Quando venne il giorno dedicato alla seconda prova del Torneo,
il cielo era grigio cenere e l’aria immobile.
Con gli occhi chiusi e una pietra nel petto, tuttavia, Harry
Potter offrì l’ultimo pensiero prima del gran tuffo non alla prova imminente, ma
al silenzio di un’amica che mancava anche in quell’ora.
Fu così che il Prescelto metabolizzò il secondo corollario
dell’assenza: l’affetto vive di dolorose intermittenze.
Il primo – amiamo con più forza nella lontananza – era
invece il miracolo per cui era sopravvissuto.
***
Harry guarda Hermione e prova solo vergogna; se non fossi
un vigliacco, ricorda a se stesso, non l’avrei lasciata in balia di
Malfoy. L’avrei ascoltata e capita, non giudicata. L’avrei salvata.
È un pensiero ozioso, perché sua è l’età dei colpi di testa,
degli eroismi di pancia, non del rimorso; perché, soprattutto, sa quanto
ingannevoli siano i ‘se’, quando la clessidra della vita è già andata in
mille pezzi.
Eppure Hermione siede sola a un tavolo dal suo: il viso
nascosto dalla massa informe dei capelli, il naso tra le pagine di un libro che
pesa più di lei. Sembra la studentessa disciplinata di sempre, ma l’istinto gli
suggerisce che no, non è più lei, perché la ferita che le è stata inferta le ha
sfigurato il cuore e ha trasformato in tristezza la sua sensibilità.
“Tira proprio una brutta aria, vero?”
Ron tormenta i bordi di una pergamena ancora intonsa e lo
cerca con lo sguardo quasi possieda una qualche risposta fondamentale.
“Non dirlo a me.”
“La seconda prova, già… Me n’ero quasi dimenticato. Il fatto
è che… Be’, di solito ci pensa lei.”
Weasley solleva il mento e ammicca in direzione di Hermione.
La Granger, protetta da un fortino di libri, non si cura di loro.
Forse sta studiando davvero.
Forse non vuole regalare a Hogwarts lo sguardo ferito di una
bambina umiliata.
“Diggory mi ha dato una mano, tranquillo… Spero di cavarmela
in qualche modo.”
Ron si stira come un gatto, gli occhi blu fissi a un soffitto
che le candele vestono di rade asole d’oro.
“Secondo te… Com’è successo?”
“Cioè?”
“Che cosa può averle fatto, per convincerla a…”
Hermione si alza, piega con cura la pergamena e abbandona la
biblioteca senza degnarli di uno sguardo.
“Ci avrà sentito?”
Harry sospira. “No, non credo. Ho l’impressione
che non si accorga più di niente.”
“Già: è quello che temo anch’io. In caso contrario…”
“Uh?”
“Niente, lascia perdere.”
Harry solleva un sopracciglio. “C’è qualcosa che dovrei
sapere, Ron?”
Weasley abbassa il capo e finge un improvviso interesse per
la storia delle muffe allucinogene.
“Hermione è una ragazza molto speciale. Quando impari a
conoscerla, è difficile restarle indifferenti.”
Ron non cede alla provocazione, ma, dalla pressione con cui
la sua penna cerca la pergamena, al ‘sì’ ha aggiunto un punto
esclamativo. L’ha scolpito nella carta, forse, perché la carne è debole e
bugiarda.
***
“Vi sentite poco bene, professore? Di questi tempi, d’altra
parte…”
Severus Piton detesta il chiacchiericcio fastidioso con cui
taluni riempiono il niente che hanno dentro. Di lei, invece, ricorda i
lunghi silenzi e l’eloquenza di occhiate buone a sgretolare una montagna.
Lei è un pensiero triste e una memoria che non merita
ancora.
Se impedirà al Signore Oscuro di risorgere; se vincerà questa
guerra senza fronti, forse potrà sognarla di nuovo e chiederle perdono. Ora no,
però: ora ha un’anima da salvare per riscattare lo stupido che nessuno ha
protetto – Mocciosus, il bastardo che sognava d’essere sangue puro e con
il sangue dell’amore si è zuppato le mani.
“Non sono qui per me, Madama Chips, ma per uno studente di
Durmstrang: ho saputo che è stato ferito in riva al lago e mi chiedevo se tanto
non avesse a che fare con altri spiacevoli incidenti.”
L’infermiera annuisce e lo guida tra due fila di letti
sgombri, sino a una tenda che protegge l’unico ospite che gli interessi al
momento.
“È arrivato con una frattura esposta e già infetta. Se volete
la mia opinione, professore, potrebbe esserci qualche grosso lupo rabbioso nella
Foresta Proibita. Sarebbe opportuno che…”
Severus solleva il palmo, infastidito. “Cosa ve lo fa
pensare, Madama?”
