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Autore: Lady Antares Degona Lienan    29/12/2006    6 recensioni
Sakura era stanca di essere solo un peso, per lui.
Così, dato che non riusciva in alcun modo ad entrare nella sua vita, decise di divenirne la fine.
[Questa ff non è mia. Sotto richiesta di Kirjava, l'autrice, la pubblico col mio nick]
Genere: Dark, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sakura Haruno
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Hola

Hola! Sono di nuovo qui. Questa fanfic è stata una pensata di cinque minuti, non so come mi è venuta fuori. Poco fa sotto la doccia. ^__^
Ringrazio Darkrin, Sellenegatto e Lightangel. In particolare, vorrei ringraziare Darkrin, perché è grazie a lei se ho scoperto una bellissima canzone quale è Poison. L’ho sentita sul suo blog, vedendo un AMV su Sasuke e Itachi che, tra l’altro, era bellissimo. Sei stata brava a scovarlo!
E vi avviso, il tema di questa fanfic non è un affare piacevole....




Don’t call my name [It’s late now.]




[Non sto facendo la cosa giusta]

 

[Ma è ciò che voglio fare]



Passò come un’ombra tra gli alberi, nascondendosi dietro di essi.
Ma per fortuna era tutto deserto; non passava nessuno su quella via, se non il vento, che avvolgeva tutto nelle sue fredde spire.
L’ombra si chiese un’ultima volta se stesse facendo la cosa giusta.
Inconsciamente, sapeva che ciò che stava facendo era....un male?
Che importanza ha, dopotutto.
Le sue mani carezzavano leggermente i tronchi nodosi degli alberi, quando vi si appoggiava. Nonostante non sembrasse averne bisogno, durante la sua folle corsa.
Un tocco fantasma.
Il cielo su di lei era tutta un’esplosione di stelle, nuvole, foglie danzanti sulle vuote spirali del vento.
Era come se qualcuno avesse gridato.
Le fronde nere sembrarono piegarlesi addosso, stringerla nella loro morsa, e toglierle il fiato.
Ma non poteva lasciarsi distrarre, no.
Lui non aspetterà a lungo. Devo fare in fretta.
Aveva anche paura. Le stava annebbiando la mente, non riusciva più a pensare a nulla, se non che doveva farcela.
Da tanto, ormai, non pensava più razionalmente.
Finché era arrivata addirittura a tradire il suo villaggio.

[La sua famiglia]



Di nuovo, una fitta le attanagliò il cuore.
Ma non poteva avere ripensamenti. Non una volta arrivata a quel punto.
Doveva essere vuota, nonostante stesse tradendo tutti coloro che la amavano.

[E per tradimento sarai condannata]



Ecco, c’era quasi. Non si sarebbe fermata. Sarebbe uscita dagli alberi. Sarebbe entrata nella radura.
Non aveva paura. Stava solo controllando. Non si era fermata perché aveva un ripensamento.
Mosse il primo passo, incerto e traballante. Poi il secondo, ed ad essi ne seguirono altri.
Ce l’aveva fatta. Era forte.
Eccolo là.
Allora non mentiva. Era venuto davvero.....per lei, solamente per quello.
Alto. La sua veste nera frusciante lo faceva sembrare una delle tante sagome nere degli alberi. O ad un corvo.

[Comunque, a nulla di naturale]



Non si voltò verso di lei, ma la ragazza intese perfettamente che aveva avvertito il suo arrivo.

Non si vedeva molto di lui, completamente nascosto nel suo abito a collo alto.
Le mani non fuoriuscivano dalle maniche.
Era un mukenin di livello S.
Ed era interessato a lei. Ne era stata molto lusingata.

[Itachi Uchiha...ninja traditore di livello S...è qui per me, me solamente]



Il tempo rimase congelato come un rigagnolo d’inverno. Non ne avvertì lo scorrere crudele e silenzioso.
Poi, finalmente, il corvo parlò.

-Sei sicura di voler venire, Haruno Sakura?-.

Tsk. La stava mettendo alla prova. Il suo orgoglio, maturato in quegli anni in cui era stata accettata pressochè da tutti, non gradì.
Ma non doveva irritarlo. Sapeva quanto poteva essere pericoloso provocarlo.
Era come tentare di tenere tra le braccia un lupo rabbioso. Il rischio non valeva la pena.

La tensione era
palpabile.
Il buio era una tela intonsa, su cui le sue fortissime emozioni venivano dipinte dal suo respiro affannoso.

-Sì, lo sono-, rispose con una certa irritazione nella voce, che non potè trattenere.

