Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Whatadaph    17/06/2012    2 recensioni
Te l'ho detto, Albus. Noi non siamo come gli altri. Come noi ci siamo solo io e te, sarà sempre così.
Un ragazzo prodigio e un'estate che sembra il concentrato di tutti i suoi peggiori incubi. Un incontro inaspettato, che cambierà ogni cosa. Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera: qual è allora il confine tra bene e male?
Gellert aveva sete di potere, Albus di giustizia. Insieme, avrebbero potuto fare grandi cose.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Licht und Schatten'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Seconda parte – Luglio 1899

 


Capitolo 8

“Condividere”



 

“Parlami di tuo fratello,” disse Gellert, modulando con attenzione la voce nel formulare la sua richiesta.

 

Come previsto, alle sue parole l’espressione di Albus mutò impercettibilmente, irrigidendosi appena.

 

“Vuoi sapere qualcosa in particolare?” replicò in tono cauto.

 

Gellert sorrise. “Vorrei solo che tu mi parlassi di lui.”

 

Quel giorno il tempo non era dei migliori, sebbene ormai i primi giorni di luglio fossero sopraggiunti. Il cielo era coperto da una sottile coltre di nubi sfilacciate, attraverso le quali i raggi del sole riuscivano a tingere il campo di grano ancora non mietuto di una sterile luce opaca.

 

Gellert ormai conosceva a menadito la via da percorrere per giungere a quello che pareva essere stato designato come loro luogo prediletto, tuttavia ancora una volta aveva scelto di attendere Albus di fronte a casa Bagshot piuttosto che dirigersi al campo di proprio conto. Si trattava di una scelta ben ponderata: in questo modo accompagnarlo lì sarebbe diventato una sorta di incarico attribuito ad Albus, che avrebbe così avuto l’inconsapevole impressione che Gellert dipendesse in qualche modo da lui. Il che era indispensabile a conquistare la sua fiducia, come il giovane Grindelwald ben sapeva.

 

Osservò Dumbledore fissare per un istante lo sguardo su quel cielo mesto, per poi scostare una ciocca ramata dalla fronte e volgere gli occhi verso di lui.

 

“Aberforth è una persona semplice,” parlò poi Albus in tono neutro. “Ama studiare la natura.”

 

Fece una pausa, e Gellert ne approfittò per porre un’ulteriore domanda.

 

“E il suo carattere?” chiese. “Com’è?”

 

“È un tipo energico,” rispose l’altro. “Impulsivo, a volte irrazionale. Tende... tende a vivere ogni cosa in maniera appassionata, e raramente limita le proprie sensazioni. I suoi sentimenti sono spesso bianchi o neri, assoluti.”

 

“Non comprende che esistono anche sfumature di grigio,” concluse Gellert per lui.

 

Albus gli scoccò un’occhiata penetrante. “Esatto,” convenne.

 

“Gli vuoi bene,” constatò Gellert.

 

“È mio fratello,” sospirò Albus. “Come potrei non volergliene?”

 

Quest’ultima affermazione suonò in qualche modo amara, e Grindelwald capì che l’altro ancora non aveva detto tutto.

 

“Lui ti vuole bene?” domandò ancora.

 

Albus parve pensarci sopra per qualche istante. “Suppongo di sì,” disse poi. “Ma è innegabile che covi un certo rancore nei miei confronti.”

 

“Le cause di questo rancore sono fondate?” lo interrogò Gellert.

 

“Aberforth ne è convinto,” fu la cauta risposta.

 

“E tu? Tu ne sei convinto?”

 

Albus si passò stancamente una mano sulla fronte, gesto che ormai Gellert aveva iniziato a identificare come sintomo di un discorso che gli era scomodo.

 

“Aberforth mi ritiene un egoista,” mormorò. “Crede che io pensi solo a me stesso, ma-”

 

“Ma non può capire.”

 

Albus lo guardò con espressione grave, poi emise una sorta di sorriso triste. “No,” convenne, continuando a fissarlo. “Lui non può.”

 

“Nessuno può comprendere la nostra solitudine,” concluse Gellert. “Non sei d’accordo, Albus?”

 

“Lo sono,” annuì altro. “Lo sono.”

