che cambiano la vita. Che ti strappano alla normalità, e ti privano di speranze e sentimenti.
Un tempo non era così. Un tempo io ero un uomo. Ed ora? Ora sono solo un'ombra...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dentro e Fuori dall'Agenzia'
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Capitolo 40

31 dicembre 1970 - "Notte insonne"

 

 

Riuscii perfino a laurearmi. Con enormi sforzi e ben sette mesi di ritardo. Ma alla fine ottenni quel maledetto titolo: architetto.

Avrei dovuto esserne orgoglioso. Avevo sudato tanto per arrivarci. Chris saltellava su e giù ogni due secondi - peggio di un bambino a cui avessero promesso un lecca lecca - sia il giorno precedente che il giorno stesso della cerimonia ufficiale. Sembrava proprio fuori di sé dalla gioia. La sua evidente felicità mi rese appena un poco più sereno del solito. Era bello sentire la sua eccitazione che gli dava alla testa.

Sorrisi, quel giorno. Infagottato in una scomodissima uniforme, mi incollai addosso la mia migliore espressione raggiante e fiduciosa. Desideravo che tutto filasse liscio, che il mio Chris fosse orgoglioso di me. Desideravo anche strappare di mano al Cancelliere quel cazzo di rotolo di pergamena e scomparire in camera mia, per i prossimi due o tre giorni. Ma non volevo fare del male all'unica persona al mondo che ancora credeva in me. Sarei stato forte. Avrei abbagliato tutti con il mio sorriso ed avrei concluso per il meglio quella lunghissima e faticosa giornata. E poi me ne sarei andato a letto, a recuperare le energie spese in quella difficile interpretazione del neo-laureato emozionato e raggiante.

 

 

Detesto mentire. Lo faccio solo ed unicamente quando sento che la verità ferirebbe qualcun altro, oltre a me.

Di me stesso non mi preoccupo più molto ormai. Qualunque tipo di verità, non sarebbe comunque in grado di peggiorare il mio stato d'animo. Accetto qualunque cosa. Non ho più neppure la forza di protestare.

L'unico, vero motivo che mi spinge a non abbassare mai la guardia, a continuare a lottare, a superare anche i giorni più neri, è la promessa che, un giorno ormai lontano e quasi dimenticato, feci al mio unico, vero amico.

Non ho mai smesso di proteggerlo. Lo faccio continuamente, anche e soprattutto da me stesso.

E la stessa cosa fa lui con me: si prende cura di me, mi protegge da un mondo a cui non riesco ad appartenere, ed a volte corre a proteggermi anche da me stesso.

 

 

Come oggi, ad esempio.

Ho tentato, in tutti i modi, di raccogliere le forze per superare quest'anno così difficile. Con il suo aiuto, sono perfino riuscito ad aprire uno studio tutto mio, a procurarmi dei lavori di rilievo, clienti che sembrano sinceramente interessati al mio operato.

Ma ho esaurito le energie. Avrei bisogno di staccare. Mi servirebbe una pausa, un momento per tirare il fiato ed allentare la tensione. Sono stanco. Gli ultimi giorni mi hanno risucchiato la poca forza che mi rimaneva. Ed ora vorrei solo chiudere gli occhi, ed addormentarmi.

 

Ma quel dannato telefono non vuole smetterla di suonare! Mi scoppia la testa. Dovrei rispondere. Ma so perfettamente chi è. So perché è tanto insistente. So benissimo quello che mi direbbe. Non voglio sentire. Non ora. Non... oggi.

«BASTA! Chris... basta, basta, basta!»

Ma perché mi sono trovato un amico così rompicoglioni? Perché?! Sollevo il ricevitore - con il profondo desiderio di farlo a pezzettini - e ci grido dentro;

«Piantala! Porca puttana!»

«Jules...»

Non fa in tempo a dire altro, perché ho già riagganciato.

Mi ficco le mani nei capelli, tentando inutilmente di riprendere fiato, di calmarmi. Il telefono, grazie al cielo, ha smesso di suonare. Disgraziatamente, poco dopo, ci pensano i primi di una lunga, estenuante serie di fuochi d'artificio, a spaccarmi i timpani - e qualcos'altro -

«Non è possibile»

Piagnucolo esasperato. Un uomo non può nemmeno morir... ehm... dormire in santa pace.

 

Un'ora più tardi, qualcuno bussa alla mia porta. Non mi scomodo né ad aprire né ad alzarmi. Lo scocciatore di turno riesce comunque ad entrare - forzando la serratura: Chris ha un dono innato da scassinatore -

«Jules»

«Che vuoi?!»

Lo sento sospirare. Si avvicina ed infine si siede sul materasso al mio fianco.

«Jules, stai bene?»

«No. Sparisci»

«Non posso. Lo sai che non lo posso fare»

Gemo, sconfortato, «Perché? Perché non puoi lasciarmi in pace?»

«Perché ti voglio bene. Non voglio che ti succeda nulla di male»

«Tsk! Non mi succederà niente. Ora te ne vai?»

«No. Non posso crederti...»

Mi irrigidisco, quando lo sento distendersi accanto a me.

«... Non me ne vado, Jules. Non finché sarò certo che domani potremo festeggiare insieme i tuoi ventotto anni»

Sospiro, «Sei esasperante. Te l'ha mai detto nessuno?»

Lui ridacchia, solleticandomi un orecchio.

«Sì, in molti, in effetti»

All'improvviso il suo tono è serio e preoccupato.

«Ho visto quanto stai male. Non sono cieco. Queste ultime settimane sono state difficili, ma... Non voglio che tu ti arrenda proprio ora. So che puoi farcela. So che sei abbastanza forte»

«Non è vero», protesto debolmente.

«Sì invece. In questi anni ti ho visto superare così tanti ostacoli. Forse tu non te ne rendi conto, ma sei una persona in gamba e... speciale»

«Io... sono solo uno spreco di tempo e denaro»

«Questo non è vero! Sono solo menzogne, Jules. Non ho idea di chi te le abbia messe in testa, ma ti giuro che non è così!»

«Eppure... io mi sento... inutile e... vuoto e... e... Chris...?»

«Sono qui. Jules, sono qui. Per favore, fidati di me»

«Mi fido di te... Ma non mi fido di me stesso»...

 

   
 
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