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Autore: Salmonlebon    12/06/2012    1 recensioni
"Avevo appena compiuto un anno quando fui abbandonata ai piedi della chiesa di St. Louise, Bradford, Inghilterra. Ero avvolta in una delicata coperta blu notte, trapuntata da stelle d'argento, e non avevo niente con me... se non una catenina d'oro che mi pendeva al collo. Padre Jake fu spaventato dal mio pianto che risuonò in quella notte fredda, e aprendo il portone d'ottone dell'unica chiesa della cittadina, trovò me. Lì, avvolta dal candore della neve. Un unico ciuffo rosso che mi ricadeva sulla fronte, gli occhi spalancati e intrisi di lacrime, e le mani cicciotte che stringevano il ciondolo a forma di "P" che ricadeva oltre la catenina d'oro. Lui stesso mi diede un nome: Samantha. Mi registrò al Ministero, poi mi portò all'orfanotrofio "Santa casa", dove crescerò amata, odiata. Crescerò tra i rimproveri di Sorella Jane, quelli della Madre superiore. Tra la dolcezza di Padre Jake, e i sorrisi timidi e insicuri di Elisabeth Smith.
Poi il passato riaprirà le sue porte, e quella "P" a forma di ciondolo che pende da ben diciassette anni sul mio petto, sarà un segno di riconoscimento. Perché Sam... non è colei che tutti si aspettano. Perché io... dopo diciassette anni, scoprirò finalmente chi sono."
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Primo capitolo

 

 

 

 

 

"A tante cose non credo più, e tante altre non le do più: come il l'affetto, il rispetto... lo ammetto, ogni 'nfamità ca m fai già m l'aspett."

- Ntò, "Quante cose"

 

 

 

Mi ero sempre chiesta perché il fuoco e l'acqua si annullassero a vicenda: sono elementi così simili e distruttivi da poter coesistere senza straziarsi l'un l'altro. Avevo sempre amato entrambi, ed era inquietante il modo in cui mi attraevano, quando poi,  Padre Jake,  mi ripeteva costantemente che dovevo starne lontana se non volevo rimanerne ferita.

Poi mi sono resa conto che tra la loro pericolosità esiste un tallone d'Achille, e che se uno vieniva sovrapposto al male, l'altro irrimediabilmente al bene. Se il fuoco bruciava qualsiasi cosa incontrasse sul suo cammino, l'acqua faceva in modo che il suo cammino sprofondasse, e qualcosa decisamente non quadrava: entrambi erano il male, ma non riuscivano ad andare d'accordo.

Così i ruoli si invertivano, e il bene diventava irrimediabilmente il male e viceversa. Il fuoco bruciava e divorava senza fermarsi un attimo, scatenandosi alla prima scintilla, diventando il pericolo maggiore per l'incolumità delle persone. Feriva, uccideva, senza alcun risentimento. La sua era una scalata alla vittoria.

Ma anche l'indistruttibilità ha un punto debole. Nonostante acqua e fuoco sarebbero potuti coesistere senza annullarsi a vicenda, nonostante entrambi fossero pericolosi ed entrambi stessero dalla stessa parte... quella di distruggere, sembrava che la loro esistenza fosse stata creata appunto per scontrarsi. Bene e male in una sola boccata di ossigeno, e boom.

L'acqua vince sul fuoco, e il bene vince, ancora. Anche se lui... beh, non sa affatto di esserlo. Si sente ancora il male, nonostante non lo sia affatto.

Ma io, in tutto questo, ho sempre saputo che l'acqua fosse indispensabile per sopravvivere. Ne avevo bisogno, e sapevo che non ne avrei mai fatto a meno. Non potevo. E nonostante fossi attratta da acqua e fuoco allo stesso modo, sapevo che avrei scelto acqua.

Sempre.

 

 

 

***

 

Crescere in un collegio di suore, venire accudita da suore, in un orfanotrofio di suore, e vivere con il pensiero del buon Cristiano inculcato nel cervello... sembrava non essermi entrato fino in fondo nella testa. Più padre Jake mi diceva cosa fare, più gli disubbedivo. 

Era più forte di me, non riuscivo a fermarmi. Loro mi dicevano di non giocare con il fuoco? Io davo fuoco ad un quaderno. Mi dicevano di non fare il bagno nel laghetto vicino alla scuola? Appena finivano le lezioni mi ci buttavo con tutti i vestiti. Certo, anche il fattore "Joshua" non aiutava affatto. Lui alimentava la miccia, e se io proponevo di fare una cosa, lui voleva farla ancora peggio, allettandomi troppo.

La Madre Superiore odiava i tatuaggi? Mi ero fatta tatuare la scritta "Free" sull'avambraccio, e un serpente lungo tutta la schiena, giusto per terrorizzarla. Sorella Jane proprio non sopportava i piercing? Ne avevo fatto uno sulla lingua che mi era costato due mesi di punizione. E per fortuna non avevano visto i tatuaggi, sennò sarei uscita a quarant'anni dal collegio.

Io e Joshua siamo stati i primi tra tutti gli orfani della Santa casa a darci il primo bacio, i primi a fumare, a bere, e fare sesso. Erano tutti delle pecore anonime, e che se adoravo tutti, lasciavano che le sorelle inculcassero nei loro piccoli cervelletti troppe cose sbagliate. Non lasciavano a nessuno la libertà di parola, di pensiero. E io e Josh ci sentivamo chiusi in gabbia, andando contro tutti loro giusto per il gusto di farli impazzire.

Sorrisi e alzai gli occhi al cielo, godendomi il sole di quel Giugno caldo come non mai. - Qualche volta... ti mancano i tuoi? - smisi di sorridere di scatto, girando lentamente lo sguardo verso Elisabeth, che aveva chiuso con un tonfo il libro che stava leggendo. La spiaggia era silenziosa, nemmeno Joshua, che fumava per conto suo, fiatò a quella domanda.

