Non si è soffermato neanche per un secondo a riflettere
sull’effetto che gli fa tornare a New York dopo tanto tempo. In circostanze
normali, sarebbe stato assalito da una serie di ricordi confusi, che lo
avrebbero portato inconsciamente a comparare la sua vita di un tempo con quella
di adesso. Ma non c’è tempo per tutto questo, e lui sta soltanto guidando con
agitazione svoltando a ogni incrocio nella direzione che gli permetterà di
arrivare alla sua meta. Luke gli ha dato l’indirizzo, dopodiché non ha perso un
solo secondo. E' soltanto salito in macchina e ha guidato senza fermarsi fino a
New York, su una strada che aveva già fatto tante volte in passato. L'impulso di
andare da lei lo spinge ancora una volta a fare cose che non ha mai fatto per
nessun altro. Non si è mai sprecato ad inseguire la gente. Tantomeno le ragazze.
Non ne aveva mai bisogno. Eppure, quando si tratta di lei sembra sempre che ogni
sua regola di vita venga rapidamente infranta senza problemi.
Non ha ancora
idea di come poter rimettere le cose a posto, e ha volutamente evitato di
pensarci per tutto il viaggio. Ha soltanto cercato di tenere impegnato il
cervello cambiando stazione radio ogni secondo, tenendo gli occhi incollati
sulla strada consumata dalle ruote della macchina. Il salto da un canale
radiofonico all'altro nel disperato tentativo di trovare qualche cosa di suo
gradimento ha seriamente compromesso i suoi nervi, ma quando ha iniziato a
intravedere i grattacieli di New York l'ansia ha iniziato a trasformarsi in
determinazione, e finalmente ora è riuscito a trovare l'indirizzo. Spera
seriamente che Rory sia lì, altrimenti sarà meglio prepararsi psicologicamente
all'idea di dover setacciare l'intera metropoli.
Vuole solo trovarla, deve
assicurarsi che stia bene. Non si aspettava che scappasse. Ma ieri sera le
circostanze gli hanno impedito di chiarirsi per l'ennesima dannatissima volta, e
le successive ore di insonnia sono state solo un arco di tempo in più per
sprofondare di nuovo dentro il baratro delle incomprensioni mai chiarite.
La
situazione ormai rischia di precipitare. E' soltanto l'accumulo di una serie di
cose di cui non hanno mai parlato, sulle quali hanno soltanto tratto conclusioni
separatamente l'uno dall'altra. Non c'è mai stata l'occasione di un confronto, e
lui sa, dentro di sé, di averne sempre avuto paura. Forse tutte le fughe, tutti
i silenzi, tutte le rassegnazioni erano per quello. Forse è soltanto troppo
tardi.
Scende dalla macchina appena ha trovato parcheggio, ricordandosi a
malapena di chiudere a chiave. A passi affrettati si dirige verso il palazzo.
Apre il portone principale con le chiavi che gli ha dato Luke. In realtà gliele
ha estorte, lo zio non era molto d'accordo sul fatto che lui se le portasse
dietro, ma l'emergenza imminente alla fine gli aveva fatto cambiare idea. E'
necessario avere ogni mezzo a disposizione per convincere Rory a tornare
indietro.
Sale le scale, velocemente. Terzo piano, gli ha detto Luke. Gli
sembra di impiegarci un eternità prima di raggiungere il pianerottolo. Ma prima
che possa pensarci è già alla porta. Bussa senza pensarci due volte.
Rory
sussulta di colpo. E' la mattina di un giorno d'estate, la maggior parte della
gente è al lavoro o in vacanza, in teoria anche lei dovrebbe essere da una delle
due parti, e qualcuno viene a bussare a casa sua. Sarà un vicino di casa. Eppure
credeva di essere rientrata senza far rumore. Forse la televisione è troppo
alta. Forse è entrata sbattendo la porta, o ha buttato il sacchetto della
colazione nell'ingresso...
Scuote la testa. Non ha voglia di aprire. Non ha
voglia di vedere nessuno. Vuole soltanto essere lasciata in pace.
Bussano di
nuovo.
Non ha nemmeno la forza psicologica necessaria per alzarsi. E non è
nelle condizioni migliori per affrontare conversazioni di nessun tipo. Vuole
soltanto essere lasciata in pace insieme al suo caffè.
“Rory!”
Si volta di
scatto istintivamente. Sente bruciarle gli occhi. Perché è lì? È venuto a
cercarla? Beh, ovvio che è venuto a cercarla. Ma qualche ora fa sembrava che di
lei non ne volesse più sapere.
“Rory, accidenti, vuoi aprire questa
porta?”
