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Autore: AngelSword    15/06/2012    5 recensioni
“Su questo pianeta esiste un luogo nascosto agli occhi della gente. Non lo si può raggiungere, ma lo si può chiamare. Anzi, non è nemmeno un luogo, è... una porta.”
'Perchè gli uomini uccidono?' Perchè il loro cuore è come la superficie dell'acqua: basta poco per farlo increspare.
Secondo Volume dell'Ancient Saga.
QC all'interno. Occhio B3
- SOSPESA -
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Roronoa Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ancient Saga'
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Premessa
 

Adesso che tutte le crisi familiari e scolastiche sono finite, posso finalmente ri-dedicarmi ad Ancient |3 Quanti ne sono contenti? :3 *silenzio di tomba* O.o
Comunque, oggi vi ho qui riuniti anche per festeggiare la fine dell'anno scolastico e pregare che---
Ops, predica sbagliata. Sorry.
Dicevo, io e la Mary Stranges (che so che alcuni di voi la conoscono) abbiamo deciso di provare a prendere due personaggi secondari delle nostre due storie e di vedere cosa accadeva a metterli insieme in una storia. Ed indovinate chi ho scelto? |3 Ma ovviamente la vostra amata Solana! Quindi, se siete interessati a come una gallina stonata si relazioni ad un'uscita al parco, sentitevi liberi di cliccare qui > Like the Beauty and the Beast ~ Just the Beating of Our Noisy Hearts e magari darci un tantino di feedback dato che è la primissima volta che tentiamo un approccio del genere. Praticamente, funziona che abbiamo scritto due storie separate ma con alcuni punti in comune. Ma come ci siamo arrivate, a questi eventi, è tutto da vedere!! Per cui, se volete avere un vero assaggio della "randomness" di Solana e dell'ironia della Mary, prego venite a far visita ^w^ E con questo concludo lo spot pubblicitario x3



 

Capitolo 8 - N.E. ~ No Escape

Amore, huh...

Immersa nel buio, da sola. La sua luce brillava più forte che mai, ma ciononostante un solido muro d’oscurità si stagliava qualche metro più in là. E poi a che serve avere la luce del Sole se non vi è alcunché da rischiarare e riscaldare?

Molte cose riporta alla mente mia...

Quel ragazzo coi capelli neri pettinati in una cresta, il trucco pesante e i piercing che gli adornavano le orecchie, le labbra e perfino la lingua. Ma soprattutto quegli occhi viola liquido, così dolci e profondi. Quando la guardavano, chissà perché, cambiavano. Diventavano timidi.

Tutto molto tempo fa è stato.

Pian piano i capelli tornarono ad ubbidire alle leggi di gravità, il trucco sparì come i vari ferri che portava addosso. Aveva messo la testa a posto per lei, anche se ogni tanto il suo carattere scontroso tornava a galla sottoforma di scatti di rabbia o gelosia. Però lo aveva apprezzato. Non gli era mai piaciuto quel ragazzo metallaro appassionato di ferri e borchie, eppure si era ritrovata ad amarlo, così, all’improvviso. D’un tratto non desiderava altro che sentire quella voce profonda pronunciare il suo nome, Lamia.

Così nel passato persi che si rifiutano i ricordi di tornare...

Ecco perché, quella sera di mezz’estate, quando le chiese di sposarlo, dopo molte esitazioni dovute all’imbarazzo ed alla paura di essere rifiutato, si sentì realizzata. Quell’anello - d’oro rosa, il suo metallo preferito - era diventato la sua ragione di vita, l’uomo che glielo aveva dato il suo mondo perfetto. Non potè mai dimenticare i suoi occhi quando, con voce tremante, gli disse di sì: stupiti e persi per un momento, poi lucidi, accesi dalla gioia.

Rigel...

Si rese conto che la perfezione che credeva di aver raggiunto non era altro che un’illusione fatta di suoni e colori. Assordata dalle cannonate ed accecata dall’oscurità, il suo mondo si spezzò. Aveva sperato che Rigel lo ripristinasse quando si presentò trafelato sotto la sua finestra, incitandola a scendere e scappare da quella realtà che stava cadendo a pezzi. Col cuore in gola si era precipitata giù per le scale ripetendosi che tutto sarebbe finito presto, che tutto

Ad essere perfetto sarebbe tornato.

