8.
«Per tutti i demoni delle montagne!»
esclamò Antalion, balzando indietro di quasi mezzo metro quando, a sorpresa,
vide sbucare Naell e i gemelli da dietro l’angolo di una casa…assieme a quello
che aveva tutta l’aria di essere un felino gigantesco!
Anche
Liana, accanto al suo compagno, sobbalzò spaventata prima di notare l’assoluta
tranquillità del trio di giovani.
Pur
aggrappata al braccio di Antalion, che li stava fissando con aperta
perplessità, riuscì a dire con tono quasi tranquillo: «Ehi, ragazzi! Che ci
fate qui con… con… beh, con…»
«My-chan»
intervenne con un sorrisino Naell, accarezzando la testa del felino che,
strusciandosi contro il suo fianco, emise dei ron-ron così forti da
essere più che udibili.
Antalion
si passò una mano tra i capelli neri, tagliati di poco sopra le spalle e,
vagamente perplesso, chiese alla cugina: «Si può sapere da dove salta fuori
quel gattone troppo cresciuto?»
«Anche
quanto, è una miciona.»
Nel
dirlo, Naell sorrise complice a My-chan.
«E’
l’animale da compagnia del principe di Akantar, ed è venuta in avanscoperta per
vedere il villaggio.»
«E tu
sai questo perché…» si informò dubbioso Antalion, sempre più accigliato.
Naell
ridacchiò con fare divertito, limitandosi a dire: «Meglio che la prendi per
come te l’ho venduta, credimi.»
Liana
sospirò, scuotendo il capo e, passandosi istintivamente una mano sul ventre
ancora piatto, esalò: «Meglio che mi vada a sedere, invece di starmene in giro.
Se la giornata è iniziata con questa sorpresina, non oso immaginare cosa
succederà dopo.»
Protettivo,
Antalion le avvolse la vita con un braccio e, dopo averle baciato la tempia, le
sorrise mormorandole dolcemente: «Vai sulla veranda della casa dei miei. E’
sulla via principale, perciò vedrai l’arrivo dei principi in tutta comodità. Io
rimarrò qui per tenere sott’occhio il retro delle abitazioni.»
Naell,
a quel punto, intervenne e replicò al cugino: «Zio Aken ha detto che dovresti
venire anche tu. Sarebbe carino se ci fossi, per l’arrivo dei miei fratelli.»
Mordendosi
il labbro inferiore con aria titubante – aveva ricevuto degli ordini perentori
da Istrea, e non aveva molta voglia di subire le sue ire – Antalion si guardò
intorno prima di incrociare lo sguardo di un suo coetaneo poco distante.
Vedendoli
raccolti a parlare, sollevò un sopracciglio con aria interrogativa e chiese:
«Ci sono dei guai, Antalion?»
«Non
proprio. Dovrei andare a ricevere i miei cugini, a quanto pare. Posso lasciare
la mia postazione a te, Kogan?» gli domandò Antalion, non ancora del tutto
convinto che fosse la cosa migliore da fare.
«Nessun
problema…» poi, ammiccando, indirizzò uno sguardo divertito al felino al fianco
di Naell e aggiunse: «…poi, mi spiegherai da dove salta fuori quel micione
enorme.»
«Promesso»
ridacchiò Antalion, strizzandogli l’occhio prima di prendere per mano la
compagna e dirigersi verso la via principale di Hyo-den, assieme ai ragazzi e a
My-chan, come l’aveva chiamata Naell.
Osservando
la principessa e il modo vagamente protettivo con cui teneva poggiata la mano
sulle spalle del felino, Liana storse la bocca in una smorfia ironica e
commentò: «Me lo sento nelle ossa. Oggi ne vedremo delle belle.»
***
Alti e possenti destrieri dal pelo
scuro come la notte avanzarono lenti lungo la via e, su esili selle senza
pomello, cavallerizze armate fino ai denti osservarono le case attorno a loro
come fossero barriere difensive e, sorprendentemente, si rilassarono.
Era
evidente quanto, fino a quel momento, fossero state tese come corde di violino.
Scorgere
finalmente il termine di quel viaggio, certamente lungo e sfiancante – almeno a
livello psicologico – era, per loro, un autentico sollievo.
Aken,
che ancora le stava fissando a occhi spalancati, non meno di tutti i presenti –
donne-lupo comprese – ne studiò le lucide armature bulinate con lo stemma reale
di Akantar.
Lunghe
spade sottili e ricurve pendevano dai loro cinturoni legati in vita, mentre
daghe corte e tozze erano legate dietro la schiena, all’altezza delle reni.
Accanto
alle selle, erano sistemate delle faretre colme di dardi da balestra, arma che
tenevano saldamente legata a tracolla su una spalla, tramite una fascia di
cuoio.
I loro
volti dai lineamenti ferini, non mascherati da alcun elmo, erano color
dell’ebano e lunghi capelli neri, stretti in pesanti trecce, scintillavano
sotto il sole con strani riflessi blu.
Dietro
la prima schiera di soldatesse, circa una ventina, giunsero gli uomini di
Rajana, che si allargarono a ventaglio per formare due file di soldati.
Mentre
il corpo di guardia di Akantar raggiungeva il gruppo di Istrea, disponendosi a
loro volta sui lati della strada, i trombettieri fecero levare nell’aria la
fanfara che precedeva l’arrivo dei reali.
Aken
sogghignò sardonico e commentò, all’indirizzo di Istrea: «Scommetto quel che
vuoi che Meriton e Staryn, in questo momento, sono rossi come peperoni maturi.»