Lui non fece una piega. Non si girò nemmeno verso di lei.
Questo contribuì ad irritarla maggiormente.
Si ritrovò presto a pensare di avere assunto un brutto carattere.

[Colpa di Sasuke, sicuramente]



Il corvo decise che era ora di guardarla in faccia, così le fece il favore di girarsi.

Fino a quel momento, aveva pregato mentalmente che si girasse verso di lei.
Quando lo fece, pregò che distogliesse lo sguardo.



I suoi occhi rossi la scrutarono come se volessero frugarle dentro alla ricerca di qualcosa che non andava.
Era un’idea stupida, che potesse vedere dentro di lei.
Ma era meglio non dare nulla per scontato.
C’erano così tante cose che di lui erano segrete, che lui stesso poteva essere considerato un segreto della natura.
Sakura non era una che amava la poesia, ma non potè fare a meno di versificare sui suoi occhi, simili a due
cancelli spalancati sull’inferno.
In effetti, quegli occhi così in contrasto sul suo corpo interamente nero, erano l’unica cosa che pareva viva.
Sembravano dardeggiare verso di lei come lingue scarlatte di serpente, sibilante nell’oscurità.

-Allora, seguimi-, le sussurrò.

Sakura non disse
di sì. Non fece un cenno di assenso. Quello era stato un ordine.
Itachi iniziò a correre, senza controllare che la ragazza lo seguisse per davvero.
Non aveva alcun dubbio, al riguardo.

Sakura, dal canto suo, a seguire da lontano qualcuno, ci era fin troppo abituata.
Non aveva più voglia di vedere solamente la schiena di qualcuno.
Così aumentò la velocità della sua corsa, arrivando al fianco di Itachi, che la guardò di sfuggita.
Forse ha capito, pensò Sakura.
Probabilmente lo conosce, il motivo per cui ho accettato una cosa simile.
Vendetta. Quante volte ne aveva sentito parlare, di vendetta. Il più delle volte, rivolta proprio verso colui che correva al suo fianco. Da qualcuno così simile, sia nel fisico che nella mente. Era terribilmente ironico, pensò.
Lei, che di altro non aveva sentito parlare se non vendetta, ora stava tradendo migliaia di persone per lo stesso, stupido motivo.
Effettivamente, tra tutte le futilità, essenzialmente prerogative umane, tra le prime vi era la Vendetta.

Sape
va cosa stava lasciando. Tutto ciò che era stato, ora non sarebbe stato più nulla, per lei.
Così, come il leggero rumore ovattato dei loro passi sui rami, il passato era svanito. Uno sbuffo di fumo, e nulla più.
Non più gli allenamenti con i suoi amici. Niente più scherzi. Ora c’era il futuro, fatto di sangue, odio e dolore.

[Ecco, Sasuke. Ora sono come te. Sei contento, vendicatore?]




Decise di concentrarsi su ciò che aveva davanti fisicamente. La strada, gli alberi. Poi si arrischiò a guadare Itachi.
Non l’avesse mai fatto. Alla sua immagine se ne sovrappose un’altra, più sfocata, più piccola, ma ugualmente fredda.
Scosse la testa, e riprovò ad osservarlo. Ora i lineamenti erano quelli di Itachi, ma se socchiudeva gli occhi, poteva ancora vederci Sasuke.
[Uno dei tanti residui di ciò che fu]
Ora non lo chiamava più “Sasuke-kun”. Ora era solo Sasuke, un bastardo traditore, feccia. Non tanto per aver tradito Konoha. Per aver tradito lei. Lei che, nel suo amore morboso ed ossessivo, si era illusa di essere qualcosa per lui.

Ma ora era cresciuta. Gli avrebbe fatto vedere. Anche lei era stata in grado di tradire il villaggio.
Che poi era ciò che lui considerava un impedimento per i suoi piani.

Ingrato!




Ma non avrebbe permesso che con Itachi divenisse lo stesso.
Lui sarebbe stato un mezzo per diventare più forte.

[Itachi Uchiha... un “mezzo”? Quale presunzione!]




Ora erano molto lontani dal villaggio. Non lo poteva più vedere. Non sapeva nemmeno dove esattamente stesse andando. Perfetto.
Ma era meglio così.

[Vi ricorderete ancora di me, la mattina dopo?
Ve ne ricorderete, quando ci sarà qualcuno che casualmente mi nominerà?]



