Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    13/06/2012    0 recensioni
SECONDA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Gli eventi si svolgono a sei anni di distanza dalle vicende narrate in "Occhi di Lupo". Il branco di lupi del villaggio di Hyo-den sembra preso da una strana frenesia e, mentre la principessa Naell giunge nel piccolo paesino tra le montagne, una antica presenza passeggia nei boschi osservando attento ciò che succede a Eikhe e la sua famiglia. Una breve storia per scrutare ancora una volta nelle vite Antalion, Liana e soci. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

8.

 

 

 

 

«Per tutti i demoni delle montagne!» esclamò Antalion, balzando indietro di quasi mezzo metro quando, a sorpresa, vide sbucare Naell e i gemelli da dietro l’angolo di una casa…assieme a quello che aveva tutta l’aria di essere un felino gigantesco!

Anche Liana, accanto al suo compagno, sobbalzò spaventata prima di notare l’assoluta tranquillità del trio di giovani.

Pur aggrappata al braccio di Antalion, che li stava fissando con aperta perplessità, riuscì a dire con tono quasi tranquillo: «Ehi, ragazzi! Che ci fate qui con… con… beh, con…»

«My-chan» intervenne con un sorrisino Naell, accarezzando la testa del felino che, strusciandosi contro il suo fianco, emise dei ron-ron così forti da essere più che udibili.

Antalion si passò una mano tra i capelli neri, tagliati di poco sopra le spalle e, vagamente perplesso, chiese alla cugina: «Si può sapere da dove salta fuori quel gattone troppo cresciuto?»

«Anche quanto, è una miciona.»

Nel dirlo, Naell sorrise complice a My-chan.

«E’ l’animale da compagnia del principe di Akantar, ed è venuta in avanscoperta per vedere il villaggio.»

«E tu sai questo perché…» si informò dubbioso Antalion, sempre più accigliato.

Naell ridacchiò con fare divertito, limitandosi a dire: «Meglio che la prendi per come te l’ho venduta, credimi.»

Liana sospirò, scuotendo il capo e, passandosi istintivamente una mano sul ventre ancora piatto, esalò: «Meglio che mi vada a sedere, invece di starmene in giro. Se la giornata è iniziata con questa sorpresina, non oso immaginare cosa succederà dopo.»

Protettivo, Antalion le avvolse la vita con un braccio e, dopo averle baciato la tempia, le sorrise mormorandole dolcemente: «Vai sulla veranda della casa dei miei. E’ sulla via principale, perciò vedrai l’arrivo dei principi in tutta comodità. Io rimarrò qui per tenere sott’occhio il retro delle abitazioni.»

Naell, a quel punto, intervenne e replicò al cugino: «Zio Aken ha detto che dovresti venire anche tu. Sarebbe carino se ci fossi, per l’arrivo dei miei fratelli.»

Mordendosi il labbro inferiore con aria titubante – aveva ricevuto degli ordini perentori da Istrea, e non aveva molta voglia di subire le sue ire – Antalion si guardò intorno prima di incrociare lo sguardo di un suo coetaneo poco distante.

Vedendoli raccolti a parlare, sollevò un sopracciglio con aria interrogativa e chiese: «Ci sono dei guai, Antalion?»

«Non proprio. Dovrei andare a ricevere i miei cugini, a quanto pare. Posso lasciare la mia postazione a te, Kogan?» gli domandò Antalion, non ancora del tutto convinto che fosse la cosa migliore da fare.

«Nessun problema…» poi, ammiccando, indirizzò uno sguardo divertito al felino al fianco di Naell e aggiunse: «…poi, mi spiegherai da dove salta fuori quel micione enorme.»

«Promesso» ridacchiò Antalion, strizzandogli l’occhio prima di prendere per mano la compagna e dirigersi verso la via principale di Hyo-den, assieme ai ragazzi e a My-chan, come l’aveva chiamata Naell.

Osservando la principessa e il modo vagamente protettivo con cui teneva poggiata la mano sulle spalle del felino, Liana storse la bocca in una smorfia ironica e commentò: «Me lo sento nelle ossa. Oggi ne vedremo delle belle.»

***

Alti e possenti destrieri dal pelo scuro come la notte avanzarono lenti lungo la via e, su esili selle senza pomello, cavallerizze armate fino ai denti osservarono le case attorno a loro come fossero barriere difensive e, sorprendentemente, si rilassarono.

Era evidente quanto, fino a quel momento, fossero state tese come corde di violino.

Scorgere finalmente il termine di quel viaggio, certamente lungo e sfiancante – almeno a livello psicologico – era, per loro, un autentico sollievo.

Aken, che ancora le stava fissando a occhi spalancati, non meno di tutti i presenti – donne-lupo comprese – ne studiò le lucide armature bulinate con lo stemma reale di Akantar.

Lunghe spade sottili e ricurve pendevano dai loro cinturoni legati in vita, mentre daghe corte e tozze erano legate dietro la schiena, all’altezza delle reni.

Accanto alle selle, erano sistemate delle faretre colme di dardi da balestra, arma che tenevano saldamente legata a tracolla su una spalla, tramite una fascia di cuoio.

I loro volti dai lineamenti ferini, non mascherati da alcun elmo, erano color dell’ebano e lunghi capelli neri, stretti in pesanti trecce, scintillavano sotto il sole con strani riflessi blu.