«Non
so Sua Altezza Meriton, ma il principe Staryn di sicuro» ammiccò Istrea,
continuando a osservare con interesse le alte e possenti guerriere di Akantar.
«Ammetto che la loro presenza mi ha sorpresa.»
«Non
sei l’unica» ammise Aken.
Aveva
sentito, nel corso degli anni, di voci riguardo a un corpo di guardia
interamente femminile, facente parte dell’esercito del tanto rinomato regno di
Akantar.
Non
aveva però mai avuto conferma diretta della loro reale esistenza.
I
rapporti commerciali con Akantar avevano preso piede solo qualche anno prima della
sua fuga da Rajana e, fino a quel momento, lui aveva parlato di affari
unicamente con qualche loro rappresentante.
Mai,
in nessuna loro discussione, avevano toccato argomenti anche lontanamente
attinenti all’esercito che proteggeva i loro confini.
Lo
scoprire che ad Akantar le donne potessero entrare nell’esercito, sorprese non
poco Aken che, pur abituato a vivere in mezzo a donne guerriere ormai da tempo,
trovò la cosa davvero sconcertante.
Nell’osservare
i loro corpi tonici e tutt’altro che esili, però, si disse che neppure per un
istante avrebbe potuto sottovalutare una di quelle soldatesse, durante un
combattimento.
Sembravano
maledettamente in gamba.
L’arrivo
dei figli e della nipote distolse Aken dalla visione delle possenti guerriere
akantaryan e, nel salutare Antalion con un mezzo sorriso, gli sussurrò: «Che ne
dici?»
Antalion
ammirò per un istante le donne a cavallo prima di annuire fiero e sostenere:
«Il principe di Akantar mi sta già simpatico.»
«Lo
sospettavo» ridacchiò il padre, aprendosi in un sorriso spontaneo quando,
finalmente, la colonna di guardie private dei principi fece finalmente il suo
ingresso nel villaggio.
Sotto
l’occhio attento degli abitanti di Hyo-den, le loro Altezze il principe Meriton
e il principe Staryn entrarono per primi all’interno dell’abbraccio sicuro del
villaggio.
Subito
dietro di loro, la nera cavalcatura del principe di Akantar avanzò al passo
mentre il giovane, con sguardo incuriosito, ammirava ciò che si erigeva attorno
a lui.
Studiò
le strutture lignee delle case quanto le slanciate guerriere che, dai tetti
delle abitazioni, tenevano sotto controllo la situazione nei dintorni del paese
montano.
Erano
anni che, per voce dei marinai, così come dei mercanti, gli echi delle
avventure dell’Eroina del Regno di Enerios si udivano un po’ ogni dove.
Il
principe di Akantar ne era giunto a conoscenza per caso e, sapere della
discendenza divina di questa fantomatica donna, lo aveva oltremodo incuriosito.
Giunto
a Rajana con la delegazione akantaryan, il giovane ne aveva quindi parlato
direttamente con re Ruak, scoprendo a sorpresa della loro parentela.
Era
stata una sorpresa, per lui, venire a conoscenza dei legami stretti tra questa
donna e la corona di Enerios.
Sempre più interessato a conoscere di lei ogni
cosa, il principe Ellessandar aveva chiesto perciò lumi al sovrano di Enerios.
Con
tono ben gentile e disponibilità infinita, lui gli aveva parlato di Eikhe,
delle figlie sacre e della loro discendenza legata alla loro divinità, il
dio-lupo Hevos.
Ellessandar
ne era rimasto semplicemente affascinato e, non appena aveva saputo dai
principi del loro imminente viaggio per riportare a casa la minore dei tre
figli del re, aveva chiesto loro di poterli seguire tra le montagne.
Naturalmente,
la sua richiesta aveva mandato su tutte le furie il suo attendente e il
Ministro del Commercio, terrorizzati all’idea che lui potesse essere rapito o,
peggio, ucciso.
Nessuno
di loro aveva mai visto una montagna dal vivo, né avevano idea di come fosse il
paesaggio tra quegli impervi coni rocciosi, che potevano intravedere dalle
balconate del palazzo di Rajana.
Dei
Monti Urlanti sapevano solo quello che era scritto nei libri e, di loro,
Ellessandar conosceva solo l’aspetto prettamente geologico, ma nulla più.
L’idea
di poterli vedere, e toccare, gli era parsa così buona che, né le proteste
dell’amico e confidente, né tanto meno quelle del ministro, l’avevano fatto
desistere dai suoi intenti.
Aveva
perciò pregato Ruak di poter seguire i suoi figli e, dopo aver spiegato la sua
decisione alle sue guardie del corpo, aveva preparato armi e bagagli e si era
unito alla colonna di soldati diretti al nord.
Lo
scorgere paesaggi così differenti rispetto ai deserti sterminati che
circondavano la capitale del suo regno, Yskandar, era stato per Ellessandar più
che sorprendente.
Aveva
ammirato i territori di Enerios amandoli al primo sguardo e, quando infine
erano giunti alle pendici dei Monti Urlanti, la sua sorpresa era stata tale da
lasciarlo senza parole.
Aveva
immaginato fin dal primo giorno quanto potessero essere imponenti ma mai, nella
sua vita, avrebbe mai pensato di poter ritrovarsi dinanzi a simili meraviglie
della natura.
I loro
contorni frastagliati, ricoperti di bianca neve soffice e spumosa, apparivano
minacciosi al pari dei loro scoscesi declivi, eppure Ellessandar li aveva
trovati splendidi.
