Caterina spinse il cancelletto di legno di ciliegio e si guardò intorno incantata.
Il giardino era perfettamente circolare e al centro di esso sorgeva una solida quercia. C'erano vialetti stile inglese e farfalle dappertutto. Aleggiava un forte odore di te, menta e altri aromi che lei non poté riconoscere.
Stava cercando il suo Deidara quando sentì un soffio di vento sfiorarle il collo e una voce suadente dire: “E così, te saresti Caterina...”. Lei si voltò e vide i suoi occhi fissarla curiosi.
Lui fece un salto in aria e atterrò più lontano, cosicché lei potesse vederlo meglio.
Caterina era affascinata: Deidara esibiva un lungo mantello nero e una stretta tutina nera che gli evidenziava un fisico niente male.
L'unica parte che stonava un po' erano le mani, coperte da spessi guanti neri “Sei davvero bella, sai?”; tal complimento, fatto da una persona orgogliosa come Deidara, si può considerare oro colato.
“Se vuoi seguirmi, principessa...” fece Deidara con un sorriso smagliante.
Arrivarono sotto l'albero e Deidara chiese “Ti va di seguirmi sull'albero?”
“E come faccio?” domandò gentilmente Caterina “Non sono molto agile e non vedo scale!”
“Quando c'è la mia arte, non servono le scale!” fece Deidara, quindi si sollevò il mantello.
Estrasse un sacchettino di pelle con all'interno dell'argilla color terra di Siena dall odore caldo e deciso, poi tolse il guanto, rivelando una mano con una grossa bocca.
Spiò la reazione della ragazza e rispose sorpreso “Non ti fa schifo?” “La bocca con la mano? Ci sono abituata, ti ho visto tante volte in tv.”. Nel frattempo, la bocca (o mano, che dir si voglia) aveva iniziato a ruminare e a generare un uccello con l'argilla.
L'animaletto crebbe fino a raggiungere le dimensioni di un elefante africano; nel frattempo Deidara era salito in groppa e porgeva galantemente la mano a Caterina per aiutarla a salire.
Appena fu sopra, Deidara prese le mani alla ragazza e le mise intorno alla sua vita “Non voglio che tu cada!”. Nel frattempo il ciclopico animale spalancò le ali (lunghe quanto un palo del telefono) e spiccò il volo. Caterina si strinse per la paura al suo cavaliere mentre il vento le scompigliava i capelli.