Dietro la prima schiera di soldatesse, circa una ventina, giunsero gli uomini di Rajana, che si allargarono a ventaglio per formare due file di soldati.

Mentre il corpo di guardia di Akantar raggiungeva il gruppo di Istrea, disponendosi a loro volta sui lati della strada, i trombettieri fecero levare nell’aria la fanfara che precedeva l’arrivo dei reali.

Aken sogghignò sardonico e commentò, all’indirizzo di Istrea: «Scommetto quel che vuoi che Meriton e Staryn, in questo momento, sono rossi come peperoni maturi.»

«Non so Sua Altezza Meriton, ma il principe Staryn di sicuro» ammiccò Istrea, continuando a osservare con interesse le alte e possenti guerriere di Akantar. «Ammetto che la loro presenza mi ha sorpresa.»

«Non sei l’unica» ammise Aken.

Aveva sentito, nel corso degli anni, di voci riguardo a un corpo di guardia interamente femminile, facente parte dell’esercito del tanto rinomato regno di Akantar.

Non aveva però mai avuto conferma diretta della loro reale esistenza.

I rapporti commerciali con Akantar avevano preso piede solo qualche anno prima della sua fuga da Rajana e, fino a quel momento, lui aveva parlato di affari unicamente con qualche loro rappresentante.

Mai, in nessuna loro discussione, avevano toccato argomenti anche lontanamente attinenti all’esercito che proteggeva i loro confini.

Lo scoprire che ad Akantar le donne potessero entrare nell’esercito, sorprese non poco Aken che, pur abituato a vivere in mezzo a donne guerriere ormai da tempo, trovò la cosa davvero sconcertante.

Nell’osservare i loro corpi tonici e tutt’altro che esili, però, si disse che neppure per un istante avrebbe potuto sottovalutare una di quelle soldatesse, durante un combattimento.

Sembravano maledettamente in gamba.

L’arrivo dei figli e della nipote distolse Aken dalla visione delle possenti guerriere akantaryan e, nel salutare Antalion con un mezzo sorriso, gli sussurrò: «Che ne dici?»

Antalion ammirò per un istante le donne a cavallo prima di annuire fiero e sostenere: «Il principe di Akantar mi sta già simpatico.»

«Lo sospettavo» ridacchiò il padre, aprendosi in un sorriso spontaneo quando, finalmente, la colonna di guardie private dei principi fece finalmente il suo ingresso nel villaggio.

Sotto l’occhio attento degli abitanti di Hyo-den, le loro Altezze il principe Meriton e il principe Staryn entrarono per primi all’interno dell’abbraccio sicuro del villaggio.

Subito dietro di loro, la nera cavalcatura del principe di Akantar avanzò al passo mentre il giovane, con sguardo incuriosito, ammirava ciò che si erigeva attorno a lui.

Studiò le strutture lignee delle case quanto le slanciate guerriere che, dai tetti delle abitazioni, tenevano sotto controllo la situazione nei dintorni del paese montano.

Erano anni che, per voce dei marinai, così come dei mercanti, gli echi delle avventure dell’Eroina del Regno di Enerios si udivano un po’ ogni dove.

Il principe di Akantar ne era giunto a conoscenza per caso e, sapere della discendenza divina di questa fantomatica donna, lo aveva oltremodo incuriosito.

Giunto a Rajana con la delegazione akantaryan, il giovane ne aveva quindi parlato direttamente con re Ruak, scoprendo a sorpresa della loro parentela.

Era stata una sorpresa, per lui, venire a conoscenza dei legami stretti tra questa donna e la corona di Enerios.

 Sempre più interessato a conoscere di lei ogni cosa, il principe Ellessandar aveva chiesto perciò lumi al sovrano di Enerios.

Con tono ben gentile e disponibilità infinita, lui gli aveva parlato di Eikhe, delle figlie sacre e della loro discendenza legata alla loro divinità, il dio-lupo Hevos.

Ellessandar ne era rimasto semplicemente affascinato e, non appena aveva saputo dai principi del loro imminente viaggio per riportare a casa la minore dei tre figli del re, aveva chiesto loro di poterli seguire tra le montagne.

Naturalmente, la sua richiesta aveva mandato su tutte le furie il suo attendente e il Ministro del Commercio, terrorizzati all’idea che lui potesse essere rapito o, peggio, ucciso.

Nessuno di loro aveva mai visto una montagna dal vivo, né avevano idea di come fosse il paesaggio tra quegli impervi coni rocciosi, che potevano intravedere dalle balconate del palazzo di Rajana.

Dei Monti Urlanti sapevano solo quello che era scritto nei libri e, di loro, Ellessandar conosceva solo l’aspetto prettamente geologico, ma nulla più.

L’idea di poterli vedere, e toccare, gli era parsa così buona che, né le proteste dell’amico e confidente, né tanto meno quelle del ministro, l’avevano fatto desistere dai suoi intenti.

Aveva perciò pregato Ruak di poter seguire i suoi figli e, dopo aver spiegato la sua decisione alle sue guardie del corpo, aveva preparato armi e bagagli e si era unito alla colonna di soldati diretti al nord.

Lo scorgere paesaggi così differenti rispetto ai deserti sterminati che circondavano la capitale del suo regno, Yskandar, era stato per Ellessandar più che sorprendente.

Aveva ammirato i territori di Enerios amandoli al primo sguardo e, quando infine erano giunti alle pendici dei Monti Urlanti, la sua sorpresa era stata tale da lasciarlo senza parole.