La Chips gonfia il petto, piccata dalla prepotenza con cui
l’ha zittita. Ci sono donne che amano il suono delle parole più di quanto non le
preoccupi il senso. Ci sono quelle, invece, che troppo amore ha reso mute.
No, Lily, no. Non ora. Non è il momento.
“Ha avuto la febbre alta e ha delirato tutta la notte di un
cane nero… Ma se non credete…”
“Al momento ritengo solo di dover parlare con il vostro
paziente.”
Madama Chips schiude le labbra, ma basta un’occhiata perché
scelga la via del silenzio.
“Non fatelo stancare, allora,” borbotta, prima di defilarsi
con un risentito frusciare di sottane.
Severus sospira, poi scosta la tenda che
occulta il letto di Florian. “È il momento,” dice senza inutili perifrasi.
Von Kessel apre gli occhi e lo guarda – uno sguardo da bestia
ferita.
“Mostratemi il vostro marchio.”
Il ragazzo solleva il braccio sinistro e rimbocca la camicia
sino all’omero. Il teschio ghignante è un’oscenità tenebrosa su pelle di luna. I
bordi del tatuaggio, rossastri, raccontano di una battaglia che conosce bene – e
che ha perso mille volte.
“Da quanto tempo?”
“Cosa?”
“Quando sono cominciati gli incubi?”
Gli occhi di Florian sono laghi disperati.
“Signor Von Kessel, ho sorbito quel veleno molto prima di voi
e vi assicuro che non passa giorno in cui non ne soffra le conseguenze.
Permettetemi di aiutarvi.”
“Perché?”
“Perché se vi offrono la mano prima del buio, non potete dire
d’esservi perso.”
Florian si puntella sui gomiti e siede con qualche
difficoltà. Un guanciale sostiene la gamba fratturata che, gonfia e steccata,
sporge dalle lenzuola.
“Non me ne sono accorto: da quando ho smesso di dormire, è
quasi sia stato sempre dentro di me.”
“Chi?”
Florian si copre le labbra e libera un singhiozzo sordo, del
tutto simile al ringhio di una bestia. “Il mostro.”
Piton distoglie lo sguardo. Una grossa lacrima cola giù e
muore su una mano sottile e fragile. È un pianista, Von Kessel, non un
assassino. Eppure…
“Ha fame di sangue,” singhiozza Florian – e gratta, senza
avvedersene, il Marchio Nero. “Mi chiede di uccidere… Io… Io ho quasi ammazzato
il mio migliore amico.”
Ora è un pianto dirotto, di quelli che Severus non ha mai
imparato a consolare, perché chi piange dentro si asciuga presto fuori,
finché chi guarda non coglie che un deserto.
Al centro, una pietra al posto del cuore.
“Niente è perduto,” mormora, per vincere i singhiozzi. “Posso
aiutarvi, ma solo se me lo consentite.”
“Cosa posso fare?”
“La spia.”
Von Kessel, pallido come carta, trema.
“Opus nigrum, Florian. Ve lo ricordo ancora una volta:
è la purificazione che nobilita la Materia.”
Piton tace il resto: expiatio non è solo
purificazione ma espiazione. È, soprattutto, scontare il fio di una
leggerezza imperdonabile.
Von Kessel pagherà con la vita: gli occhi che lo guardano
sono forse una memoria che non sarà mai futuro.
“Ditemi cosa vuol fare Karkaroff… Ditemi tutto.”
Florian scuote il capo. “Non so molto, mi dispiace.”
“Allora scopritelo e riferitemi.”
“Altrimenti?”
“Altrimenti nulla: impazzirete nella vostra pelle e non sarà
una gran perdita. Chi non ha l’intelligenza di vivere, farebbe bene a morire
presto.”
***
Florian è scomparso per due intere settimane. È tornato
claudicante, senza una parola. Durmstrang mormora che l’abbia aggredito un lupo
ma Draco non ha tempo da destinare alle chiacchiere, perché Draco è un Malfoy ed
è, soprattutto, in guerra.
Barty gli ha dato appuntamento nella conca degli orti, in una
notte densa come petrolio e altrettanto scura. Gli ha detto che Von Kessel è
inaffidabile e che il peso della missione ricadrà su lui solo.
Draco si è stretto nelle spalle. “Non vedo quale sia il
problema.”
Barty gli ha mostrato zanne gialle da predatore e l’ilarità
cattiva di uno spettrale occhio di vetro. “Vedremo quello che combinerai,
cocco di casa.”
Draco ha inghiottito l’insulto a testa alta, perché – lo sa
già – un giorno potrà vendicarsi e il miele dell’attesa stempera il veleno della
sconfitta. “Non credo che sia poi così difficile avvelenare Harry Potter prima
della seconda prova. Potrei offrirgli, che so? dell’algabranchia trattata al
curaro…”
“Non essere stupido,” ha latrato Crouch. “Dopo quanto hai
combinato alla sua amichetta, credi davvero che possa fidarsi di te?”
