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Autore: Norine    12/06/2012    1 recensioni
Una giovane donna cerca disperatamente un luogo dove far nascere la propria bambina. Ma si scontrerà contro la crudeltà e l'indifferenza del mondo, contro una realtà che non ne ha per nessuno, e un passato che si mescola al presente per renderlo soffocante.
Insomma una corsa contro il tempo nella notte calda e pericolosa di Los Angeles, la città degli Angeli... Che di angelico, tutti lo sanno, ha ben poco.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 Todas Sus Niñas Problemáticas


 




Come take a walk on the wild side
Let me kiss you hard in the pouring rain
You like your girl insane

 

 
 
Implorava se stessa di resistere, mentre tentava, faticosamente, di muovere bene il grande volante di quel rottame di macchina, che si era erta a sua ultima speranza di salvezza.
La notte di Los Angeles la guardava affaticarsi annoiata, come una gatta sorniona osserva i patimenti delle sue prede, nei suoi giochi di morte.
Nell'abitacolo il caldo la soffocava, rubandole il respiro dalle labbra e restituendole sudore sulle tempie. Si asciugò la fronte con un fazzoletto sporco, che aveva trovato poco prima, mentre cercava le chiavi del veicolo.
Le gambe le tremavano tanto, mentre cercava di costringerle a tenere i piedi saldi sui pedali consunti. Ma non le obbedivano affatto. Il dolore era troppo anche per loro.
Ma doveva andare avanti. L'ospedale non era troppo lontano, doveva solo resistere.
Prese un filo d'aria per darsi coraggio.
Davanti al suo sguardo, reso quasi folle dagli occhi lucidi e sbarrati, la strada ballava sotto le luci calde della città.
Chissà dov'era lui? Chissà dove? Chissà dove mentre lei aveva bisogno che l'aiutasse? Mentre stava cercando di fare nascere la sua creatura?
Il suo cuore perse un battito a quel solo pensiero. Il suo grembo prese un sussulto scalpitando per la vita di cui era gravido. Posò una mano sul ventre gonfio e sudato, mentre l'altra, ancora sul volante, cercava di trovare un modo per cavarsela ancora, da sola.
Da sola perchè lui non c'era come non c'era mai stato. Da sola perchè niente l'aveva mai fermato, né le sbornie, né la coca, né gli sbirri. Niente si era mai alleato con lei per tenerlo a casa. L'alcol e la droga erano anzi motivi che lo portavano via da lei e che lo spingevano a fare cose che probabilmente lei non avrebbe mai voluto neanche immaginare. Gli sbirri, del canto loro, l'avevano arrestato qualche volta, e lei era anche andata a trovarlo in prigione, ma chissà come e chissà perchè se l'era sempre cavata nel giro di un anno e niente era mai cambiato.
La libertà l'aveva sempre ritrovato e le strade lo avevano allontanato da lei ancora e ancora. Sempre.
E lui si lasciava portare via, un fiore di pioppo nel vento di Maggio. E nessuno le avrebbe mai detto che in realtà sarebbe voluto tornare indietro, a casa. Nessuno le avrebbe mai detto che era stato suo.
L'unica cosa che si portava appresso era il suo bambino, quel suo figlio sciagurato già prima di nascere.
Quel bambino che la sorte maledetta aveva messo tra due vite distanti e confuse. Tra due vite passate in una soffocante periferia.
Era incredibile, pensava, non era mai andata via da quel posto e non avrebbe mai detto che era casa sua. E non tanto per vergogna, non tanto per il degrado, quanto per il fatto che per lei la casa doveva ancora essere un posto sicuro e colorato, giù in Messico e quelle strade piene di buche e di puttane erano tutto fuorchè un tenero focolare domestico.
Anche quel venerdì sera c'erano solo le buche e le donne, per la strada. Solo loro le facevano compagnia, mentre correva a far nascere il suo bambino.
Ma ecco, ecco l'uscita dal ghetto, ecco l'altra faccia di LA. Ecco la salvezza che si avvicina, due traverse più in là, ecco il neon e la bianca costruzione dell'ospedale.