Aveva immaginato fin dal primo giorno quanto potessero essere imponenti ma mai, nella sua vita, avrebbe mai pensato di poter ritrovarsi dinanzi a simili meraviglie della natura.

I loro contorni frastagliati, ricoperti di bianca neve soffice e spumosa, apparivano minacciosi al pari dei loro scoscesi declivi, eppure Ellessandar li aveva trovati splendidi.

Abituato a una terra per lo più piatta e senza grandi variazioni di tono – solo le coste erano verdeggianti e floride, ma l’interno era ricoperto di sabbia e dune – il principe non aveva potuto far altro che dichiararsi invidioso di simili bellezze.

Il principe Meriton, con un sorriso, lo aveva ringraziato per il complimento.

Sapere che lui ritenesse belle le sue terre era, per l’erede al trono di Rajana, un omaggio più importante di mille riconoscimenti ufficiali.

Nel proseguire lungo un largo sentiero boschivo, il giovane principe Staryn lo aveva informato dei motivi che avevano portato la loro sorellina minore a spingersi così lontano da casa.

Quando aveva saputo l’intera storia, ne aveva sorriso con gentilezza.

Una simile fanciulla sarebbe diventata una principessa dal carattere ben più che mordace, una donna da tenere davvero in debito conto.

My-chan, a quel punto, aveva desiderato precederli per dare un’occhiata ai dintorni ed Ellessandar, non trovandovi nulla di strano, l’aveva lasciata andare.

Aveva dubitato fortemente che il suo renpardo potesse correre dei rischi.

La sua presenza, in effetti, aveva causato qualche problema ai cavalli dell’esercito di Enerios, disturbati da un felino di simili dimensioni tra le loro fila.

Dopo i primi giorni di iniziale tensione, tutto si era però risolto per il meglio, a dimostrazione del perfetto addestramento dei destrieri di Rajana.

Ora che finalmente si trovava nel luogo di cui tanto aveva sentito parlare, Ellessandar non ne rimase affatto deluso.

Muovendosi lentamente dietro le cavalcature dei due principi, il giovane osservò ammirato le costruzioni di tronchi d’albero, i frangi valanghe sulle alture – di cui Staryn gli aveva accennato – e, infine, lasciò che il suo sguardo vagasse sugli abitanti del villaggio.

Erano in prevalenza donne, pur se poté scorgere alcuni uomini e diversi bambini di svariate età e, per la maggior parte, le loro chiome variavano dal rosso più acceso al biondo platino.

Tutte coloro che possedevano quei capelli meravigliosi e dalle tinte chiare, spiccavano soprattutto per i loro occhi d’ambra.

Figlie sacre, indubbiamente.

Distogliendo lo sguardo non appena scorse i due principi bloccare le loro cavalcature, Ellessandar li imitò prima di discendere dal suo destriero con un agile movimento di gambe.

Gli stretti abiti di cuoio nero mugolarono leggermente a quel movimento e, quando gli stivali toccarono terra, sul selciato grigio e levigato, i suoi occhi scuri si posarono istintivamente su un volto a lui familiare.

Il colore degli occhi era diverso – verdi quelli dell’uomo che stava osservando, azzurri quelli del re – ma i tratti volitivi erano gli stessi, così come la postura regale.

Quell’uomo, dalle ampie spalle e gli abiti di pelle di daino, non poteva che essere il fratello maggiore di Re Ruak, l’uomo che aveva rinunciato alla corona per amore di una figlia sacra.

Affiancandosi ai due principi, che stavano rendendo omaggio a una donna dai biondi capelli striati di grigio, Ellessandar si affrettò a fare lo stesso e, omaggiatala con un elegante inchino, esordì dicendo: «Chiedo scusa per gli enormi disagi che, sicuramente, abbiamo causato per via del nostro arrivo, ma non posso che essere lieto di trovarmi in un luogo così bello, e tra persone così interessanti.»

La donna sorrise bonaria, scuotendo il capo lentamente e replicando: «L’unica nostra preoccupazione era per la vostra incolumità ma, ora che siete qui, il mio cuore è più leggero, principe. Io sono Istrea, Signora del Villaggio di Hyo-den, e vi do il benvenuto a nome di tutti.»

«E’ un vero onore fare la vostra conoscenza. Il mio nome è Ellessandar Trygg Ennyson di Akantar.»

Nel dirlo, piegò la bocca in un leggero sogghigno e ammiccò all’indirizzo di Istrea, che sorrise divertita.

«E’ di certo un nome che incute timore» asserì Istrea, diplomaticamente.

«E riempie la bocca» ironizzò il principe, facendola ridacchiare. «Mio padre è stato fin troppo prolifico nel pensare al mio nome, e io ne sconto il fio. Sarò più che felice se vorrete chiamarmi solo Ellessandar.»

«Non sia mai che noi vi rendiamo infelice» sorrise complice Istrea, prima di indicargli l’uomo al suo fianco per presentarglielo. «Credo abbiate notato una certa somiglianza con il re. Lui è Aken di Rajana, ed è uno dei nostri figli del branco.»

Allungando istintivamente una mano verso di lui, Ellessandar sorrise lieto e asserì con convinzione: «Sono più che felice di fare la vostra conoscenza, Aken. So che avete rinunciato al vostro ruolo come erede designato ma, se preferite che io…»

Interrompendolo con un gesto della mano libera, Aken ammiccò al suo indirizzo replicando: «Nessun titolo, Altezza Reale. Io sono solo Aken, ed è un onore potervi accogliere a Hyo-den.»

