Hola! Sono di nuovo qui. Questa fanfic
è stata una pensata di cinque minuti, non so come mi è venuta fuori. Poco fa
sotto la doccia. ^__^
Ringrazio Darkrin, Sellenegatto
e Lightangel. In particolare, vorrei ringraziare Darkrin, perché è grazie a lei se ho scoperto una
bellissima canzone quale è Poison.
L’ho sentita sul suo blog, vedendo
un AMV su Sasuke e Itachi
che, tra l’altro, era bellissimo. Sei stata brava a scovarlo!
E vi avviso, il tema di questa fanfic non è un affare
piacevole....
Don’t call my name [It’s late
now.]
[Non sto
facendo la cosa giusta]
[Ma
è ciò che voglio fare]
Passò come un’ombra tra gli alberi, nascondendosi dietro di essi.
Ma per fortuna era tutto deserto; non passava nessuno
su quella via, se non il vento, che avvolgeva tutto nelle sue fredde spire.
L’ombra si chiese un’ultima volta se stesse facendo la
cosa giusta.
Inconsciamente, sapeva che ciò che stava facendo era....un
male?
Che importanza ha, dopotutto.
Le sue mani carezzavano leggermente i tronchi nodosi degli alberi, quando vi si
appoggiava. Nonostante non sembrasse averne bisogno, durante
la sua folle corsa.
Un tocco fantasma.
Il cielo su di lei era tutta un’esplosione di stelle,
nuvole, foglie danzanti sulle vuote spirali del vento.
Era come se qualcuno avesse gridato.
Le fronde nere sembrarono piegarlesi addosso,
stringerla nella loro morsa, e toglierle il fiato.
Ma non poteva lasciarsi distrarre, no.
Lui non aspetterà a lungo. Devo fare in fretta.
Aveva anche paura. Le stava annebbiando la mente, non riusciva più a pensare a
nulla, se non che doveva farcela.
Da tanto, ormai, non pensava più razionalmente.
Finché era arrivata addirittura a tradire il suo villaggio.
[La
sua famiglia]
Di nuovo, una fitta le attanagliò il cuore.
Ma non poteva avere ripensamenti. Non una volta
arrivata a quel punto.
Doveva essere vuota, nonostante stesse tradendo tutti coloro
che la amavano.
[E
per tradimento sarai condannata]
Ecco, c’era quasi. Non si sarebbe fermata. Sarebbe uscita dagli alberi. Sarebbe
entrata nella radura.
Non aveva paura. Stava solo controllando. Non si era fermata perché aveva un
ripensamento.
Mosse il primo passo, incerto e traballante. Poi il secondo, ed ad essi ne seguirono altri.
Ce l’aveva fatta. Era forte.
Eccolo là.
Allora non mentiva. Era venuto davvero.....per lei,
solamente per quello.
Alto. La sua veste nera frusciante lo faceva sembrare una delle tante sagome
nere degli alberi. O ad un corvo.
[Comunque, a nulla di naturale]
Non si voltò verso di lei, ma la ragazza intese perfettamente che aveva avvertito il suo arrivo.
Non si vedeva molto di lui, completamente nascosto nel suo abito a collo alto.
Le mani non fuoriuscivano dalle maniche.
Era un mukenin di livello S.
Ed era interessato a lei. Ne era
stata molto lusingata.
[Itachi Uchiha...ninja traditore di livello S...è qui per me, me solamente]
Il tempo rimase congelato come un rigagnolo d’inverno. Non ne
avvertì lo scorrere crudele e silenzioso.
Poi, finalmente, il corvo parlò.
-Sei sicura di voler venire, Haruno
Sakura?-.
Tsk. La stava mettendo alla prova. Il suo orgoglio,
maturato in quegli anni in cui era stata accettata pressochè
da tutti, non gradì.
Ma non doveva irritarlo. Sapeva quanto poteva essere
pericoloso provocarlo.
Era come tentare di tenere tra le braccia un lupo rabbioso. Il rischio non valeva la pena.
La tensione era palpabile.
Il buio era una tela intonsa, su cui le sue fortissime emozioni venivano dipinte dal suo respiro affannoso.
-Sì, lo sono-, rispose con una certa irritazione nella voce, che non potè trattenere.
Lui non fece una piega. Non si girò nemmeno verso di lei.
Questo contribuì ad irritarla maggiormente.
Si ritrovò presto a pensare di avere assunto un brutto carattere.