 

Seguì qualche istante di silenzio, in cui Gellert si prese tutto il tempo necessario a osservare Albus con attenzione. Il ragazzo era appollaiato accanto a lui sulla staccionata, e le sue lunghe gambe erano piegate, giacché si puntellava con i piedi sull’asse di legno scheggiato per mantenere l’equilibrio. Sebbene il suo volto apparisse ancora cupo e smagrito, le vistose occhiaie che fino a una settimana prima avevano orlato i suoi occhi cominciavano adesso a sbiadire, così come il suo incarnato malsano, quasi grigiastro, andava scaldandosi un poco. I suoi lineamenti si erano fatti appena più distesi, rilassati, e adesso era palese quanto fosse di bella presenza.

 

Gellert non si aspettava altro, in effetti. Dopotutto, il fido Compagno scelto per lui dal Destino non poteva avere un aspetto sgradevole – ne era convinto per chissà quale motivo. Non poteva negare, difatti, che star seduto lì a rimirare i lineamenti di Albus fosse un piacere alla vista. Fece scorrere lo sguardo sulla sua intera figura, che aveva qualcosa di scattante, quasi nervoso, snello ma non propriamente felino. Non l’avrebbe paragonato a un gatto o a un ghepardo, men che meno a un leone. Si soffermò sul suo volto bello e incavato, sul profilo deciso e i penetranti occhi azzurri, che ricambiavano indecifrabili il suo sguardo attraverso le lenti a mezzaluna degli occhiali. Guardò i suoi capelli rossicci e folti, raccolti sulla nuca in una sorta di coda, che però non riusciva a trattenere alcune ciocche che gli sfioravano gli zigomi e le mascelle. Il suo aspetto arguto e il rosso dei capelli lo rimandarono all’immagine di una volpe, curiosa e superba.

 

Albus parve stancarsi di quel silenzio, giacché presto riprese la parola. “Tu hai fratelli, Gellert?” chiese cautamente.

 

Le parole dell’altro risuonarono stentoree nella mente di Grindelwald, mentre il suo cuore si colmava di amarezza. Cercò tuttavia di mantenere stabile il proprio tono di voce, pur consapevole che ad Albus non doveva essere sfuggito il leggero cambio di espressione che aveva attraversato il suo volto.

 

“Ne avevo uno,” disse. “Si chiamava Gerko.”

 

Gli occhi di Albus si tinsero di tacita comprensione, piuttosto che di banale compassione, e per la prima volta Gellert pensò che sarebbero potuti diventare amici anche per il loro stesso piacere di avere qualcuno con cui condividere il tempo, e non solo per raggiungere il Bene Superiore. Che forse l’illusione imbastita per Albus stesse divenendo realtà? Non se ne rammaricava affatto, se doveva essere franco. Dopotutto, perché mai il Fautore del Bene Superiore non sarebbe dovuto essere felice?

 

“Mi spiace di essere stato indelicato,” fece Albus.

 

“Non c’è problema,” replicò Gellert, neutro. “Non potevi averne idea.”

 

“Avrei potuto dedurlo,” lo contraddisse Albus, “dal fatto che tu non ne avessi fatto parola prima.”

 

Gellert lo fissò. “Invece hai fatto bene a pormi questa domanda,” sospirò. “Per me non è un problema parlarne.”

 

Improvvisamente, aveva compreso che parlare della propria famiglia con Albus era davvero un’ottima idea. Confidandosi con lui l’avrebbe di certo spinto a fare lo stesso.

 

“Ne sei sicuro?” Dumbledore chiese una conferma ulteriore.

 

“Non l’avrei detto, altrimenti.”

 

“Hai ragione,” ammise Albus. “È stato sciocco da parte mia chiedere conferma.”

 

Gellert pensò che non fosse affatto sciocco, ma non volle dare all’altro la soddisfazione di essere rassicurato. “Mio fratello si chiamava Gerko,” esordì, “e per certi versi mi somigliava. Non mancava certo di intelletto né di arguzia, ma faticava molto a controllare le sue emozioni. Era un tipo impulsivo, a volte persino aggressivo. Parlava a lungo e quasi a vanvera, agli occhi di qualcuno. Ma, beh,” si ritrovò a sorridere, “mi capiva. O forse non capiva me, ma comprendeva e accettava il mio modo di essere.”

 

“Che cosa gli accadde?” mormorò Albus.

 

“Si macchiò di una notevole violazione allo Statuto di Segretezza e fu espulso da Durmstrang. Spezzarono la sua bacchetta.”

 

Comprese di aver colto nel segno quando vide l’altro deglutire. Se c’era una cosa che aveva avuto modo di appurare a proposito di Albus, questa era quanto lo colpisse venire a sapere di espulsioni. Gellert credeva anche di aver capito come mai colui che ormai era divenuto suo amico reagisse in quel modo: per lui l’affermazione personale era maledettamente importante, e una forzata interruzione degli studi dal suo punto di vista equivaleva a un intoppo sulla strada del successo.