Singhiozza, con lo sguardo fisso sulla maniglia. Sa che vorrebbe
alzarsi, ma poi pensa che forse è meglio lasciargli credere che non ci sia, per
andare avanti per tutto il resto della giornata a pentirsi di ogni sua singola
azione, senza trovare la forza di rimediare…
Sente una chiave girare nella
toppa, sussulta di nuovo, si alza in piedi di scatto. In pochi secondi di panico
Jess ha già aperto la porta e le sta di fronte, fermo sull’ingresso.
Cerca di
trovare qualcosa da dire, ma la sorpresa la ammutolisce per diversi
secondi.
“Chi ti ha dato le chiavi?”
Lo guarda mentre le si avvicina, è
ancora bello come quando l’ha baciato questa notte. È ancora capace di
sconvolgerla anche solo incrociando il suo sguardo.
“Le ho estorte a Luke,
anche se non era molto d’accordo.”
“Come facevi a sapere che non ti avrei
aperto?”
“Una banalissima intuizione.”
“Certo. Del resto, sei sempre stato
intelligente.”
“Dopo che sei scappata via senza una parola non ci voleva
molto a prevederlo.”
Rory rimane in silenzio, contrariata. Si sente
improvvisamente presa da un blocco. Non vuole spiegare, non vuole fargli pensare
che sta male per lui. Può superarlo da sola, come ha fatto anche le altre
volte.
“Allora… volevi tornare a casa con un pigiama di riserva?” Rory
arrossisce, accorgendosi di essersi dimenticata di quel piccolo dettaglio.
Appena era rientrata in casa si era accorta che i vestiti, anche se leggeri, le
pesavano addosso. Aveva tirato fuori un paio di pantaloncini corti e un top da
notte e se li era infilati in fretta, raccogliendosi i capelli sulla nuca con
non molta cura. Effettivamente, in quel momento non deve avere proprio un
bell’aspetto.
“Volevo solo avere la televisione tutta per me.” risponde,
stringendosi nelle spalle. Meglio mantenere quella conversazione su un tono poco
serio.
“Potevi andare da Babette.”
“Volevo evitare che il suo nuovo gatto
mi graffiasse come l’ultima volta che sono entrata in casa sua.”
“Potevi
portarti dietro una gabbia.”
“E dove la trovavo?”
“Non lo so, i negozi di
Taylor vendono qualsiasi cosa…” Sorride mentre lo guarda.
“Ti ricordi ancora
tutto così bene di Stars Hollow?”
“Beh, diciamo che è un posto che lascia il
segno.”
“Più di New York?”
“Molto più assurdo di New York.”
“E dai, non
dirmi che in una metropoli non hai mai visto cose assurde.”
“Mah, forse a
Stars Hollow ero attratto dagli gnomi da giardino proprio perché qui non se ne
vede nemmeno l’ombra.” Ride inevitabilmente ripensando a quella vecchia
storia.
“Babette era sconvolta lo sai?”
“Non avevo idea che si trattasse
del suo bene più prezioso.”
“Ha passato l’intera settimana successiva a
inveire contro di te.”
“Peccato che non l’abbia mai fatto quando ero nei
paraggi, mi sarei potuto fare qualche risata.”
“Non dirmi che vedere Kirk da
Luke per tutto il giorno non ti faceva ridere.”
“No, mi lasciava solo più
scioccato di quanto già non fossi.”
“Era tanto terribile?”
“Assolutamente,
mi sentivo male all’idea di essere capitato in un posto di svitati.”
Sorride,
chinando lo sguardo.
“Alle volte non sembravi proprio così triste
però.”
“Perché per lo meno c’era qualcuno che sapeva chi è Hemingway.”
“Il
fatto che non sia mai riuscita a mandarlo giù non influisce?”
“Conoscerne il
nome era già un passo avanti.” Risponde Jess, stringendosi nelle spalle. Mentre
su di loro piomba il silenzio, si rende conto di quanto tutta quella situazione
sia assurda.
“Hai avuto qualche incubo stanotte?”
“No, non credo di aver
dormito molto.”
“Ti sei sentita male?”
“No.”
“Ti sei svegliata e Luke
ti aveva preparato una colazione che non ti piace?”
“Jess, si può sapere dove
vuoi arrivare?”
“Vorrei arrivare ad avere una motivazione per cui tua madre
mi ha inseguito per tutta Stars Hollow per ripropormi la stessa domanda di rito
di un po’ di anni fa.”
“Non dirmi che ti ha chiesto che cosa mi avevi
fatto.”
“Non te lo dirò, e sorvolerò anche sul suo tono minaccioso e
vagamente omicida.”
“Oh mio dio.” Tutto ciò che riesce a fare in quel momento
è mettersi le mani nei capelli. Jess la guarda, chiedendosi se sarà necessario
un paio di pinze per farle tirar fuori la verità.
“Rory.”
Lei alza la
testa, sprofondando nel suo sguardo. Si sente colmare di disperazione. Non sa
più cosa fare. Forse non c’è niente da fare. Forse è solo un segno, un segno che
non sono destinati ad essere felici insieme. Hanno attraversato un sacco di
situazioni terribili. E ora sono lì, ancora legati da qualcosa che rappresenta
la loro vita e la loro condanna.
“Io… ti capisco se credi di non sapere più
chi sono.”
Jess fa per dire qualcosa, ma poi lei prosegue.
“Ti giuro che
alle volte me lo sono chiesta anch’io.”
“È normale, è passato
troppo—“
“No, non è questo il punto.”
“E allora qual è? Continui a girarci
intorno, Rory.”
“Invece sono perfettamente immobile.”
“Lo sai che cosa
intendo.”
“Sì, ma forse è meglio non saperlo.”
“Bene, allora rispediscimi
a casa dalla tua mammina inferocita, ma sappi che mi avrai sulla
coscienza…”
“Io… mi dispiace, Jess.” La guarda, sembra sul punto di scoppiare
in lacrime.
“Cosa?” Lei alza la testa.
“Sei diventato sordo per
caso?”
“No, ma tu non concepisci la possibilità che io non riesca a stare
dietro ai tuoi discorsi sconnessi.”
“Ti sto solo dicendo che mi
dispiace.”
“Per cosa?”
“Per tutto, tutto… dopo che sei andato in
California sentivo tanta gente dirmi che per me in fondo era un bene, che sarei
stata meglio, che non avrei più rischiato di subire delle influenze negative, e
invece mi è soltanto crollato tutto addosso…”
“Capita a tutti.”
“No, tu
non capisci. Io… mi sono trasformata in una persona orribile… mi sono comportata
in un modo che non avrei mai ritenuto possibile…”
“Senti, non c’è bisogno che
tu ti senta in colpa per avermi detto di no.”
“Quella è stata solo una parte…
una minima parte… ho ferito tutte le persone a cui tenevo di più… mia madre,
tu…”
Gli esce una risata ironica.
“Rory, tu non tenevi più a me, era
evidente.”
“Io… io non sapevo quello che facevo in quel
momento.”
“Dobbiamo per forza tornare a parlarne?”
“Non ne abbiamo mai
parlato, Jess, e forse questo è il problema più grande…”
“Ci sarà un motivo
se non ce n’è mai stata l’occasione.”
“Ti sto dicendo che mi
dispiace.”
“Ti ho sentito.”
“Ma non mi stai prendendo sul serio.”
“Dopo
che sono passati cinque anni?!”
“Perdonami se i miei processi mentali sono
così lenti.”
“O se hai avuto l’illuminazione solo ora.”
“Jess, ho passato
tre anni a chiedermi perché mi avessi aiutata a tornare a Yale senza
portarmi rancore per niente, la mia non è stata un’illuminazione.”
“Non ne
usciremo più, lo sai questo, vero?”
“Se tu mi ascoltassi ne saremmo già
usciti.”
“Rory, non è così facile, come fai a voler pretendere di risolvere
tutto chiedendomi scusa?”
“Certo, hai ragione, meglio starsene in silenzio e
fare finta di niente, così poi quando la situazione precipita nessuno ci capisce
più niente.”
Si ferma, stringendo i pugni. Sta andando tutto storto. Non c’è
un modo per riaggiustare le cose.
“Perché mi hai baciato?”
“Potrei farti
la stessa domanda.”
“Il piccolo dettaglio è che hai cominciato
tu.”
“L’altro piccolo dettaglio è che tu pretendevi già di sapere perché
l’avevo fatto, quindi non capisco proprio per quale motivo me lo stai
chiedendo.” La fissa, tentando di frenare l’esasperazione. Era comunque
illusorio sperare di poter risolvere tutto senza un litigio.
“Ho solo fatto
delle supposizioni.”
“Che hai clamorosamente sbagliato,
complimenti.”
“Bene, allora spiegami in che cosa consisteva il mio
errore.”
Rory rimane in silenzio per qualche secondo, ad osservarlo. Lo sa il
perché l’ha fatto. E sa anche perché continua ad avere quel terribile blocco
ogni volta che si tratta di spiegarglielo.
“Io l’ho fatto… perché volevo
farlo.” Jess le lancia un’occhiata scettica.
“Davvero chiara come
risposta.”
“Sei tu che mi hai accusato di averlo fatto in un momento di
mancanza di lucidità mentale.”
“Va bene, allora cerchiamo di fare un passo
per volta… perché volevi farlo?”
“Accidenti, Jess, devo proprio spiegarti
tutto?”
“Sei tu che sostieni la necessità di chiarirci… bene, non vedo spunto
migliore per cominciare.”
Il silenzio la assale di nuovo. Accidenti, deve
farcela. Non può essere così difficile.
“Perché volevo farlo.”
“Almeno hai
capito.”
“Certo che ho capito, lasciami spiegare.”
“Non aspetto
altro.”
“Bene.”
Forse è sufficiente non guardarlo negli occhi.
Forse
farà meno male.
O sarà meno difficile.
“Io… io non ce l’ho con te… e
nemmeno mi sono lasciata prendere da qualche istinto primordiale… e non volevo
semplicemente farlo perché siamo stati insieme e ne sentivo il
diritto…”
“Fantastico, abbiamo già escluso diverse opzioni.”
“Jess,
smettila.”
“Perché?”
“Perché mi dai sui nervi.”
“E allora non lasciarmi
parlare.”
“Va bene, come vuoi! L’ho fatto perché rivedendoti mi sono resa
conto che tu per me sei stato importante, e lo sei ancora, perché non so cosa mi
è preso ma a Philadelphia ho fatto di tutto per poterti rivedere e non l’ho
fatto solo perché volevo essere educata e dirti grazie, c’è stato qualcosa che
mi ha spinto, qualcosa che mi ha fatto esplodere mentre eri al telefono con
un’altra, e ti giuro che se mi fosse stata davanti avrei voluto tirarle un
pugno…”
“Vedi, sei diventata violenta in questi anni.”
Gli getta
un’occhiata fulminante, e si accorge che più si arrabbia più il sorriso sul
volto di Jess si allarga. Sembra che si diverta proprio a farla uscire fuori dai
gangheri.
“Ti giuro che lo volevo. E non credo ci sia una spiegazione
razionale. Mia madre mi ha messo paura. Mi ha detto che o ero gelosa, e quindi
provavo ancora qualcosa per te, oppure ero una di quelle persone orribili che
pretendono di avanzare pretese possessive sulle persone a cui sono
legate…”
Jess si sente invadere dalla tenerezza. Il fatto che si sia posta
dei dubbi sul perché abbia fatto quella scenata e sulle motivazioni che possano
averla spinta, dimostra che è davvero pentita per come si è comportata in
passato, e che forse l’essere andato da lei tre anni fa l’ha fatta tornare ad
essere sé stessa in qualche modo.
“Però poi quando sei arrivato non provavo
gelosia. Ero soltanto… non lo so. Disperata forse. Avrei voluto che tra noi le
cose non stessero così.”
Jess sospira, annuendo leggermente. Capisce perché
Rory sta facendo tutta quella fatica. Lo capisce e lo condivide, e gli sembra
sempre più incredibile che la prima opzione proposta da Lorelai possa davvero
essere quella reale, ma il dubbio ormai sta per provocare il crollo di tutte le
sue sicurezze.
Forse, rivedendola è tornato a non essere più un semplice
fantasma del passato. Forse, può essere che davvero quello che l’ha spinta sia
qualcosa di vivo e reale, e non un semplice sentimento nostalgico…
“Mi
manchi, Jess.”
Le parole le escono con difficoltà, mentre il groppo alla gola
si fa più acuto, e quasi impossibile da trattenere, nonostante stia lottando con
tutte le sue forze per mantenere il controllo.
“E credimi se ti dico che mi
dispiace.”
La voce le si incrina. Si porta una mano alla bocca, e sente che
le gambe stanno per cederle. Ormai non ha più dubbi. Ci è riuscito davvero. L’ha
fatta innamorare di nuovo, le ha fatto vivere degli attimi che non si alimentano
solo dei bei ricordi, ma di tensioni e di emozioni che ha provato per qualcosa
che le sta accadendo in questi momenti.
“Ok, ti credo.”
Non riesce a dire
altro. Rory fa un passo verso di lui. È disperata, non lo guarda negli occhi.
Cerca solo il contatto con il suo corpo, gli appoggia la testa sulla spalla, si
rannicchia sul suo petto, stringe la sua maglietta, e lui la cinge con le
braccia, inebriato dal calore del suo corpo.
La stringe forte. Può soltanto
stringerla forte in quel momento. Rivuole soltanto la sua Rory, e tutta la paura
che ha provato durante la notte si perde in qualcosa che ogni volta che lei gli
sta vicino riesce sempre a sommergerlo senza controllo.
E lei vuole soltanto
che la tenga stretta a sé. Vuole poter credere che non è tutto perduto in quel
momento.
nota: la citazione del titolo viene da "Hallelujah" di Jeff Buckley.