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Autore: fragolottina    13/06/2012    11 recensioni
"Ogni sei mesi tutti i ragazzi di tutte le scuole dello stato, di età compresa tra i diciassette ed i venti anni, venivano sottoposti ad un test.
Tutti i test erano spediti direttamente alla sede centrale dell’ADP a Vernon, dove erano analizzati, smistati e valutati.
C’erano tre responsi possibili: il primo, ragazzo normale, potevi continuare la tua vita come se niente fosse successo; il secondo, potenziale Veggente, non eri arrestato – od ucciso, come ebbi modo di scoprire in seguito – come un Veggente attivo, ma ad ogni modo eri obbligato a sottoporti a test clinici per valutare la tua resistenza al Mitronio, per calibrare una cura su misura; il terzo, potenziale Vegliante, un soldato, una risorsa del governo, da quel giorno la tua missione era quella di dare la caccia ai Veggenti attivi.
A quanto pareva, io ero una potenziale Vegliante."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Synt'
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Mitrono
fragolottina's time
non guardate la barretta... sta mentendo! sono solo 3600 qualcosa parole, molto meno dell'altra volta... sono tanti dialoghi è per questo che quella infida è così piccola... dannata!
benvenute a Synt, care, come promesso non ci annoiamo più... conosciamo un personaggio importante...
leggete, va!

3. Benvenuto
 

Iniziai a sentirmi inquieta non appena lessi il cartello che dava il benvenuto a Synt.
    Era notte, proprio come aveva previsto Zach, e tutto quello che riuscivo a vedere della città era delimitato dai lampioni che ne illuminavano le strade, una serie di macchie bianche circolari in mezzo al buio. Possibile che non ci fosse un modo per rischiarare in modo più efficiente una zona tanto a rischio? Non si vedeva assolutamente niente.
    In giro non sembrava esserci nessuno, se non avessi saputo di quale particolare centro cittadino si trattasse, avrei pensato che fosse disabitata. Nel mio paese io uscivo la sera, c’erano sempre gruppi di adulti da qualche parte, che passeggiavano nei posti più frequentati dai ragazzi. I Veglianti venivano in ricognizione una volta ogni due settimane e quello era l’unico giorno in cui il coprifuoco passava dalle undici e mezza alle otto e mezza. Il sindaco lo riteneva necessario, io avevo sempre pensato che fosse uno spreco di denaro. In diciassette anni quella squadra non aveva mai trovato nemmeno un Veggente. Non c’erano Veggenti a Starlyfield.
    Io e Zach fummo gli unici due a scendere e la banchina era deserta come tutta la stazione. Il coprifuoco valeva anche per i dipendenti?
    Una strana sensazione iniziò a farsi largo in me, tipo un prurito dietro la nuca. Qualcosa al contempo estremamente familiare ed insolito, come un animale esotico.
    «Sembra tranquillo…» commentai, nervosa ed agitata da quel senso di vuoto. Sobbalzai, quando il treno ripartì. Chi lo guidava? E se fosse stato un Veggente?
    Zach sbuffò una risata, decisamente molto più a suo agio di me. «Esci un paio di notti con me e vedrai che non ti annoi.» scherzò mentre si infilava la sua giacca verde.
    Sapevo che si riferiva alle ronde e non ad un appuntamento, ma avvampai lo stesso. «Per colpa dei Veggenti?» chiesi seguendolo verso l’uscita della stazione. Incrociai le braccia sul petto, avevo i brividi e non era del tutto dovuto alla temperatura. Il prurito si era spostato dalla nuca al fondo dello stomaco, dove si era stretto in un nodo di panico. Due ragazzi in una stazione, in una città deserta: un ottimo soggetto per un film dell’orrore.
    Sospirò. «Più che altro per colpa di uno. Si chiama Romeo, o almeno si fa chiamare così.» si strinse nelle spalle. «Wood non da nomi ai Veggenti, non lo aiuta ad illudere i suoi Veglianti che non siano persone e che quindi ucciderli non è omicidio.»
    Trovai quasi irresponsabile che Zach fosse così tranquillo: non sentiva che c’era qualcosa che non andava? Deglutii e presi un profondo respiro, forse ero soltanto paranoica.
    «Sono persone.» disse deciso. «Sono fuorilegge, vanno catturati e resi inoffensivi, ma sono persone.»