[Colpa di Sasuke, sicuramente]
Il corvo decise che era ora di guardarla in faccia, così le fece il favore di
girarsi.
Fino a quel momento, aveva pregato mentalmente che si
girasse verso di lei.
Quando lo fece, pregò che distogliesse lo sguardo.
I suoi occhi rossi la scrutarono come se volessero frugarle dentro alla ricerca di qualcosa che non andava.
Era un’idea stupida, che potesse vedere dentro di lei.
Ma era meglio non dare nulla per scontato.
C’erano così tante cose che di lui erano segrete, che lui stesso poteva essere
considerato un segreto della natura.
Sakura non era una che amava la poesia, ma non potè fare
a meno di versificare sui suoi occhi, simili a due
cancelli spalancati sull’inferno.
In effetti, quegli occhi così in contrasto sul suo corpo interamente nero,
erano l’unica cosa che pareva viva.
Sembravano dardeggiare verso di lei come lingue scarlatte di
serpente, sibilante nell’oscurità.
-Allora, seguimi-, le sussurrò.
Sakura non disse di sì. Non fece un cenno di assenso.
Quello era stato un ordine.
Itachi iniziò a correre, senza controllare che la
ragazza lo seguisse per davvero.
Non aveva alcun dubbio, al riguardo.
Sakura, dal canto suo, a seguire da lontano qualcuno, ci era
fin troppo abituata.
Non aveva più voglia di vedere solamente la schiena di qualcuno.
Così aumentò la velocità della sua corsa, arrivando al fianco di Itachi, che la guardò di
sfuggita.
Forse ha capito, pensò
Sakura.
Probabilmente lo conosce, il motivo per cui ho
accettato una cosa simile.
Vendetta. Quante volte ne aveva sentito parlare, di vendetta. Il più delle
volte, rivolta proprio verso colui che correva al suo
fianco. Da qualcuno così simile, sia nel fisico che
nella mente. Era terribilmente ironico, pensò.
Lei, che di altro non aveva sentito parlare se non vendetta,
ora stava tradendo migliaia di persone per lo stesso, stupido motivo.
Effettivamente, tra tutte le futilità, essenzialmente prerogative umane, tra le
prime vi era
Sape
Così, come il leggero rumore ovattato dei loro passi sui rami, il passato era
svanito. Uno sbuffo di fumo, e nulla più.
Non più gli allenamenti con i suoi amici. Niente più scherzi. Ora c’era il
futuro, fatto di sangue, odio e dolore.
[Ecco,
Sasuke. Ora sono come te. Sei
contento, vendicatore?]
Decise di concentrarsi su ciò che aveva davanti fisicamente. La strada, gli
alberi. Poi si arrischiò a guadare Itachi.
Non l’avesse mai fatto. Alla sua immagine se ne sovrappose un’altra, più
sfocata, più piccola, ma ugualmente fredda.
Scosse la testa, e riprovò ad osservarlo. Ora i lineamenti erano quelli di Itachi, ma se socchiudeva gli
occhi, poteva ancora vederci Sasuke.
[Uno dei tanti residui di ciò che fu]
Ora non lo chiamava più “Sasuke-kun”. Ora era solo Sasuke, un bastardo traditore, feccia. Non tanto per aver
tradito Konoha. Per aver tradito lei. Lei che, nel
suo amore morboso ed ossessivo, si era illusa di essere
qualcosa per lui.
Ma ora era cresciuta. Gli avrebbe fatto vedere. Anche
lei era stata in grado di tradire il villaggio.
Che poi era ciò che lui considerava un impedimento per
i suoi piani.
Ingrato!
Ma non avrebbe permesso che con Itachi
divenisse lo stesso.
Lui sarebbe stato un mezzo per diventare più forte.
[Itachi Uchiha... un “mezzo”? Quale
presunzione!]
Ora erano molto lontani dal villaggio. Non lo poteva più vedere. Non sapeva
nemmeno dove esattamente stesse andando. Perfetto.
Ma era meglio così.
[Vi
ricorderete ancora di me, la mattina dopo?
Ve ne ricorderete, quando ci sarà qualcuno che casualmente mi nominerà?]
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I mesi che seguirono furono densi di ciò che aveva previsto. Dolorosi,
frustranti....insieme ai membri dell’Akatsuki. Sapeva che fossero crudeli, ma non fino a quel
punto. Ma aveva imparato ad uccidere, stando insieme a loro.
Le sarebbe servito...aveva acquisito l’autocontrollo
necessario a veder scorrere il sangue di qualcuno senza provare nulla.