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I mesi che seguirono furono densi di ciò che aveva previsto. Dolorosi, frustranti....insieme ai membri dell’Akatsuki. Sapeva che fossero crudeli, ma non fino a quel punto. Ma aveva imparato ad uccidere, stando insieme a loro.
Le sarebbe servito...aveva acquisito l’autocontrollo necessario a veder scorrere il sangue di qualcuno senza provare nulla. All’inizio la portavano con loro solo per presenza.
Poi, iniziarono a farle fare qualcosa. Aveva ucciso anche lei molta gente, in quei sei mesi.
Ma era una sola persona, quella che lei voleva uccidere.
Quello era solo...come dire...allenamento.

[Per l’Akatsuki...o per me?]




Ogniqualvolta sentiva il sangue scorrere tra le sue dita, e sentiva la vita fluire via attraverso esso, percepiva tra le sue mani un grande potere.
Il potere di chi ha in pugno la vita altrui, e ne può fare ciò che vuole. Era una cosa che la faceva sentire bene con se stessa. Aveva scoperto il suo lato malvagio, crudele, e non aveva remore a mostrarlo.
Sempre più raramente le tornavano alla memoria pezzi della sua vita passata. Ormai, non la tormentava più, e lei non cercava conforto in esso.
Si stava perdendo.
[Uno sbuffo di fumo grigiastro]
Stava lentamente ed impercettibilmente perdendo se stessa, senza accorgersene, tanto lento il cambiamento avveniva.
Durante la notte, il buio non era più il dipinto delle sue emozioni, ma era le sue emozioni stesse, trasformate e rese nere come il vestito che, dopo un anno, iniziò ad indossare. Il lungo abito nero e rosso dell’Akatsuki
[Il segno più tangibile del mio peccato]
che contrastava visibilmente con i suoi capelli albini
.

______________________________________________________________________________________________


Così come lei aveva perduto se stessa, anche a Konoha venne a mancare qualcosa.
[Non tutti avvertivano la sua mancanza, ma alcuni ancora si chiedevano il perché della sua scomparsa]
Per gli abitanti, la vita continuava anche senza di lei; alcuni sentirono la sua mancanza, ma presto tornarono a ciò che erano prima, nonostante l’unica cosa che di lei rimaneva fosse un fantasma che aleggiava solamente nei loro sogni.
Perché ormai, lei non c’era più. La vecchia Sakura si era persa nella brezza che tutti loro assaporavano ogni mattina.
[Per i nostalgici, c’è ancora il suo corpo]
Ma
ad Itachi, non poteva importare nulla.

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Sakura, dopo tutto quel tempo, si era molto legata ad Itachi.
Il suo maestro.
Colui che aveva maggiormente visto durante quei mesi.
A volte si sorprendeva a fissare la sua forma impalpabile ed inafferrabile, mentre lui stava contemplando qualcosa di altrettanto impalpabile ed inafferrabile.
Era così simile a Sasuke...quasi uguale.
Guardandolo, le pareva di vedere lui.
Era in quei rari momenti, che i suoi ricordi tornavano a tormentarla.
I suoi antichi sensi di colpa tornavano a roderla come tarli implacabili, che la consumavano fino all’osso.
Ogni volta, sperava che, qualora si fosse girato, avrebbe visto Sasuke. Tuttavia, era sempre e solo Itachi colui il quale la fissava freddamente.
La bruciante delusione la faceva promettere di dimenticarsi; ma ad ogni situazione simile, tornava a sperare.

[E’ Itachi, non Sasuke]

Ma forse sono la stessa cosa....

[E’ Itachi, non Sasuke!]

ITACHI!




Itachi stava diventando qualcosa di più sebbene, la notte in cui aveva accettato di andare con lui, si fosse tacitamente promessa di evitarlo.
Un....amore.....morboso ed ossessivo, così come era stato con Sasuke.

[Forse è destino, che io viva così.
Maledetta da qualcuno, che non so nemmeno chi sia]




Era un segno, forse? Significava che sarebbe morta di notte, con l’inferno davanti ai suoi occhi?

[Ecco un’altra mania umana, comprendere la vita per simboli]



Ma Sakura aveva deciso di non preoccuparsi più di queste cose. Continuando ad uccidere, nessuno avrebbe ucciso lei.
Tanto, se pure la vita aveva deciso di perseguitarla, le avrebbe almeno fatto un favore: sarebbe riuscita ad uccidere il colpevole di tutto ciò. Il burattino che essa aveva tenuto in mano e di cui aveva teso e rilasciato i fili fino a raggiungere il suo odioso scopo.