    Il suo tono attirò la mia attenzione per un attimo, vincendo sulla paura. Mi sembrava che cercasse di essere troppo sicuro, dava l’impressione che fosse lui stesso il primo da convincere di quell’affermazione.
    «N-ne hai mai ucciso uno?» domandai titubante ed alzai gli occhi su di lui. Era davvero così diverso da Wood quanto diceva di essere? Sarebbe stato davvero orribile se si fosse rivelato altrettanto arrogante e – da come me lo aveva descritto – spietato.
    «Più di uno.»
    Trattenni il fiato.
    «Ma mai intenzionalmente. Quasi tutti quelli là fuori non sono in grado di reggere il Mitronio, li avvelena.» confessò ad occhi bassi, nonostante tutto non sembrava qualcosa di cui andasse fiero.
    Mi concessi di rimandare il suo giudizio a quando avrei conosciuto meglio la situazione, Synt e lui stesso.
    Finalmente trovò il cellulare e compose un numero. «Ehi, Matt, ci vieni a prendere o mi fai fare la strada a piedi?»
    Ottimo, chiamare qualcuno per farci venire a prendere era davvero un’ottima idea.
    C’era così tanto silenzio, che non ebbi difficoltà a riconoscere la risata rumorosa che uscì dal microfono. «Arrivo, capo.»
    Quanto ci avrebbero messo ad arrivare? Iniziai a torturarmi le pellicine sulle punte delle dita, cicatrici di un passato da mangiatrice di unghie di cui non andavo fiera.
    Non sarebbero mai arrivati in tempo. Era un timore tanto intenso da sembrare appena una constatazione, non troppo diverso dal guardare un cielo burrascoso e concludere che stia per scoppiare un temporale. Ci sarebbe stato un temporale, e ci sarebbe stato presto.
    Mi morsi il labbro, mentre fissavo la porta a vetri avvicinarsi ad ogni passo che facevo. Non volevo uscire, non volevo essere al centro della luce creata dai lampioni, circondata dall’oscurità. Ma quella del buio non era la più infantile delle paure? Ero la Vegliante più fifona del mondo. Sospirai, in fondo non ero ancora del tutto certa di essere una Vegliante.
    «Non credo che sarei in grado di fare del male a qualcuno.» mormorai piano e deglutii, quando infine Zach spinse la maniglia antipanico della porta.    
    Voltò il viso e mi sorrise. «Faremo in modo che tu non ti trovi nella posizione di fare del male a qualcuno.»
    In quel momento fui certa che sarebbe stato l’ultimo sorriso che avrei visto da viva.

Uscimmo fuori dalla stazione in una città tanto silenziosa da sembrare irreale. Pensare di parlare mi metteva a disagio quanto avrebbe potuto farlo urlare in una chiesa. Come si faceva a nascondersi con tanto silenzio? A chiunque volesse prendermi sarebbe bastato seguire il battito impazzito del mio cuore.
    Guardai Zach entrare nella pozza bianca del lampione; io non mi mossi, in balia di tutti i miei sensi improvvisamente all’erta: mi urlavano nelle orecchie di non avanzare, di fare dietrofront e di scappare il più lontano possibile di lì, se non volevo rimetterci la pelle.
    Feci un passo indietro, così spaventata da non riuscire a pensare ad altro se non al buio, ad ogni minuscolo brivido che mi percorreva. A qualcosa di rosso come il sangue. Ad un respiro di troppo.
    Zach si voltò a guardarmi. «Che succede?»
    «C’è qualcuno.» sussurrai senza pensare. In realtà non potevo sapere se ci fosse qualcuno, non lo vedevo, non vedevo niente al di fuori di Zach che era sotto la luce.
    Però c’era ed uscire era stata una pessima idea. Perché non avevamo aspettato dentro chi ci doveva venire a prendere? Era con tanta leggerezza che guidava la sua squadra questo “ottimo elemento”?
    Lui si guardò intorno, attento, recuperando il coltello alla cintura. «Già.»
    Qualcuno scoppiò in una risata assordante, indifferente a quel silenzio sacro, che frantumò senza tanti complimenti. «Wow!» esclamò con finta enfasi. «Come siete perspicaci.»