Avevano scavalcato il cancello e si erano introdotti in quella spiaggia privata. Giusto per godersi quel caldo anormale per l'Ighilterra. - Non lo so, Elisabeth. Io, i miei genitori, non me li ricordo. - risposi con tono di voce indifferente, mentre sentivo le viscere attoccigliarsi. 

Erano anni, anni, che desideravo vederli arrivare felici come non mai, pentiti della loro scelta, a riprendermi per portarmi a casa. Strinsi i pugni con rabbia, sogghignando appena. Sam non era abbastanza, non lo era mai stata. Ancora non parlavo ed ero stata abbandonata, figurarsi ora. 

- 'Fanculo tu e alle tue domande di merda. - sibilai, alzandomi di scatto e avviandomi per il lungo mare, con il capo basso. Io non avevo bisogno della famiglia, per essere felice. Avevo già la mia famiglia alla Santa casa, quella che mi aveva visto crescere, che mi aveva amata, rimproverata, consolata.

- Non prendertela per le parole di Beth, sai com'è fatta. - sussurrò Josh alle mie spalle, afferrandomi per i fianchi e attirandomi a sé. Mi rigirai nel suo abbraccio e appoggiai le mie labbra sulle sue. Erano morbide, e sapevano di tabacco e del suo sapore

- Hai ragione. - mormorai, staccandomi appena e sorridendogli. Mi girai dove era seduta Beth, e la vidi parlare con alcuni ragazzi. Mi staccai da Josh, e mi avvicinai a quel gruppo mal assortito. Aveva fatto colpo, la sua bambina! 

- Va tutto bene? - dissi, e il ragazzo che parlava con Beth, si girò verso di me. Aveva grandi occhi verde chiaro, che brillarono alla mia vista. I capelli neri erano sparati da tutte le parti, ed era abbastanza gracile per essere un ragazzo. Era alto un metro e settanta massimo, e sorrise a trentadue denti appena mi vide. 

- Sì... noi stavamo chiedendo alcune informazioni. - rispose il ragazzo alle sue spalle, probabilmente suo fratello, visto la predisposizione dei capelli in aria. Ingoiai a vuoto, però, quando notai il colore dei suoi occhi. Marroni. Caldi. Profondi. 

- Su cosa? - dissi, mentre l'ultimo ragazzo, quello che non avevo visto, tossiva come preso da un attacco d'asma. Per un attimo il respiro mi si bloccò in gola, nello stesso attimo in cui un raggio di sole illuminava il suo viso. Era alto, tanto alto, e magro. Aveva folti capelli biondo platino, che ricadevano in piccoli ciuffi disordinati sulla fronte piana.

I suoi occhi erano di un incredibile grigio-azzurro, e sembrò accorgersi del mio sguardo appannato, poiché sorrise con le sue labbra piene, facendo brillare i suoi denti bianchi alla luce del sole. Non che lui non potesse essere paragonato a quella palla infuocata, faceva male guardarlo tanto quanto il sole.

- Ah, scusa se non ci siamo presentati. Io sono Al. - disse il ragazzo dagli occhi verde, presentandosi. - Lui è James, mio fratello. - e indicò quello... che aveva i miei stessi occhi. - Ed infine lui è Scorpius. - disse infine, indicando il ragazzo "sole".

Joshua, dietro le mie spalle, a stento trattenne una risata. - Che c'è, per caso il mio nome ti fa ridere? - sibilò Scorpius, e io mi schiaffeggiai la fronte, stringendo il braccio di Josh in una morsa. - Niente risse. Se la Madre superiore scopre che hai fatto ancora a botte ci richiude in camera e addio, Black. - sibilai, e questa volta fu Scorpius a sgranare gli occhi.

- Black? Hai detto Black? - disse, e Joshua aggrottò le sopracciglia, sorpreso da quella reazione tanto quanto me.

- Ci conosciamo? - domandò, e Albus afferrò Scorpius per un braccio, intimandogli di stare zitto. Quella cosa mi puzzava. Non avevo mai visto questi ragazzi in giro per Bradford, ed era tutto dire: quella cittadina era così piccola da conoscersi l'un con l'altro dall'infanzia.

- Dove abitate? - domande su domande. Sembravano non volerci rispondere, e io inarcai un sopracciglio. Non ci capivo più niente. Forse erano solo turisti: infondo lì c'era una spiaggia meravigliosa, con un mare altrettanto bello. - Orfanotrofio Santa casa. - rispose subito Elisabeth, e all'unisono, io e Josh, la fulminammo.

- Orfanotrofio? - sussurrò James, guardandomi negli occhi. Distolsi lo sguardo e feci spallucce. - Andiamo?Padre Jake ci starà aspettando. - mormorai, e anche Beth si alzò, piegando l'asciugamano su cui era seduta e salutando timidamente i tre ragazzi, che fissai per un tempo indefinito.

Avevano un qualcosa di conosciuto, familiare, che non riconoscevo ma che sapevo di conoscere. Mi allontanai mano a mano con Josh, senza girarmi indietro. Una strana sensazione si era insinuata dentro me come un serpente, e strisciava... strisciava, e sapevo che prima o poi avrebbe morso.

Sapevo che prima o poi mi avrebbe ucciso. 

 

- Papà? Sì, siamo quì. Credo proprio di averla trovata. Alta, magra, dai capelli rossi... davvero bella. Ha gli occhi della mamma e il sorriso di nonna Lily. Era con un certo Black, che non siamo riusciti a collegare. Abita all'orfanotrofio Santa casa. Credo che sia ora di andarla a riprendere e portarla a casa.

  
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