Non riusciva a credere di avercela fatta prima che l'intensità delle doglie le potesse impedire di arrivare a destinazione.
Parcheggiò in terza fila e si trascinò in una lenta corsetta verso l'ingresso. Sentiva gli angeli aprirle i cancelli del paradiso.
Le porte scorrevoli si aprivano e la luce asettica dell'atrio l'accoglieva salvifica. Con lei un angelo biondo vestito di bianco.
<< Si sente bene, signorina? >>, una voce melodica, osservò la ragazza ammirando la sua salvatrice.
<< Ho le doglie >>, qualche frase stentata, una mano a detergersi il sudore dalla fronte.
La signorina bionda che le sorrideva.
<< La sua assicurazione? >>
La ragazza si frugò nelle tasche dei jeans luridi e consunti alla ricerca dell'assicurazione sanitaria, indispensabile per l'accettazione. L'aveva tirata fuori dalla scatola delle cose importanti prima di lasciare l'appartamento in cui abitava.
La mostrò fiera all'infermiera gentile, mentre aspettava pazientemente di essere portata finalmente in una stanza e aiutata.
<< Mi spiace non è valida >>, una punta di gelo nella voce della donna.
<< ¿Còmo es posible? >>
<< Mi spiace non capisco questa lingua >>, l'angelo biondo che svelava le corna al di sotto della sua chioma dorata.
<< Perchè? >>, ripetè ormai alle lacrime.
<< E' scaduta da due anni >>, una sentenza inappellabile le era caduta sulla testa.
Arrangiati!
<< La prego, mio figlio deve nascere, pagherò, mi aiuti >>.
<< Suo figlio deve nascere? Si guardi intorno, non vede quante altre donne devono partorire? Smetta di fare la vittima e lasci il posto alle altre! >>, una voce arrabbiata e severa.
<< Oh no! No! Aiutatemi! >>, disse. Nessuno la ascoltò.
E fuori di lì era ancora un'ispanica con le doglie e senza un soldo che non speva dove andare.
Rientrò in macchina, in lacrime. Il viso le si accartocciava sotto il peso del dolore.
E i suoi singhiozzi, mio Dio, se aveste sentito i suoi singhiozzi...
Qualche frase spezzata dalla foga. Una preghiera alla Vergine.
A Maria che era stata scacciata prima di dare alla luce il Signore, a Maria Madre di Dio che ama tutti i suoi figli e aiuta le partorienti.
Ed ecco una voce nella testa, non quella della Madonna, una voce umana. La voce della madre, della signora messicana che se ne era andata qualche anno prima per il cancro.
Una voce che le diceva “Adelante, niña... Adelante!”.
Una voce che le vibrava nelle orecchie e sembrava spandersi e coprire le sirene delle ambulanze che portavano le persone che potevano curarsi e i sospiri di chi non poteva.
Una voce che le fece girare nuovamente le chiavi della macchina e le fece lasciare quel suo posto abusivo in terza fila.
Riprese a guidare, stavolta senza una meta precisa, per le strade di Los Angeles. Per le vie dei ricchi, in quelle dei poveri, in quelle della gente normale.
La gioielleria di un signore ebreo, il negozio di animali di un certo Mark Angus e la fiorista Rose, il grattacielo di una grande banca, l'appartamento di un ladro, una pretty woman molto più sfortunata di Julia Roberts che parla con il suo pappa ai lati della strada e ancora Marion la parrucchiera, Dasy della ditta di pulizie e l'orfanotrofio di St. Anna alla fine della via.
Le monache!
Ecco dove doveva andare, le buone signore irlandesi non le avrebbero certo negato il loro aiuto. Ed ecco ancora che parcheggiava la macchina un po' a casaccio. Ecco ancora che si precipitava fuori dall'abitacolo correndo piegata su se stessa per il dolore.
Forse Dio poteva davvero fare un miracolo per lei.
Suonò il campanello più volte, per farsi sentire. Molte delle religiose erano anziane, pensava, magari non ci sentivano più tanto bene.
<< Chi è? >>, chiese una voce severa e un po' curiosa al di là della porta.
<< Ho un bambino da partorire, ma nessuno mi aiuta... >>, disse lei la voce intimidita e terrorizzata dall'idea di poter essere nuovamente scacciata.