Ellessandar allora allargò il proprio sorriso prima di scorgere un giovane in tutto simile ad Aken, al suo fianco.

Salutatolo con un cenno del capo, si azzardò a chiedere: «Posso solo immaginare che voi siate suo figlio, vero?»

«Antalion, Vostra Altezza.»

Con un elegante cenno del capo, Antalion si scostò subito dopo per far passare dinanzi a lui i gemelli e aggiungere: «E questi sono i miei fratelli minori. Enyl e Rannyl.»

«Due bellissimi bambini» chiosò Ellessandar, sorridendo loro.

Enyl, come suo solito, non si lasciò sfuggire l’occasione per ficcare il naso e, con un sorriso smagliante, gli chiese: «Altezza… come mai la tua pelle è così scura rispetto alla mia?»

Aken scoppiò immediatamente a ridere, di fronte alla spudorata curiosità della figlia mentre Istrea, impallidendo leggermente, fulminava con lo sguardo la piccola.

Per nulla preoccupata dalla sua reazione, continuò a sorridere al principe che, imperturbabile, le si inginocchiò accanto prima di dirle: «Io provengo da un luogo molto più a sud di qui, dove le terre sono baciate da un sole molto caldo e molto forte. La pelle, allora, per proteggersi, è diventata più scura tanti e tanti secoli fa e così, ora, tutto il mio popolo ha questa colorazione.»

«E’ per questo che quelle belle signore sono scure come te, allora» si informò Enyl, indicando con un dito le guerriere appostate accanto ai loro destrieri.

Sempre sorridendo, Ellessandar annuì.

«Sì, quelle belle signore sono come me, e mi proteggono dai cattivi.»

«Come la mia mamma» sentenziò Enyl, guardando verso l’alto prima di indicare al principe una donna in particolare. «E’ lei la mia mamma.»

Ellessandar allora tornò a rialzarsi e, ammirato, scrutò la slanciata figlia sacra che si trovava sul tetto di una delle case a loro più vicine.

Al pari di molte altre figlie sacre, anche lei aveva capelli ramati, che portava stretti in una treccia.

Abbigliata con pelli di daino, era armata di un arco lungo e appariva intrinsecamente pericolosa, pur non avendone l’aspetto.

Intervenendo a mezza voce, Aken disse orgoglioso: «Mia moglie Eikhe.»

«L’Eroina del Regno» asserì Ellessandar. «Ho così tanto sentito parlare di lei, da averla immaginata alta due metri e con braccia forti come quelle di un uomo… ma avrei dovuto capire di essere in errore fin da subito.»

Con un risolino, Aken chiamò la moglie perché li raggiungesse ed Eikhe, con un paio di balzi agili e leggeri, toccò terra quasi senza produrre alcun rumore.

Ancora armata del suo arco, li raggiunse prima di esibirsi in un breve inchino e presentarsi al principe.

«Siamo lieti di averti qui tra noi, principe. Io sono Eikhe.»

«Ciò che hai appena fatto… quel balzo… ha a che fare con la tua origine divina, vero?» chiese ammagliato Ellessandar, fissandola con lo stesso sguardo che avrebbe avuto un bambino di fronte a un giocattolo nuovo.

Subito sorpresa, Eikhe scoppiò in una risatina allegra prima di guardare sorniona il marito e celiare: «Tuo fratello ha la lingua lunga, eh?»

«A quanto pare…» sghignazzò Aken, ammiccando alla moglie.

«Spero di non averti arrecato offesa, chiedendo» si affrettò a precisare Ellessandar.

Meriton intervenne con un sorriso e, avvicinandosi agli zii, abbracciò entrambi.

«Devi sapere, zia, che il principe è giunto a palazzo conoscendo già la tua nomea. Papà, diciamo, non ha fatto altro che infiocchettarla un po’.»

A quel punto, Eikhe arrossì imbarazzata e, con un risolino, mormorò: «Dèi, non è possibile che, dopo tanti anni, quella storia sia ancora in giro!»

«Ha varcato i confini del mare, invece…» le replicò bonariamente Ellessandar. «… ed è giunta fino alle porte del nostro palazzo. E, come puoi vedere dal mio esercito, la nomea di una donna che salva un intero regno, non può che averci fatto piacere.»

Eikhe lanciò uno sguardo alle possenti guerriere, che le sorrisero di rimando, prima di annuire al principe Ellessandar.

«Diciamo che quella volta abbiamo avuto fortuna, se così si può dire.»

«Sarei onorato se volessi raccontarmi ogni cosa» le propose il principe, prima di udire un miagolio profondo tra i presenti.

Volgendosi immediatamente in direzione di quel suono a lui così caro e familiare, il principe oltrepassò con grazia il muro umano formato da Aken e Antalion e, inginocchiandosi a terra, abbracciò con calore il suo renpardo, esclamando: «My-chan! Eccoti qui! Ormai pensavo avessi perso la strada.»

«E’ arrivata una mezz’oretta fa» intervenne con tono pacato Naell che, fino a quel momento, aveva studiato l’alta figura del principe dal riparo offertole dai corpi imponenti di zio e cugino.

Nel momento stesso in cui lo aveva visto in sella al suo destriero, la principessa si era sorpresa non poco nello scoprire che il principe di Akantar era, sì, giovane, ma anche prestante non meno dei fratelli e alto come una montagna.

