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Autore: dreamcatcher___    11/06/2012    5 recensioni
“Porca puttana Harry, è possibile che non ne fai una giusta?” “Mi dispiace, rimedierò.” “Ti conviene.” Aggiunse Matt.
“Hai altri dieci giorni Styles, capito?”
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scusatemi per il ritardo, ma questi giorni sono stati un pò stressanti. çç
Spero di aver fatto un buon capitolo, a me non convince molto.



HARRY.
Mi faceva ancora male la testa per aver picchiato contro la strada e non mi accorsi che mi avevano letteralmente strattonato dentro la macchina della polizia.
Non era la prima volta che venivo sbattuto dentro, ma quelle erano accuse leggere, come aver rubato un’auto o dato fuoco a qualcosa in giro per il quartiere.
Avevo smesso di cercare alcol e droga per i miei amici e se ora stavo andando in prigione di nuovo era perché sicuramente uno dei tre aveva fatto la spia dicendo che a casa ero pieno di quella roba, che in realtà era solo per loro.
Arrivati davanti la prigione, venni malamente trascinato fuori dall’auto e preso per i polsi da uno dei quattro poliziotti e mi portarono dentro.

Quella fottuta tuta arancione che ci obbligano a indossare è scomodissima e cosa peggiore prude dappertutto.
Avevo cucito sopra il numero 984.
Mi sentivo uno di quegli ebrei nei campi di sterminio.
La cella era minuscola e la condividevo con un ragazzo più alto di me, muscoloso e con un dragone tatuato sul collo.
Questo mi spezza le ossa, me lo sento.
Mi sdraiai con le braccia dietro la testa sul letto libero che si trovava addosso alla parete.
Chissà che pensava Amber. Le facevo schifo, sicuramente.
“Perché sei finito dentro?” La voce roca e spaventosa del mio ‘compagno di cella’ mi fece sobbalzare.
Mi voltai e lo vidi seduto sul letto con le braccia sulle ginocchia che mi fissava.
Mi sedetti anch’io allo stesso modo. “Hanno fatto la spia, dicendo che sono pieno di droga. Tu?” “Spacciavo.” “Capito. E quant’è che sei qui?” “Due settimane.”

Mi girai dalla parte opposta del letto ancora una volta.
Il mio compagno russava beatamente e il rumore echeggiava nella cella semivuota.
Avvolsi la testa nel cuscino per diminuire quella tortura e cercai di prendere sonno, nonostante il materasso duro e il lenzuolo che arrivava a coprirmi solo fino alle spalle.
Il rumore dei passi dei poliziotti mi fece riaprire gli occhi di scatto e grazie alle pochi luci dei corridoi riuscii a vedere tre di loro che facevano il solito giro d’ispezione.
Sbuffai, e pensando ad Amber, senza accorgermene mi addormentai stremato.

La mattina seguente, ci servirono su un vassoio quella che secondo loro era la colazione.
Guardai schifato il contenuto giallognolo e appiccicoso del piatto mentre Karl, il mio compagno ci aveva già immerso il viso.
Scossi la testa e andai a sciacquarmi il viso nel lavello che c’era in un angolino.
Bagnai il punto in cui il labbro era rotto perché ancora bruciava.
Se entro due giorni non mi fossi fatto una doccia sarei impazzito.
“Styles?” Mi spaventai al richiamo di un controllore. “Styles!” “E-eccomi.” Uno di loro mi chiamava da fuori le sbarre. “Hai una chiamata.” “Cosa?” “Zitto e vieni.”

AMBER.
Giravo a vuoto per i vicoli della città con la mappa in mano.
“Si, deve essere qui.” Girai l’ennesimo angolo, ma niente, solo case, case, e ancora case.
Stupide mappe! Perché le fanno così complicate?
Una signora con delle buste stava attraversando le strisce, così decisi di chiedere informazioni a lei.
Con un po’ di difficoltà arrivai.
Le prigioni nei film fanno un altro effetto.
Deglutii e dopo aver preso un bel respiro, entrai nell’enorme portone nero.
“Cerco Harry Styles.”

Un agente, credo, o almeno uno di quegli uomini con un’espressione spaventosa sulla faccia mi portò davanti ad un vetro dove lì accanto c’era appeso un telefono.
Dopo pochi minuti lo vidi arrivare a testa bassa scortato da un poliziotto che lo teneva saldamente per il braccio e lo fece sedere sullo sgabello. Entrambi rimasero dietro di noi.
Indossava un’orribile tuta arancione unica a maniche corte con un numerino cucito sotto la spalla.
Lui alzò la testa e quando i nostri sguardi si incrociarono gli si illuminarono gli occhi quanto me.
Afferrò il telefono alla sua sinistra e lo stesso feci io. “A-amber.” “Ciao Harry.” Dissi a bassa voce per evitare che mi tremasse. “Che…ci fai qui?” “Sono venuta a trovarti.” “No Amber, devi starmi lontano, capito?” “Scordatelo, io voglio aiutarti Harry.” “No! Amb, sono senza speranze, chiuso di nuovo dietro le sbarre. Devi andartene.” “Non ho fatto tutta questa strada per sentirmi dire di andarmene. Io non ti lascio qui dentro, capito?” Imitai il suo tono di voce. Sorrise appena e coinvolta sorrisi anch’io. “Non mi lasceranno uscire tanto facilmente.” “Sarai fuori, te lo prometto.” “No, non promettere. Io non mi merito nulla.” “Harry…” Non rispose. “Harry, guardami!” Sollevò lo sguardo e io poggiai una mano sul vetro. Dopo poco lui fece lo stesso e non riuscii a trattenere gli occhi lucidi. “Sai, ti dona l’arancione.” Rise, mettendo in mostra quelle adorabili fossette.
I due ci vennero in contro contemporaneamente per dirci che il tempo era scaduto. “Ti aspetto.” “Tornerò.” Staccammo le mani la vetro dove lasciammo delle evidenti impronte. Vidi Harry sparire dietro un muro e io fui condotta all’uscita.
  
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