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Autore: WestboundSign_    13/06/2012    3 recensioni
Il titolo di questa storia rimanda ai Blink-182, perché l'ispirazione per questa storia mi è arrivata proprio ascoltando quella canzone.
Beh, che dire. E' un misto tra finzione e realtà, il tutto basato su un'esperienza personale.
Parla della storia di tre ragazzi, la loro silenziosa esistenza, circondata da figure passeggere, le loro anime che vorrebbero urlare, ma non possono, rinchiuse in una drammatica gabbia.
Avvertenze: sarò cattiva con loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Il bagno della discoteca era grande e bianco.
Sally si scontrò con una donna di mezz’età truccata pesantemente e ubriaca. Il vestito troppo corto le lasciava nudo un seno, coperto di succhiotti.
La ventenne storse il naso a quella vista. Avrebbe dovuto assolutamente raccontarlo a… no.
Bloccò la mente, bloccò il pensiero, i ricordi che avrebbero voluto sgorgarle dal cuore e portarla via.
Concentrò invece lo sguardo sullo specchio, studiandosi per un momento.
Il corpo, quel corpo a cui non aveva mai dato troppa importanza, era fasciato in un bustier nero, coperto da un mantello.
Le gambe lunghe, coperte dalle calze bucate.
Risalì, fino al viso.
Pallido, bianco, unico sprazzo di pelle visibile, unica luce in mezzo ai suoi abiti in stile Dark.
I capelli lunghi e lisci.
Gli occhi truccati pesantemente.
Le labbra nere.
Il collare borchiato.
Una donna la fissò per un secondo, prima di scomparire in un cesso.
“Che cazzo guardi?!”
Aveva bisogno di fumo, subito.
 
 
Le luci d’emergenza sulle scale del palazzo abbagliarono gli occhi di Juliet per un secondo.
Avvolta dal lungo maglione nero scese velocemente i gradini. Aveva bisogno d’aria.
Aveva  bisogno di respirare, per quanto fosse possibile.
Attorno a lei, il suo profumo era ancora presente.
Sul divano sfondato.
In cucina.
Fra le lenzuola del letto.
Sulle tende ruvide e rovinate.
Nei vestiti.
Quei vestiti che erano stati dimenticati nella fretta della partenza.
Le valigie…
No. Non doveva pensarci.
Arrivata in fondo alla rampa spalancò il portone, lasciandosi pervadere dal fresco della sera.
Da quanto tempo non metteva piede fuori casa? Una settimana? Due?
Non poteva essere passato così tanto tempo.
Dopo qualche secondo d’indecisione puntò verso il piccolo supermercato, qualche via più in la della sua.
Scansò le pozzanghere, le foglie, i detriti che giacevano in strada, così simili al suo cuore.
Guardò per terra, magari era davvero lì da qualche parte.
Sorrise per un attimo di fronte alla sua stupidità. Dentro la cassa toracica il muscolo batteva ancora, anche se lei avrebbe voluto volentieri il contrario.
Arrivò di fronte al supermarket, ovviamente chiuso a quell’ora.
-MA PORCA PUTTANA! CHI CAZZO SONO I PROPRIETARI DI QUESTO POSTO DI MERDA!? VENITE FUORI CAZZO!-
Juliet iniziò a prendere a calci la serranda del negozio e poi i bidoni della spazzatura, bestemmiando fin che un uomo si affacciò alla finestra sopra la sua testa.
-Cos’è tutto ‘sto casino?!-
La ragazza osservò il vecchio in camicia da notte, un po’ stralunata, decidendosi infine a parlare.
-Io… sto male. Ho bisogno d’aiuto, devo entrare e comprare una cosa… la prego. Mi aiuti. Mi faccia entrare, ho i soldi.- Sventolò trenta dollari nell’aria, che neanche si videro in quel buio anomalo.
Ci fu un momento di silenzio, mentre il vecchio scrutava dall’alto la ragazza.
“Mi sono ridotta a chiedere aiuto. Mi sono ridotta a chiedere aiuto. Proprio io che non ne avevo mai avuto bisogno!”
Ma era davvero così? Davvero era sempre stata capace di reggersi sulle proprie gambe e camminare, da sola?
-Mi sembri proprio disperata, bambina.- la fissò in silenzio –aspetta che scendo.-
Dentro sé Juliet esultò. Le comparve perfino un piccolo sorriso sul volto, alla vista dell’uomo che tirava su la grata e accendeva le luci del negozio.
La ragazza seguì il vecchio al suo interno e raggiunse a passo sicuro il reparto dei superalcolici, da cui prese una bottiglia di Vodka, che portò alla cassa.
Il commerciante non fece commenti.
Forse le aveva letto in viso la muta disperazione, quel dolore che l’aveva resa impassibile, un film in bianco e nero, una vecchia carcassa. La debole energia che la stava tenendo in vita.
L’uomo le passò il resto, che lei lasciò cadere sulla cassa.
Uscì quindi dal negozio, perdendosi nella notte. 
   
 
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