Le sue spalle, larghe quasi quanto quelle dello zio, erano fasciate da un drappeggio di pelle chiara all’apparenza così morbida da sembrare seta, al pari dei calzoni da viaggio e degli stivali neri dalle borchie argentate.

Il viso, dello stesso colore del cioccolato al latte, aveva zigomi alti e una mascella volitiva e gli occhi, di un profondo color pece, erano dotati di un’innata intelligenza, più che evidente a ogni suo sguardo.

I capelli l’avevano incuriosita non poco.

Erano lunghi, stretti in una coda di cavallo dietro la nuca, e bloccati da un fermaglio di corno traslucido.

Non portava orpelli di nessun genere, né anelli con stemmi nobiliari, o altro.

Bastava il suo portamento, oltre alla sua parlata elegante, a far comprendere a tutti chi fosse.

La sua voce, dal timbro musicale, era bassa e roca e storpiava in modo davvero bizzarro le esse e le erre, nel parlare la loro lingua, per lo più gutturale.

Quella stessa voce le accarezzò le orecchie, nel chiederle: «Ti sei presa cura di lei, figlia del branco?»

Naell non lo corresse e lo guardò rialzarsi in tutta la sua straordinaria altezza.

Annuendo nel levare il capo per poterlo guardare in viso, sorrise e asserì: «Ci ha sorpresi tutti, quando è piombata nel cortile del capanno dei lupi.»

«Posso immaginarlo» annuì Ellessandar.

Staryn si avvicinò a loro con un sorrisone e, dopo aver abbracciato la sorella, la presentò al principe. «Lei è nostra sorella Naell. La scavezzacollo di casa.»

La ragazza sogghignò al commento del fratello, dandogli un leggero colpo di gomito nello stomaco, prima di profondersi in una riverenza piuttosto bizzarra.

Con un risolino, mormorò: «Mi scuso se mi presento con abiti da lavoro, Altezza.»

Ellessandar, subito sorpreso da quella scoperta, scosse una mano con fare tranquillo, ribattendo con sagacia: «Mi sarei stupito maggiormente se ti avessi vista con crinoline e abito di seta.»

Naell rise sommessamente, chiosando: «Dubito sarei riuscita a lavorare un solo giorno, con tutti gli orpelli che sono solita portare a corte.»

«Chissà perché, ma ne sono più che convinto anch’io» assentì Ellessandar prima di scoppiare a ridere con i presenti.

***

Uno spicchio di luna illuminava la spianata dove si trovava il villaggio di Hyo-den.

Dopo l’iniziale tensione dovuta all’arrivo del contingente di soldati, guidati dall’immancabile Meyor, tutto si era svolto nel modo migliore.

Libagioni erano state offerte agli ospiti, Istrea aveva finito con il monopolizzare il capitano delle guardie private del principe Ellessandar e My-chan, dopo aver fatto le feste al suo padrone, era tornata al fianco di Naell.

In quel momento, la principessa le stava facendo un grattino dietro le orecchie.

Il ron-ron che emetteva faceva vibrare le gambe della ragazza, su cui era poggiata la  sua testa.

Ylar invece, dopo l’iniziale paura, si era avvicinato trotterellando all’enorme felino e, ora, era praticamente sdraiato sulla sua enorme schiena, intento a mordicchiarlo sul collo, come alla ricerca di qualche parassita da eliminare.

Sembravano andare d’amore e d’accordo.

Dopo i convenevoli di rito, Naell aveva spiegato ai fratelli del dono che Hevos avrebbe voluto fare alla famiglia reale, e i motivi che l’avevano spinta a rifiutare un tale regalo.

Sia Meriton che Staryn si erano dichiarati d’accordo con la sorella, e avevano plaudito la sua scelta e la ponderazione dimostrata in un simile frangente.

Pur avendo desiderato avere un lupo come compagno, dopo aver visto quelli del cugino e della zia, entrambi i fratelli comprendevano benissimo quanto, la vita di palazzo, fosse inadatta a simili animali.

Luak e Symill avevano accolto con favore la decisione dei principi, pur se i loro cuccioli si erano mostrati davvero interessati di fare la loro conoscenza.

Avevano sgambettato felici verso di loro, allontanandosi dai genitori sulle loro zampette robuste e pelose, e si erano fatti prendere in braccio e coccolare per tutto il giorno.

Non che, in quel momento, le cose fossero diverse.

Meriton e Staryn, seduti su un paio di sedie sotto la veranda di casa degli zii, tenevano Rym e Coyn sulle cosce, impegnati a fare loro il solletico sui loro ventri bianchi e morbidi.

I lupetti non sembravano avere nessunissima intenzione di cambiare quello stato di cose, e le cose andavano avanti così da ore.

Symill, dal canto suo, se ne stava ai piedi delle scale - occupate dalla famiglia di Aken e da Ellessandar - osservando i figli con aria esasperata mentre Luak, accanto al padrone, appariva chiaramente disgustato.

Sembravano imbarazzati dal comportamento dei figli.

Dopo averli guardati per un bel po’ e aver ridacchiato sotto i baffi, Liana accarezzò divertita il suo lupo e mormorò, rivolta a nessuno in particolare: «Mi sa tanto che tra un po’ esploderanno. Sono al limite.»

«Comportamento poco dignitoso?» domandò Ellessandar, grattando sotto il mento Ylar.