Mancava solo qualche passo al suo mondo, al suo amore perfetto. Un cannone suonò la sua vuota nota e, pochi secondi dopo, il suo vero mondo fu quello dell’oscurità e del silenzio.

In un primo momento fu felice di rivedere Rigel. Non sapeva quanto tempo fosse passato, non le importava. Poi si sentì smarrita, come se non fosse sicura che l’uomo di fronte a lei fosse veramente il suo Rigel. I suoi occhi sembravano più spenti, vagamente illuminati solo dall’ombra della felicità che soleva accenderli. Aveva capito che era stato ferito, da ogni punto di vista. Sentiva che c’era qualcosa d’oscuro in lui, a stento nascosto dalla sua anima sanguinante. Con voce calma e dolce, come lo era sempre stata, le disse che le avrebbe affidato un mondo perfetto da governare. Aveva pensato che sarebbe stato il loro, ma la malinconia che avvolgeva l’uomo la fece ricredere. E così diventò uno Spirito, lo Spirito della Porta del Paradiso. Profondamente ferita da quello che lei - loro - avevano perso, decise che nessuno avrebbe mai più sofferto la stessa sorte.

Ecco perché passare nessuno può i miei cancelli, giacché porta sofferenza il reale quanto dona pace il sogno. Scelta del sognatore è di svegliarsi. Ma proteggere il loro perfetto mondo mio dovere è.

Che nessuno perda più il diritto di credere in qualcosa d’irreale.

Quell’amore va fermato. 
 

*** 


“Ma ne sei proprio sicuro?”

“Sì.”

“Proprio al cento percento di volerlo fare?”

“Ti ho detto di sì, Rodrus, vuoi stare zitto?”

Il biondo sospirò amareggiato mentre le sue spalle si abbassavano pesantemente. “Ma lo sai contro chi ti stai mettendo...?” mugugnò guardando di sottecchi l’amico.

L’altro non ruppe la sua immobilità e rimase seduto dov’era - le gambe accavallate e le braccia conserte -  intento a fissare intensamente le tre silhouette in avvicinamento. “Sì, qualcosa non va?”

Fu afferrato bruscamente per il bavero della camicia e strattonato in alto. “Qualcosa non va??! Cos’è quel tono rilassato e noncurante??!!” urlò esasperato Rodrus scuotendo l’altro avanti ed indietro. “È di Aqua che stiamo parlando!! Te ne rendi conto??! Quella è un mostro che prende sul serio pure un semplice allenamento! È la Zalenia, Leroy, sveglia!!”

Il moro lo fissò con un misto di calma ed irritazione. “Lasciami per favore,” gli ordinò con glaciale calma mentre gli stringeva il polso con la mano. L’amico allentò la presa sul colletto della camicia e si voltò con un ampio movimento, sbattendo rassegnato il palmo contro i jeans neri. “Sì, sono un caso perso,” ammise in tono annoiato, anticipandolo. “Ma, sai com’è...” Sfoderò un sorriso di sfida - i canini leggermente più sviluppati rispetto alla norma in bella vista - mentre fissava l’orizzonte rossastro. “Combattere con quello splendido fiore è semplicemente una cosa fantastica.” 


*** 


“È incazzata,” concluse Jen osservando la schiena rigida della sorella mentre quest’ultima marciava decisa verso il punto d’incontro.

“No, non mi dire,” replicò con sarcasmo Zoro, stupito dall’enorme perspicacia della donna. Ricevette una breve occhiata fulminante in risposta. Lui sospirò e tornò a guardare Aqua. Non sapeva come cominciare, da che verso prenderla. Stava giusto per uscirsene con una delle frasi più insensate del mondo, quando lei si fermò di botto di fronte a loro, sorprendendolo.