[Sasuke Uchiha, il vendicatore della sua famiglia]




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Un altro scontro. Altro sangue stava macchiando l’erba che, a forza di ricevere sangue, per vivere, al posto di acqua, stava diventando scarlatta anch’essa.
Ormai tutto era scarlatto.
La terra.
L’erba.
Le foglie.
Il cielo sembrò riflettere la terra, divenendo rosso a sua volta.
Almeno, era quello che Sakura pensava.
Anche gli occhi che vedeva più spesso erano rossi, con solo qualche punta di nero.
Stava passando come una falce mortale tra i ninja nemici, che una volta erano stati suoi amici, distruggendo le loro vite come se nulla fosse stato.
Ecco, aveva appena fatto cadere l’ultimo. Non lo guardò. Calpestò la maschera recante una grottesca imitazione del muso di un gatto, che gli era caduta. Non le interessava sapere chi fosse stato.
No, sul serio. Per me, il suo vero volto non è più importante di quella maschera.
Si pulì senza troppa convinzione le gocce sul viso.
Pioggia, o sangue. Non faceva più la differenza, ormai.
Lasciò scorrere lo sguardo sul paesaggio, con indifferenza.
Un posto come un altro.
Un tempo, una vista simile le avrebbe fatto stringere il cuore.
L’ho dovuto lasciare indietro, ormai tempo fa.
Stava per andarsene, pensando che il suo lavoro lì fosse finito. Ma dopo pochi secondi, fu costretta a ricredersi. Altri ninja erano arrivati.
Alzò gli occhi al cielo, girandosi nuovamente.
Era gente che conosceva. Li vide sgranare gli occhi, uno ad uno.
-Sakura!-.
Sakura? Ah, sì. Il mio nome. Non lo sento spesso.
-Tu...perchè? Cosa ci fai
qui? E quel vestito...non mi dirai che....-.
[E invece è così. Non siate increduli, perché i vostri occhi non vi ingannano]
-Oh. Allora vi ricordate ancora, di me. Bene. Sono contenta-.

[Non volevo rivedervi. Dannazione, così non....Basta, andatevene! Lasciatemi in pace, mostri!]



-Ma ora lasciatemi in pace. Non è necessario che vi uccida. Non fate in modo che lo diventi-.
Sembravano riluttanti e spaventati.
Per le loro vite, o....
Sakura se ne andò velocemente. Gli altri non la seguirono. Gli occhi azzurri di colui che aveva parlato sembravano liquidi, tante erano le lacrime che premevano.
Ma non la rincorse.
Pianse, come se quella fosse stata l’ultima volta in cui la vedeva.
E forse, era proprio così.

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Finalmente era di fronte a lei.
Dopo tutto quel tempo passato a fare ipotesi e congetture, su come sarebbe stato rincontrarlo, su come fosse cambiato, era lì.
Con gli occhi sgranati. Impauriti, forse.
Strano. Non aveva mai paura, lui.
Incuranti entrambi del sangue che li ricopriva. Sangue invisibile, ma che c’era da molto tempo. Da quando si erano conosciuti, magari.
C’era sempre stato, per quel che poteva ricordare. A causa di Sasuke, il cui sguardo impaurito sembrava negarlo inutilmente.
Le sue pupille si erano ritirate notevolmente, lasciando spazio al grigio delle iridi.
Sorrise maliziosamente, Sakura, che invece era soddisfatta.
-Ti sono mancata, Sasuke? Cos’è quello sguardo? Non ti fa piacere rivedermi, forse?-.
Non rispose
. Non sapendo cosa dire.
-Sorpreso, immagino. Non dovresti esserlo. Non dopo quel che mi hai fatto-.
-Cosa vuoi da me?!-.
Era visibilmente terrorizzato.
Io? Sono io che lo terrorizzo a tal punto?
-No...lasciami in pace, ti prego....-.
-Oh, come sei caduto in basso! Al punto di pregarmi!-.
Pregarmi di cosa? Di non ucciderti? A quanto pare, sei ripetitivo.

Sei ripetitivo, Uchiha.