Il lupetto tirò fuori la lingua, soddisfatto, e piegò un poco indietro la testolina perché il principe potesse lavorare meglio con le dita.

La donna annuì, scoppiando a ridere, ed esclamò: «Oltremodo! I lupi vanno molto fieri della loro indipendenza e un comportamento simile, anche in un cucciolo, è considerato ben poco… edificante

Eikhe sorrise a Liana nell’annuire e, rivolta al principe, spiegò: «Per un lupo, è importante mantenere un certo distacco. Ne va del suo orgoglio. Ovviamente, qualche carezza e qualche abbraccio sono sempre graditi, e anche il gioco, ma farsi fare coccolare tutto il santo giorno…»

Sogghignando all’indirizzo dei due principi, che se la stavano godendo un mondo a giocherellare con i cuccioli, Ellessandar chiosò: «E’ come essere protagonisti di un incidente diplomatico, o qualcosa di simile.»

«Più o meno» assentì Aken, prima di aggiungere sornione: «O forse, loro erano destinati fin dall’inizio a essere così.»

Naell sollevò lesta il capo per fissare il volto serioso dello zio e chiedere, con voce sottile e tesa: «Che intendi dire, zio?»

«Pensaci bene, piccola. Hevos avrebbe potuto scegliere uno qualsiasi dei lupi appena nati, eppure ha scelto loro. E guardali come si comportano» le espose Aken, indirizzando un sorriso ai nipoti. «Ti sembra che gli altri cuccioli abbiano fatto lo stesso? No. Solo loro

«Quindi, la mia decisione è stata inutile?» esalò Naell, sentendosi stranamente presa in giro.

Aken ed Eikhe la fissarono con comprensione, sapendo bene come si stesse sentendo in quel momento e la zia, poggiandole una mano sulla spalla, cercò di confortarla come meglio poté.

«Non devi sentirti offesa. Era importante che tu soppesassi la sua offerta perché, prima di tutto, lui sembrava aver bisogno di sapere come la pensassi. Non voglio conoscere i motivi che lo hanno spinto a una decisione simile, perché avrà avuto le sue ragioni, ma evidentemente era necessario che tu compissi una scelta per dare una risposta ai suoi quesiti.»

«Quindi, Ylar e gli altri verranno comunque con noi?» esalò Naell, volgendosi a fissare il lupetto con aria speranzosa e dubbiosa insieme.

«A quanto pare, sì. Anche perché non credo che quei due si staccheranno volentieri da Meriton e Staryn» ridacchiò Antalion, ammiccando alla cuginetta e carezzando distrattamente una coscia della compagna.

Da quando aveva saputo della sua prossima paternità, era diventato ancor più solerte, nei confronti di Liana.

Ellessandar intervenne per tentare a sua volta di chetare i dubbi della principessa, asserendo: «My-chan è con me da quando avevo otto anni e, pur se ha vissuto per così tanto tempo in un palazzo, non penserei mai che non è in grado di cavarsela fuori dalle quattro mura che l’hanno vista crescere. Sono più che sicuro che, nelle vostre mani, i lupi non perderanno la loro affinità con i boschi. Abituandosi fin da piccoli al palazzo, inoltre, subiranno meno shock, non ti pare, Naell?»

Mordendosi pensierosa il labbro inferiore, la ragazza alla fine annuì al principe.

«Sì, penso tu abbia ragione. Inoltre, mi farò personale carico di portarli nel bosco perché non perdano confidenza con il loro mondo.»

«Non te ne andrai da sola per il bosco, una volta tornata a palazzo» precisò Meriton, accigliandosi leggermente. «Anche quanto, ti accompagneremo noi. O Meyor.»

Sentendosi interpellare, il comandante sorrise alla ragazza, ammiccando con aria divertita e lei, rispondendo al suo sorriso, annuì al suo indirizzo prima di tornare a guardare con sufficienza il fratello.

Sapeva che prima o poi un simile problema si sarebbe presentato, per cui era preparata per rispondergli a tono.

Sollevando serafica un sopracciglio, Naell chiese al fratello: «E di grazia, ti sapresti anche orientare? Perché, se non erro, non è una delle tue specialità.»

Meriton arrossì fino alla radice dei capelli nel sentire la sorella riprenderlo a quel modo, e dinanzi ai suoi parenti e amici.

Gonfiandosi come un pavone, si levò in piedi tenendo in braccio Rym per rimbeccarla a tono.

«Sono tuo fratello maggiore, perciò non ti permetterò di girare indisturbata per la foresta, con il rischio che qualcuno possa farti del male. Sarai degnamente scortata.»

La ragazza allora sgranò gli occhi, falsamente spaventata, e si portò le mani dinanzi alla bocca spalancata, esalando: «Oh, dèi, Meriton! Che paura che mi fai!»

Staryn scoppiò a ridere di gusto, divertito dall’intemperanza della sorellina mentre Meriton, sempre più contrariato, la fissava come se avesse voluto prenderla a scappellotti.

Era più che evidente che si sentiva colpito nel suo onore di uomo, oltre che di erede del regno.

Più che mai decisa ad avere la meglio in quella discussione, Naell si levò in piedi a sua volta, fissò il fratello maggiore con autentico affetto e aggiunse più dolcemente: «Meriton, ti sono grata per le tue attenzioni, davvero, ma non sono più la bambina che conoscevi. Di certo, non mi addentrerò per i boschi da sola ma credimi, sono in grado di percorrere le vie delle foreste e, di certo, anche senza di te.»