La bionda si voltò e, guardandolo con ira immane, gli pressò la punta dell’indice contro il petto urlando “TU STAMMI LONTANO!!” e riprese ad avanzare a grandi falcate verso la radura.

Gli altri due rimasero attoniti lì dov’erano. “È veramente incazzata,” disse la rossa, scioccata dall’improvviso scatto di rabbia della sorella.

Cazzo,” fu solo capace di dire Zoro mentre abbassava la testa per scompigliarsi nervosamente i corti capelli verdi della nuca. 


*** 


I due si scrutavano - l’uno vagamente divertito, l’altra nera dalla rabbia - faccia a faccia, osservati a distanza da tutti gli altri membri del gruppo.

“È una mia impressione o qualcuno oggi ha saltato la pennica pomeridiana?” la canzonò Leroy con un sorriso beffardo.

Aqua assottigliò gli occhi, infuriata. “Dammi la spada, fatti prendere a calci in culo e finiamola,” ordinò tendendo una mano avanti, pronta a ricevere l’arma.

Il moro si fece subito serio, anche se un sottile sorrisetto ancora gli tendeva le labbra. Prese lo spadone che Rodrus gli stava porgendo e lo passò all’Antico. “Come se fossi in grado di sfiorarmi,” la stuzzicò portando mano alla spada al suo fianco.

“Vai Aqua-chaaaaaaaaaan!!” tifò Fran seduta ai piedi di una quercia, subito imitata da Maya qualche ramo più in alto.

“Che lo scontro cominci,” annunciò Leon con uno sbadiglio.

“E speriamo che non ci finisca secco qualcuno...” mormorò Rodrus andando a rifugiarsi molti metri più in là insieme a Mavis, venendo ogni tanto strattonato per la maglietta da quest’ultimo per evitare che si perdesse in quel breve tragitto. 


*** 


“Signore...” lo chiamò piano il maggiordomo aprendo la grande porta in mogano dello studio. Era una stanza ampia, interamente arredata con vetrine, scaffali, scrittoi ed alte librerie in legno, in cui regnava il silenzio più assoluto. Le pareti erano ricoperte di carta da parati color crema con una classica fantasia leggermente più chiara ricamata in seta.

“No, non me lo dire,” replicò l’interlocutore - una figura nera contro il rosso del tramonto che invadeva la stanza dall’enorme finestra a vetri - in tono vagamente esasperato e rassegnato alzando una mano.

L’inserviente rimase qualche momento in silenzio prima di annunciare le notizie che gli erano appena giunte. “La Signorina Auros si sta scontrando con il Signorino Schwartzer nel posto chiamato...” Abbassò gli occhi sul bigliettino che teneva poggiato sul palmo aperto. Alzò impercettibilmente un sopracciglio: strano nome, non c’è che dire. “... In un luogo che risponde a nome di N.E.S.T., a quanto pare.”

 

In risposta gli arrivò un sonoro sospiro di rassegnazione e lo strusciare di una sedia sul parquet. La silhouette si alzò e, dopo qualche passo leggero, si fuse con l’ombra della stanza. “Possibile che...” biascicò a se stesso mentre il fruscio di vestiti colmava quel pacifico silenzio. “Ci sia sempre bisogno del mio intervento per far sì che quella peste stia calma e al suo posto?!” concluse leggermente irritato mentre afferrava il fodero grigio della spada adagiata sul sostegno in legno scuro pochi metri più in là. 


*** 


Maya si dondolò a testa in giù dal ramo a cui era appesa, osservando con curiosità la testa verde sotto di sé. “Certo che l’hai davvero fatta grossa,” disse dopo un po. L’altro rispose con il silenzio stizzito che aveva mantenuto da dieci minuti a quella parte.

Leon lo scrutò con aria preoccupata mentre si scompigliava e ripettinava con le mani i capelli biondi. “Dovrai davvero fare i salti mortali per farti perdonare,” aggiunse con uno sbadiglio mentre si adagiava di nuovo contro la quercia.