All’inizio la portavano con loro solo per presenza.
Poi, iniziarono a farle fare qualcosa. Aveva ucciso
anche lei molta gente, in quei sei mesi.
Ma era una sola persona, quella che lei voleva
uccidere.
Quello era solo...come dire...allenamento.
[Per
l’Akatsuki...o per me?]
Ogniqualvolta sentiva il sangue scorrere tra le sue dita, e sentiva la vita
fluire via attraverso esso, percepiva tra le sue mani un grande
potere.
Il potere di chi ha in pugno la vita altrui, e ne può fare ciò che vuole. Era
una cosa che la faceva sentire bene con se stessa. Aveva scoperto il suo lato
malvagio, crudele, e non aveva remore a mostrarlo.
Sempre più raramente le tornavano alla memoria pezzi della sua vita passata.
Ormai, non la tormentava più, e lei non cercava conforto in esso.
Si stava perdendo.
[Uno sbuffo di fumo grigiastro]
Stava lentamente ed impercettibilmente perdendo se stessa, senza accorgersene,
tanto lento il cambiamento avveniva.
Durante la notte, il buio non era più il dipinto delle sue emozioni, ma era le sue emozioni stesse, trasformate e rese nere come il
vestito che, dopo un anno, iniziò ad indossare. Il lungo
abito nero e rosso dell’Akatsuki
[Il segno più tangibile del mio peccato]
che contrastava visibilmente con i suoi capelli albini.
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Così come lei aveva perduto se stessa, anche a Konoha
venne a mancare qualcosa.
[Non tutti avvertivano la sua mancanza, ma alcuni ancora si chiedevano il
perché della sua scomparsa]
Per gli abitanti, la vita continuava anche senza di lei; alcuni sentirono la
sua mancanza, ma presto tornarono a ciò che erano prima, nonostante l’unica
cosa che di lei rimaneva fosse un fantasma che aleggiava solamente nei loro
sogni.
Perché ormai, lei non c’era più. La vecchia Sakura si
era persa nella brezza che tutti loro assaporavano ogni mattina.
[Per i nostalgici, c’è ancora il suo corpo]
Ma ad Itachi, non poteva importare
nulla.
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Sakura, dopo tutto quel tempo, si era molto legata ad Itachi.
Il suo maestro.
Colui che aveva maggiormente visto durante quei mesi.
A volte si sorprendeva a fissare la sua forma impalpabile ed inafferrabile,
mentre lui stava contemplando qualcosa di altrettanto impalpabile ed
inafferrabile.
Era così simile a Sasuke...quasi uguale.
Guardandolo, le pareva di vedere lui.
Era in quei rari momenti, che i suoi ricordi tornavano a tormentarla.
I suoi antichi sensi di colpa tornavano a roderla come tarli implacabili, che
la consumavano fino all’osso.
Ogni volta, sperava che, qualora si fosse girato,
avrebbe visto Sasuke. Tuttavia, era sempre e solo Itachi colui il quale la fissava freddamente.
La bruciante delusione la faceva promettere di dimenticarsi; ma ad ogni situazione
simile, tornava a sperare.
[E’
Itachi, non Sasuke]
Ma forse sono la stessa cosa....
[E’ Itachi, non Sasuke!]
ITACHI!
Itachi stava diventando qualcosa di più sebbene, la notte in cui aveva accettato di andare con
lui, si fosse tacitamente promessa di evitarlo.
Un....amore.....morboso ed ossessivo, così come era stato con Sasuke.
[Forse è destino, che io viva così.
Maledetta da qualcuno, che non so nemmeno chi sia]
Era un segno, forse? Significava che sarebbe morta di notte, con l’inferno
davanti ai suoi occhi?
[Ecco
un’altra mania umana, comprendere la vita per simboli]
Ma Sakura aveva deciso di non preoccuparsi più di
queste cose. Continuando ad uccidere, nessuno avrebbe ucciso
lei.
Tanto, se pure la vita aveva deciso di perseguitarla, le avrebbe almeno fatto un favore: sarebbe riuscita ad uccidere il
colpevole di tutto ciò. Il burattino che essa aveva tenuto in mano e di cui
aveva teso e rilasciato i fili fino a raggiungere il suo odioso scopo.
[Sasuke Uchiha, il vendicatore della
sua famiglia]
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Un altro scontro. Altro sangue stava macchiando l’erba che, a forza di ricevere
sangue, per vivere, al posto di acqua, stava
diventando scarlatta anch’essa.