    Un ragazzo alto quanto Zach fece un passo in avanti lasciandosi illuminare dal lampione: non aveva più bisogno di nascondersi. A differenza del Vegliante, vestito di verde petrolio e nero, lui aveva una felpa di una azzurro brillante e dei jeans consumati: non aveva mai avuto intenzione di nascondersi. Aveva i capelli rossi come il sangue, ricci quanto i miei, il naso dritto ed appuntito, la pelle pallidissima. Non riuscivo a vedergli gli occhi, nascosti dall’ombra dei capelli, ma sapevo che mi stava guardando perché lo sentivo.
    «Benvenuta a Synt, Becky.» mi salutò con un sorriso.
    Trattenni il fiato perché conosceva il mio nome, e perché io non avevo avuto dubbi in proposito: anche io in fondo conoscevo il suo. E non si trattava soltanto del nome, era familiare, un de-jà vu che camminava parlava e si muoveva; dovevo averlo visto da qualche parte, o sognato, perché ero sicura che se ci fossimo incrociati da qualche parte avrei immediatamente capito chi fosse.
    Sul momento Zach fece un istintivo passo indietro, ma poi sollevò l’arma davanti a sé.
    Non sarebbe mai riuscito a colpirlo.
    «Oh, dai, Zachy.» lo riprese con tono canzonatorio. «Tanto lo sai che non mi prendi.»
    «Ma niente mi impedisce di provarci.» ringhiò prima di balzargli addosso.
    Chiusi gli occhi per non vedere ed aspettai di sentire un urlo, anche se avevo paura di scoprire a chi sarebbe appartenuto.
    Nessuno dei due fiatò.
    Provai a sbirciarli con un occhio solo: il coltello era immobile ad una decina di centimetri dal suo collo, quel ragazzo non solo non si era mosso, non aveva battuto ciglio, ma aveva tenuto per tutto il tempo lo sguardo fisso su di me.
    Era me che voleva, dovevo scappare. Mi guardai intorno e costrinsi il mio cervello a farsi coraggio, superare lo shock ed iniziare a pensare ad un piano. Sarei sopravvissuta se fossi stata in grado di farmi venire un’idea.
    Gli occhi di Zach osservavano preoccupati quello che aveva tutta l’aria essere un telecomando nella mano dell’ultimo arrivato.
    Romeo, il capo dei Veggenti di Synt e forse di tutto lo Stato, voltò il viso verso di lui, l’aria annoiata. «In realtà, sì.» rivelò. «Se mi colpisci io premerò il pulsante, se premerò il pulsante la macchina che trasporta Matt, Courtney e Nate farà “bum”.»
    Zach fu sul punto di ringhiare e strinse il manico del coltello così forte, che la lama prese a tremare. «Perché Nate è uscito?»
    Il Veggente si strinse nelle spalle. «Stiamo parlando della tua squadra non la mia.» fece una smorfia comprensiva. «Frustrante, lo so.» la sua bocca si stirò in un largo sorriso, troppo affilato. «Ma tranquillo, sono qui solo per accogliere la nostra nuova concittadina.»
    Tornò a guardarmi ed una nuova serie di brividi mi scivolò sulla pelle. «Dunque, piccina, siamo una comunità in continua crescita, quindi ritengo un obbligo morale provare almeno ad essere gentile.» allargò le braccia. «Che ne dici di un abbraccio caloroso come quello del tuo bravo paparino, che si sta disperando perché la figlia è in una situazione difficile? Dovremmo essere alti all’incirca uguali.»
    Senza pensare, indietreggiai ancora e finii contro la porta della stazione che cigolò. Lanciai una cauta e discreta occhiata alla serratura, non c’era maniglia all’esterno, probabilmente necessitava di una chiave, ma non era chiusa, doveva essere difettosa. Guardai Zach: non potevo abbandonarlo però.
    «Non t’azzardare, Romeo.» intimò Zach, furioso, impotente come quando Wood lo trattava come un giocattolo.
    Me lo indicò con un cenno del capo. «Scommetto che il nostro eroe qui presente non è stato gran ché caloroso.»
    «Non. Toccarla.»
    Il suo sguardo si indurì improvvisamente e batté due volte con la punta del dito sulla lama lucida, con al quale Zach non aveva smesso di minacciarlo. «Tu preoccupati di non toccare me se non vuoi rimettere insieme Court come un puzzle.» prese il metallo tra l’indice ed il pollice, attento a non ferirsi. «Da bravo, Zachy.»
    Sapevo che mollare fu doloroso come un calcio.