Ed ecco il vuoto dietro alla porta. Il silenzio per un attimo e il suo cuore che sprofondava in un abisso nero di terrore e pena.
Poi lo schiocco di una chiave che si girava e i cardini che si aprivano e una figura scura che si mostrava sull'uscio e la tirava dentro al portone.
Nessuna luce abbagliante, questa volta. Solo una tenera penombra.
Le monache le si fecero subito tutte intorno e l'aiutarono a sedersi, qualcuna andò a chiamare un dottore anziano che era stato in Africa tanti anni e aveva capito che il valore del denaro non era più importante di una vita umana.
E fu così che mentre lo aspettavano e le doglie si prendevano beffa del suo corpo, sentì veramente la presenza di Dio nella stanza. Oltre le suore, vicino alle mura della stanza dove l'avevano sistemata, vide Maria e sua madre che si parlavano e seppe che Dio ama tutte le piccole ragazze incasinate, anche se tutte sono destinate a morire. Come tutti gli esseri viventi, perchè è così che Dio li ha creati.
Così irrimediabilmente, mentre, arrivato il dottore, dava alla luce suo figlio, pensava alla morte. A quella morte che copre tutti i corpi con il suo nero mantello.
Così pensò tra sé quali sarebbero state le sue ultime parole, quali avrebbe voluto dire. Cosa poteva esprimere in un ultimo estremo respiro quello che voleva il mondo sapesse di lei.
<< Fe >>. Solo questo.
E le monache pensarono fosse il nome della bambina e la chiamarono Fe, non capendo il significato delle parole della giovane madre. “Fe”. Fede.
La fede in Dio, che l'aveva aiutata sempre, ma soprattutto la fede, la speranza in un futuro migliore, la speranza, in generale.
Ma come faceva, si chiese la piccola ragazza quando le misero tra le braccia la figlioletta, a privarla di quella “fe”?
Come faceva a trascinare sua figlia ancora nel ghetto ispanico, come faceva a togliere senso al suo nome?
Lei, così piccola e tenera, non ce l'avrebbe mai fatta laggiù. Era solo troppo brutto, solo troppo difficile.
No, lei era la figlia della speranza: non poteva finire come sua madre!
No!
La giovane madre capì improvvisamente che non poteva costringere sua figlia ad osservare con quanti scapestrati ancora sarebbe andata a vivere e quante delusioni avrebbe ancora preso. Non poteva costringerla ad imparare quella vita, a non avere che in mente una parola per dire “altro da così”, “fe”.
Furono questi pensieri che la portarono fuori da quel letto, poche ore dopo. Quei pensieri che la fecero sgattaiolare via per il corridoio scuro, mentre Fe dormiva beata nel letto su cui era nata.
<< Dove vai? >>, una voce nel buio. La vecchia monaca che avanzava verso di lei.
La giovane madre non rispose.
<< Dov'è tua figlia? >>
<< Nella stanza >>, rispose in un sussurro.
<< Te ne vai >>. Non c'era rimprovero nelle parole della vecchia, solo tristezza, dolore per il mondo e la sua inalienabile, ineludibile meccanica.
<< Non posso costringerla a fare la mia vita >>.
<< Che ti importa della vita? Siamo tutti nati per morire >>, gracchiò la vecchia, << L'importante è non avere rimorsi davanti a Dio Onnipotente e limitare il nostro dolore a quello da cui non possiamo esimerci. Ti parrà di morire a staccarti dalla tua creatura >>.
Un attimo di silenzio, una riflessione.
<< Mi creda, madre, se le dico che a volte ad alcuni è necessario morire per trovare un modo per vivere >>.
E fu così che lasciò la sua vita vera nel cuore della bambina addormentata qualche stanza più in là e si riaddentrò nelle calde e soffocanti vie del ghetto ispanico della Città degli Angeli.
 
 

Choose your last words
This is the last time
‘Cause you and I
We were born to die

 




Alcune frasi sono ispirate a Born To Die (di Lana Del Rey), tutti i racconti prenderanno ispirazione dalla musica di quel disco (perchè personalmente la trovo bella). Le frasi in Inglese sono citazioni del testo di "Born To Die" di Lana Del Rey.
 
 
 
  
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