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Autore: porcelain heart    13/06/2012    12 recensioni
« Avevo quindici anni quando vidi Harry Styles per la prima volta; non dimenticherò mai, mai quel giorno. »
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 6:45 quando il suono della radio cominciò a diffondersi in tutta la stanza: non avrebbe sopportato il classico allarme della sveglia, e di certo svegliarsi con l’oroscopo giornaliero l’avrebbe messa mille volte più di buonumore. Proprio mentre gli occhi scuri della ragazza si aprivano ad un nuovo giorno, l’uomo dalla voce suadente quanto fastidiosa arrivò proprio al punto tanto atteso: “Capricorno. Per i nati sotto questo segno, si preannuncia una giornata piena di sorprese e stravolgimenti inattesi. Con la luna in avvicinamento, avrete molto di che pensare: no alle decisioni affrettate, calcolate con attenzione ogni singola mossa o ve ne pentirete.”
July si limitò a mugugnare appena nel sentire quelle parole e si rigettò nuovamente sul letto, affondando il volto nel cuscino ed occupando tutto lo spazio possibile assumendo una specie di posizione a stella: pancia in giù, gambe divaricate e braccia ben stese. Poteva prendersi altri dieci minuti prima di alzarsi, no? Oddio, in realtà avrebbe anche potuto prendersi un giorno di riposo dal lavoro e semplicemente restarsene tutto il giorno a non far niente.. ottima idea, mi sembra. Si era proprio voltata su un fianco per riprendere sonno, quando dalla radio rimasta accesa cominciarono le prime note di una canzone che non aveva mai sentito prima: sembrava piuttosto orecchiabile e decisamente carina, anche se non aveva la benchè minima idea di cosa fosse. Per poco non cadde dal letto quando riconobbe, tra le altre, una voce che ben conosceva; non aveva mai ascoltato una canzone dei One Direction prima di quel momento: cambiava stazione radio ogni volta che li annunciavano, e non aveva mai neanche pensato di cercarne una su youtube. Rifiuto psicologico? Schifo cosmico, direi. Scattò a sedere, i lunghi capelli scuri arruffati in maniera vagamente disordinata e gli arti ancora tutti indolenziti dal sonno; allungò il braccio destro, e spense la radio con un colpo secco. “Se la giornata comincia così, mi sa che sono veramente fregata.” Sibilò vagamente innervosita, prendendo gli occhiali da vista poggiati sul comodino ed inforcandoli.
Si alzò in piedi stiracchiandosi ed aprendo immediatamente la finestra principale della camera, in modo da far entrare un po’ d’aria fresca: ora, non che a Londra esistesse veramente aria pulita ma tutto era sempre meglio di quella chiusa, no? Si diresse in bagno a piedi scalzi, mentre una leggera pelle d’oca affiorava sulle gambe nude che soffrivano leggermente a causa del cambio di temperatura. Si infilò sotto la doccia canticchiando un motivetto qualunque, obbligandosi a non riprodurre quello sentito pochi minuti fa alla radio: le era entrato in testa, e questo non andava assolutamente bene. Si ritrovò a fare il suo piccolo concertino privato davanti allo specchio mentre si asciugava i capelli, con tanto di spazzola come microfono e piccola quanto meravigliosa coreografia che la faceva sentire come fosse su un palco internazionale; poco importava che fosse solamente il bagno del suo monolocale nella periferia di Londra, lì dentro lei era una superstar indiscussa. Maledisse se stessa quando fu ora di dare una forma decente alla frangetta scura e pesante che le ricadeva sugli occhi, e si chiese perché al contrario di quella del resto del mondo, la sua dovesse sembrare la coda di un procione morto messa lì per caso. Mordendosi il labbro inferiore si armò di pazienza e sangue freddo e, con l’aiuto della piastra e di una meravigliosa spazzola comprata proprio per l’occasione, alla fine dei giochi riuscì a darle un aspetto quantomeno accettabile. Spudoratamente soddisfatta di sé, tornò nella camera dove dormiva ed attaccò il suo iPod alle casse che erano sul comodino: ci vollero solamente pochi istanti perché le prime note si diffondessero nell’aria, e lei cominciasse ad accompagnare ogni spostamento con un piccolo balletto. Dopo una piroetta, riuscì ad afferrare un paio di jeans scuri dall’armadio che abbinò immediatamente ad un’ampia maglietta color fucsia caramella molto morbida, che lasciava praticamente scoperta la spalla sinistra; indossò le Nike blazer grigio chiaro ed una borsa che era stata abbandonata sulla sedia accanto alla finestra proprio la sera prima. Bastò un po’ di mascara e del fard per non sembrare proprio appena sveglia, ed ecco che già chiuse alle spalle la porta di casa dandovi due giri di chiave.
