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Autore: Alaire94    16/06/2012    3 recensioni
1346.
Una giovane monaca costretta dai genitori a prendere i voti.
2012.
Una restauratrice appassionata del suo lavoro.
Due epoche. Due donne legate dalla stessa malinconia e dal ciliegio in fiore di un monastero.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV

Aprii gli occhi di colpo e con sollievo mi accorsi di ritrovarmi sotto il ciliegio. Una bizzarra quiete mi inondò l'animo e con la mente ripercorsi ciò che avevo vissuto nel luogo fuori dal tempo. Vidi tutto con più chiarezza, come se fino a quel momento fossi stata immersa con la mente nell'acqua, come se improvvisamente la luce avesse rischiarato la verità.

Caterina aveva ragione: forse stavo cercando una felicità ideale che non sarebbe mai arrivata. Tentavo in tutti i modi di acchiappare una farfalla che avrebbe continuato a sfuggirmi dalle dita, per sempre.

Dovevo arrestarmi, guardare il prato attorno a me per scoprire tanti fiori colorati che nella loro piccolezza avrebbero potuto rendermi più felice della farfalla. La felicità, in fondo, sta nelle piccole cose, senza dover cercare lontano: qualche minuto sotto un antico e magico ciliegio, l'arrivo della primavera, la soddisfazione della fine di un progetto, una parola dolce.

E, forse, valeva la pena resistere a qualche piccola sofferenza per qualcosa di più bello e importante , qualcosa che poteva farmi felice.

Ero stata fin troppo dura con Leonardo: lui mi amava come io amavo lui, perché rovinare tutto? Le cose rotte si possono aggiustare, non è necessario gettarle per un difetto.

Mi alzai in piedi e, dopo aver chiesto con una scusa un permesso, me ne andai dall'abbazia per conquistare il più in fretta possibile la fiducia di colui che in fondo avevo desiderato fino a quel momento.

 

 

Finalmente mi accorsi di essere felice. Avrei dovuto capire immediatamente che avevo bisogno di lui, che la mia vita senza era estremamente vuota. Mi sentivo completa e soddisfatta più che mai: cosa potevo avere di meglio? Avevo un uomo che mi amava, il mio lavoro era anche la mia passione. Pochi potevano vantare di avere anche solo una di queste cose.

Fino a quel momento ero stata cieca e dovevo ringraziare soltanto una persona per avermi aperto gli occhi: Caterina Bombonati.

L'unica cosa che potevo fare era cercarla, scoprire se era esistita o se non era stata altro che frutto della mia immaginazione.

Dopo aver ottenuto i permessi necessari, mi ritrovai immersa nei polverosi archivi dell'abbazia di Sant'Antonio in Polesine, alla ricerca di documenti riguardanti l'anno 1346.

Non fu facile scoprire qualcosa: molte carte erano scomparse, probabilmente spostate in altre sedi, o altre erano talmente antiche da risultare illeggibili.

Dovetti trascorrere molto tempo oltre l'orario di lavoro, tanto che cominciai davvero ad innamorarmi di quell'edificio, degli antichi muri e soprattutto del ciliegio, l'unico elemento che mi legava a lei, Caterina. Mi fermai spesso sotto le fronde ad analizzare le carte e, sebbene lo sperassi, non accadde più nulla di simile a quel giorno.

Quella magia era stata qualcosa di unico, qualcosa che non poteva dipendere dalla mia volontà e che probabilmente era al di là della comprensione umana.

Non potevo fare nulla, se non sperare e godere della fortuna che mi era stata riservata.

Man mano che il tempo passava, Leonardo cominciava ad innervosirsi per la mia assenza da casa. Allora gli spiegai che per me era qualcosa di importante e, così come ero riuscita a perdonare le sue dimenticanze, lui comprese le mie ragioni.

Fino a quel momento non avevo scoperto molto di Caterina, se non che lei era esistita. Il suo nome era comparso in un documento risalente al venti dicembre 1345 in cui si attestava che Caterina era entrata in convento. Da quel momento, però, non appariva più in nessun elenco. Era semplicemente scomparsa; cosa le fosse accaduto non mi era dato sapere.