    «Questo non è tuo.» disse lanciando il coltello a distanza di sicurezza da entrambi. «Stai buono mentre faccio amicizia.»
    «Se le fai del male ti ucciderò.»
    «Oh, me lo ripeti così spesso, “ottimo elemento”.» sorrise e fece alcuni passi verso di me. «Te l’ho detto, se riesci a colpirmi un’altra volta ti concedo la rivincita: io, te e basta sulla cima di un bel grattacielo.» si voltò a lanciargli un ultimo sguardo provocatorio. «Il problema è che non riesci più a colpirmi.»
    Zach si voltò a seguire i suoi movimenti con lo sguardo, mentre si avvicinava. Lo fissai aveva la mascella tanto contratta che pensai di poter sentire le sue ossa scricchiolare.
    «Becky, Becky, Becky…» cantilenò Romeo e si portò le dita alla bocca, proprio come quando Jean mi soppesava. «Un’altra cheerleader bionda, ma tu mi sa che sei quella giusta.» rifletté. «Sei anche davvero una cheerleader.»
    «Riserva.» precisai, perché se il suo obbiettivo era uccidere una cheerleader bionda, forse non si trattava di me: era bene che sapesse che non ero l’omicidio giusto.
    Romeo rise, compiaciuto ed arricciò il naso. «Solo perché sei un po’ bassa.» mi tranquillizzò. «Sono sicuro che sei magnifica quando fai capriole con i pompon. Il viola e l’ora si abbinano bene ai tuoi colori.»
    Rimasi a bocca aperta, ma sapeva davvero tutto quanto? Perfino i colori della squadra della mia città? Essere un Veggente significava davvero tutto questo?
    Cercai gli occhi di Zach, mentre tenevo i palmi premuti contro il vetro della porta dietro di me, quella poteva essere una via d’uscita, probabilmente l’unica. Lui scosse impercettibilmente la testa, intuendo le mie intenzioni.
    Tirai il blocco della serratura, leggermente in rilievo rispetto al resto della porta, dischiudendola appena, appena, uno spazio sufficiente a far scappare solo me. Perché no?
    «Non farlo.» ordinò brusco. Fece un mezzo passo laterale verso il punto in cui Romeo aveva lanciato il coltello. «I miei ordini non si discutono, sono il tuo caposquadra.»
    Romeo sventolò una mano dietro di lui continuando a studiarmi, sembrava voler scoprire quello che avrei fatto. Quello di cui ero capace. «Ti dirò, secondo me te la cavavi meglio quando eri il sottoposto di Lanter, eri vagamente pericoloso.»
    Sgranai gli occhi, era il loro caposquadra che era morto, Wood lo aveva detto, ora lo ricordavo, Zach aveva preso il suo posto. Eppure era così logico: perché uccidere un nerd occhialuto che non avrebbe mai creato alcun problema? Molto meglio eliminare un ragazzo forte e capace che si rivelava un pericolo.
    Rise. «Io ti trovavo incredibilmente divertente, da quando ti sei rammollito questa città è diventata così noiosa… sto addirittura pensando di mandare una spia all’interno della vostra squadra per creare un po’ di scompiglio.»
    Obbiettivamente, Romeo era un tipo decisamente loquace.
    Zach strinse i pugni, le nocche gli diventarono bianche, ma fece un altro mezzo passo ignorando le sue provocazioni. «Becky, fidati di me.» disse con voce ferma. Si avvicinò ancora, ma con troppo impeto, reso imprudente dal nervosismo. Perfino io sentii il passo troppo pesante.
    Guardai il Veggente che sorrideva davanti a me: non lo stava imbrogliando, non c’erano speranze che potesse coglierlo di sorpresa. Se fossi rimasta, se avessero combattuto per me, come sembrava intenzionato a fare Zach, non sarebbe stato lui a perdere.
    Tornai a fissarlo, se mi nascondevo nella stazione avrei guadagnato tempo e forse gli avrei evitato uno scontro. «Hai detto che mi avresti preso.»
    Mi infilai dentro la stazione, prima che potesse ribattere qualcosa che mi avrebbe scoraggiata, e tirai forte il maniglione per richiudere la porta, terrorizzata all’idea che Romeo me lo impedisse; ma non lo fece. Sentii Zach imprecare, gli occhi verdi sgranati, e lo vidi scattare verso destra per raggiungermi.