Accanto a Zoro, una risatina colmò il silenzio risentito dello spadaccino. “Vai a sapere che cosa s’inventerà...” ridacchio Jenova con il tono di una che la sapeva lunga. Si sporse all’indietro per guardare Fran all’altro fianco del verde. “Stanotte abbiamo dovuto farlo dormire con mia sorella perché non si staccava più da lei,” le disse con fare cospiratorio.

A quello scattò. “Non è vero!!” esclamò lo spadaccino tendendo la schiena mentre la bionda alla sua destra annuiva impressionata.

“Cosa c’è da agitarsi così tanto?” domandò Maya guardandolo confusa. “Mica è una cosa così tremenda. Io ho dormito con una marea di uomini.”

“F-ferma là...” balbettò Leon che all’improvviso appariva estremamente sveglio. “C-che vuol di-dire?”

L’altra fece spallucce, continuando a dondolarsi piano a testa in giù. “Lo sai che nella mia famiglia ci sono poche femmine. Quando andiamo in campeggio non ho altra scelta,” rispose con semplicità.

Il biondo arrossì, vergognandosi del proprio scatto di gelosia, e finse di tornare a sonnecchiare anche se la sua fronte era ancora contratta per l’imbarazzo.

“Comunque nemmeno io penso sia un peccato mortale,” disse Fran con la discussione tra la cowgirl ed il ragazzo in sottofondo. Jen alzò un sopracciglio, interessata a quello che aveva da dire. “Significa che sono molto amici, no?” concluse con un sorriso soddisfatto. “Gli amici del cuore dovrebbero sempre dormire insieme,” aggiunse mentre incrociava le braccia ed annuiva con decisione ad occhi chiusi.

La rossa sospirò sonoramente, rassegnata ormai all’estrema ingenuità dell’amica. “Mi sembra di sentire mia madre...” mugugnò tra sé e sé, tornando ad osservare la sorella e Leroy combattere. Seguì annoiata con gli occhi i loro movimenti in rapida successione - lo scontro non si era ancora fatto interessante essendo quello ancora il riscaldamento - mettendo mentalmente in rassegna tutti i compiti svolti e da svolgere, finchè qualche fiammella non cominciò a danzarle di fronte agli occhi, sorprendendola. Le piccole lucciole di fuoco si raggrupparono di fronte a lei, accalcandosi l’una sull’altra fino a formare una rosa rossa.

“Come va, Jen-chan?”

La voce profonda alle sue spalle ed il tocco leggero sui suoi fianchi la fecero sobbalzare con uno strilletto. “RODRUS SEI UN COGLIONE!!!” esclamò furiosa lanciando un calcio alla cieca.

Il biondo lo parò facilmente per poi rivolgerle un ampio sorriso. “Hai fatto ‘kyaaa’ come ogni ragazza normale,” ridacchiò mentre l’altra arrossiva.

“Sta zitto!” lo rimbeccò voltandosi dall’altro lato per nascondere le guance rosse.

Mentre l’altro le abbracciava la vita e continuava a stuzzicarla con battutine e ridacchiate, Zoro si avvicinò col busto a Fran, senza staccare gli occhi dall’antenato. “È una mia impressione oppure c’è qualcosa tra quei due?”
La ragazza lanciò una veloce occhiata alla coppietta seduta là vicino per poi spostare gli occhi blu fiordaliso sullo spadaccino. “Ovvio,” cinguettò allegramente. “Quelli là sono stati fatti l’uno per l’altra, anche se Jen-chan non lo ammetterà mai,” aggiunse poi in un sussurro. Seguì un momento di confuso silenzio. “Cos’è quella faccia?” chiese infine Fran notando l’espressione perplessa del vice capitano.

“No, è che...” biascicò lui spaesato. “Pensavo avessero qualche conto in sospeso.... e che Rododendrus si stesse vendicando--“

La fragorosa risata della donna lo interruppe a metà frase. “Forse hai anche ragione,” disse infine, stando attenta a non soffocare dalla troppa foga del riso. “Ro-chan non sopporta il fatto che Jen-chan non si lasci mai andare e mantenga quella sua attitudine da maschiaccio insensibile.”

