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Autore: Sophie Hatter    02/01/2007    3 recensioni
Jess la guarda per un po', serio in volto. La guarda e riesce solo a pensare a quanto sia stupenda in quel momento. Ha ritrovato qualcosa che aveva perso tanto tempo fa: la sua Rory. La Rory diciassettenne che era riuscito, forse, a far innamorare, e che aveva fatto seriamente innamorare lui di lei. Una Rory che non aveva più creduto possibile ritrovare: ormai usciva con i miliardari, spassandosela con ragazzi che guidano le porsche. Viveva un'altra vita in un altro mondo. E ora è lì, seduta di fronte a lui, è sparito tutto, l'aria altezzosa, quella da ricca ragazzina viziata, quella da adulta distante. E' soltanto la sua Rory. Quella che non credeva più di poter riavere. E per un attimo non gliene frega di capire che cosa sono lì a fare, se sono amici o meno, se potranno ritornare ad esserlo o meno.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jess Mariano, Lane Kim, Lorelai Gilmore, Luke Danes, Rory Gilmore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non si è soffermato neanche per un secondo a riflettere sull’effetto che gli fa tornare a New York dopo tanto tempo. In circostanze normali, sarebbe stato assalito da una serie di ricordi confusi, che lo avrebbero portato inconsciamente a comparare la sua vita di un tempo con quella di adesso. Ma non c’è tempo per tutto questo, e lui sta soltanto guidando con agitazione svoltando a ogni incrocio nella direzione che gli permetterà di arrivare alla sua meta. Luke gli ha dato l’indirizzo, dopodiché non ha perso un solo secondo. E' soltanto salito in macchina e ha guidato senza fermarsi fino a New York, su una strada che aveva già fatto tante volte in passato. L'impulso di andare da lei lo spinge ancora una volta a fare cose che non ha mai fatto per nessun altro. Non si è mai sprecato ad inseguire la gente. Tantomeno le ragazze. Non ne aveva mai bisogno. Eppure, quando si tratta di lei sembra sempre che ogni sua regola di vita venga rapidamente infranta senza problemi.
Non ha ancora idea di come poter rimettere le cose a posto, e ha volutamente evitato di pensarci per tutto il viaggio. Ha soltanto cercato di tenere impegnato il cervello cambiando stazione radio ogni secondo, tenendo gli occhi incollati sulla strada consumata dalle ruote della macchina. Il salto da un canale radiofonico all'altro nel disperato tentativo di trovare qualche cosa di suo gradimento ha seriamente compromesso i suoi nervi, ma quando ha iniziato a intravedere i grattacieli di New York l'ansia ha iniziato a trasformarsi in determinazione, e finalmente ora è riuscito a trovare l'indirizzo. Spera seriamente che Rory sia lì, altrimenti sarà meglio prepararsi psicologicamente all'idea di dover setacciare l'intera metropoli.
Vuole solo trovarla, deve assicurarsi che stia bene. Non si aspettava che scappasse. Ma ieri sera le circostanze gli hanno impedito di chiarirsi per l'ennesima dannatissima volta, e le successive ore di insonnia sono state solo un arco di tempo in più per sprofondare di nuovo dentro il baratro delle incomprensioni mai chiarite.
La situazione ormai rischia di precipitare. E' soltanto l'accumulo di una serie di cose di cui non hanno mai parlato, sulle quali hanno soltanto tratto conclusioni separatamente l'uno dall'altra. Non c'è mai stata l'occasione di un confronto, e lui sa, dentro di sé, di averne sempre avuto paura. Forse tutte le fughe, tutti i silenzi, tutte le rassegnazioni erano per quello. Forse è soltanto troppo tardi.
Scende dalla macchina appena ha trovato parcheggio, ricordandosi a malapena di chiudere a chiave. A passi affrettati si dirige verso il palazzo. Apre il portone principale con le chiavi che gli ha dato Luke. In realtà gliele ha estorte, lo zio non era molto d'accordo sul fatto che lui se le portasse dietro, ma l'emergenza imminente alla fine gli aveva fatto cambiare idea. E' necessario avere ogni mezzo a disposizione per convincere Rory a tornare indietro.
Sale le scale, velocemente. Terzo piano, gli ha detto Luke. Gli sembra di impiegarci un eternità prima di raggiungere il pianerottolo. Ma prima che possa pensarci è già alla porta. Bussa senza pensarci due volte.
Rory sussulta di colpo. E' la mattina di un giorno d'estate, la maggior parte della gente è al lavoro o in vacanza, in teoria anche lei dovrebbe essere da una delle due parti, e qualcuno viene a bussare a casa sua. Sarà un vicino di casa. Eppure credeva di essere rientrata senza far rumore. Forse la televisione è troppo alta. Forse è entrata sbattendo la porta, o ha buttato il sacchetto della colazione nell'ingresso...