-Questa frase mi sembra familiare. Sai, Itachi mi ha raccontato tutto-.
Nessuna reazione, se non altro terrore.
-Ma se vuoi che io non ti uccida e ti lasci in pace, devi odiarmi, Sasuke. Detestami. Ed uccidimi. Solo così ti lascerò in pace-.
I suoi occhi si spalancarono
.
Brutti ricordi, eh?
Poi, la sua rabbia esplose.
-Cosa vuoi da me, dannazione? Rispondimi!-.
Sembra
una belva in gabbia. Ha gli occhi di un lupo braccato.
-Che domande. Voglio ucciderti-.
Sakura si stava divertendo abbastanza, nel vedere quali emozioni suscitava nel ragazzo. Era sempre stata una frustrazione, per lei, non riuscire ad animarlo di emozioni come le sue, al tempo in cui lo amava. Quindi ora gli stava sollecitando almeno quelle di terrore ed incomprensione.
-E perché mai?-.
-Vendetta. Quella che tu hai sempre desiderato. Ironico, no? E’ un circolo vizioso. Il tuo malsano desiderio ne ha suscitato un altro.
Ma sei stato uno stupido. Ti sei dato la zappa sui piedi da solo-.
-E posso sapere il motivo?-.
-Ma certo. Sei sempre stato un emerito egoista, Sasuke. Ti accorgevi solo di te stesso, senza pensare a chi ti stava intorno. Anche Naruto, poverino, ci è rimasto così male quando ci hai traditi. Ed è questa la cosa peggiore che tu abbia mai potuto fare, sai.
Ci hai illusi. Tutti quanti. Me, Naruto, Kakashi-sensei....tutti. Ci hai fatto credere di essere diventati quasi....importanti, per te.
Ed è per questo che io ti odio. Avrei preferito che ce lo dicessi in faccia, che non ci sopportavi. Sarebbe stato meglio. Non ci saremmo troppo scomodati per te, in questo modo. Ma evidentemente, questo tu non l’hai ancora capito-.
Smise di parlare. Socchiuse gli occhi, quasi cercasse di ucciderlo con uno sguardo. Lui ricambiò, con la stessa intensità.
Tra di loro si era creato un flusso ininterrotto di parole. Tutte quelle che si sarebbero voluti dire, ma che avevano trattenuto.
Poi Sakura decise che bastava.
-Sai, siamo stati due stupidi entrambi. Avremmo potuto...saremmo riusciti, forse....-, la sua certezza e decisione sembrò vacillare, nel suo sguardo rivolto verso il basso.
-Ma ora è troppo tardi. Non è il momento dei rimpianti. Abbiamo avuto una possibilità, a suo tempo, e l’abbiamo sprecata. Ora dobbiamo pagare-.
Gli si lanciò
contro. Lui non si fece cogliere impreparato, e riuscì appena a contrastarla.
Erano alla pari, in quella lotta. Questo perché le loro volontà erano ugualmente forti. Si fronteggiarono faccia a faccia, come non erano mai riusciti a fare.
Quando l’ultimo briciolo di energia venne consumato caddero a terra, l’uno vicino all’altra. Decisero di ignorare la pioggia che li aveva inzuppati completamente. Ci erano assuefatti, a quel punto.
Ma Sakura era sicura che fosse meglio così, che se ne andassero insieme. Era colpa di entrambi; non era giusto che pagasse solo uno di loro.
I loro respiri fiochi galleggiavano nell’aria fredda.

-Sai?-, gli sussurrò, senza più traccia d’alcun tipo di astio nella voce.
-Ce la siamo rovinati da soli, senza l’interferenza di nessuno. La nostra vita, intendo-.

Sasuke aveva lo sguardo perso nel vuoto. Evidentemente, anche lui la pensava così.

-Complimenti, Sakura-.

-Perché?-.

-Perché alla fine ce l’hai fatta, a diventare qualcosa per me. Sei diventata la mia assassina-.

-Guarda che anche io sto morendo, se è per questo-.

-Non in questo senso. Io sono morto già molto tempo fa-.

-Mi dispiace
. Ma avresti potuto dirmelo...dimostrarmelo, se non altro-.

-Sono fatto così, lo sai-.

-Sì. E mi rammarico di non essere riuscita a farti migliorare-.

-Non è colpa tua. Sono io che non ci ho nemmeno provato-.

-Su questo non c’è alcun dubbio-.

-Lasciami riposare, ora....-.

-Fai sogni d’oro, Sasuke....-.

-......-




________________________________________________________________________________





Sì, lo so...è triste e cruda da morire. E pensare che all’inizio doveva essere una song-fic ItaSaku. Si è molto evoluta, eh?
Comunque, passando a discorsi più allegri, buon Natale a tutti! Vi sono arrivati tanti regali?
Se voleste mai farmi un regalo, sappiate che mi farebbero assai comodo tante dita quanti sono i tasti della tastiera, sisi.
Adesso vado...spero commentiate in tanti. Questa fanfic mi è costata molte ore di lavoro.
Au revoir

   
 
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