Abituato
a una terra per lo più piatta e senza grandi variazioni di tono – solo le coste
erano verdeggianti e floride, ma l’interno era ricoperto di sabbia e dune – il
principe non aveva potuto far altro che dichiararsi invidioso di simili
bellezze.
Il
principe Meriton, con un sorriso, lo aveva ringraziato per il complimento.
Sapere
che lui ritenesse belle le sue terre era, per l’erede al trono di Rajana, un
omaggio più importante di mille riconoscimenti ufficiali.
Nel
proseguire lungo un largo sentiero boschivo, il giovane principe Staryn lo
aveva informato dei motivi che avevano portato la loro sorellina minore a
spingersi così lontano da casa.
Quando
aveva saputo l’intera storia, ne aveva sorriso con gentilezza.
Una
simile fanciulla sarebbe diventata una principessa dal carattere ben più che
mordace, una donna da tenere davvero in debito conto.
My-chan,
a quel punto, aveva desiderato precederli per dare un’occhiata ai dintorni ed
Ellessandar, non trovandovi nulla di strano, l’aveva lasciata andare.
Aveva
dubitato fortemente che il suo renpardo potesse correre dei rischi.
La sua
presenza, in effetti, aveva causato qualche problema ai cavalli dell’esercito
di Enerios, disturbati da un felino di simili dimensioni tra le loro fila.
Dopo i
primi giorni di iniziale tensione, tutto si era però risolto per il meglio, a
dimostrazione del perfetto addestramento dei destrieri di Rajana.
Ora
che finalmente si trovava nel luogo di cui tanto aveva sentito parlare, Ellessandar
non ne rimase affatto deluso.
Muovendosi
lentamente dietro le cavalcature dei due principi, il giovane osservò ammirato
le costruzioni di tronchi d’albero, i frangi valanghe sulle alture – di cui
Staryn gli aveva accennato – e, infine, lasciò che il suo sguardo vagasse sugli
abitanti del villaggio.
Erano
in prevalenza donne, pur se poté scorgere alcuni uomini e diversi bambini di
svariate età e, per la maggior parte, le loro chiome variavano dal rosso più
acceso al biondo platino.
Tutte
coloro che possedevano quei capelli meravigliosi e dalle tinte chiare, spiccavano
soprattutto per i loro occhi d’ambra.
Figlie
sacre, indubbiamente.
Distogliendo
lo sguardo non appena scorse i due principi bloccare le loro cavalcature,
Ellessandar li imitò prima di discendere dal suo destriero con un agile
movimento di gambe.
Gli
stretti abiti di cuoio nero mugolarono leggermente a quel movimento e, quando
gli stivali toccarono terra, sul selciato grigio e levigato, i suoi occhi scuri
si posarono istintivamente su un volto a lui familiare.
Il
colore degli occhi era diverso – verdi quelli delluomo che stava osservando,
azzurri quelli del re – ma i tratti volitivi erano gli stessi, così come la
postura regale.
Quell’uomo,
dalle ampie spalle e gli abiti di pelle di daino, non poteva che essere il
fratello maggiore di Re Ruak, l’uomo che aveva rinunciato alla corona per amore
di una figlia sacra.
Affiancandosi
ai due principi, che stavano rendendo omaggio a una donna dai biondi capelli
striati di grigio, Ellessandar si affrettò a fare lo stesso e, omaggiatala con
un elegante inchino, esordì dicendo: «Chiedo scusa per gli enormi disagi che,
sicuramente, abbiamo causato per via del nostro arrivo, ma non posso che essere
lieto di trovarmi in un luogo così bello, e tra persone così interessanti.»
La
donna sorrise bonaria, scuotendo il capo lentamente e replicando: «L’unica
nostra preoccupazione era per la vostra incolumità ma, ora che siete qui, il
mio cuore è più leggero, principe. Io sono Istrea, Signora del Villaggio di Hyo-den,
e vi do il benvenuto a nome di tutti.»
«E’ un
vero onore fare la vostra conoscenza. Il mio nome è Ellessandar Trygg Ennyson
di Akantar.»
Nel
dirlo, piegò la bocca in un leggero sogghigno e ammiccò all’indirizzo di
Istrea, che sorrise divertita.
«E’ di
certo un nome che incute timore» asserì Istrea, diplomaticamente.
«E
riempie la bocca» ironizzò il principe, facendola ridacchiare. «Mio padre è
stato fin troppo prolifico nel pensare al mio nome, e io ne sconto il fio. Sarò
più che felice se vorrete chiamarmi solo Ellessandar.»
«Non
sia mai che noi vi rendiamo infelice» sorrise complice Istrea, prima di
indicargli l’uomo al suo fianco per presentarglielo. «Credo abbiate notato una
certa somiglianza con il re. Lui è Aken di Rajana, ed è uno dei nostri figli
del branco.»
Allungando
istintivamente una mano verso di lui, Ellessandar sorrise lieto e asserì con
convinzione: «Sono più che felice di fare la vostra conoscenza, Aken. So che
avete rinunciato al vostro ruolo come erede designato ma, se preferite che io…»
Interrompendolo
con un gesto della mano libera, Aken ammiccò al suo indirizzo replicando:
«Nessun titolo, Altezza Reale. Io sono solo Aken, ed è un onore potervi
accogliere a Hyo-den.»
Ellessandar
allora allargò il proprio sorriso prima di scorgere un giovane in tutto simile
ad Aken, al suo fianco.