Seduta da sola sulla metro, aspettava che la ‘red line’ la conducesse da Hanger Lane – dove abitava – alla fermata di St. Paul’s dove si trovava lo studio per il quale lavorava. Se ne stava lì, con il capo poggiato al finestrino alla sua destra e gli occhi completamente immersi nelle pagine di un libro che aveva letto almeno dodici volte solamente negli ultimi due mesi, ma che ogni volta riusciva a rapirla come fosse la prima: la gente le passava accanto nella fretta della mattina senza fermarsi neanche per un solo istante, ed il chiacchiericcio dei bambini si mescolava a quello delle persone che parlavano al telefono con aria arrabbiata ma lei era semplicemente da un’altra parte. In un mondo che non comprendeva tutto quel caos, nella dimensione mentale del suo benessere: era lì, ma si sentiva come se da un momento all’altro il protagonista di quel racconto l’avrebbe presa per mano e l’avrebbe portata via con sé, lontana dal resto. Le sue fantasie dovettero brutalmente interrompersi quando la voce metallica annunciò che si trovavano ad Holborn, ovvero a due fermate dalla sua: alzò lo sguardo, lasciando che vagasse per il vagone della metropolitana; le piaceva da morire guardare i volti delle persone, i loro atteggiamenti, il loro modo di porsi: certe volte passava il tempo ad immaginare per ognuna di loro una storia diversa, fatta di amori finiti e sogni più o meno realizzati. C’era la signora con le buste della spesa che diventava la madre di due bambini che somigliavano al padre impegnato in guerra, e la ragazzina dallo stile dark che in realtà sognava l’invito al ballo scolastico dal capitano della squadra di nuoto dai capelli biondi e gli occhi chiari.. c’era l’uomo d’affari che da giovane aveva sognato di girare il mondo con uno zaino e poche sterline – mentre alla fine si era ritrovato a prendere il posto del padre in una multinazionale, e l’anziana che non aveva un posto dove andare ma semplicemente si alzava ogni mattina ed usciva per non rimanere a casa da sola. July non sapeva se ciò che immaginava per loro corrispondesse alla realtà, ma si divertiva a diventare per pochi minuti artefice del destino degli sconosciuti: molti non li avrebbe più rivisti, ma lei non li avrebbe mai dimenticati. Aveva una strana abitudine, quella di aggrapparsi con tutte le sue forze agli occhi di persone che condividevano con lei solamente millesimi di secondo della loro esistenza; sapeva che negli occhi di uno sconosciuto avrebbe trovato la salvezza, solo che non aveva più tempo di aspettare. Così, ogni giorno, prendeva la Tube nella speranza di perdersi e non ritrovarsi più.. ma ogni singola volta, veniva annunciata la sua fermata e finiva per mettere un elastico per capelli tra le pagine del libro per tenere il segno, e scendere con una piccola speranza infranta nel cuore.
Quando la luce del sole colpì il suo volto, si maledisse per il suo rifiuto di indossare le lenti a contatto e dovette coprirsi gli occhi con la mano destra. Guardando il display del cellulare che aveva appena estratto dalla tasca, si rese conto di essere quasi in ritardo e dovette cominciare a correre a perdifiato per non peggiorare la situazione; di malincuore, passò davanti allo Starbucks davanti la Cattedrale di St. Paul senza potersi fermare per prendere neanche mezzo caffè e si ritrovò davanti la porta principale del suo luogo di lavoro. Era troppo giovane per avere davvero un impiego a tempo pieno, e così faceva da assistente per un noto fotografo del mondo della moda. Fin da piccola aveva avuto una passione per la fotografia, ma se credete davvero che fosse riuscita a realizzare il suo sogno, vi sbagliate di grosso: tutto quello che doveva fare era portare caffè a destra e a manca, fare fotocopie ed occuparsi della post-produzione degli scatti.
