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Autore: Skred    13/06/2012    1 recensioni
«Secondo la tradizione Giapponese si dice che ogni persona quando nasce porta un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Seguendo questo filo, si potrà trovare la persona che ne porta l'altra estremità legata al proprio mignolo: essa è la persona cui siamo destinati, il nostro unico e vero amore, la nostra anima gemella. Le due persone così unite, prima o poi, nel corso della loro vita, saranno destinate ad incontrarsi, e non importa il tempo che dovrà trascorrere prima che ciò avvenga, o la distanza che le separa, perchè quel filo che le unisce non si spezzerà mai, e nessun evento o azione potrà impedire loro di ritrovarsi, conoscersi, innamorarsi.»
Tuttavia, questa storia non è ambientata in Giappone, tutt'altro, benvenuti nella terra della grande mela... l'America!
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dunque, dove eravamo rimasti? Ah, sì! Stavamo per raggiungere la nostra stanza. Raggiunsi velocemente i due e per far in modo che non si dimenticassero di me, mi feci spazio ponendomi fra di loro. «Ehi, tranquillo. Non ti lasciamo dietro. » Disse Jed. Successivamente, alzando lentamente la mano, tentò di porla fra i miei capelli ma, capendo il suo intento, scattai di colpo. «P-per favore, non toccatemi mai la testa. » Balbettai, ponendo le mani davanti, come se fossero uno scudo. «Capisco che non ci conosciamo, però...» Brontolò Yuki. I due rimasero parecchio straniti per la mia reazione, ma non potevo svelargli per nessun motivo al mondo il perché di quella mia risposta. «Scusatemi... sono motivi personali. Non ho nulla contro di voi. Va bé, contro Yuki forse un po'...» Alla mia risposta, Jed si portò una mano alla bocca per soffocare una risata. «Yuki riesci a farti odiare anche dagli sconosciuti, complimenti!» Yuki divenne rosso in viso, pensai seriamente che stesse per esplodere. «Forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato, ecco tutto!» Stava quindi ammettendo che era colpa sua se provavo tutto questo astio verso di lui? Dai, Yuki, ammetterlo era il primo passo! «Dai, non te la prendere!» Yuki scattò via, mentre Jed tentava di farlo calmare, sempre ridendo. «Forza, Jun, andiamo.» Mi disse, dandomi una pacca sulla schiena. Raggiungemmo finalmente la nostra meta: quelle quattro mura che sarebbero state la mia casa per quel lungo anno. Ad aprire la porta fu Jed, diciamo che fu il più veloce a ritrovare le chiavi. Le mie le avevo gettate dentro la borsa e non avevo la minima voglia di cercarle. La stanza era... una normale stanza. Entrammo. Essa aveva tre letti, due scrivanie, una finestra, un'altra porta, un mini-frigo, ed altre cianfrusaglie che non sto qui ad elencarvi perché ci annoieremo tutti, sia io che voi. Diedi uno sguardo veloce per vedere dove i miei bagagli fossero stati posti: erano sul letto difronte alla seconda scrivania, precisamente sotto la finestra. «Va bene se prendo questo?» Chiesi, spostando le due valigie e poggiandole a terra. Quella camera era principalmente la loro, quindi pensai fosse giusto che avessero i letti che desiderassero, io mi sarei preso quello che fosse rimasto. «Sì, va benissimo.» Rispose Yuki. «Noi abbiamo sempre dormito nel letto a castello, quel letto lo usavamo per lo più come armadio, eh, eh!» Aggiunse Jed. «Anche perché non ti avrei ceduto il mio. Io ed il mio materasso abbiamo ormai instaurato un bel rapporto, avrebbe sofferto nel separarsi da me!» Ed ecco la scemenza della giornata. «Vi prego, abbattetelo... non fatelo soffrire così.» Mormorai io, dandomi una pacca in fronte. Che elementi, dico io! «Cosa hai detto, marmocchio rosso?!» Mi arrivò un cuscino in faccia. In piena faccia. «Ho un dannato nome, usalo!!» Quel nomignolo mi dava sui nervi. In tutta risposta, rilanciai il cuscino, che tuttavia, non andò al destinatario. Dovete sapere che ho una mira pessima: se fossi davanti ad un cestino, anche a pochi centimetri, e tirassi una carta, questa uscirebbe fuori. Come è ben intuibile, il cuscino finì dritto in faccia a Jed. «Ti conviene correre.» Disse Yuki, rifugiandosi sotto le coperte. «Scusami! Non volevo!» Perché Yuki diceva quelle cose? Lo avevo semplicemente colpito con un cuscino! Niente di più, niente di meno. «Siete morti.» Quelle furono le ultime parole pronunciate prima dell'olocausto. Non sarei sopravvissuto con loro per un anno, assolutamente no. Finita la mortale guerra dei cuscini, io mi buttai come un cadavere sul mio nuovo letto, facendoci dentro una buca. I miei “pseudo” compagni fecero lo stesso nei loro. «In due non era divertente. Abbiamo trovato la tua utilità, Jun.» Finalmente mi aveva chiamato con il mio nome, che gioia! «Già, almeno non è più solo Yuki a soccombere sotto i miei attacchi!» Sì, in effetti Jed quando si arrabbiava diventava una forza della natura e lo avevo purtroppo testato sulla mia pelle. «Avrò la mia rivincita, stanne certo.»