Salutatolo
con un cenno del capo, si azzardò a chiedere: «Posso solo immaginare che voi
siate suo figlio, vero?»
«Antalion,
Vostra Altezza.»
Con un
elegante cenno del capo, Antalion si scostò subito dopo per far passare dinanzi
a lui i gemelli e aggiungere: «E questi sono i miei fratelli minori. Enyl e
Rannyl.»
«Due
bellissimi bambini» chiosò Ellessandar, sorridendo loro.
Enyl,
come suo solito, non si lasciò sfuggire l’occasione per ficcare il naso e, con
un sorriso smagliante, gli chiese: «Altezza… come mai la tua pelle è così scura
rispetto alla mia?»
Aken
scoppiò immediatamente a ridere, di fronte alla spudorata curiosità della
figlia mentre Istrea, impallidendo leggermente, fulminava con lo sguardo la
piccola.
Per
nulla preoccupata dalla sua reazione, continuò a sorridere al principe che,
imperturbabile, le si inginocchiò accanto prima di dirle: «Io provengo da un
luogo molto più a sud di qui, dove le terre sono baciate da un sole molto caldo
e molto forte. La pelle, allora, per proteggersi, è diventata più scura tanti e
tanti secoli fa e così, ora, tutto il mio popolo ha questa colorazione.»
«E’
per questo che quelle belle signore sono scure come te, allora» si informò
Enyl, indicando con un dito le guerriere appostate accanto ai loro destrieri.
Sempre
sorridendo, Ellessandar annuì.
«Sì,
quelle belle signore sono come me, e mi proteggono dai cattivi.»
«Come
la mia mamma» sentenziò Enyl, guardando verso l’alto prima di indicare al
principe una donna in particolare. «E’ lei la mia mamma.»
Ellessandar
allora tornò a rialzarsi e, ammirato, scrutò la slanciata figlia sacra che si
trovava sul tetto di una delle case a loro più vicine.
Al
pari di molte altre figlie sacre, anche lei aveva capelli ramati, che portava
stretti in una treccia.
Abbigliata
con pelli di daino, era armata di un arco lungo e appariva intrinsecamente
pericolosa, pur non avendone l’aspetto.
Intervenendo
a mezza voce, Aken disse orgoglioso: «Mia moglie Eikhe.»
«L’Eroina
del Regno» asserì Ellessandar. «Ho così tanto sentito parlare di lei, da averla
immaginata alta due metri e con braccia forti come quelle di un uomo… ma avrei
dovuto capire di essere in errore fin da subito.»
Con un
risolino, Aken chiamò la moglie perché li raggiungesse ed Eikhe, con un paio di
balzi agili e leggeri, toccò terra quasi senza produrre alcun rumore.
Ancora
armata del suo arco, li raggiunse prima di esibirsi in un breve inchino e
presentarsi al principe.
«Siamo
lieti di averti qui tra noi, principe. Io sono Eikhe.»
«Ciò
che hai appena fatto… quel balzo… ha a che fare con la tua origine divina,
vero?» chiese ammagliato Ellessandar, fissandola con lo stesso sguardo che
avrebbe avuto un bambino di fronte a un giocattolo nuovo.
Subito
sorpresa, Eikhe scoppiò in una risatina allegra prima di guardare sorniona il
marito e celiare: «Tuo fratello ha la lingua lunga, eh?»
«A
quanto pare…» sghignazzò Aken, ammiccando alla moglie.
«Spero
di non averti arrecato offesa, chiedendo» si affrettò a precisare Ellessandar.
Meriton
intervenne con un sorriso e, avvicinandosi agli zii, abbracciò entrambi.
«Devi
sapere, zia, che il principe è giunto a palazzo conoscendo già la tua
nomea. Papà, diciamo, non ha fatto altro che infiocchettarla un po’.»
A quel
punto, Eikhe arrossì imbarazzata e, con un risolino, mormorò: «Dèi, non è possibile
che, dopo tanti anni, quella storia sia ancora in giro!»
«Ha
varcato i confini del mare, invece…» le replicò bonariamente Ellessandar. «… ed
è giunta fino alle porte del nostro palazzo. E, come puoi vedere dal mio
esercito, la nomea di una donna che salva un intero regno, non può che averci
fatto piacere.»
Eikhe
lanciò uno sguardo alle possenti guerriere, che le sorrisero di rimando, prima
di annuire al principe Ellessandar.
«Diciamo
che quella volta abbiamo avuto fortuna, se così si può dire.»
«Sarei
onorato se volessi raccontarmi ogni cosa» le propose il principe, prima di
udire un miagolio profondo tra i presenti.
Volgendosi
immediatamente in direzione di quel suono a lui così caro e familiare, il
principe oltrepassò con grazia il muro umano formato da Aken e Antalion e,
inginocchiandosi a terra, abbracciò con calore il suo renpardo,
esclamando: «My-chan! Eccoti qui! Ormai pensavo avessi perso la strada.»
«E’
arrivata una mezz’oretta fa» intervenne con tono pacato Naell che, fino a quel
momento, aveva studiato l’alta figura del principe dal riparo offertole dai
corpi imponenti di zio e cugino.
Nel
momento stesso in cui lo aveva visto in sella al suo destriero, la principessa
si era sorpresa non poco nello scoprire che il principe di Akantar era, sì,
giovane, ma anche prestante non meno dei fratelli e alto come una montagna.
Le sue
spalle, larghe quasi quanto quelle dello zio, erano fasciate da un drappeggio
di pelle chiara all’apparenza così morbida da sembrare seta, al pari dei
calzoni da viaggio e degli stivali neri dalle borchie argentate.