Ormai tutto era scarlatto.
La terra.
L’erba.
Le foglie.
Il cielo sembrò riflettere la terra, divenendo rosso a sua volta.
Almeno, era quello che Sakura pensava.
Anche gli occhi che vedeva più spesso erano rossi, con
solo qualche punta di nero.
Stava passando come una falce mortale tra i ninja
nemici, che una volta erano stati suoi amici, distruggendo le
loro vite come se nulla fosse stato.
Ecco, aveva appena fatto cadere l’ultimo. Non lo guardò. Calpestò la maschera
recante una grottesca imitazione del muso di un gatto, che gli era caduta. Non
le interessava sapere chi fosse stato.
No, sul serio. Per me, il suo vero volto non è più importante di quella maschera.
Si pulì senza troppa convinzione le gocce sul viso.
Pioggia, o sangue. Non faceva più la differenza, ormai.
Lasciò scorrere lo sguardo sul paesaggio, con indifferenza.
Un posto come un altro.
Un tempo, una vista simile le avrebbe fatto stringere
il cuore.
L’ho dovuto lasciare indietro, ormai tempo fa.
Stava per andarsene, pensando che il suo lavoro lì fosse finito. Ma dopo pochi secondi, fu costretta a ricredersi. Altri ninja erano arrivati.
Alzò gli occhi al cielo, girandosi nuovamente.
Era gente che conosceva. Li vide sgranare gli occhi, uno ad uno.
-Sakura!-.
Sakura? Ah, sì. Il mio nome. Non lo sento spesso.
-Tu...perchè? Cosa ci fai qui? E quel vestito...non mi
dirai che....-.
[E invece è così. Non siate increduli, perché i vostri occhi non vi ingannano]
-Oh. Allora vi ricordate ancora, di me. Bene. Sono
contenta-.
[Non
volevo rivedervi. Dannazione, così non....Basta,
andatevene! Lasciatemi in pace, mostri!]
-Ma ora lasciatemi in pace. Non è necessario che vi
uccida. Non fate in modo che lo diventi-.
Sembravano riluttanti e spaventati.
Per le loro vite, o....
Sakura se ne andò velocemente. Gli altri non la seguirono. Gli occhi azzurri di
colui che aveva parlato sembravano liquidi, tante
erano le lacrime che premevano.
Ma non la rincorse.
Pianse, come se quella fosse stata l’ultima volta in cui la vedeva.
E forse, era proprio così.
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Finalmente era di fronte a lei.
Dopo tutto quel tempo passato a fare ipotesi e
congetture, su come sarebbe stato rincontrarlo, su come fosse cambiato, era lì.
Con gli occhi sgranati. Impauriti, forse.
Strano. Non aveva mai paura, lui.
Incuranti entrambi del sangue che li ricopriva. Sangue invisibile, ma che c’era da molto tempo. Da quando si erano conosciuti, magari.
C’era sempre stato, per quel che poteva ricordare. A causa di
Sasuke, il cui sguardo impaurito sembrava negarlo
inutilmente.
Le sue pupille si erano ritirate notevolmente, lasciando spazio al grigio delle
iridi.
Sorrise maliziosamente, Sakura, che invece era soddisfatta.
-Ti sono mancata, Sasuke? Cos’è quello sguardo? Non
ti fa piacere rivedermi, forse?-.
Non rispose. Non sapendo cosa dire.
-Sorpreso, immagino. Non dovresti esserlo. Non dopo quel che mi hai fatto-.
-Cosa vuoi da me?!-.
Era visibilmente terrorizzato.
Io? Sono io che lo terrorizzo a tal punto?
-No...lasciami in pace, ti prego....-.
-Oh, come sei caduto in basso! Al punto di pregarmi!-.
Pregarmi di cosa? Di non ucciderti? A quanto pare, sei ripetitivo.
Sei ripetitivo, Uchiha.
-Questa frase mi sembra familiare. Sai, Itachi mi ha
raccontato tutto-.
Nessuna reazione, se non altro terrore.
-Ma se vuoi che io non ti uccida e ti lasci in pace, devi odiarmi, Sasuke. Detestami. Ed uccidimi.
Solo così ti lascerò in pace-.
I suoi occhi si spalancarono.
Brutti ricordi, eh?
Poi, la sua rabbia esplose.
-Cosa vuoi da me, dannazione? Rispondimi!-.
Sembra una belva in gabbia. Ha gli occhi di un lupo braccato.
-Che domande. Voglio ucciderti-.