    Romeo non si mosse, non sembrava affatto sorpreso o preoccupato dagli sviluppi della situazione, continuò a guardarmi divertito. «Tu lo sai, vero, Becky, che così siamo rimasti soli?»
    Sbiancai spaventata e lui si allontanò ridendo.
    Deglutii: dovevo rimanere calma, dovevo nascondermi.
    Mi guardai intorno, la stazione deserta era illuminata dalla luce artificiale, non c’era nemmeno un punto d’ombra. Solo in quel momento capii l’importanza delle zone buie fuori di lì: non erano per far nascondere i Veggenti, ma i Veglianti in caso di emergenza. Presi fiato, costringendomi ad evitare distrazioni; osservai indecisa il cartello che indicava i bagni, ma, se mi avesse trovata, chiusa lì dentro sarei stata in trappola. Volevo avere una via d’uscita.
    Tornai verso la banchina.
    Sicuramente Zach sarebbe passato dai binari. Non sapevo perché, ma ero certa che non ci fosse una seconda entrata, o almeno, ero sicura che non sarebbe stata aperta. Se fossi rimasta nei paraggi ci saremmo trovati prima; sì, ma da che parte?
    Improvvisamente tutte le luci della banchina si spensero contemporaneamente. Di chi era stata quell’idea? Mi lanciai un’occhiata alle spalle per controllare che non ci fosse nessuno e decisi che io ne avrei approfittato in ogni caso.
    Mi inginocchiai e scivolai sotto una panchina. Quando appoggiai la mano a terra qualcosa si mosse, un insetto probabilmente, mi morsi le labbra per non lasciarmi sfuggire nessun verso. Per un secondo non riuscii ad impedirmi, scioccamente, di preoccuparmi che quell’animale mi si infilasse nei capelli, come se non fosse mille volte meglio togliere un ragno dai miei ricci, che rischiare di fare una brutta fine subito, appena arrivata.
    Ed io che progettavo di sopravvivere per novanta giorni circa, ero stata decisamente ottimista.
    Dei passi che si avvicinavano svuotarono la mia mente da ogni pensiero, appuntai le orecchie; non erano i passi di Zach, erano strascicati, lenti. Mi rimpicciolii di più ed iniziai a controllare ogni mio respiro per renderlo il più silenzioso possibile, i capelli mi si appiccicavano al collo sudato. Perché il mio cuore batteva così dannatamente forte?
    Chiusi gli occhi e mi intimai di stare immobile e calma: ero solo un fagottino sotto una panchina al buio, chi poteva vedermi?
    «Toh! Si è fulminata una lampadina…» commentò. «La cosa simpatica è che è stato Zachy a farlo.» rise. «Pensava di mettermi in difficoltà.»
    Chi non aveva bisogno degli occhi per farlo.
    Romeo si accovacciò davanti a me, strisciai in avanti cercando di scappare, ma lui mi afferrò una gamba per stanarmi; provai a scalciare, ma lui aveva già pronta l’altra mano per bloccarmi. Come si faceva a cogliere di sorpresa qualcuno che conosce già le tue mosse?
    Quando mi strattonò fuori dal mio rifugio, mi rannicchiai e nascosi il viso dietro i pugni chiusi, lasciando comunque in mostra tutta una serie di punti in cui sarei potuta essere ferita mortalmente.
    Ridacchiò sottovoce. «Ne hai di strada da fare, piccina.» lasciò le mie gambe per afferrarmi polsi e me li scostò dal viso.
    Provai ad urlare, ma, non appena aprii la bocca, me la tappò con un palmo. Affatto scoraggiata, anzi determinata a sfruttare il vantaggio di essere tenuta con una sola mano, presi a dibattermi con più energia.
    Sorrise, crudelmente divertito dai miei sforzi inutili. «Piccola, ma agguerrita.»
    Mi bloccai e lo fissai. Da quanto sapeva che sarei arrivata?
    Romeo mi studiò tutta e si morse le labbra, sembrava combattuto. «Non so che fare.»
    Mugugnai mentre mi davo della stupida: se mi fossi incamminata sui binari, Zach mi avrebbe già trovata; se mi fossi nascosta nel bagno, avrei potuto opporre maggiore resistenza da dietro una porta chiusa; se fossi rimasta dove ero Zach almeno sarebbe stato lì. Se fossi sopravvissuta a quella notte, avrei assolutamente dovuto imparare a fare scelte più furbe, o il fatto che fossi agguerrita non sarebbe servito a gran ché.
