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Autore: AhiUnPoDiLui    10/06/2012    0 recensioni
Questa raccolta di racconti potrei definirla un insieme di resoconti letterari, resoconti di vicende comuni, quotidiane; vicende che hanno suscitato in me alcuni pensieri, che magari arriveranno sino a voi. Dedicata a G.V.
Racconti pubblicati:
1-Concerto;
2-Coincidenze;
3-Giochi di ruolo;
4-Silenzio.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Coincidenze

 

Non v’era molta logica, ma va così, che decidono di fare a modo loro, secondo chissà quali principi, e bisogna accontentarsi, tanto non t’ascolterebbero. << Almeno Fabrizio c’aspetta >> ripeteva la Nadia, tremando per l’alzheimer, perché in effetti Fabrizio li aveva sempre aspettati, e almeno il martedì e il giovedì si poteva star sicuri di arrivare a casa secondo l’orario.
         Un tempo chi andava a Rovigo, partendo da Padova, ne aveva una ogni ora, di corriera, e certi giorni pure ogni trenta, o quaranta minuti, e in ogni fascia oraria. S’eri studente, che il cartellino non l’hai da timbrare, potevi prendere ed andare in stazione in qualsiasi momento, e senza nemmeno controllare l’orologio. Un quarto d’ora, massimo mezzora quando ci si mette la sfiga, ed eccola comparire da dietro il solito angolo, tutta blu, coi riflessi luccicanti del sole, e quel Rovigo arancione lampeggiante sulla fronte, la corriera. Forse è vero che ce n’erano sin troppe, neanche a Rovigo ci fosse qualcosa da fare … Colla nuova sistemazione però era proprio uno schifo: dalle tre di pomeriggio alle otto di sera avevano abolito ogni corsa diretta per Rovigo; se un tempo avevi voglia di tornare a casa per le quattro, quattro e mezza, e chi te lo impediva?, mentre adesso bisognava infilarsi nell’altra linea, e cioè aspettare di vedere un Montagnana arancione venir fuori da quell’angolo, salirci, arrivare a Monselice, pregare il Signore che la coincidenza per Rovigo vi fosse anche oggi, e prenderla al volo, quasi di corsa. Del traffico non si tiene mai conto, maledetti matematici, quando si fanno simili conti, e quell’autista che t’aspetta a Monselice per scarrozzarti a Rovigo non può mica star lì delle mezzore di ritardo, con le vecchiette che son montate a Monselice che ti cacciano fuori un putiferio, anche loro hanno pagato il biglietto, e si vuole partire in orario. E allora capita di dover girarsi i pollici per intere mezzore, là a Monselice, tanto che la Nadia ha ricominciato a fumare, ma a scrocco, sennò fa male.
         << Almeno Fabrizio c’aspetta. >> Fabrizio! Coi baffoni, e la panciotta! Col sorriso paterno, anzi no, da zio, perché il padre ha da insegnare, lo zio vuol solo far ridere! Con quegli occhietti da topone, e il capello brizzolato, che se fosse stato magro ne veniva fuori un George Clooney nostrano, ma tanto a lui non gliene importa. Lui sì ch’era una buona anima, ad aspettare sempre sino all’ultimo, anche a dispetto delle vecchie di Monselice, che avranno pure pagato il biglietto, ma l’han pagato pure gli altri, quelli che arrivano da Padova, e in culo a tutti. C’era stato anche l’episodio della Francesca, un’altra che prendeva sempre la corriera assieme alla Nadia; se Fabrizio non avesse aspettato che arrivasse la loro Montagnana, che quel giorno era parecchio in ritardo, ella avrebbe dovuto attendere una buona oretta a Monselice prima di un’altra Rovigo, sarebbe arrivata tardi a casa, troppo tardi avrebbe visto quei piedacci della suocera spuntare da dietro il divano, dov’era caduta come un sacco di pere, e i soccorsi non l’avrebbero certo tenuta in vita per i capelli. Francesca poi, commovendosi, gli aveva portato su un vino dalla cantina del marito, a Fabrizio, che l’autista ci s’era leccato i baffi, visto che lei, come gli altri, lo sapeva bene il vizietto del personaggio, quell’unico che si concedeva. E tutti quand’era lui a portarli in giro si sedevano nei sedili davanti, vicino la sua poltrona, a farsi compagnia, mentre in genere stavano sparpagliati, con gli altri autisti, ciascuno colle proprie fisime, un po’ qua, un po’ là, ad ascoltare la canzone sputata fuori dal cellulare del solito marocchino, o le chiacchiere sibilanti delle adolescenti che sparlacciano delle amiche. << Tanto Fabrizio c’aspetta sempre, quella buona anima >>, e lì erano tutti amici, perché c’era quella buona anima di Fabrizio.