«La principessa ha ragione» intervenne a sorpresa Kalia, comparendo sul fondo delle scale e osservando la famiglia riunita con un timido sorriso. «Scusate se mi intrometto, ma avremmo bisogno di Naell per un po’. Noi ragazze vorremmo darle un regalo di arrivederci.»

Perdendo di colpo il suo cipiglio battagliero, Meriton fissò la fulva figlia sacra con un certo interesse e, con una maggiore cortesia rispetto a quella usata con la sorella, le chiese: «Cosa intendevi dire, prima?»

«Che Naell è in grado di orientarsi e di riconoscere ciò che le può essere dannoso, all’interno di un bosco. Certo, non possiede ancora una padronanza ottimale della daga, nel caso debba difendersi da sola ma…è brava, per essere una principiante. E, come arciera, ha dimostrato un’affinità davvero unica con quell’arma.»

Nel dirlo, strizzò l’occhio all’amica, che ridacchiò di fronte alla costernazione dei fratelli.

Ovvio che fossero sorpresi. Nelle sue lettere alla famiglia, non aveva menzionato un po’ di cose.

Ellessandar, invece, non parve né sorpreso né turbato da quelle rivelazioni e, anzi, annuì compiaciuto prima di spiegare loro il perché il della sua reazione.

«Non ci trovo nulla di strano, lo ammetto. Mia madre è la cavallerizza migliore del regno, e io stesso non mi metterei mai contro di lei, in una gara di tiro con l’arco. Ha un occhio portentoso.»

Naell si allargò in un sorrisone tutto denti e, ghignando all’indirizzo dei fratelli – che apparivano ancora confusi – scese le scale per raggiungere Kalia prima di volgere lo sguardo in direzione del principe Ellessandar.

«Pensi che tua madre gradirebbe una mia visita?»

«Naell!» esclamò Meriton, basito di fronte alla faccia tosta della sorella.

«Quando le racconterò come vivono le donne-lupo, vorrà saperne ogni cosa e, di sicuro, tu sei più informata di me sul loro stile di vita» le sorrise Ellessandar, senza minimamente badare alle reazioni del principe di Rajana.

I suoi occhi scuri erano tutti per la giovane e intemperante principessa.

«Bene. Mi sa che, per il mio prossimo compleanno, chiederò che sia questo, il mio regalo» ridacchiò Naell, guardando poi My-chan per chiederle: «Vuoi venire anche tu?»

Il felino annuì e si levò sulle zampe stando ben attenta a non far cadere Ylar e, dopo aver lanciato uno sguardo al padrone, trotterellò lungo la via assieme alle due ragazze, scomparendo oltre un muro di corpi festanti e rilassati.

«Mi scuso per il comportamento di mia sorella. Evidentemente, stare all’aperto per troppo tempo le ha fatto dimenticare l’etichetta da tenersi con un nobile in visita» brontolò Meriton, scuotendo il capo con aria contrita prima di fissare accigliato gli zii.

Aken, per tutta risposta, scrollò le spalle e replicò al cipiglio del nipote: «Naell non è stata scortese, solo sincera, e non vedo come questo possa avere in qualche modo potuto offendere il principe Ellessandar.»

Annuendo all’indirizzo di Aken, il principe di Akantar ci tenne a difendere Naell dalle accuse del fratello, asserendo con gentilezza: «Non devi preoccuparti, Meriton, davvero. Amo la schiettezza, nelle persone, perché già troppi nobili titolati cercano i miei favori con vane parole. Trovare in tua sorella questa totale mancanza di affettazione, è stata una piacevole novità.»

«Sono lieto che la cosa non ti abbia disturbato, Ellessandar, ma non so quanto questo suo modo di comportarsi potrà giovarle, a corte» sospirò Meriton. «Cercate di non fraintendermi. Voglio solo il meglio per lei, ma dubito che essere così schietta con il prossimo possa essere la carta vincente, a palazzo.»

«Naell non è una sciocca e sa bene che, una volta tornata a Rajana, le cose torneranno a essere come prima…» intervenne Aken, benevolo. «…ma ora, sa di avere la forza di poter affrontare praticamente qualsiasi ostacolo, oltre ad aver imparato qualcosa in più sul suo popolo.»

«Non vorrei soffrisse quanto hai sofferto tu, zio Aken» precisò Meriton, sorridendogli con affetto.

«Naell non ha il cuore spezzato in due dal dolore per la perdita di una persona amata, Meriton, anche se capisco le tue paure. Ma credo proprio che tua sorella sia maturata molto, in questi mesi, e abbia raggiunto un buon compromesso con se stessa e i suoi desideri» gli spiegò Aken, con un mezzo sorriso. «Inoltre, potrà portare con sé l’adorato Ylar, per cui non abbandonerà mai del tutto Hyo-den. Ne avrà un pezzetto, con sé.»

«Vero» ammise Meriton, stringendo un po’ più a sé Rym, che gli leccò il mento con fare divertito.

«L’importante è che si limiti a Ylar, e non decida di portare a palazzo anche My-chan, altrimenti a qualcuno potrebbe venire davvero un infarto» sghignazzò Staryn, ammiccando con il principe Ellessandar.

Divertito, Ellessandar lanciò uno sguardo in direzione del gruppetto di figlie sacre dove si trovava anche il suo renpardo. Sembravano divertirsi un mondo.