Scuote la testa. Non ha voglia di aprire. Non ha voglia di vedere nessuno. Vuole soltanto essere lasciata in pace.
Bussano di nuovo.
Non ha nemmeno la forza psicologica necessaria per alzarsi. E non è nelle condizioni migliori per affrontare conversazioni di nessun tipo. Vuole soltanto essere lasciata in pace insieme al suo caffè.
“Rory!”
Si volta di scatto istintivamente. Sente bruciarle gli occhi. Perché è lì? È venuto a cercarla? Beh, ovvio che è venuto a cercarla. Ma qualche ora fa sembrava che di lei non ne volesse più sapere.
“Rory, accidenti, vuoi aprire questa porta?”
Singhiozza, con lo sguardo fisso sulla maniglia. Sa che vorrebbe alzarsi, ma poi pensa che forse è meglio lasciargli credere che non ci sia, per andare avanti per tutto il resto della giornata a pentirsi di ogni sua singola azione, senza trovare la forza di rimediare…
Sente una chiave girare nella toppa, sussulta di nuovo, si alza in piedi di scatto. In pochi secondi di panico Jess ha già aperto la porta e le sta di fronte, fermo sull’ingresso.
Cerca di trovare qualcosa da dire, ma la sorpresa la ammutolisce per diversi secondi.
“Chi ti ha dato le chiavi?”
Lo guarda mentre le si avvicina, è ancora bello come quando l’ha baciato questa notte. È ancora capace di sconvolgerla anche solo incrociando il suo sguardo.
“Le ho estorte a Luke, anche se non era molto d’accordo.”
“Come facevi a sapere che non ti avrei aperto?”
“Una banalissima intuizione.”
“Certo. Del resto, sei sempre stato intelligente.”
“Dopo che sei scappata via senza una parola non ci voleva molto a prevederlo.”
Rory rimane in silenzio, contrariata. Si sente improvvisamente presa da un blocco. Non vuole spiegare, non vuole fargli pensare che sta male per lui. Può superarlo da sola, come ha fatto anche le altre volte.
“Allora… volevi tornare a casa con un pigiama di riserva?” Rory arrossisce, accorgendosi di essersi dimenticata di quel piccolo dettaglio. Appena era rientrata in casa si era accorta che i vestiti, anche se leggeri, le pesavano addosso. Aveva tirato fuori un paio di pantaloncini corti e un top da notte e se li era infilati in fretta, raccogliendosi i capelli sulla nuca con non molta cura. Effettivamente, in quel momento non deve avere proprio un bell’aspetto.
“Volevo solo avere la televisione tutta per me.” risponde, stringendosi nelle spalle. Meglio mantenere quella conversazione su un tono poco serio.
“Potevi andare da Babette.”
“Volevo evitare che il suo nuovo gatto mi graffiasse come l’ultima volta che sono entrata in casa sua.”
“Potevi portarti dietro una gabbia.”
“E dove la trovavo?”
“Non lo so, i negozi di Taylor vendono qualsiasi cosa…” Sorride mentre lo guarda.
“Ti ricordi ancora tutto così bene di Stars Hollow?”
“Beh, diciamo che è un posto che lascia il segno.”
“Più di New York?”
“Molto più assurdo di New York.”
“E dai, non dirmi che in una metropoli non hai mai visto cose assurde.”
“Mah, forse a Stars Hollow ero attratto dagli gnomi da giardino proprio perché qui non se ne vede nemmeno l’ombra.” Ride inevitabilmente ripensando a quella vecchia storia.
“Babette era sconvolta lo sai?”
“Non avevo idea che si trattasse del suo bene più prezioso.”
“Ha passato l’intera settimana successiva a inveire contro di te.”
“Peccato che non l’abbia mai fatto quando ero nei paraggi, mi sarei potuto fare qualche risata.”
“Non dirmi che vedere Kirk da Luke per tutto il giorno non ti faceva ridere.”
“No, mi lasciava solo più scioccato di quanto già non fossi.”
“Era tanto terribile?”
“Assolutamente, mi sentivo male all’idea di essere capitato in un posto di svitati.”
Sorride, chinando lo sguardo.
“Alle volte non sembravi proprio così triste però.”
“Perché per lo meno c’era qualcuno che sapeva chi è Hemingway.”
“Il fatto che non sia mai riuscita a mandarlo giù non influisce?”
“Conoscerne il nome era già un passo avanti.” Risponde Jess, stringendosi nelle spalle. Mentre su di loro piomba il silenzio, si rende conto di quanto tutta quella situazione sia assurda.
“Hai avuto qualche incubo stanotte?”
“No, non credo di aver dormito molto.”
“Ti sei sentita male?”
“No.”
“Ti sei svegliata e Luke ti aveva preparato una colazione che non ti piace?”
“Jess, si può sapere dove vuoi arrivare?”