Il
viso, dello stesso colore del cioccolato al latte, aveva zigomi alti e una
mascella volitiva e gli occhi, di un profondo color pece, erano dotati di
un’innata intelligenza, più che evidente a ogni suo sguardo.
I
capelli l’avevano incuriosita non poco.
Erano
lunghi, stretti in una coda di cavallo dietro la nuca, e bloccati da un
fermaglio di corno traslucido.
Non
portava orpelli di nessun genere, né anelli con stemmi nobiliari, o altro.
Bastava
il suo portamento, oltre alla sua parlata elegante, a far comprendere a tutti
chi fosse.
La sua
voce, dal timbro musicale, era bassa e roca e storpiava in modo davvero
bizzarro le esse e le erre, nel parlare la loro lingua, per lo più gutturale.
Quella
stessa voce le accarezzò le orecchie, nel chiederle: «Ti sei presa cura di lei,
figlia del branco?»
Naell
non lo corresse e lo guardò rialzarsi in tutta la sua straordinaria altezza.
Annuendo
nel levare il capo per poterlo guardare in viso, sorrise e asserì: «Ci ha
sorpresi tutti, quando è piombata nel cortile del capanno dei lupi.»
«Posso
immaginarlo» annuì Ellessandar.
Staryn
si avvicinò a loro con un sorrisone e, dopo aver abbracciato la sorella, la
presentò al principe. «Lei è nostra sorella Naell. La scavezzacollo di casa.»
La
ragazza sogghignò al commento del fratello, dandogli un leggero colpo di gomito
nello stomaco, prima di profondersi in una riverenza piuttosto bizzarra.
Con un
risolino, mormorò: «Mi scuso se mi presento con abiti da lavoro, Altezza.»
Ellessandar,
subito sorpreso da quella scoperta, scosse una mano con fare tranquillo,
ribattendo con sagacia: «Mi sarei stupito maggiormente se ti avessi vista con
crinoline e abito di seta.»
Naell
rise sommessamente, chiosando: «Dubito sarei riuscita a lavorare un solo
giorno, con tutti gli orpelli che sono solita portare a corte.»
«Chissà
perché, ma ne sono più che convinto anch’io» assentì Ellessandar prima di
scoppiare a ridere con i presenti.
***
Uno spicchio di luna illuminava la
spianata dove si trovava il villaggio di Hyo-den.
Dopo l’iniziale tensione dovuta
all’arrivo del contingente di soldati, guidati dall’immancabile Meyor, tutto si
era svolto nel modo migliore.
Libagioni
erano state offerte agli ospiti, Istrea aveva finito con il monopolizzare il
capitano delle guardie private del principe Ellessandar e My-chan, dopo aver
fatto le feste al suo padrone, era tornata al fianco di Naell.
In
quel momento, la principessa le stava facendo un grattino dietro le orecchie.
Il ron-ron
che emetteva faceva vibrare le gambe della ragazza, su cui era poggiata la sua testa.
Ylar
invece, dopo l’iniziale paura, si era avvicinato trotterellando all’enorme
felino e, ora, era praticamente sdraiato sulla sua enorme schiena, intento a
mordicchiarlo sul collo, come alla ricerca di qualche parassita da eliminare.
Sembravano
andare d’amore e d’accordo.
Dopo i
convenevoli di rito, Naell aveva spiegato ai fratelli del dono che Hevos
avrebbe voluto fare alla famiglia reale, e i motivi che l’avevano spinta a
rifiutare un tale regalo.
Sia
Meriton che Staryn si erano dichiarati d’accordo con la sorella, e avevano
plaudito la sua scelta e la ponderazione dimostrata in un simile frangente.
Pur
avendo desiderato avere un lupo come compagno, dopo aver visto quelli del
cugino e della zia, entrambi i fratelli comprendevano benissimo quanto, la vita
di palazzo, fosse inadatta a simili animali.
Luak e
Symill avevano accolto con favore la decisione dei principi, pur se i loro
cuccioli si erano mostrati davvero interessati di fare la loro conoscenza.
Avevano
sgambettato felici verso di loro, allontanandosi dai genitori sulle loro
zampette robuste e pelose, e si erano fatti prendere in braccio e coccolare per
tutto il giorno.
Non
che, in quel momento, le cose fossero diverse.
Meriton
e Staryn, seduti su un paio di sedie sotto la veranda di casa degli zii,
tenevano Rym e Coyn sulle cosce, impegnati a fare loro il solletico sui loro
ventri bianchi e morbidi.
I
lupetti non sembravano avere nessunissima intenzione di cambiare quello stato
di cose, e le cose andavano avanti così da
ore.
Symill,
dal canto suo, se ne stava ai piedi delle scale - occupate dalla famiglia di
Aken e da Ellessandar - osservando i figli con aria esasperata mentre Luak, accanto
al padrone, appariva chiaramente disgustato.
Sembravano
imbarazzati dal comportamento dei figli.
Dopo
averli guardati per un bel po’ e aver ridacchiato sotto i baffi, Liana accarezzò
divertita il suo lupo e mormorò, rivolta a nessuno in particolare: «Mi sa tanto
che tra un po’ esploderanno. Sono al limite.»
«Comportamento
poco dignitoso?» domandò Ellessandar, grattando sotto il mento Ylar.
Il
lupetto tirò fuori la lingua, soddisfatto, e piegò un poco indietro la
testolina perché il principe potesse lavorare meglio con le dita.