“E allora?”
Barty ha sorriso tetro. “Karkaroff ed io abbiamo pensato a
qualcosa di meglio… A qualcosa che, nel bel mezzo dell’ultima prova, proprio tu
potresti fare.”
“E sarebbe?”
“Ammazzare Albus Silente. Tolto di mezzo il vecchio, del
pupillo non resterà che cenere.”
Draco deglutisce con difficoltà. “Albus Silente è un mago
esperto. Come potrei io…”
Barty tira il cappuccio sul capo e svanisce inghiottito dal
buio bituminoso di una notte da cospiratori. “Questo è un tuo problema.
Credevi di giocare al Mangiamorte, bambino? Be’, quella del Signore
Oscuro è una partita che non ha fine.”
E una partitura disperata.
***
“Credo di aver compreso il problema; mi sorprende, anzi, di
non aver pensato prima a una simile ipotesi.”
Il pozionista si muove sicuro nello spartano studiolo.
Immobile in un angolo, Florian si morde le labbra e attende.
“È la natura del vostro sangue.”
“A fare cosa?”
Severus gli fa cenno di sedere. “La vostra è un’abilità
innata. A differenza di chi, come Black, ha raffinato l’incantesimo di
trasfigurazione sino ad acquisire la capacità di mutare in bestia, voi
assecondate l’istinto, non è vero?”
“Sì.”
“Ora immagino che questo richieda una grande permeabilità del
vostro io più profondo.”
“Vi domando perdono, ma non credo di capire.”
“Non mi stupisce, perché in caso contrario non avreste
accettato di portare su di voi una simile maledizione.”
Florian china il capo.
“Sapete quanti Mannstiere si sono distinti in Occlumanzia,
nella storia del Mondo Magico?”
“Non nella mia famiglia, temo. Nemmeno mio nonno…”
“Ho fatto alcune ricerche, Florian: nessuno. E non
perché siate allievi maldestri, ma perché non è possibile chiudere un canale che
la natura vuole aperto. Voi siete insieme uomini e fiere, ma affinché la ragione
domini le più feroci e basse pulsioni dell’animo, la componente umana e quella
bestiale devono poter dialogare sempre.”
“Questo significa…”
“Questo significa che siete uno stolto! Il Signore Oscuro è,
tra tutti i maghi, forse quello dalla volontà più potente e voi siete così
trasparente che persino il peggiore dei miei allievi potrebbe leggervi in
testa.”
“E… Come faccio?”
“Imparate a controllarvi, prima di tutto. Non potete frignare
come una ragazzina non appena uno vi mette davanti al fatto compiuto. Dovete
assumervi le vostre responsabilità.”
Florian stringe le labbra e inghiotte un sospiro disperato.
“Il momento in cui siete più vulnerabile è la notte: vi
preparerò uno speciale sonnifero che dovrebbe stordirvi abbastanza da rendere
vischiosa la vostra coscienza.”
“Vischiosa?”
“Se il Male è un ragno velenoso, l’unico modo per proteggersi
è costruire una tela che lo impastoi.”
***
“Sapevo che avresti svolto il tuo compito in modo
eccellente.”
La voce di Silente non tradisce emozioni. Gli occhi chiari e
attenti, tuttavia, brillano affamati.
La resa dei conti si avvicina, ma il vecchio Albus non trema:
freme.
“È ancora presto per dirlo. Pensavamo che fosse un problema
del solo Harry Potter, ma, a quanto pare, ignoravamo la seconda via.”
Silente sorride. “E non eravamo i soli, credimi. Ritieni
davvero che Karkaroff sapesse della particolare permeabilità del ragazzo?
Senz’altro conosce le potenzialità della sua doppia natura, ma escluderei il
resto. Igor è un teorico brillante, eppure gli è sempre mancata la cura del
dettaglio. Io dico che ha scelto tra i più promettenti e ingenui dei suoi
allievi. Forse trovava divertente corrompere il figlio di un Mangiamorte
influente come Lucius Malfoy, ma credo che Von Kessel sia stato un acquisto
collaterale.”
“Pericoloso. Avete visto cosa può fare.”
“Ho visto all’opera anche te, Severus. È per questo che sono
lieto di averti dalla mia parte.”
Piton distoglie lo sguardo. Gli occhi del Preside, tuttavia,
non hanno bisogno d’attenzione per farsi sentire.
“Vigila sulla seconda prova, anche se non ce ne sarà bisogno.
Se guardiamo alla Ruota dell’Anno, il primo dei Sabbat minori in grado di
richiamare energia per un potente incantesimo è Eostar, cui segue Beltane, per
arrivare, da ultimo, a Litha.”
“Litha cade il ventuno giugno e la terza prova…”
“È prevista per il ventiquattro. Noto con piacere che hai
capito, Severus. Ora sappiamo quando farci trovare pronti.”