    «Ryan mi ha suggerito di ucciderti per non correre rischi, io sto pensando di farti un regalo.» mi sorrise. «Sembri una tipetta molto sveglia, chissà che non mi torni utile.»
    Rimasi immobile, gli occhi fissi dove sarebbero dovuti essere i suoi a supplicarlo di risparmiarmi. Lasciarmi andare non poteva creare questa grande differenza, ci aveva messo così poco a rendermi inoffensiva.
    «Il problema è che se scommetto su di te e ti riveli un errore, mi uccidi.» mormorò.
    Mugolai una protesta, come potevo ucciderlo? Con la forza del pensiero? Nemmeno nei miei sogni.
    «Regola numero uni di una buona Vegliante: mai sottovalutarti.» si bloccò. «Shh!» mi intimò.
    Obbedii e riconobbi alcune voci chiamare il mio nome. Zach aveva chiesto aiuto.
    Cercai di dimenarmi con tutta me stessa, mi fosse rimasta anche solo una briciola di energia l’avrei usata per cercare di liberarmi.
    «Ok, ho deciso.»
    Restai ferma, anche il mio cuore si fermò, in attesa di scoprire quale fosse il mio destino. Chiusi gli occhi mentre promettevo a me stessa che, se mi fossi salvata, non avrei mai più permesso a nessuno di decidere della mia vita e della mia morte. Sarei diventata una brava Vegliante, mi sarei impegnata… sapevo che non sarei riuscita a diventare un pericolo per Romeo, ma almeno avrei protetto me stessa.
    Spostò la mano sul mio viso in modo da tapparmi il naso.
    «Non soffocare da sola.» ordinò prima di infilarmi un dito in bocca.
    Sapeva di marcio, di acido, di morte e putrefazione. Mi divincolai e lo spinsi via. Presi un profondo respiro, ma anche l’aria sapeva di marcio, acido, putrefazione e morte.
    «Questo è per Nate.» disse, ma non vidi cosa mi mise in tasca, impegnata a girarmi carponi per non soffocare, mi sembrava che i miei polmoni non riuscissero ad incamerare abbastanza ossigeno. «Ricordatelo, è importante.» mi avvisò prima di scomparire.
    Finalmente sola, non riuscii ad impedirmi di vomitare sulla banchina, tremante per i brividi.

Passarono anni, forse mesi, probabilmente non molti minuti.
    Mi sentivo febbricitante, avevo i brividi. Avrei scambiato tutto quello che avevo per essere nel mio letto in quel momento, sotto strati di coperte, con mia madre che mi porgeva qualcosa per far abbassare la febbre. Mi serviva assolutamente qualcosa per la febbre. La testa sembrava volermi scoppiare.
    Una figura si accucciò accanto a me imprecando e fece per afferrarmi; urlai non appena sentii la sua mano sul braccio, terrorizzata che fosse un altro Veggente. Cercai di allontanarlo debolmente e ci riuscii. Mi sentivo stordita, ma non ero stupida: se c’ero riuscita, non era un Veggente
    «No, Becky, tranquilla! Sono Nate, un amico.»
    Quando vomitai di nuovo, mi tenne indietro i capelli.
    «Court, Matt! È qui!» gridò e mi abbraccio forte. «Va tutto bene.»
    Singhiozzai in lacrime e sentii il suo petto, contro il quale continuava a tenermi stretta, sollevarsi in un sospiro.
    «Starai bene.» mormorò. «Vedrai, che starai bene.» mi aiutò ad alzarmi, praticamente mi tirò su lui, e mi guidò verso la panchina sotto la quale mi ero nascosta, per farmi stendere. Mi sembrava di avere lo stomaco contorto, la vista annebbiata. Riconobbi una paio di occhiali dalla montatura nera, gli stessi del ragazzo che avevo creduto fosse Josh, ed una giacca verde che usò per coprirmi.
    Strinsi le braccia sulla pancia e cercai di placare i conati. Il ragazzo che mi aveva soccorso, mi girò su un fianco.
    «Meglio?»
    Aspettati immobile. Forse era per il freddo della panchina sotto la mia guancia, incredibilmente piacevole, o forse il mio stomaco si era svuotato del tutto, ma sì, andava meglio.