La
donna annuì, scoppiando a ridere, ed esclamò: «Oltremodo! I lupi vanno molto
fieri della loro indipendenza e un comportamento simile, anche in un cucciolo,
è considerato ben poco… edificante?»
Eikhe
sorrise a Liana nell’annuire e, rivolta al principe, spiegò: «Per un lupo, è
importante mantenere un certo distacco. Ne va del suo orgoglio. Ovviamente,
qualche carezza e qualche abbraccio sono sempre graditi, e anche il gioco, ma
farsi fare coccolare tutto il santo giorno…»
Sogghignando
all’indirizzo dei due principi, che se la stavano godendo un mondo a
giocherellare con i cuccioli, Ellessandar chiosò: «E’ come essere protagonisti
di un incidente diplomatico, o qualcosa di simile.»
«Più o
meno» assentì Aken, prima di aggiungere sornione: «O forse, loro erano destinati
fin dall’inizio a essere così.»
Naell
sollevò lesta il capo per fissare il volto serioso dello zio e chiedere, con
voce sottile e tesa: «Che intendi dire, zio?»
«Pensaci
bene, piccola. Hevos avrebbe potuto scegliere uno qualsiasi dei lupi appena
nati, eppure ha scelto loro. E guardali come si comportano» le espose
Aken, indirizzando un sorriso ai nipoti. «Ti sembra che gli altri cuccioli
abbiano fatto lo stesso? No. Solo loro.»
«Quindi,
la mia decisione è stata inutile?» esalò Naell, sentendosi stranamente presa in
giro.
Aken
ed Eikhe la fissarono con comprensione, sapendo bene come si stesse sentendo in
quel momento e la zia, poggiandole una mano sulla spalla, cercò di confortarla
come meglio poté.
«Non
devi sentirti offesa. Era importante che tu soppesassi la sua offerta perché,
prima di tutto, lui sembrava aver bisogno di sapere come la pensassi.
Non voglio conoscere i motivi che lo hanno spinto a una decisione simile,
perché avrà avuto le sue ragioni, ma evidentemente era necessario che tu
compissi una scelta per dare una risposta ai suoi quesiti.»
«Quindi,
Ylar e gli altri verranno comunque con noi?» esalò Naell, volgendosi a fissare
il lupetto con aria speranzosa e dubbiosa insieme.
«A
quanto pare, sì. Anche perché non credo che quei due si staccheranno volentieri
da Meriton e Staryn» ridacchiò Antalion, ammiccando alla cuginetta e carezzando
distrattamente una coscia della compagna.
Da
quando aveva saputo della sua prossima paternità, era diventato ancor più
solerte, nei confronti di Liana.
Ellessandar
intervenne per tentare a sua volta di chetare i dubbi della principessa,
asserendo: «My-chan è con me da quando avevo otto anni e, pur se ha vissuto per
così tanto tempo in un palazzo, non penserei mai che non è in grado di
cavarsela fuori dalle quattro mura che l’hanno vista crescere. Sono più che
sicuro che, nelle vostre mani, i lupi non perderanno la loro affinità con i
boschi. Abituandosi fin da piccoli al palazzo, inoltre, subiranno meno shock,
non ti pare, Naell?»
Mordendosi
pensierosa il labbro inferiore, la ragazza alla fine annuì al principe.
«Sì,
penso tu abbia ragione. Inoltre, mi farò personale carico di portarli nel bosco
perché non perdano confidenza con il loro mondo.»
«Non
te ne andrai da sola per il bosco, una volta tornata a palazzo» precisò
Meriton, accigliandosi leggermente. «Anche quanto, ti accompagneremo noi. O
Meyor.»
Sentendosi
interpellare, il comandante sorrise alla ragazza, ammiccando con aria divertita
e lei, rispondendo al suo sorriso, annuì al suo indirizzo prima di tornare a
guardare con sufficienza il fratello.
Sapeva
che prima o poi un simile problema si sarebbe presentato, per cui era preparata
per rispondergli a tono.
Sollevando
serafica un sopracciglio, Naell chiese al fratello: «E di grazia, ti sapresti
anche orientare? Perché, se non erro, non è una delle tue specialità.»
Meriton
arrossì fino alla radice dei capelli nel sentire la sorella riprenderlo a quel
modo, e dinanzi ai suoi parenti e amici.
Gonfiandosi
come un pavone, si levò in piedi tenendo in braccio Rym per rimbeccarla a tono.
«Sono
tuo fratello maggiore, perciò non ti permetterò di girare indisturbata per la
foresta, con il rischio che qualcuno possa farti del male. Sarai degnamente
scortata.»
La
ragazza allora sgranò gli occhi, falsamente spaventata, e si portò le mani
dinanzi alla bocca spalancata, esalando: «Oh, dèi, Meriton! Che paura che mi
fai!»
Staryn
scoppiò a ridere di gusto, divertito dall’intemperanza della sorellina mentre
Meriton, sempre più contrariato, la fissava come se avesse voluto prenderla a
scappellotti.
Era
più che evidente che si sentiva colpito nel suo onore di uomo, oltre che di erede
del regno.
Più
che mai decisa ad avere la meglio in quella discussione, Naell si levò in piedi
a sua volta, fissò il fratello maggiore con autentico affetto e aggiunse più
dolcemente: «Meriton, ti sono grata per le tue attenzioni, davvero, ma non sono
più la bambina che conoscevi. Di certo, non mi addentrerò per i boschi da sola
ma credimi, sono in grado di percorrere le vie delle foreste e, di certo, anche
senza di te.»