 

Ma si ricrederà. Si ricrederà quando comprenderà di essere destinato al Bene Superiore quasi quanto lo sono io.

 

“Dopo essere stato espulso,” riprese, “Gerko iniziò ad annoiarsi, e finì con l’affogare il dispiacere nella vodka. Divenne un alcolizzato, e dopo pochi mesi morì a seguito di una rissa magica in cui era stato coinvolto,” sospirò. “Non avendo più la sua bacchetta, non ebbe modo di difendersi.”

 

“È molto triste,” commentò Albus.

 

“Già,” Gellert sospirò. “Se solo lo Statuto di Segretezza non fosse mai esistito...”

 

Gli occhi di Dumbledore furono attraversati da un lesto bagliore, e Gellert seppe di aver gettato l’amo. C’era solo da sperare che il pesce abboccasse.




****





Gellert,

 

ci tenevo a ringraziarti per i libri che mi hai prestato, li trovo davvero interessanti. Sono un ottimo diversivo e sento che la mia mente lavora di nuovo. Credo che tu possa capirmi se dico che avere di nuovo qualcosa da imparare è un sollievo.

 

Ho trovato molto avvincenti i paragrafi riguardanti l’uso della Trasfigurazione per migliorare alcuni funzioni degli Incanti Proteus. Credo costituisca una branca di studi che andrebbe meglio approfondita.

 

Più di ogni altra cosa, tuttavia, ho trovato affascinanti i volumi sulla fabbricazione delle bacchette. È incredibile il fatto che basandosi sulla leggenda della Bacchetta di Sambuco siano stati compiuti studi che hanno contribuito a migliorare la qualità delle bacchette!

 

Spero di non essere stato indiscreto, oggi pomeriggio.

 

A.D.





Albus,

 

sono lieto che i miei libri stiano contribuendo a migliorare il tuo umore e stuzzicare il tuo intelletto. Hai ragione, posso capire: restare privi di stimoli può rivelarsi un’esperienza davvero frustrante.

 

Anche io sono molto affascinato dalle tecniche di fabbricazione delle bacchette! E la Stecca della Morte costituisce ancora uno dei più grandi enigmi del mondo magico, come penso tu sappia. Ad ogni modo, come ogni leggenda anche questa ha in sé un fondo di verità. Vi sono tracce storiche della Bacchetta di Sambuco, sai?

 

Non sei stato indiscreto. Io ti ho chiesto di tuo fratello, tu mi hai chiesto del mio. È del tutto legittimo.

 

G.




 

Gellert,

 

ti interessi della Bacchetta di Sambuco? Ti parrà forse una cosa sciocca da dire, ma da bambino amavo che mia madre mi narrasse la fiaba dei Tre Fratelli. 
Trovavo straziante la stoltezza con cui i due fratelli più grandi male utilizzavano gli incredibili oggetti che erano stati dati loro in dono. Mi ritrovavo ogni volta a pensare che se fossi stato al loro posto avrei agito senz’altro con più criterio.

 

Mi ha fatto piacere confidarmi con te.

 

A.





Albus,

 

senz’altro utilizzeresti i Doni con più criterio. Credimi se affermo che anche io penso la stessa cosa! A dire il vero esistono tracce storiche anche dei tre fratelli. Pare che il loro cognome fosse Peverell.

 

Perdona il cambio di argomento, ma zia Bathilda è appena entrata nella stanza e mi ha chiesto cosa stessi facendo. Io le ho risposto che stavo scrivendo a te e allora i suoi occhi hanno preso a luccicare. Ha detto in tono commosso che dobbiamo avere davvero tante cose da dirci per proseguire la conversazione via gufo una volta tornati ciascuno in casa propria. Si è detta davvero lieta che io abbia trovato un amico.

 

Per quanto la zia sia di lacrima fin troppo facile, non posso negare di condividere questo sentimento.

 

G.




 

Gellert,

 

Peverell? Ha un suono familiare, come se già l’avessi sentito da qualche parte.

 

Bathilda deve essere un tipo piuttosto sentimentale, per commuoversi a questa maniera! Trovo tuttavia che sia molto dolce da parte sua. Deve essere una zia amorevole.

 

Condivido anche io, ad ogni modo.

 

Albus





Mi fa piacere.

 

G.






Note dell’Autrice

 

Come sempre è solo grazie alla rapidità di Giulia nel betare che sono riuscita a postare in tempo! 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Whatadaph