Tutte le risposte mi giunsero per caso in un giorno qualsiasi, mentre mi apprestavo a trascorrere la pausa pranzo sotto il ciliegio.

Uno dei dipendenti aveva portato il proprio cagnolino, un cucciolo di labrador, in quanto gli dispiaceva lasciarlo a casa. Non è abituato aveva detto, e così lo aveva lasciato correre nel chiostro.

Era giunto da me, annusandomi interessato e pretendendo qualche coccola. Io le concessi volentieri, ma Spike - così si chiamava - era subito stato attratto da altro, aveva cominciato a scavare ai piedi dell'albero.

Guardai incuriosita cosa stava facendo finché non vidi un piccolo cofanetto.

Spike si innervosì: non riusciva a scavare ancora, le sue zampe si erano fermate sul curioso oggetto.

Dopo aver spostato l'attenzione del cucciolo su un bastone che lanciai lontano, estrassi il cofanetto e lo aprii con entusiasmo.

Vi trovai semplicemente una lettera, sulla cui busta fui più che stupita di trovare il mio nome.

Con mani tremanti spiegai il foglio e lessi avidamente.

 

Ferrara, 24 marzo 1346

 

Cara Jessica,

Non so se leggerete mai questa lettera, ma se succederà, io sarò già passata a miglior vita da ben sette secoli, senza avere nessuna possibilità di rincontrarvi.

Vi scrivo, quindi, per ringraziarvi. Sono al corrente che potrebbe risultare bizzarro, in quanto durante il nostro incontro vi è stata una conversazione tutt'altro che amichevole, anzi, forse le mie parole sono state indelicate e per questo mi scuso nel caso vi avessero recato offesa.

Dalla mia parte, invece, vi ringrazio per la vostra schiettezza, per il modo diretto con cui mi avete posto davanti agli occhi la mia stessa vita.

Negli anni a venire non smetterò mai di esservi grata, in quanto avete volto in meglio la mia esistenza.

Mi addolora ammetterlo, ma non c'era nulla di più vero delle vostre affermazioni: ero confinata dentro quattro mura, i miei occhi non avevano mai sfiorato qualcosa che non fossero i palazzi del vicinato o i campi attorno al convento. Il mondo è grande e per quale motivo Nostro Signore l'avrebbe creato se a qualcuno non è permesso osservarlo?

Ho sempre pensato che lo scopo di qualsiasi giovane donna fosse compiacere i propri genitori, avere una buona sistemazione; era quello che si conveniva a una signorina del mio rango.

Ho cercato di convincermi che fosse anche il mio desiderio, ma non era così. Il mio animo è fatto per volare lontano, non per vivere in gabbia.

Così ho deciso di fuggire. Non avrò più dei buoni pasti, né un letto comodo; dovrò lavorare e forse sarà un inferno, ma finalmente vivrò davvero. Finalmente non sarò ciò che altri vogliono che sia, ma sarò io stessa a costruire il mio destino. Per una volta seguirò il mio cuore.

E se morirò domani, fra un mese o oggi stesso, almeno morirò da donna libera.

Per questo voi rimarrete sempre nei miei ricordi come colei che mi ha guidata verso la via della libertà.

Augurandovi la più grande felicità, vi porgo i miei saluti.

 

Caterina Bombonati

 

Quando lessi l'ultima parola le lacrime mi solcavano le guance, sciogliendo il trucco sugli occhi.

Non ero mai stata così felice: ero sollevata più che mai nel sapere che anche lei aveva trovato la felicità e mi sentivo orgogliosa di aver migliorato la vita di qualcuno, anche se vissuto secoli prima.

Anche Caterina sarebbe rimasta per sempre nei miei ricordi: era la donna che mi aveva impedito di compiere un grande errore.

Mi aveva salvata e io avevo salvato lei. Saremmo rimaste legate per sempre e nemmeno il tempo, nel suo lento incedere, avrebbe potuto separare i nostri animi.

 

***

La storia è giunta al termine. Ringrazio di cuore chi ha seguito e recensito finora. Spero davvero di aver suscitato qualche emozione in voi lettori, nel bene e nel male. 

Vi esorto un'ultima volta ad esprimere il vostro parere: consigli, osservazioni sono più che graditi :) 

ciao a tutti!  

   
 
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