«La
principessa ha ragione» intervenne a sorpresa Kalia, comparendo sul fondo delle
scale e osservando la famiglia riunita con un timido sorriso. «Scusate se mi
intrometto, ma avremmo bisogno di Naell per un po’. Noi ragazze vorremmo darle
un regalo di arrivederci.»
Perdendo
di colpo il suo cipiglio battagliero, Meriton fissò la fulva figlia sacra con
un certo interesse e, con una maggiore cortesia rispetto a quella usata con la
sorella, le chiese: «Cosa intendevi dire, prima?»
«Che
Naell è in grado di orientarsi e di riconoscere ciò che le può essere dannoso,
all’interno di un bosco. Certo, non possiede ancora una padronanza ottimale
della daga, nel caso debba difendersi da sola ma…è brava, per essere una
principiante. E, come arciera, ha dimostrato un’affinità davvero unica con
quell’arma.»
Nel
dirlo, strizzò l’occhio all’amica, che ridacchiò di fronte alla costernazione
dei fratelli.
Ovvio
che fossero sorpresi. Nelle sue lettere alla famiglia, non aveva
menzionato un po’ di cose.
Ellessandar,
invece, non parve né sorpreso né turbato da quelle rivelazioni e, anzi, annuì
compiaciuto prima di spiegare loro il perché il della sua reazione.
«Non
ci trovo nulla di strano, lo ammetto. Mia madre è la cavallerizza migliore del
regno, e io stesso non mi metterei mai contro di lei, in una gara di tiro con
l’arco. Ha un occhio portentoso.»
Naell
si allargò in un sorrisone tutto denti e, ghignando all’indirizzo dei fratelli
– che apparivano ancora confusi – scese le scale per raggiungere Kalia prima di
volgere lo sguardo in direzione del principe Ellessandar.
«Pensi
che tua madre gradirebbe una mia visita?»
«Naell!»
esclamò Meriton, basito di fronte alla faccia tosta della sorella.
«Quando
le racconterò come vivono le donne-lupo, vorrà saperne ogni cosa e, di sicuro,
tu sei più informata di me sul loro stile di vita» le sorrise Ellessandar,
senza minimamente badare alle reazioni del principe di Rajana.
I suoi
occhi scuri erano tutti per la giovane e intemperante principessa.
«Bene.
Mi sa che, per il mio prossimo compleanno, chiederò che sia questo, il mio
regalo» ridacchiò Naell, guardando poi My-chan per chiederle: «Vuoi venire
anche tu?»
Il felino
annuì e si levò sulle zampe stando ben attenta a non far cadere Ylar e, dopo
aver lanciato uno sguardo al padrone, trotterellò lungo la via assieme alle due
ragazze, scomparendo oltre un muro di corpi festanti e rilassati.
«Mi
scuso per il comportamento di mia sorella. Evidentemente, stare all’aperto per
troppo tempo le ha fatto dimenticare l’etichetta da tenersi con un nobile in
visita» brontolò Meriton, scuotendo il capo con aria contrita prima di fissare
accigliato gli zii.
Aken,
per tutta risposta, scrollò le spalle e replicò al cipiglio del nipote: «Naell
non è stata scortese, solo sincera, e non vedo come questo possa avere in
qualche modo potuto offendere il principe Ellessandar.»
Annuendo
all’indirizzo di Aken, il principe di Akantar ci tenne a difendere Naell dalle
accuse del fratello, asserendo con gentilezza: «Non devi preoccuparti, Meriton,
davvero. Amo la schiettezza, nelle persone, perché già troppi nobili titolati
cercano i miei favori con vane parole. Trovare in tua sorella questa totale mancanza
di affettazione, è stata una piacevole novità.»
«Sono
lieto che la cosa non ti abbia disturbato, Ellessandar, ma non so quanto questo
suo modo di comportarsi potrà giovarle, a corte» sospirò Meriton. «Cercate di
non fraintendermi. Voglio solo il meglio per lei, ma dubito che essere così
schietta con il prossimo possa essere la carta vincente, a palazzo.»
«Naell
non è una sciocca e sa bene che, una volta tornata a Rajana, le cose torneranno
a essere come prima…» intervenne Aken, benevolo. «…ma ora, sa di avere la forza
di poter affrontare praticamente qualsiasi ostacolo, oltre ad aver imparato
qualcosa in più sul suo popolo.»
«Non
vorrei soffrisse quanto hai sofferto tu, zio Aken» precisò Meriton,
sorridendogli con affetto.
«Naell
non ha il cuore spezzato in due dal dolore per la perdita di una persona amata,
Meriton, anche se capisco le tue paure. Ma credo proprio che tua sorella sia
maturata molto, in questi mesi, e abbia raggiunto un buon compromesso con se
stessa e i suoi desideri» gli spiegò Aken, con un mezzo sorriso. «Inoltre,
potrà portare con sé l’adorato Ylar, per cui non abbandonerà mai del tutto
Hyo-den. Ne avrà un pezzetto, con sé.»
«Vero»
ammise Meriton, stringendo un po’ più a sé Rym, che gli leccò il mento con fare
divertito.
«L’importante
è che si limiti a Ylar, e non decida di portare a palazzo anche My-chan,
altrimenti a qualcuno potrebbe venire davvero un infarto» sghignazzò
Staryn, ammiccando con il principe Ellessandar.
Divertito,
Ellessandar lanciò uno sguardo in direzione del gruppetto di figlie sacre dove
si trovava anche il suo renpardo. Sembravano divertirsi un mondo.