“Sei in ritardo.” L’accolse Emily, seduta all’ingresso.
“Cinque minuti!” Protestò.
“Comunque è tardi..” Rispose, secca. “Mark ti aspetta nello studio, sta facendo delle foto piuttosto importanti oggi e vuole che tu vada lì. Non farlo aspettare, e portagli il caffè o non ti perdonerà mai.”
L’ambiente era praticamente immenso, ed organizzato secondo canoni precisi: da un lato gli uffici dei dipendenti e delle segretarie, dall’altro la zona dove si facevano i servizi fotografici. July dovette uscire nuovamente da lì per tornare indietro, ed entrando da Starbucks ordinò un caffè nero triplo senza zucchero, che si affrettò a portare al suo capo; bussò un paio di volte alla porta che segnava l’accesso allo studio fotografico in sé per sé ma, non udendo risposta, la aprì con un movimento del bacino stando ben attenta che la bevanda che teneva tra le mani non cadesse. Subito, incontrò un’altra delle assistenti, Liz, che la guardò con un gran sorriso sul volto.
“Finalmente sei qui! Oggi si preannuncia una giornata infernale, figurati che Mark è già al lavoro da più di un’ora; abbiamo degli ospiti importanti, a quanto pare.”
July riflettè, e si domandò quale modella fosse arrivata lì a distruggere l’autostima delle presenti ma più ci pensava, e meno le veniva in mente. “Per che giornale deve farle?” Domandò.
“Non è per un giornale.. è un servizio fotografico per il lancio di un cd, o qualcosa del genere; non ho ben capito.”
“Ma lui non fa mai questo genere di cose!” Esclamò. Il capo era un tipo molto strano, e solitamente lavorava solamente per le riviste e nulla più.
“Ma allora non mi ascolti, July!” L’altra alzò gli occhi al cielo. “Abbiamo degli ospiti importanti.”
“Ovvero?”
“One Direction, ti dicono niente?”
La ragazza si fermò, immobile, sgranando i grandi occhi scuri e dischiudendo appena le labbra. “Dimmi che è uno scherzo.”
“Assolutamente no!” L’altra sorrise. “Dovresti vedere quanto sono fighi.. mille volte di più di quel che pensavo, sai? Vai a rifarti gli occhi, vai!”
In quel preciso istante, July pensò di mollare tutto nelle mani dell’altra e di scappare via per rintanarsi sotto le coperte del suo letto e non uscirne più. Ma proprio mentre stava per prendere seriamente in considerazione l’idea, “Tesoro, Mark si è accorto di te: ti sta facendo segno di raggiungerlo, e visto che è isterico quanto te quando hai il ciclo.. direi che sarebbe meglio se andassi.”
Si voltò, incrociando lo sguardo dell’uomo ed udendo le voci di quei cinque ragazzi provenire da dietro i riflettori e, nel trambusto, si rese conto che non poteva certo perdere il lavoro per una cosa del genere! Sarebbe durato al massimo un’oretta, e poi ognuno sarebbe andato per la sua strada; senza considerare che probabilmente Harry non si sarebbe neanche ricordato il suo volto, e questo avrebbe reso le cose molto più facili.
“Oroscopo, questa me la paghi.” Sibilò tra i denti, prima di respirare a fondo e cominciare a camminare.










Angolo Scrittrice.
Eccoci qui! Allooooooora, questo capitolo mi è servito innanzitutto per introdurvi come si deve il personaggio di July.. so che praticamente non si parla dei ragazzi, ma avremo talmente tanto spazio per farlo che non c’è motivo di preoccuparsi. Spero che vi piaccia, e spero che la storia vi intrighi ancora di più.
Grazie a tutte le ragazze che hanno recensito, siete splendide.
  
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