“Vorrei arrivare ad avere una motivazione per cui tua madre mi ha inseguito per tutta Stars Hollow per ripropormi la stessa domanda di rito di un po’ di anni fa.”
“Non dirmi che ti ha chiesto che cosa mi avevi fatto.”
“Non te lo dirò, e sorvolerò anche sul suo tono minaccioso e vagamente omicida.”
“Oh mio dio.” Tutto ciò che riesce a fare in quel momento è mettersi le mani nei capelli. Jess la guarda, chiedendosi se sarà necessario un paio di pinze per farle tirar fuori la verità.
“Rory.”
Lei alza la testa, sprofondando nel suo sguardo. Si sente colmare di disperazione. Non sa più cosa fare. Forse non c’è niente da fare. Forse è solo un segno, un segno che non sono destinati ad essere felici insieme. Hanno attraversato un sacco di situazioni terribili. E ora sono lì, ancora legati da qualcosa che rappresenta la loro vita e la loro condanna.
“Io… ti capisco se credi di non sapere più chi sono.”
Jess fa per dire qualcosa, ma poi lei prosegue.
“Ti giuro che alle volte me lo sono chiesta anch’io.”
“È normale, è passato troppo—“
“No, non è questo il punto.”
“E allora qual è? Continui a girarci intorno, Rory.”
“Invece sono perfettamente immobile.”
“Lo sai che cosa intendo.”
“Sì, ma forse è meglio non saperlo.”
“Bene, allora rispediscimi a casa dalla tua mammina inferocita, ma sappi che mi avrai sulla coscienza…”
“Io… mi dispiace, Jess.” La guarda, sembra sul punto di scoppiare in lacrime.
“Cosa?” Lei alza la testa.
“Sei diventato sordo per caso?”
“No, ma tu non concepisci la possibilità che io non riesca a stare dietro ai tuoi discorsi sconnessi.”
“Ti sto solo dicendo che mi dispiace.”
“Per cosa?”
“Per tutto, tutto… dopo che sei andato in California sentivo tanta gente dirmi che per me in fondo era un bene, che sarei stata meglio, che non avrei più rischiato di subire delle influenze negative, e invece mi è soltanto crollato tutto addosso…”
“Capita a tutti.”
“No, tu non capisci. Io… mi sono trasformata in una persona orribile… mi sono comportata in un modo che non avrei mai ritenuto possibile…”
“Senti, non c’è bisogno che tu ti senta in colpa per avermi detto di no.”
“Quella è stata solo una parte… una minima parte… ho ferito tutte le persone a cui tenevo di più… mia madre, tu…”
Gli esce una risata ironica.
“Rory, tu non tenevi più a me, era evidente.”
“Io… io non sapevo quello che facevo in quel momento.”
“Dobbiamo per forza tornare a parlarne?”
“Non ne abbiamo mai parlato, Jess, e forse questo è il problema più grande…”
“Ci sarà un motivo se non ce n’è mai stata l’occasione.”
“Ti sto dicendo che mi dispiace.”
“Ti ho sentito.”
“Ma non mi stai prendendo sul serio.”
“Dopo che sono passati cinque anni?!”
“Perdonami se i miei processi mentali sono così lenti.”
“O se hai avuto l’illuminazione solo ora.”
“Jess, ho passato tre anni a chiedermi perché mi avessi aiutata a tornare a Yale senza portarmi rancore per niente, la mia non è stata un’illuminazione.”
“Non ne usciremo più, lo sai questo, vero?”
“Se tu mi ascoltassi ne saremmo già usciti.”
“Rory, non è così facile, come fai a voler pretendere di risolvere tutto chiedendomi scusa?”
“Certo, hai ragione, meglio starsene in silenzio e fare finta di niente, così poi quando la situazione precipita nessuno ci capisce più niente.”
Si ferma, stringendo i pugni. Sta andando tutto storto. Non c’è un modo per riaggiustare le cose.
“Perché mi hai baciato?”
“Potrei farti la stessa domanda.”
“Il piccolo dettaglio è che hai cominciato tu.”
“L’altro piccolo dettaglio è che tu pretendevi già di sapere perché l’avevo fatto, quindi non capisco proprio per quale motivo me lo stai chiedendo.” La fissa, tentando di frenare l’esasperazione. Era comunque illusorio sperare di poter risolvere tutto senza un litigio.
“Ho solo fatto delle supposizioni.”
“Che hai clamorosamente sbagliato, complimenti.”
“Bene, allora spiegami in che cosa consisteva il mio errore.”
Rory rimane in silenzio per qualche secondo, ad osservarlo. Lo sa il perché l’ha fatto. E sa anche perché continua ad avere quel terribile blocco ogni volta che si tratta di spiegarglielo.
“Io l’ho fatto… perché volevo farlo.” Jess le lancia un’occhiata scettica.