*


«Senti, Jun, ti va di raccontarci qualcosa di te?»
Ripreso fiato, Jed cercò di attaccare bottone, ma senza alcun risultato: non ottenne nessuna risposta da parte mia. «Ehi, sei giù perché vi ho battuto?» Balzò fuori dal letto e scendendo le scale che permettevano di accedere al secondo materasso, poté capire il perché del mio silenzio. «Cosa ti prende, marmocchio rosso?» Yuki pensò che chiamandomi con quel nomignolo io mi sarei agitato e quindi avrei risposto, ma fu un altro tentativo inutile. Di colpo andò ad affiancarsi a Jed per apprendere anche lui ciò che stava accadendo: mi ero addormentato. «Dorme.» Disse Jed, dopo avermi visto in volto. «Ed io che mi stavo preoccupando.» Yuki, colui che dal primo momento in cui i nostri sguardi si erano incrociati aveva già deciso di odiarmi... si era preoccupato per me? Se fossi stato sveglio avrei pianto. «Eeeeh? Visto! Ci ti stai già affezionando! » Gli fece notare Jed. «Io? Affezionando? Ma non dire sciocchezze! Metti che fosse morto? Io non me le prendo certe responsabilità!» Che similitudini stupide faceva per nascondere la realtà che era abbastanza evidente: stavo entrando nelle sue grazie. «Certo, certo.» Jed non poté altro che dargli ragione, sapeva bene che l'amico aveva la testa calda. «Perché tu l'hai preso così bene il suo arrivo?» Yuki pose questa domanda con serietà. A differenza sua, Jed non aveva battuto ciglio all'idea di avere un altro compagno, nonostante ciò significasse meno spazio in camera per loro ed altri mille problemi che si generavano solo nella testa di Yuki. «Perché mi chiedi? Uhm... bé. Il suo arrivo per me equivale ad una sfida. Non ti emoziona il fatto di poterti prendere cura di lui? Come ben sai, io sono figlio unico, non ho mai avuto un fratellino da guidare e quindi il fatto che ci abbiano affidato Jun mi ha davvero... diciamo “preso”.» Mentre Jed diceva queste parole, manteneva sul viso un'enorme sorriso.
«Stai dicendo quindi di considerare Jun come... un fratello minore?»
«Esattamente! Noi ci passiamo davvero pochi anni, quindi non vi è mai stato un rapporto di dipendenza... ma con Jun è differente. Lui è nuovo, piccolo ed inesperto. Avrà sempre bisogno di noi.»
«Capisco... »
Le parole di Jed lo avevano davvero colpito. «Rifletti su ciò che ti ho detto. » Diede una pacca in testa all'amico, dopodiché risalendo le scalette, raggiunse il suo letto. «D'accordo.» Rispose semplicemente lui. Mi diedi un'altra occhiata, notando che ai piedi portavo ancora le scarpe. Piegandosi sulle gambe, si affrettò a togliermele, gettandole letteralmente in bagno. Wow, stava già adempiendo ai suo compiti come fratello maggiore, che bravo ragazzo! Quindi, come aveva fatto prima l'amico, raggiunse il suo letto.

   
 
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