         Quel giorno la signora Nadia, la Francesca, e tutti i soliti, cioè quello grasso che non parla mai, Michele e Giulio, salirono come di consueto sulla Montagnana delle sedici e trenta, a Padova. L’estate era sprizzata fuori da tutte le parti, e la campagna ondeggiava lussuriosa ai baci del vento, e i fianchi dei Colli Euganei discendevano spandendo tronchi e chiome per la pianura. Là nel bus era come stare in forno, perché a quanto pare nel biglietto non è inclusa l’aria climatizzata, e in effetti qualcuno lanciava occhiatacce all’autista, come se anche lui non ne soffrisse. Ma presto, rispetto il solito, furono coperti dall’ombra del piccolo colle, sopra cui tondeggiava la Rocca di Monselice. La Nadia si stiracchiò, senza esagerare mi raccomando che ti spezzi la schiena, e la Francesca tentava di infilare in quella borsetta che pare un portafoglio l’ultimo romanzetto di segretarie e bei capi che s’era comprata. La corriera ondeggiò come un ubriaco balordo, e le porte si spalancarono, con un soffio elettronico. Discesi, e col sole in faccia, prima ancora che potessero indovinare quello che stava succedendo, videro una corriera muoversi, accennando i primi movimenti. Che caldo, che afa, e dov’è Rovigo? Non sarà mica quella? No, non può essere, oggi c’è Fabrizio. Così rimasero a guardare mentre la loro corriera se ne andava senza di loro.
         Il primo a capirci qualcosa fu Giulio, che si mise a correrle dietro, mentre Fabrizio fuggiva come un dannato diavolo. L’autista doveva avere qualcosa che gli faceva prurito sul collo: volle il caso che si voltasse verso il finestrino per grattarsi meglio, e vedesse gli occhi tutti esplosi per di fuori, le braccia protese verso di lui e le gambe galoppanti dello stremato Giulio. Fermarsi in curva e lontano dalla fermata era da galera, ma non c’era nessuno nei paraggi, né quelli erano i giorni dei controlli. Dalla stazione, quegli altri tirarono un sospiro di sollievo quando videro la freccia lampeggiare sul fianco della corriera.
         Salirono col muso lungo, e Fabrizio sorrideva. La Nadia si mise in terza fila, nel sedile vicino al finestrino, la Francesca aveva una bocchetta stitica, e non diceva nulla. Giulio montò per ultimo, lui sì era un galante. Aveva una faccia da funerale, e Fabrizio strabuzzò gli occhi.
         << Giulio! >> disse. << Cosa … ? >>
         << Non si aspettano nemmeno dieci minuti … ? >> mormorò Giulio, che ribolliva di santa indignazione, e per di dietro le altre annuivano. Fabrizio sbiancò.
         << Nemmeno … ? >>
       << No, dico, va beh, sarà che dovete far così … sarà politica aziendale! >> borbottava Giulio, andandosi a sedere. Fabrizio non pigiava ancora sull’acceleratore.
         << C’è stato uno sbaglio … ! >> cominciò.
         << Hanno fretta, Giulio >> diceva intanto la Francesca, << sono lavoratori, non hanno mica tempo da perdere, questi autisti … >>
         << Lavoro anch’io! >> fece Giulio.
         << Vi ripeto >> riprese l’autista, << che c’è stato uno sbaglio … Non è stata certo colpa mia se di là … >>
         << Siamo dei perdigiorno, noi >> aggiunse Giulio, scrollando il capo, che c’aveva pure le sue motivazioni. Fabrizio avvampò.
         << Allora! >> e pigiò di foga il pulsante con cui si chiudono le porte, << mica è colpa mia s’è arrivata con trenta minuti di ritardo la corriera per Montagnana che avrebbe dovuto arrivare prima della vostra … ! >> La Nadia schioccò la lingua, perché li conosci questi tipi qua come sono. La Francesca aveva sempre quella bocchetta là. << Cosa volete! >> continuò Fabrizio, << io so che la vostra arriva circa per le cinque e un quarto, e m’arriva un Montagnana alle cinque e dieci … Ho pensato: sarà in anticipo! Come facevo a sapere ch’era la corriera prima, con trenta minuti di ritardo, e non la vostra? Ho pensato che c’eravamo, non avevo più nulla d’aspettare, e si poteva partire! >>
         << Ah, beh … ! >> fece Giulio, << ah, beh … ! >>
         << Capite? Sarà in anticipo, ho pensato! >> Ripresero a muoversi.
         << Eh, se è così … >> mormorava la Francesca, scuotendo il capo di qua e di là. Fabrizio li guardava dallo specchietto colla bocca spalancata. Presto cadde un silenzio da cimitero. Fuori dal finestrino cominciavano ad indovinarsi i primi colori del tramonto. Dalle bocchette veniva fuori una gradevole frescura climatizzata.
         << Va bene, dai >> disse Giulio dopo un po’, << l’importante è che non succeda più. >>

        

           

           

  
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