«Sono
un po’ geloso, in effetti. My-chan non aveva mai fatto amicizia con nessuno, se
non con me» sogghignò il principe akantaryan , mordicchiando pensieroso un
dolcetto tra quelli che teneva sul suo piatto, in bilico su un ginocchio.
«Naell
è buona, bella e brava. E’ facile fare amicizia con lei» buttò lì Enyl,
sedendosi vicino al principe prima di offrirgli un dolcetto a forma di
ciambella. «Ne vuoi uno?»
Staryn,
a quella vista, afferrò lesto la tortina
- memore di ciò che era successo a lui la volta precedente - e, con un sorriso
di scuse al sorpreso Ellessandar, sogghignò.
«E’
per evitare disastri. Può anche sembrare un angioletto, ma sa essere tremenda,
quando vuole fare uno scherzo.»
Enyl
guardò imperturbabile il cugino e replicò: «Guarda che è buono.»
Staryn,
per contro, la fissò con aria poco convinta mentre Rannyl, seduto accanto alla
sorella, se ne stava a testa bassa a scrutare interessato il suo piatto di
dolci.
Aken
ed Eikhe guardarono divertiti i figli minori e il nipote nella loro silenziosa
battaglia di sguardi mentre Antalion, Meyor e Liana, tentando di non ridere,
studiarono incuriositi l’apparente disinteresse di Rannyl per tutta la
faccenda.
Qualcosa
non quadrava.
Ellessandar,
da par suo, si mostrò davvero incuriosito e, rivolgendosi alla bambina, le
chiese: «Cos’è successo, a tuo cugino, per portarlo a credere che tu voglia
farmi uno scherzo?»
«Mi ha
dato un tortino speziato… molto speziato» intervenne Staryn, continuando
a osservare una granitica Enyl che, con i suoi occhioni d’ambra, lo stava
apertamente sfidando a mangiare la ciambella.
Ellessandar
rise divertito, di fronte a quella risposta mentre Enyl, ancora con lo sguardo
fisso sul cugino, gli domandava: «Vuoi che gli dia un morso io, per
convincerti? Lo faccio, sai? Dai, dammela.»
«So
che me ne pentirò» brontolò Staryn, assaggiando la ciambella e, al tempo
stesso, strizzando gli occhi già presagendo il peggio.
Un
attimo dopo, Staryn si portò le mani alla gola e, raggiunto in fretta il bordo
della veranda, sputò tutto prima di ingiuriare a male parole Enyl che,
scoppiando a ridere assieme agli altri, chiosò: «Ci sei cascato ancora!»
Asciugandosi
una lacrima di ilarità mentre Staryn si affrettava a prendere un bicchiere
d’acqua dalle mani dello zio, Ellessandar guardò la bambina con ammirazione,
domandandole: «Sapevi che sarebbe intervenuto, vero?»
Fu
Rannyl a rispondere per lei.
«Staryn
era stato sua vittima, la volta scorsa, quindi era quasi certo che, vedendola
offrire un dolcetto anche a te, sarebbe intervenuto per salvarti.»
«Mio
fratello è tanto bravo a congegnare scherzi! E io a metterli in pratica!»
ridacchiò Enyl, sorridendo melliflua.
Ellessandar
rise ancora più forte, affascinato dai modi di fare dei due gemelli.
Presa
in braccio la figlia, Eikhe le diede un bacio sulla guancia prima di
suggerirle: «Coraggio, scusati con Staryn e, per stasera, basta scherzi.»
«D’accordo»
promise Enyl, scostandosi dalla madre con un lampo negli occhi.
Rannyl
con sagacia, chiosò: «Brutta scelta di parole.»
«Dici,
caro?» sghignazzò sua madre, ammiccando al figlio prima di scompigliargli i
capelli.
«Sì»
annuì lui, tutto sorridente.
Enyl,
nel frattempo, raggiunse Staryn sulla veranda e, dopo averlo fissato con occhi
liquidi e colmi di dispiacere, lo abbracciò, annullando di fatto la rabbia del
cugino.
Ora
del tutto pacificato, il principe si piegò in avanti, lasciando che la cuginetta
gli desse un bacio sulla guancia.
«E’
un’ammaliatrice» sogghignò Ellessandar.
«Nel
bene e nel male» ammise Aken, con un risolino.
«E tu,
una mente di prim’ordine» aggiunse Ellessandar, allungando una mano in
direzione di Rannyl, che la strinse imbarazzato e ridacchiando non poco.
Rivolgendosi
poi a Eikhe, il principe le chiese: «Quando sarà più grande, potrei decidere di
rubartelo. Chissà cosa potrebbe inventarsi, con un’intera corte da utilizzare
per i suoi scopi?»
«Ran
potrà fare quel che vorrà, una volta adulto» ridacchiò Eikhe. «Per ora, però, vorrei che la smettesse di
congegnare scherzi e trucchi.»
«Vedrò»
si limitò a dire Rannyl, facendo posto a Enyl quando la vide tornare.
I due
gemelli si scambiarono un’occhiata d’intesa e, a Ellessandar, sorse il dubbio
che, prima della loro partenza, anche lui avrebbe subito gli effetti
dell’intelligenza sottile di quei due monelli.
La
sola idea lo divertì un mondo.
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N.d.A.: che ve ne pare dei nuovi arrivati? ;)
Ormai siamo al capolinea e forse, un domani, penserò a scrivere qualcosa del futuro di Ellessandar e gli altri ma, per il momento, direi che mi fermerò a questa breve storia sui nostri eroi.
A presto, per il gran finale!