    Annuii e chiusi gli occhi. Mi sembrava di avere un chiodo arroventato che spingeva per sfondarmi il cranio, all’altezza della tempia.
    «Nate, togliti.» ordinò una voce femminile.
    Nate.
    “Ricordatelo, è importante.”
    Una mano incredibilmente fresca mi accarezzò la fronte. «Accidenti, come scotti!» o forse ero io che ero troppo calda.
    Dischiusi le palpebre ed infilai una mano nella tasca, dove avevo sentito frugare il Veggente. Strinsi qualcosa nel palmo e lo allungai verso l’ombra con gli occhiali.
    «Ancora regali per te, eh? Zachy diventerà geloso.» commentò una voce maschile che non conoscevo.
    «Sta zitto, Matt.» intimò. Questa volta riconobbi il timbro, era Zach. «Che le ha fatto?»
    «Non lo so, l’ho trovata così. Tu sei ferito?» chiese Nate.
    Un sospiro. «Volevano solo tenermi impegnato per non disturbare Romeo.»
    «Jean era stata chiara: niente missioni solitarie.» gli ricordò la voce femminile.
    «Ha avuto paura ed è scappata, che facevo non cercavo di salvarla?»
    Non era stata la paura, mi era sembrata la cosa più logica da fare, ma mi sentivo troppo stanca per parlare.
    «Avresti dovuto aspettarci!»
    «E voi avreste dovuto sbrigarvi!»
    Mi sporsi oltre la panchina per vomitare di nuovo, forse stavo sognando, ma sentivo ancora quell’odore dolciastro e disgustoso.
    «Cavolo!» si lamentò la ragazza.
    «Siamo stati veloci.» sbottò… Matt, sì, l’altra voce maschile si chiamava Matt. «Ho fatto un tragitto di mezz’ora in dieci minuti, se vuoi che vada più veloce dammi un jet.»
    «Ok, basta.» li interruppe di nuovo la ragazza. «Bisogna portarla a casa, sta male.»
    «Che potrebbe essere?» chiese Zach.
    Titubò prima di rispondere. «Non lo so.»
    Per alcuni secondi nessuno disse niente o si mosse, come se tutti avessero riconosciuto la bugia nella sua voce. Beh, in fondo l’avevo riconosciuta anche io. Poi qualcuno mi prese in braccio. Appoggiai il viso contro il torace di chi mi stava trasportando – Zach, mi sembrava di vederlo – ed ignorai l’emicrania che si accentuava con i battiti veloci, assordanti del suo cuore.
    Ero salva, ero viva. Per il momento.
    «Zach, questa la devi vedere.» disse forse Nate.
    «Cosa?»
    «È una mappa, ci sono bombe per tutta Synt.»
    Sospirò. «Cerca un tragitto da qui a casa che le eviti.»
    «Non c’è.»
    «Quello in cui ci sono meno?»
    Ci fermammo.
    «Minimo tre.»
    «Cazzo.»
    Nessuno fiatò.
    «Hai detto che aveva un telecomando.» gli ricordò Matt. «Una o mille non fa la differenza, se vuole farci saltare ci farà saltare.»
    «Quindi che proponi?» domandò Zach.
    «Di andare a casa. Non vuole ucciderci o l’avrebbe fatto.»
    «Ci fidiamo di un Veggente?!» sbottò a voce alta, indignato. «Di Romeo, per la precisione?!»
    Mugugnai una protesta perché tenesse il tono più basso.
    «Scusami.» sussurrò. «O ci fidiamo o ci accampiamo qui.»
    Decisero di fidarsi.



non mi ricordo con quale logica ho realizzato che in mezzo a tanti nomi stranieri il cattivo si sarebbe dovuto chiamare Romeo... vi assicuro che c'era però...
non so che dirvi, in realtà... boh... abbiamo l'eroe che non "eroeggia"... il cattivo logorroico... Nate, voglio bene a Nate... Courteney... e Matt...
nel prossimo capitolo, li conosciamo meglio... dio, il terzo capitolo e stai già morendo... piccina, ne hai proprio tante di cose da imparare!
baci
uh! dimenticavo una cosa importante!
grazie del sostegno che mi state dando, tutte quante in tutte le forme, nonostante vi abbia detto che potrei essere una pippa a scrivere questa storia!


   
 
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