“Davvero chiara come risposta.”
“Sei tu che mi hai accusato di averlo fatto in un momento di mancanza di lucidità mentale.”
“Va bene, allora cerchiamo di fare un passo per volta… perché volevi farlo?”
“Accidenti, Jess, devo proprio spiegarti tutto?”
“Sei tu che sostieni la necessità di chiarirci… bene, non vedo spunto migliore per cominciare.”
Il silenzio la assale di nuovo. Accidenti, deve farcela. Non può essere così difficile.
“Perché volevo farlo.”
“Almeno hai capito.”
“Certo che ho capito, lasciami spiegare.”
“Non aspetto altro.”
“Bene.”
Forse è sufficiente non guardarlo negli occhi.
Forse farà meno male.
O sarà meno difficile.
“Io… io non ce l’ho con te… e nemmeno mi sono lasciata prendere da qualche istinto primordiale… e non volevo semplicemente farlo perché siamo stati insieme e ne sentivo il diritto…”
“Fantastico, abbiamo già escluso diverse opzioni.”
“Jess, smettila.”
“Perché?”
“Perché mi dai sui nervi.”
“E allora non lasciarmi parlare.”
“Va bene, come vuoi! L’ho fatto perché rivedendoti mi sono resa conto che tu per me sei stato importante, e lo sei ancora, perché non so cosa mi è preso ma a Philadelphia ho fatto di tutto per poterti rivedere e non l’ho fatto solo perché volevo essere educata e dirti grazie, c’è stato qualcosa che mi ha spinto, qualcosa che mi ha fatto esplodere mentre eri al telefono con un’altra, e ti giuro che se mi fosse stata davanti avrei voluto tirarle un pugno…”
“Vedi, sei diventata violenta in questi anni.”
Gli getta un’occhiata fulminante, e si accorge che più si arrabbia più il sorriso sul volto di Jess si allarga. Sembra che si diverta proprio a farla uscire fuori dai gangheri.
“Ti giuro che lo volevo. E non credo ci sia una spiegazione razionale. Mia madre mi ha messo paura. Mi ha detto che o ero gelosa, e quindi provavo ancora qualcosa per te, oppure ero una di quelle persone orribili che pretendono di avanzare pretese possessive sulle persone a cui sono legate…”
Jess si sente invadere dalla tenerezza. Il fatto che si sia posta dei dubbi sul perché abbia fatto quella scenata e sulle motivazioni che possano averla spinta, dimostra che è davvero pentita per come si è comportata in passato, e che forse l’essere andato da lei tre anni fa l’ha fatta tornare ad essere sé stessa in qualche modo.
“Però poi quando sei arrivato non provavo gelosia. Ero soltanto… non lo so. Disperata forse. Avrei voluto che tra noi le cose non stessero così.”
Jess sospira, annuendo leggermente. Capisce perché Rory sta facendo tutta quella fatica. Lo capisce e lo condivide, e gli sembra sempre più incredibile che la prima opzione proposta da Lorelai possa davvero essere quella reale, ma il dubbio ormai sta per provocare il crollo di tutte le sue sicurezze.
Forse, rivedendola è tornato a non essere più un semplice fantasma del passato. Forse, può essere che davvero quello che l’ha spinta sia qualcosa di vivo e reale, e non un semplice sentimento nostalgico…
“Mi manchi, Jess.”
Le parole le escono con difficoltà, mentre il groppo alla gola si fa più acuto, e quasi impossibile da trattenere, nonostante stia lottando con tutte le sue forze per mantenere il controllo.
“E credimi se ti dico che mi dispiace.”
La voce le si incrina. Si porta una mano alla bocca, e sente che le gambe stanno per cederle. Ormai non ha più dubbi. Ci è riuscito davvero. L’ha fatta innamorare di nuovo, le ha fatto vivere degli attimi che non si alimentano solo dei bei ricordi, ma di tensioni e di emozioni che ha provato per qualcosa che le sta accadendo in questi momenti.
“Ok, ti credo.”
Non riesce a dire altro. Rory fa un passo verso di lui. È disperata, non lo guarda negli occhi. Cerca solo il contatto con il suo corpo, gli appoggia la testa sulla spalla, si rannicchia sul suo petto, stringe la sua maglietta, e lui la cinge con le braccia, inebriato dal calore del suo corpo.
La stringe forte. Può soltanto stringerla forte in quel momento. Rivuole soltanto la sua Rory, e tutta la paura che ha provato durante la notte si perde in qualcosa che ogni volta che lei gli sta vicino riesce sempre a sommergerlo senza controllo.
E lei vuole soltanto che la tenga stretta a sé. Vuole poter credere che non è tutto perduto in quel momento.

 

 

nota: la citazione del titolo viene da "Hallelujah" di Jeff Buckley.

   
 
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