«Sono un po’ geloso, in effetti. My-chan non aveva mai fatto amicizia con nessuno, se non con me» sogghignò il principe akantaryan , mordicchiando pensieroso un dolcetto tra quelli che teneva sul suo piatto, in bilico su un ginocchio.

«Naell è buona, bella e brava. E’ facile fare amicizia con lei» buttò lì Enyl, sedendosi vicino al principe prima di offrirgli un dolcetto a forma di ciambella. «Ne vuoi uno?»

Staryn, a quella vista,  afferrò lesto la tortina - memore di ciò che era successo a lui la volta precedente - e, con un sorriso di scuse al sorpreso Ellessandar, sogghignò.

«E’ per evitare disastri. Può anche sembrare un angioletto, ma sa essere tremenda, quando vuole fare uno scherzo.»

Enyl guardò imperturbabile il cugino e replicò: «Guarda che è buono.»

Staryn, per contro, la fissò con aria poco convinta mentre Rannyl, seduto accanto alla sorella, se ne stava a testa bassa a scrutare interessato il suo piatto di dolci.

Aken ed Eikhe guardarono divertiti i figli minori e il nipote nella loro silenziosa battaglia di sguardi mentre Antalion, Meyor e Liana, tentando di non ridere, studiarono incuriositi l’apparente disinteresse di Rannyl per tutta la faccenda.

Qualcosa non quadrava.

Ellessandar, da par suo, si mostrò davvero incuriosito e, rivolgendosi alla bambina, le chiese: «Cos’è successo, a tuo cugino, per portarlo a credere che tu voglia farmi uno scherzo?»

«Mi ha dato un tortino speziato… molto speziato» intervenne Staryn, continuando a osservare una granitica Enyl che, con i suoi occhioni d’ambra, lo stava apertamente sfidando a mangiare la ciambella.

Ellessandar rise divertito, di fronte a quella risposta mentre Enyl, ancora con lo sguardo fisso sul cugino, gli domandava: «Vuoi che gli dia un morso io, per convincerti? Lo faccio, sai? Dai, dammela.»

«So che me ne pentirò» brontolò Staryn, assaggiando la ciambella e, al tempo stesso, strizzando gli occhi già presagendo il peggio.

Un attimo dopo, Staryn si portò le mani alla gola e, raggiunto in fretta il bordo della veranda, sputò tutto prima di ingiuriare a male parole Enyl che, scoppiando a ridere assieme agli altri, chiosò: «Ci sei cascato ancora!»

Asciugandosi una lacrima di ilarità mentre Staryn si affrettava a prendere un bicchiere d’acqua dalle mani dello zio, Ellessandar guardò la bambina con ammirazione, domandandole: «Sapevi che sarebbe intervenuto, vero?»

Fu Rannyl a rispondere per lei.

«Staryn era stato sua vittima, la volta scorsa, quindi era quasi certo che, vedendola offrire un dolcetto anche a te, sarebbe intervenuto per salvarti.»

«Mio fratello è tanto bravo a congegnare scherzi! E io a metterli in pratica!» ridacchiò Enyl, sorridendo melliflua.

Ellessandar rise ancora più forte, affascinato dai modi di fare dei due gemelli.

Presa in braccio la figlia, Eikhe le diede un bacio sulla guancia prima di suggerirle: «Coraggio, scusati con Staryn e, per stasera, basta scherzi.»

«D’accordo» promise Enyl, scostandosi dalla madre con un lampo negli occhi.

Rannyl con sagacia, chiosò: «Brutta scelta di parole.»

«Dici, caro?» sghignazzò sua madre, ammiccando al figlio prima di scompigliargli i capelli.

«Sì» annuì lui, tutto sorridente.

Enyl, nel frattempo, raggiunse Staryn sulla veranda e, dopo averlo fissato con occhi liquidi e colmi di dispiacere, lo abbracciò, annullando di fatto la rabbia del cugino.

Ora del tutto pacificato, il principe si piegò in avanti, lasciando che la cuginetta gli desse un bacio sulla guancia.

«E’ un’ammaliatrice» sogghignò Ellessandar.

«Nel bene e nel male» ammise Aken, con un risolino.

«E tu, una mente di prim’ordine» aggiunse Ellessandar, allungando una mano in direzione di Rannyl, che la strinse imbarazzato e ridacchiando non poco.

Rivolgendosi poi a Eikhe, il principe le chiese: «Quando sarà più grande, potrei decidere di rubartelo. Chissà cosa potrebbe inventarsi, con un’intera corte da utilizzare per i suoi scopi?»

«Ran potrà fare quel che vorrà, una volta adulto» ridacchiò Eikhe.  «Per ora, però, vorrei che la smettesse di congegnare scherzi e trucchi.»

«Vedrò» si limitò a dire Rannyl, facendo posto a Enyl quando la vide tornare.

I due gemelli si scambiarono un’occhiata d’intesa e, a Ellessandar, sorse il dubbio che, prima della loro partenza, anche lui avrebbe subito gli effetti dell’intelligenza sottile di quei due monelli.

La sola idea lo divertì un mondo.

 
 
_____________________________
N.d.A.: che ve ne pare dei nuovi arrivati? ;)
Ormai siamo al capolinea e forse, un domani, penserò a scrivere qualcosa del futuro di Ellessandar e gli altri ma, per il momento, direi che mi fermerò a questa breve storia sui nostri eroi.
A presto, per il gran finale!
 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark