Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: moriartea    15/06/2012    3 recensioni
Ero in ospedale, e stavo per diventare padre.
Ma non avrei permesso che quel bambino crescesse senza conoscere i suoi genitori, o almeno uno di essi. L'avrei tenuto, gli avrei insegnato tutto quello che aveva bisogno di imparare e mi sarei preso cura di lui, come solo un padre può fare.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buonasera a tutte c:
Normalmente non metto mai lo space all'inizio ma non mi piace alla fine di questa os, rovina la...ehm...'atmosfera'.
Questa os è ispirata completamente al video musicale di una canzone.
Questa canzone ha salvato moltissime ragazze dal suicidio.
Molte persone devono molto a questa canzone ed io sono una di esse.
Non che abbia mai pensato al suicidio, per carità, ma mi ha aiutata ad andare avanti, a passare oltre.
Perciò, ho scritto una os ispirata a lei.
Questa canzone è Lullaby dei Nickelback (se cliccate sul nome vi si aprirà il video ufficiale, dal quale ho preso ispirazione.)
e se non conoscete questa canzone vi consiglio assolutamente di ascoltarla e di leggere il testo o comunque la traduzione, perché io lo trovo meraviglioso.
E niente,
ringrazio in anticipo chi recensirà
e spero che la storia vi piaccia,
anche se ammetto che è stato strano scrivere di Liam pensandolo come un padre. Ma del resto prima o poi lo sarà anche lui, no?
Un ultima cosa: la storia e scritta tutta dal punto di vista di Liam.
Ho finito, buona lettura! c:





 

 

Aspettavo quel momento da nove interi mesi, ma non mi sentivo più così tanto sicuro.
Ero in ospedale, e stavo per diventare padre. Stavano portando la mia fidanzata Chloe -che da lì a poco sarebbe diventata mia moglie- in sala parto e io correvo, correvo senza mai lasciarle la mano. Era lì, stesa sul lettino, mi stringeva sempre di più a sé, un po' per il dolore e un po' per l'insicurezza che stava assalendo anche lei in quel momento. Mi chinai su di lei e le baciai la fronte per rassicurarla, nonostante anch'io avessi paura di quello che sarebbe potuto succedere. Un'infermiera mi bloccò quando la portarono in stanza e mi fece indossare un camice di un colore smorto, che non fece altro che far salire ancora di più l'ansia in me. Entrai e mi avvicinai subito a Chloe e mi agganciai di nuovo alla sua mano, continuando a dirle che sarebbe andato tutto bene e che doveva stare tranquilla. Respirava affannosamente e a volte urlava per il dolore. La sentii urlare più forte e mi voltai verso l'ostetrica che sollevò un bambino, il mio bambino.
Ero diventato padre.
Era piccolo, con la pelle bagnata e un po' rugosa, era la cosa più bella che avessi mai visto.
Volsi lo sguardo a Chloe, che mi guardava con sguardo vuoto, il respiro ancora pesante. Sentii la presa sulla mia mano farsi sempre più leggera fino a quando non la lasciò. Istintivamente guardai quel grosso affare che controllava i battiti del suo cuore, emetteva un 'bip' prolungato e segnava uno 0 in basso a destra. Non ebbi nemmeno il tempo di fare qualsiasi cosa che mi mandarono fuori dalla stanza e mi fecero sedere lì, ad aspettare chissà cosa.
Dopo un tempo che non riuscii a calcolare vidi un medico uscire dalla stanza e scattai in piedi posizionandomi di fronte a lui. Fece per dire qualcosa ma alla fine riuscì solo a scuotere la testa. Io non capivo, o forse non volevo capire. “Ci dispiace, signor Payne.” crollai. Mi buttai a peso morto sulla sedia dietro di me con la testa tra le mani, avevo solo voglia di piangere.
Ero ancora lì fuori quando un'infermiera mi raggiunse e mi diede in braccio mio figlio. Come avrei fatto ora? Presi il bambino e tutte le mie cose e mi diressi all'uscita, senza sapere bene cosa fare. Notai un volantino appoggiato su un tavolo, si riusciva a leggere in grande la scritta 'adozione'. Lo presi e misi in tasca avviandomi verso casa.

 

Una volta arrivato in quella che ormai non mi sembrava nemmeno più la mia casa, appoggiai la culla con dentro il bambino a terra e mi sedetti lì, accanto a lui. Tirai fuori quel volantino e lo lessi e rilessi forse per ore. Era davvero la soluzione giusta? L'unica cosa da fare? Aspettai che il bambino si addormentasse e andai nella mia stanza, presi una foto di Chloe e la osservai a lungo. Lei non c'era più. Non sapevo come comportarmi, non sapevo cosa fare, ero andato nel panico. I miei pensieri vennero interrotti dal pianto del bambino, così corsi da lui tentando di farlo calmare e una volta che ci riuscii andai a dormire, dato che ormai era notte fonda.
Sentii di nuovo piangere, accesi la lampada sul mio comodino e lanciai un'occhiata veloce alla sveglia: segnava le 4.00 in punto. Mi alzai e mi diressi in camera del bambino passandomi più volte la mano sul viso. Era stata lei a scegliere quella stanza, lei aveva deciso che sarebbe stata la stanza di nostro figlio. Andai in cucina e scaldai un po' del latte che avevo comprato apposta per lui, e, sempre tenendolo in braccio, lo feci mangiare ed aspettai fino a quando non si riaddormentò, e ripetei l'operazione almeno quattro o cinque volte quella notte.

 

Mi stavo preparando la colazione quando sentii piangere per l'ennesima volta. Imprecai mentalmente e corsi dal bambino, per cambiargli il pannolino. Nel cambiarlo, mi cadde dalla tasca il cellulare e partì un video. Chloe era seduta su una sedia a dondolo e si accarezzava amorevolmente la pancia, sorridendo e parlando al bambino che c'era in essa, come se lui potesse sentirla. Non so perché lo feci, ma presi il cellulare e lo voltai verso di lui, mostrandogli il video. Il bambino guardava il piccolo schermo con sguardo quasi malinconico.
Misi via tutto e mi sedetti a terra prendendo il bambino in braccio e lo osservai a lungo. Era bello, era la cosa più bella che avessi mai visto. Mi guardava, mi fissava con quegli occhi che esprimevano voglia di imparare, di imparare a parlare e a capire quello che dicevo, anche se sembrava che lo capisse già. Anzi, ne ero sicuro. Sembrava quasi volesse sorridermi.
Mi accorsi che a terra, accanto a me, c'era quel volantino che avevo preso in ospedale. Lo guardai attentamente un'ultima volta e sospirai, stropicciandolo e lanciandolo dall'altra parte della stanza per poi tornare a guardare quel bambino. Quel bambino era mio figlio. E no, non avrei permesso che crescesse senza conoscere i suoi genitori, o almeno uno di essi. L'avrei tenuto, gli avrei insegnato tutto quello che aveva bisogno di imparare e mi sarei preso cura di lui, come solo un padre può fare.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: moriartea