Sakura si stava divertendo abbastanza, nel vedere quali emozioni suscitava nel ragazzo. Era sempre stata una frustrazione,
per lei, non riuscire ad animarlo di emozioni come le
sue, al tempo in cui lo amava. Quindi ora gli stava
sollecitando almeno quelle di terrore ed incomprensione.
-E perché mai?-.
-Vendetta. Quella che tu hai sempre desiderato. Ironico, no? E’ un circolo vizioso. Il tuo malsano desiderio ne ha suscitato un altro.
Ma sei stato uno stupido. Ti sei dato la zappa sui
piedi da solo-.
-E posso sapere il motivo?-.
-Ma certo. Sei sempre stato un emerito egoista, Sasuke.
Ti accorgevi solo di te stesso, senza pensare a chi ti stava intorno. Anche
Naruto, poverino, ci è rimasto così male quando ci hai
traditi. Ed è questa la cosa peggiore che tu abbia mai potuto
fare, sai.
Ci hai illusi. Tutti quanti. Me, Naruto, Kakashi-sensei....tutti. Ci hai fatto
credere di essere diventati quasi....importanti,
per te.
Ed è per questo che io ti odio. Avrei preferito che ce lo dicessi in faccia, che non ci sopportavi. Sarebbe
stato meglio. Non ci saremmo troppo scomodati per te, in questo modo. Ma evidentemente, questo tu non l’hai ancora capito-.
Smise di parlare. Socchiuse gli occhi, quasi cercasse di
ucciderlo con uno sguardo. Lui ricambiò, con la stessa intensità.
Tra di loro si era creato un flusso ininterrotto di
parole. Tutte quelle che si sarebbero voluti dire, ma che
avevano trattenuto.
Poi Sakura decise che bastava.
-Sai, siamo stati due stupidi entrambi. Avremmo potuto...saremmo
riusciti, forse....-, la sua certezza e decisione sembrò vacillare, nel suo
sguardo rivolto verso il basso.
-Ma ora è troppo tardi. Non è il momento dei rimpianti. Abbiamo avuto una
possibilità, a suo tempo, e l’abbiamo sprecata. Ora dobbiamo
pagare-.
Gli si lanciò contro. Lui non si fece cogliere impreparato, e riuscì
appena a contrastarla.
Erano alla pari, in quella lotta. Questo perché le loro
volontà erano ugualmente forti. Si fronteggiarono faccia
a faccia, come non erano mai riusciti a fare.
Quando l’ultimo briciolo di energia venne consumato
caddero a terra, l’uno vicino all’altra. Decisero di ignorare la pioggia che li
aveva inzuppati completamente. Ci erano assuefatti, a
quel punto.
Ma Sakura era sicura che fosse meglio così, che se ne andassero
insieme. Era colpa di entrambi; non era giusto che pagasse solo uno di loro.
I loro respiri fiochi galleggiavano nell’aria fredda.
-Sai?-, gli sussurrò, senza più
traccia d’alcun tipo di astio nella voce.
-Ce la siamo rovinati da soli, senza l’interferenza di nessuno. La nostra vita,
intendo-.
Sasuke aveva lo sguardo perso nel vuoto.
Evidentemente, anche lui la pensava così.
-Complimenti, Sakura-.
-Perché?-.
-Perché alla fine ce l’hai fatta, a diventare qualcosa
per me. Sei diventata la mia assassina-.
-Guarda che anche io sto morendo, se è per questo-.
-Non in questo senso. Io sono morto già molto tempo fa-.
-Mi dispiace. Ma avresti potuto dirmelo...dimostrarmelo, se non altro-.
-Sono fatto così, lo sai-.
-Sì. E mi rammarico di non essere riuscita a farti migliorare-.
-Non è colpa tua. Sono io che non ci ho nemmeno provato-.
-Su questo non c’è alcun dubbio-.
-Lasciami riposare, ora....-.
-Fai sogni d’oro, Sasuke....-.
-......-
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Sì, lo so...è triste e cruda da morire. E pensare che all’inizio doveva essere una song-fic ItaSaku. Si è molto evoluta, eh?
Comunque, passando a discorsi più allegri, buon Natale
a tutti! Vi sono arrivati tanti regali?
Se voleste mai farmi un regalo, sappiate che mi farebbero
assai comodo tante dita quanti sono i tasti della tastiera, sisi.
Adesso vado...spero commentiate in tanti. Questa fanfic mi è costata molte ore di lavoro.
Au revoir