Stava per replicare quando un’altra voce s’inserì nella loro conversazione. “Hanno finito col riscaldamento,” annunciò Mavis sedendosi in mezzo ai due prima di essere preso d’assalto da uno degli abbracci della sorella maggiore.

Zoro alzò lo sguardo sui due battaglianti, in piedi l’uno di fronte all’altra, immobili. Lasciando che i loro respiri si calmassero dopo una buona mezz’ora di schivate e semplici affondi, rilassarono le loro posture. Leroy alzò la spada portando l’elsa vicino all’orecchio e la punta verso il basso, gentilmente sorretta dalle punte delle dita dell’altra mano sul lato non affilato. Sfoderò un sorriso di sfida mentre attendeva la mossa dell’avversaria.

Lei non rispose immediatamente alla provocazione. Si limitò a fissarlo impassibile, in silenzio, mentre prendeva lunghi respiri. Sembrava quasi in trance, la presa sullo spadone molle e gli occhi socchiusi. Poi inspirò e, stringendo il pugno intorno all’elsa, scattò in avanti lanciando un fendente che fu prontamente parato.

I due si guardarono negli occhi per un istante prima di passare alla battaglia vera e propria, accompagnati dalle urla e dai fischi degli amici.

“Senti, ma...” disse ad un certo punto il moro, cimentandosi in un affondo per poi schivare immediatamente l’assalto di Aqua. “Perché stiamo litigando?”

“Perché non sai trattenere la rabbia,” rispose meccanicamente l’altra, prolungando il movimento per scagliare un fendente circolare.

Leroy lo bloccò con un altro fendente aereo. “C’è anche dell’altro.”

Avrebbe voluto capire la conversazione che quei due stavano avendo, ma tra le urla di Fran, le risate di Jen, le lamentele di Rodrus, il russare di Leon e i fischi dei due fratelli, Zoro non riusciva a sentirli. Leggere il labiale era escluso data la loro velocità. Gli occhi dello spadaccino si assottigliarono sospettosi: non si poteva aspettare nulla di buono da quel ragazzino.

“In che senso dell’ ‘altro’?” replicò l’Antico portandosi sulla difensiva.

Lui ridacchiò. “Non c’è bisogno che tu me lo dica ora...” Aqua colse un guizzo dell’ombra del ragazzo e si portò subito in allerta, conscia che avrebbe fatto qualcosa. Leroy sollevò la spada e fece per lanciare un fendente dall’alto. Fendente che mai arrivò.

“Possiamo parlarne con più calma stasera a cena,” sussurrò poi lui, vicino all’orecchio della donna.

L’altra, sorpresa non tanto per lo spostamento inumanamente veloce dell’uomo ma per la proposta che le aveva presentato, abbassò di colpo la guardia lasciando involontariamente un’apertura. Il moro ne approfittò per disarmarla, quando sentì il braccio cadergli improvvisamente esanime lungo il fianco. Leroy imprecò sottovoce, allarmato, mentre Aqua riportava la situazione sotto controllo. Conficcò lo spadone a terra, alzò una gamba e, eseguendo una piroetta, fece collidere il piatto del piede contro il collo dell’avversario, scagliandolo qualche metro più in là contro un albero.

Fece per recuperare l’arma, ma colse con la coda dell’occhio un movimento alle sue spalle. Saltò all’indietro schivando per un pelo il potente fendente aereo che lasciò al suo passaggio una scia di alberi distrutti ed un profondo solco nel terreno. Prima che potesse reagire, fu afferrata per la vita e sollevata da terra.

L’Antico scalciò e si dimenò spaventata fino a quando non udì la voce dell’assalitore.

“E statti ferma una buona volta, ti contorci peggio del serpente che sei.”

Aqua si calmò d’improvviso ed aprì gli occhi, istintivamente chiusi. Sentì un tocco gelido contro il suo corpo, un leggero odore d’incenso e muschio, e seppe subito di chi si trattasse. Alzò la testa per guadare l’uomo in faccia. “Snow...?” disse in un soffio, incredula.
 
  
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